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Full text of "Trattato Di Chirurgia (volume Quarto Parte Seconda)"

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TRATTATO DI CHIRURGIA 


Volume Quarto, Parte Seconda 







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TRATTATO 

DI 








PUBBLICATO SOTTO LA DIREZIONE 

DI 


SIMONE DUPLAY 

Professore di Clinica Chirurgica 
alla Facoltà di Medicina di Parigi 
Membro dell’Accademia di Medicina 
Chirurgo dell’Ospedale della Carità 


PAOLO RECLUS 

Professore aggregalo alla Facoltà di Medicina 

di Parigi 

Chirurgo degli Ospedali 
Membro della Società di Chirurgia 


DAI PROFESSORI DOTTORI 

BERGER — BROCA — DELBET — DELENS — FORGUE — GÉRARD-MARCHANT 
HARTMANN — HEYDENREICH — JALAGLJIER — KIRMISSON — LAGRANGE — LEJARS 
MICHAUX — NÉLATON — PEYROT — PONGET — POTHERAT — QUÉNU 

RIGARD — SEGOND — TUFFIER — WALTHER 


TRADUZIONE ITALIANA 

Riveduta dal D r FILIPPO GIACOMO NOYARO 

Professore e Direttore della Clinica Chirurgica nella R. Università di Bologna 

Colla collaborazione del D r DAVIDE GIORDANO 

Chirurgo Primario all'Ospedale di Venezia. 

ARRICCHITA DI AGGIUNTE E ANNOTAZIONI ITALIANE 

a cura di distinti Dottori e Professori 

Illustrato con 200Q figure nel testo. 


VOLUME QUARTO 

(parte seconda) 


NASO, FOSSE NASALI, FARINGE NASALE E SENI 

(Traduzione del D r I. Dionisio) 

ORECCHIO E SUOI ANNESSI 

(Traduzione del D r G. Gradenigo) 



TORINO 

UNIONE T I P O G R A F I C O-E D I T R I C E 

33 — Via Carlo Alberto — 33 

1896 



La Società Editrice intende riservarsi i diritti 
Traduzione e su tutte le Aggiunte e Note originali, a 
internazionali rigenii . 


di proprietà letteraria sulla presente 
termini delle Leggi e delle Convenzioni 





PARTE TERZA 



(• Continuazione ) 


1. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 










» 

Pel Dott. GERARD MARCHANT 

CHIRURGO DEGLI OSPEDALI DI PARIGI 


Traduzione del Dott. IGNAZIO DIONISIO 

DOCENTE IN RI NO-LARINGOLOGIA NELLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO 
E DIRETTORE DELLA SEZIONE GOLA E NASO AL POLICLINICO 


CONSIDERAZIONI ANATOMICHE 

L’apparato olfattivo si compone: 1° del naso; 2° delle fosse e retrofosse nasali ; 3° delle cavità 
accessorie o seni (seni frontali, mascellari e sfenoidali). 

A. - NASO 

Ila forma piramidale colla base rivolta all’indietro; la conformazione è molto varia secondo 
gli individui, le famiglie e le razze. 

È separato dalla fronte da una depressione più o meno accentuata (solco naso-frontale), 
dalle guancie dal solco genio-nasale utilizzato spesso nella medicina operatoria; il solco naso¬ 
labiale infine delimita in basso la regione nasale. 

Il dorso del naso si estende dalla radice al lobulo o punta del naso, la quale è riunita da 
una sottile striscia cutanea ( sottosetto ) al labbro superiore. 

Le faccie laterali si allontanano dalla linea mediana, si portano in basso e terminano nelle 
così dette ali o pinne nasali. Anteriormente i due orifizi nasali si trovano circoscritti dal lobulo, 
dalle ali del naso e dal sottosetto. 

Lo scheletro è parte osseo, parte cartilagineo. Le 
ossa nasali e le branche ascendenti del mascellare su¬ 
periore in alto, le cartilagini più in basso, costituiscono 
una vera vòlta, il cui punto culminante corrisponde 
al dorso del naso. Questa vòlta è sostenuta da un 
pilastro (più esattamente da un muro) osteo-carti- 
lagineo quale è il setto; se esso vien distrutto per 
una causa qualsiasi (trauma, necrosi sifilitica, tuber¬ 
colosi, ecc.), il dorso del naso si deprime. 

La parte cartilaginea è disposta nel modo seguente: 
le cartilagini laterali continuano in basso le ossa 
nasali; sono collocate simmetricamente e si riuniscono 
sulla linea mediana. In basso ed in avanti si trovano 
le cartilagini delle ali del naso, le quali formano il 
margine esterno delle aperture delle narici (fig. 2G8). 

I diversi strati che si trovano, incidendo dall’esterno all’interno, sono: la pelle, il tessuto 
sottocutaneo, lo strato fibro-muscolare, lo scheletro osteo-cartilagineo e la mucosa. 

Le narici servono a lasciar penetrare l’aria esterna nelle fosse nasali ; esse non rappresentano 



Fig. 268. — Taglio trasversale del naso, fatto 
nel punto di unione dello scheletro osseo con 
quello cartilagineo. 









4 


Considerazioni anatomiche 


una semplice apertura, ma una regione con caratteri proprii rivestita dal derma cutaneo (peli 
o vibrisse e ghiandole sebacee) il quale ripiegandosi sul margine esterno della apertura delle 
narici e sul lobulo si introflette [e si continua per un certo tratto. Le narici non sono quindi 



Fig. 269. — Limiti (lolla narice c rapporto preciso dell’orifizio inferiore del canaio nasale (Tillaux). 

un semplice sbocco all’esterno delle fosse nasali, ma bensì delle cavità, che con quelle comu¬ 
nicano, una specie di vestibolo delle fosse nasali]. 

Nella figura 269 riprodotta dal trattato di Tillaux si vede la parete esterna della narice 
limitata da due margini, l’uno superiore l’altro inferiore, i quali si continuano in avanti nell’interno 
del lobulo (fig. 269). 


B. - FOSSE NASALI 



La figura 270 ci permette di vedere i rapporti generali delle coane nasali col cranio, colle 
cavità etmoidali ed orbitarie in alto, coi seni mascellari ai lati, e colla vòlta palatina in basso. 

L’interno del naso ha una forma 
irregolarmente triangolare, divisa in 
due cavità secondarie da un setto 
mediano. Ciascuna cavità ha: 1° una 
parete inferiore; 2° una parete su¬ 
periore; 3° una interna; 4° una 
esterna, e due orifizi, l’uno anteriore, 
l’altro posteriore. 


1° Parete inferiore. — È costi¬ 
tuita in avanti dall’apofisi palatina 
del mascellare superiore, all’indietro 
dalla lamina orizzontale dell’osso 
palatino; ha la forma di un solco, 
a pendenza leggiera dall’avanti al¬ 
l’indietro, lungo 5 centimetri circa e 
largo da 12 a 15 mm. (fig. 269). 


Fig. 2/0. Sezione trasversale delle fosso nasali 2° VÒLTA DELLE FOSSE NASALI. — 

in corrispondenza deli etmoide (Tillaux). 

Questa parete superiore è stretta 
(2 a 3 mm.); comprende tre parti: la prima, obliqua all’indietro ed in alto, è costituita dalle ossa 


Considerazioni anatomiche 



proprie del naso (parte nasale) ; la seconda, orizzontale, è formata dalla lamina cribrosa dell’etmoide 
(parte etmoidale); la terza o posteriore, corrispondente al corpo dello sfenoide, contiene i seni 



sfenoidali, è dapprima verticale, poscia orizzontale 


3° Parete interna. — È formata dalle due 
faccie del setto, il quale è costituito da una parte 
ossea, fatta in basso e posteriormente dal vomere, 
in alto dalla lamina perpendicolare dell’etmoide; 
lo spazio angolare, delimitato in avanti da queste 
ossa, è occupato dalla cartilagine del setto, detta 
anche cartilagine triangolare (fig. 272). 

Il setto è raramente simmetrico e verticale, più 
spesso è deviato; talora la deviazione è tale da 
toccare la parete esterna (fig. 271). 

La mucosa pituitaria tappezza le due faccie e 
vi aderisce debolmente. 


4° Parete esterna. — La parete esterna o laterale 

formata dal mascellare superiore, dall’osso unguis, • Fig 271 _ Deviazione de i set to (Tillaux). 
dal palatino e dallo sfenoide presenta delle sporgenze 

o cornetti, delle depressioni o meati, e degli orifizi che ne rendono lo studio alquanto complicato 


Nella figura 270 si vedono sulle pareti esterne delle coane tre sporgenze, che diminuiscono 


l’ampiezza delle fosse nasali; esse sono date dal cornetto superiore, medio ed interiore. 





Parete esterna delle fosse nasali, direzione della linea d’inserzione dei cornetti (Tillaux) 




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L’importanza che questi cornetti hanno nella patologia nasale è tale da meritare una descrizione 
particolareggiata. 




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Considerazioni anatomiche 


I cornetti oltre all’inserzione sulla parete esterna, hanno anche altri caratteri comuni: sono 
in certo qual modo accartocciati, si dirigono prima all’indietro, poi in basso, formando una curva, 
colla concavità rivolta alPesterno. Lo spazio compreso tra il cornetto e la parete esterna 
chiamasi meato. 

II cornetto inferiore, formato da un osso speciale, presenta un margine libero, che si porta 
in basso veiso il pavimento delle fosse nasali, per una maggiore o minore estensione, a seconda 
dei casi (1 centimetro * 2 circa). Rigonfio nella sua parte mediana, termina a punta in avanti 
ed in dietro; l’estremità anteriore si trova a 2 centimetri dalla apertura della narice. 

lillaux ha segnato molto bene la direzione della linea di inserzione dei cornetti alla parete 
esterna (Ved. figura 272, tolta dal suo Trattato di anatomia). Se si distacca il cornetto inferiore, 
si vede che la linea di inserzione descrive una curva, colla concavità rivolta in basso, contraria¬ 
mente a quanto si nota nel margine libero del cornetto, che presenta una convessità rivolta in 
basso ; la parte più pronunciata della curva, data dalla linea di inserzione, corrisponde alla metà 
del cornetto. L’estremità posteriore si incurva talora leggermente in alto, l’anteriore sempre in 
basso, sicché ne risulta una linea sinuosa a guisa di S allungata. In corrispondenza del mezzo 
della curvatura anteriore sbocca per lo più l’orifizio inferiore del canale nasale (Tillaux) (fig. 2G9,272). 

Il cornetto medio, fa parte dell’etmoide, ha una inserzione differente, la sua linea di attacco 

alla parete esterna si dirige quasi verticalmente in alto, di modo che esiste una larga superficie 
tra i due cornetti (fig. 272). 

Il cornetto medio è molto più vicino al setto dell’inferiore; lo spazio che lo separa dal setto 
si chiama fessura olfattiva (fig. 270, 271). 

Il cornetto medio presenta variazioni nella forma e nel volume; vi si trovano dei solchi, 

delle fessure. Talora si ha una inversione della concavità, cioè la faccia rivolta verso il setto 
è concava. 

La figura 273, tolta dal trattato di Moldenhauer, riproduce una dilatazione ampollare della 

estremità anteriore del cornetto 
medio. Questa disposizione è 
abbastanza frequente, talora è 
così accentuata da spingere 
all’infuori le pareti nasali in¬ 
terna ed esterna, colle quali 
trovasi a contatto, e da sporgere 
a guisa di tumore fino in vi¬ 
cinanza del vestibolo delle na¬ 
rici; è quindi possibilescambiare 
questa anomalia anatomica con 
un neoplasma. 

Il cornetto superiore (1), 
dato, pur esso, dall’etmoide si 
confonde in avanti col cornetto 
medio; solo la parte mediana 
e la posteriore sono libere; esso 
termina, dopo un breve per¬ 
corso, al davanti del corpo dello 
sfenoide. 

I meati sono costituiti dallo 
spazio che esiste tra i varii 
cornetti; si distinguono il meato superiore, il medio e l’inferiore. Hanno un interesse speciale 
per gli orifizi, che in essi si aprono. 

Osella figura 272 si vede l’apertura del seno sfenoidale al di sopra del meato superiore. Le 
cellule etmoidali si aprono, le posteriori nel meato superiore , le anteriori nel meato medio. 



Fig. 273. — Dilatazione ampollare del cornetto medio. 
Setto deviato ed asimmetrico (Zuckerkandl). 


(1) Esiste nel neonato un quarto cornetto facente parte pur esso, come il medio ed il superiore, 
dell’etmoide. Questo cornetto scompare coll’età a misura che le cellule etmoidali si sviluppano. 



Considerazioni anatomiche 


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Il meato medio interessa in ispecial modo il chirurgo, poiché in esso si aprono i seni frontali 
e mascellari. 

Nei pezzi freschi, colla pituitaria conservata (fig. 274), si vede al di sotto della estremità 
anteriore del cornetto medio una 
insenatura chiamata infundibulum , 
che fa comunicare ampiamente il 
seno frontale col meato medio. 

Il seno mascellare comunica 
col meato medio per due orifizi: 
l’uno superiore, situato nella parete 
dell’infundibolo; l’altro, postero¬ 
inferiore, corrisponde al centro 
del meato medio (fig. 272). 

La parte anteriore del meato 
medio è ampia, a cagione dello 
spazio notevole che esiste tra il 
cornetto medio e l’inferiore; per 
questa disposizione ne avviene che 
un istrumento introdotto nelle fosse 
nasali penetra necessariamente nel 
meato medio, se non si ha l’av¬ 
vertenza di mantenerlo sul pavi¬ 
mento delle fosse nasali (fig. 272). 

Nel meato inferiore, il più Fig. 274. — Seziono antero-postcriorc dello scheletro facciale. 

. .. , Le parti molli sono conservate (Moldenhauer). 

ampio di tutti, si apre il canale 
nasale nel punto dianzi accennato (figure 269 e 272). 



5° Orifìzi delle fosse nasali. — La forma degli orifizi anteriori delle narici venne paragonata 

molto felicemente ad un cuore di carta da giuoco diviso in 
due parti da un setto mediano. Ogni orifizio è rappresentato 
da un ovale (fig. 268) di cui l’estremità piccola è in avanti, 
la più grande all’indietro; essi si aprono direttamente in 
basso, d’onde la necessità, per esplorare le narici e le fosse 
nasali, di piegare la testa all’indietro e di rialzare per 
quanto è possibile il lobulo del naso (Tillaux). L’orifizio 
anteriore delle fosse nasali corrisponde all’orifizio superiore 
del vestibolo delle narici (fig. 269 e 272). 

Gli orifizi posteriori delle fosse nasali (fig. 275) hanno 
la forma di rettangoli, ad angoli smussati. I loro limiti sono 
all’esterno l’ala interna dell’apofisi pterigoidea, all’indentro 
un setto comune, mediano, formato dal margine posteriore 
e tagliente del vomere; i margini inferiori corrispondono 
all’unione del velo palatino e della vòlta ossea palatina; 
superiormente sono limitati dalla vòlta delle retrofosse 
nasali. Il diametro massimo dell’ellisse è verticale, misura, 
nell’adulto, da 2 a 2 cent, e Va 5 il diametro orizzontale 
non ne misura che la metà circa, come si vede nella 
figura 275 tolta dall’opera del Tillaux; il diametro oriz- 
ontale è ristretto dalla sporgenza della tromba di Eustachio. 


rig. 275. — Orifizi posteriori delle fosse 
nasali (grandezza naturale adulta). 


Mucosa pituitaria. — Secondo i dati embriologici e fisiologici nella pituitaria devonsi 
distinguere due parti, l’una superiore od olfattiva ; l’altra respiratoria che occupa il resto della 

cavità nasale. 

L’anatomia conferma questa divisione: la mucosa olfattiva è sottile, poco ricca di \asi; è 









8 


Considerazioni anatomiche 


ricoperta da epitelio a ciglia vibratili, che si alterna con un epitelio senza ciglia vibratili. In 
questa regione corrispondente al meato superiore si trovano le terminazioni dei nervi olfattivi. 

La mucosa respiratoria (meato inferiore e medio) si distingue pel suo spessore notevole, che 
talora arriva fino a 4 nini, e per l’esistenza d’un ricco plesso venoso; nel cornetto inferiore la 
mucosa assume l’aspetto di un vero tessuto cavernoso, tanto è grande la sua ricchezza vascolare. 

Non esistono sulla mucosa papille; è ricoperta da epitelio cilindrico vibratile, talora strati¬ 
ficato; racchiude in grandissimo numero ghiandole acinose. 



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. 276. Sezione antero-posteriore destinata a metter in evidenza lo particolarità delle retrofosse (Tillaux). 

La mucosa si continua col tegumento interno delle narici, che, per le sue papille vascolari, 
il suo epitelio pavimentoso stratificato ha tutti i caratteri della pelle. 

La pituitaria manda prolungamenti nel canale nasale e nei seni; si continua colla mucosa 


C. — FARINGE NASALE 

La porzione nasale della faringe o cavità retro-nasale (fig. 27G) è limitata in alto ed all’in- 
dietro dall’apofisi basilare, diretta obliquamente; in basso dal velo mobile; ai lati dalle ali 
interne delle apofisi pterigoidee e dalle parti molli (tromba di Eustachio e fossetta di Rosenmuller). 
lale cavità ha la forma di un cubo irregolare, misura 35 mm. di larghezza, 18 min. di altezza 
e 2 centimetri dall’avanti aH'iudietro (Luschka). Un tumore del volume di una noce potrebbe 
quindi svilupparsi senza produrre fenomeni di compressione sulle parti vicine. 

Dalla figura 277 (Luschka) si vede che la mucosa della faringe nasale è caratterizzata dalla 
presenza di un tessuto molle, ghiandolare, linfatico, il quale si trova sulla parete posteriore; 
questo tessuto costituisce la tonsilla faringea , e la borsa faringea; questa non sarebbe già, come 
venne litenuto da Luschka, lornwaldt, Megevand, un organo a parte, ma una semplice depressione 
della mucosa (recesso faringeo medio di Ganghofner). 


Considerazioni anatomiche 


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D. — SENI FACCIALI 0 CAVITÀ ACCESSORIE DEL NASO 

Cateterismo. — Da quanto si è esposto finora, si conoscono i rapporti dei seni mascellari, 
frontali e sfenoidali, e la posizione esatta dei loro orifizi nelle fosse nasali. Le altre particolarità 
anatomiche saranno ricordate trattando della patologia di queste cavità; esporremo qui le ricerche 
di Hansberg (1), di Dortmund, sul sondaggio delle cavità accessorie del naso; questo autore in un 
suo lavoro, basandosi sull’esame di 80 cranii, tende a dimostrare che il cateterismo dei seni è più 
facile di quanto per lo più si ritiene, e che questo mezzo 
di esplorazione, in dati casi, può costituire un prezioso 
sussidio diagnostico. 

Hansberg consiglia pel cateterismo del seno mascellare 
l’uso di una sonda di 15 centimetri e dello spessore 
da Va a 1 millimetro. 

L’estremità di questa sonda deve esser piegata con 
un angolo di 110°, la parte curva deve avere una 
lunghezza non maggiore di G nini. Col soccorso della 
rinoscopia, e dopo di aver ben cocainizzata la mucosa, 
si introduce nel uaso l’istrumento, in modo da penetrare 
colla punta (che è bottonuta) diretta in alto, senza la 
minima violenza, tra il cornetto medio e la parete na¬ 
sale esterna. Non appena la punta della sonda si trova 
nel meato medio, in corrispondenza della metà del cor¬ 
netto medio (fig. 272), si dirige all’esterno e si raggiunge 
senza difficoltà l’apertura semiluuare. 

Seno frontale. — Nella metà circa dei casi, l’estremità anteriore del cornetto medio copre 
l’orifizio di questa cavità (fig. 274), e conviene resecarlo prima di poter eseguire il cateterismo. 
Hansberg si serve a tal uopo di una sonda bottonuta di Va a 1 mm. di diametro, la cui estremità 
è piegata con un angolo di 125 gradi per una lunghezza di 3 centimetri: la concavità della sonda 
è rivolta in avanti. Dirigendo la porzione ricurva della sonda in alto, la si spinge tra la parete 
esterna della fossa nasale e l’estremità anteriore del cornetto medio spingendola obliquamente 
in alto ed in avanti. Quando si sente che la sonda non può progredire, conviene modificare la 
obliquità della estremità della sonda. Si riconosce che si è riusciti nel cateterismo dalla direzione 
della sonda e dal fatto che questa è penetrata per 5 centimetri nella fossa nasale oltre l’apertura 
della narice. 

Seno sfenoidale. — La sonda deve avere 1 mm. o */* millimetro di spessore, 15 centimetri di 
lunghezza, ed esser curva alla sua estremità. Si introduce colla punta rivolta in basso e si 
spinge obliquamente in alto ed all’indietro tra il cornetto medio ed il setto, fin che si arriva 
contro la parete anteriore del seno sfenoidale. Allora, portando leggermente la punta all’infuori, 
si penetra con facilità nell’orifizio del seno. Secondo Zuckerkandl si dovrebbe spingere la sonda 
secondo la direzione del prolungamento del cornetto medio ; ma, come a ragione fa rilevare 
Hansberg, tale processo non è razionale, poiché il pavimento del seno si trova ad un livello 
superiore a quello del cornetto (fig. 276). 

(1) Hansberg, Die Sondirung der Nebenhòlen der Nase; Monatschr. fur Ohrenheilk., 1890, 
p. 3, e Journ. de laryng. et de rhin ., t. Ili, n. 4, agosto 1890. 



Fig. 277. — Porzione nasale della faringe 

(Lusclika). 





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Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cura 


TECNICA DEI PRINCIPALI MEZZI DI DIAGNOSI E DI CURA 
DELLE MALATTIE DELLE FOSSE NASALI (1) 

I. - MEZZI DI DIAGNOSI. - ESAME DELLE FOSSE NASALI 

Prima di ricorrere ai mezzi di esame delle parti profonde, conviene fare un’ispezione rapida 
delle parti esterne. Si noterà dapprima se il paziente ha la fisonomia caratteristica delle stenosi 
nasali; si esaminerà la parte esterna del naso, osservando lo stato della pelle, se è rossa o gonfia , 
se il naso è affilato od appiattito , se è deviato in parte od in tutto; colla palpazione si può 
riconoscere lo stato delle ossa e delle cartilagini. 

Si passa poi ad esaminare lo stato di permeabilità delle coane (sia nella inspirazione che 
nella espirazione), facendo chiuder la bocca al paziente ed invitandolo a respirare dolcemente 
prima, poscia fortemente e per una sola narice, tenendo l’altra chiusa col dito. 

A) Rinoscopia anteriore. — Si diede il nome di rinoscopia all’esame delle fosse nasali. 

Tale esame può farsi in due maniere: colla prima si esaminano le coane attraverso l’apertura 
delle narici, dall’avanti all’indietro ( rinoscopia anteriore ), colla seconda si osserva l’apertura 
posteriore delle coane ( faringoscopia o rinoscopia posteriore). 

Per la rinoscopia è necessaria una sorgente luminosa intensa, per quanto è possibile bianca 
e fissa; occorrono inoltre strumenti speciali che permettano di dilatare le narici. 

Illuminazione. — Per l’esame delle fosse nasali è necessaria una luce viva e bianca. La 
luce diffusa del giorno è troppo debole per poter essere utilizzata, la luce diretta del sole non 
si può sempre avere a disposizione, ha l’inconveniente di dare un aumento di temperatura nel 
punto sul quale viene concentrata; è consigliabile di usare luce artificiale, elettrica, a gas, a 
petrolio, ed in mancanza di meglio la lampada ad olio. 

Si può far cadere direttamente la luce nelle coane nasali, però è meglio servirsi di raggi 
riflessi proiettandoli per mezzo di uno specchio concavo , di 12-15 centim. di distanza focale e 
di 10 centim. di diametro; questo specchio deve avere al suo centro un foro di 8-10 millim. di 

diametro. Il riflettore può 
esser fissato su di un manico 
adatto tenuto colla mano 
dall’osservatore, oppure può 
essere fissato ad un tavolo; è 
però più pratico servirsi di 
apparecchi coi quali si può 
fissare le specchio al capo 
dell’osservatore ( specchio fis¬ 
sato su di una montatura 
da occhiali secondo Duplay , 
Fig. 278. — Riflettore con montatura da occhiali. C nastro frontale ) ; SÌ hanno 

in tal modo diversi vantaggi : 

a) di lasciar libere le mani dell’osservatore; b) di poter dare al riflettore un’inclinazione 
opportuna; difatti questo è unito all’apparecchio che lo mantiene fisso al capo per mezzo di 
un’articolazione a pallottola, il cui attrito si può regolare per mezzo di una vite in modo tale 
da poterlo muovere in tutte le direzioni e mantenerlo nella posizione voluta. 

Speculi. — Gli strumenti destinati a dilatare convenientemente l’apertura delle narici vennero 
chiamati speculi nasali; vennero costrutti tre tipi di speculi: tabulari , univalvi e bivalvi. Questi 

(1) V. Duplay, Tecnica dei mezzi di diagnosi e cura delle malattie d’orecchio e delle fosse 
nasali. Parigi 1889. 



delle malattie delle fosse nasali 


11 


ultimi trovarono maggior diffusione nella pratica e vennero costrutti in diversi modi, sia per la 
forma, sia pel loro meccanismo; le valve possono esser di dimensioni uguali, o l’una più lunga 
dell’altra; possono esser fenestrate (fig. 280) o no (fig. 279), il padiglione può esser più o meno 
largo ecc. 

Molto usato è lo speculimi di Duplay ; esso ha le due branche che terminano a guisa di becco 



Fig. 279. — Speculum nasale di Duplay. 



Fig. 280. — Speculum fenestrato di Terrier. 


d’anitra (fig. 279) e si compone: « di due valve di cui una, quella che corrisponde al setto, è 
appiattita e fissa, mentre l’altra destinata a dilatare 
la narice è mobile e si allontana quando si eserciti 
una trazione sopra una piccola asticina. Quando 
le branche sono sufficientemente discoste tra di 
loro vengono tenute fisse in tal posizione da una • 
vite » (1). 

Talora è necessario ricorrere agli speculi tabu¬ 
lari (fig. 281); essi hanno per lo più la forma di un 
cono tronco, leggermente appiattito a sezione ellittica. 

Oltre agli speculum devono far parte dell’istrumentario le sonde o piccole aste di metallo ad 
estremità arrotondata e regolare , i pennelli e le pinze nasali. 

Esistono diversi tipi di sonde; sono preferibili quelle a manico curvato (fig. 282), poiché 
durante l’esame la mano non trovasi tra lo specchio e lo speculum, bensì più in basso; non 
resta quindi impedita la proiezione della luce entro la cavità da esplorare. 



Fig. 281. — Speculum in caoutcliouc indurito. 



Fig. 282. — Sonda ad estremità arrotondata. Fig. 283. — Pennello nasale di Ruault. 

I pennelli hanno il manico di metallo o di balena, retto o curvo. Da Ruault venne ideato 
un modello molto comodo; si compone di un pennello montato in metallo ed appiattito, esso 
è unito all’asta metallica da un passo di vite (fig. 283), e può trattenere una quantità 


(1) Duplay, Patologia esterna, t. Ili, p. 749. 





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Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cura 


notevole di liquido. Il vantaggio principale di questo pennello piatto si è di poter esser introdotto 

facilmente nelle fosse nasali tra il cornetto inferiore ed il setto... La lunghezza dell’asta permette di 

giungere fino alla superficie superiore del velo e fino alla parete superiore della faringe nasale. 

Ciascun ammalato può avere un pennello proprio con un passo di vite che si adatta ad un’asta 
unica, ecc. » (1). 

Esistono pure pinzette varie, fra le quali preferiamo quella articolata, sistema Duplay, lunga 
almeno 10 centimetri. 

Posizione del medico e dell’ammalato. — Esame colla RiNOScoru anteriore. — Suppongasi 

che quest’esame si faccia da seduto, e che l'osservatore si serva dello specchio frontale collocato 
al davanti dell’occhio destro. 

La lampada sarà collocata sul margine di un tavolo o meglio su di un sostegno, col quale 


I 



Fig. 284. — Esame delle fosse nasali collo speculum nasale (Duplay). 

sia possibile alzarla ed abbassarla a volontà. Il medico si colloca in modo da avere al davanti 

ed alla sua destra la sorgente luminosa a livello del suo occhio; fissato lo specchio alla fronte, 

cerca con opportuni movimenti (portando in avanti od in dietro la sedia o muovendo lo specchio) 

di proiettare sulla mano sinistra, collocata davanti a sè in un punto corrispondente al naso 

dell’ammalato, una immagine luminosa della grandezza di 2 o 3 centimetri; coll’abitudine si 

arriva presto a questo risultato. L’ammalato deve sedere di fronte in modo che le sue ginocchia 

si trovino tra le gambe del medico e a contatto quasi colla sedia sulla quale questi è seduto. 

Il paziente deve tener il corpo diritto ed il capo immobile, senza piegarlo nè a destra nè a 
sinistra. 

Spingendo in alto col pollice la punta del naso si esamina lo stato del vestibolo e si vede 
se le condizioni di illuminazione sono convenienti. 

. Si introduce lo speculum, tenendo la vite rivolta verso il lato esterno del corpo, lo si spinge 
orizzontalmente fino che giunga nella parte ossea, poscia tenendo fisso il padiglione col pollice 
e l’indice, e poggiando il medio e l’anulare contro il dorso del naso, coll’altra mano si fa girare 
la vite fin che si incontra una resistenza (fig. 284), allora l’apertura delle branche è sufficien¬ 
temente ampia e sarebbe inutile volerla dilatare di più, poiché si produrrebbe un vivo dolore 
alrammalato. 


(1) Huault, Archives de laryngologie et de rhinologie , t. III, p. 182. 






























delle malattie delle fosse nasali 


13 


Guardando pel foro che è collocato al centro dello specchio, il raggio visivo seguirà la 
stessa direzione dell’asse delle narici, si potrà quindi (variando la posizione dello speculum e 
facendo eseguire al capo del inalato dei piccoli movimenti) esaminare i due terzi anteriori delle 
cavità nasali, e talora la parete posteriore della faringe. 

Dopo di aver esaminata in tal modo la parte anteriore del setto , Vestremità anteriore e la 
faccia convessa del cornetto inferiore, si rialza il padiglione dello speculum, e si inclina leggier¬ 
mente in avanti la testa dell’ammalato, si vede così il pavimento in quasi tutta la sua estensione, 
il meato inferiore , il margine inferiore e la faccia esterna del cornetto inferiore. Si fa in seguito 
rialzare il capo al paziente, come se volesse guardare il soffitto, si vede allora la parte media 
del setto, fino alla fessura olfattiva, in alto la parte anteriore della volta , il margine anteriore 
e la faccia interna del cornetto medio , come pure il suo angolo e l’entrata del meato medio. 

Durante l’esame devesi por mente allo stato delle secrezioni ed al colorito della mucosa, 
che, leggiermente roseo nella parte superiore, diviene man mano più rosso, discendendo verso 
il pavimento, in special modo sul cornetto inferiore; toccando la mucosa colla punta ricurva di 
una sonda, si può stabilire lo stato di sensibilità, di elasticità, di consistenza e di spessore 
della mucosa. 

Le parti che abbiamo enumerato sono accessibili all’esame, quando si tratti di cavità nasali 
di conformazione regolare; spesso però si incontrano ostacoli anatomici o patologici, che rendono 
difficile, talora impossibile un’ispezione completa. 

Gli ostacoli, che più di frequente si incontrano sono: le deviazioni e le creste ossee del setto, 
la tumefazione del cornetto inferiore , che è talora così notevole da chiudere in modo completo 
la cavità nasale; le secrezioni che si trovano in qualche caso raccolte in masse di colore giallo 
verdastro, spesse, sotto forma di croste, che possono raggiungere il volume di una nocciuola; i 
tumori, i corpi estranei ecc.... 

Se la tumefazione del cornetto inferiore non è molto pronunciata si potrà spingere all’esterno 
la mucosa, introducendo uno speculum tabulare descritto più sopra (fig. 281). Spesso si riesce 
a vincere tale ostacolo pennellando per alcuni minuti la mucosa con una soluzione di cloridrato 
di cocaina. Le croste e le secrezioni si levano colla pinza di Duplay; poscia si introduce con 
una sonda un pezzetto di cotone idrofilo o un pennello per pulire la superficie della mucosa; 
[oppure si fa una irrigazione della cavità nasale colla doccia di Weber]. 

B) Faringoscopia. — Rinoscopia posteriore. — La 

sorgente luminosa che si adopera per la rinoscopia an¬ 
teriore può servire anche per la posteriore, però essendo 
per questa necessaria una intensità di luce molto mag¬ 
giore, è necessario unire alla lampada degli apparecchi 
destinati a concentrare la luce. 

[Vedi 7iota l ft del Traduttore ]. 

Gli istrumenti necessari sono: un abbassa-lingua 
adatto, gli specchietti rinoscopici, un uncino palatino, 
diverse sonde ed uncini. 

L’abbassa-lingua deve essere fatto in modo da poterla 
deprimere convenientemente spingendo in avanti la sua 
base, onde ottenere il maggior spazio possibile tra la base 
linguale ed il velo palatino. Collin costrusse secondo i dati 
di Ruault un abbassa-lingua (fig. 285), che soddisfa, a 
nostro parere, alle condizioni richieste. L’asta che unisce 
il cucchiaio, destinato a deprimer la lingua, al manico 
è curva in modo da non urtare sulla arcata dentaria 
inferiore; la parte spatuliforme è concava e ripiegata al 
margine onde adattarsi alla base della lingua. 

Gli specchietti rinoscopici sono fatti sul tipo di quelli 
laringei, ma più piccoli, hanno essi pure varie dimensioni: quello che si usa ordinariamente 
ha il diametro di 15 min. 




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Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cura 


Gli uncini palatini servono a rialzare l’ugola ed a tirar in avanti il velo mobile. Sono co¬ 
stituiti da un manico, al quale è unita un’asta di 15 centim. di lunghezza; questa alla sua 
estremità libera è appiattita a forma di spatola e ripiegata ad angolo retto (fìg. 289). 

Le sonde o uncini faringei , i porta-cotone o pennelli faringei (fìg. 286 A e B) sono curvati 

ad una estremità; questa incurvatura ci permette 
di passare dietro al velo mobile e di giungere 
a contatto della vòlta della faringe. 

La rinoscopiaposteriore presenta quasi sempre 
difficoltà tecniche; per riuscire a superarle si 
richiede molta perseveranza e pazienza da parte 
del medico e dell’ammalato. Spessissimo è ne¬ 
cessario ricorrere alla anestesia locale del velo e 
della faringe boccale con pennellazioni di forti 
soluzioni di cocaina ; si può far passare il pen¬ 
nello dalle narici o dalla cavità boccale. 

Prima di procedere all’esame rinoscopico, è 
Fig. 286. — istrumeuti porta-cotone o porta-pennelli. utile ispezionare la porzione orale della faringe, 

deprimendo la lingua onde conoscere: 

1° lo stato della lingua; vedere cioè se è possibile deprimerla senza che si produca il 
riflesso del vomito, e se sta appiattita, oppure sollevata a dorso di asino; 

2° lo stato del velo pendolo , se esso si contrae e si innalza energicamente, e quale è lo 
spazio disponibile tra il velo e la parete posteriore della faringe; 

3° le dimensioni , la direzione ed i caratteri generali delVugola; 

4° la forma e le dimensioni delle tonsille e lo spazio che esiste tra queste ed il pilastro 
posteriore da ambo i lati; 

5° l e condizioni della parete posteriore della faringe e delle pieghe salpingo-faringee , osser¬ 
vando se esistono granulazioni sulla parete posteriore, se vi è tumefazione delle ripiegature, o se 
esistono tumori sporgenti dietro il velo nella faringe. 

Raccolti questi dati, se si crede possibile la rinoscopia, vi si procede nel modo seguente: 

La posizione del medico, del paziente e della sorgente luminosa sono identiche a quella 
della rinoscopia anteriore. 



Il malato deve aprire la bocca senza fare sforzi e tenere sollevato il labbro superiore; colla 
mano sinistra il medico deprime la lingua per 


mezzo d’un abbassa-lingua, cercando di attrarne 
la base in avanti, onde avere il maggior spazio 
possibile tra questa ed il velo mobile; colla mano 
destra tiene lo specchietto, come una penna da 
scrivere, ne riscalda la parte riflettente, immer¬ 
gendola nell’acqua calda o esponendola alla 
fiamma di una lampada ad alcool (i raggi luminosi 
vengono proiettati collo specchio frontale sulla 
parete posteriore della faringe); si porta lo 
specchietto tra il velo e la parete posteriore della 
faringe vicinissimo a questa, curando di non 
toccare nè l’ugola, nè il palato, nè la lingua, nè 
le pareti laterali della faringe; allora si prega 
l’infermo di emettere il suono liun e si ottiene 
ben spesso in questo istante un rilassamento 
più o meno grande del velo mobile. 

Lo specchietto ha dimensioni troppo piccole 



Fig. 287. — Immagino riuoscopica della cavità 

dello retrofosse. 


perchè si possa vedere nello stesso tempo la parte posteriore delle fosse nasali, la vòlta e le 


pareti laterali della faringe, ma, facendolo girare a destra ed a sinistra, inclinandolo più o meno 
in avanti ed in dietro, si potranno esaminare paratamente le singole porzioni, ed aver un’idea 


dell’aspetto presentato dalla cavità (fig. 287). 


delle malattie delle fosse nasali 


15 


Conviene osservare 1° la superficie posteriore AélVugola, il margine posteriore del velo, la spor¬ 
genza della mucosa data dall'elevatore del palato; 2° il setto; si esaminerà se la mucosa è ispessita 
da ambo i lati; 3° i cornetti; si guarderà se l'inferiore ed il medio hanno uno sviluppo anormale, 
se sono ipertrofici e se la mucosa ipertrofica ha un aspetto liscio od a rilievi a guisa di mora; 
si cercherà se è possibile vedere in tutto od in parte il cornetto superiore; 4° le faccie laterali 
delle retrofosse, l'orifìzio ed i margini della apertura tubaria , le ripiegature salpingo-faringee, 
la fossetta di Rosenmiiller; 5° la superficie superiore e posteriore della faringe nasale , lo stato 
della tonsilla faringea e della borsa faringea quando esiste. 



Fig. 288. — Rinoscopio Duplay. 


Se l’esame è difficile a cagione dello sviluppo eccessivo dell’ugola o delle contrazioni della 
faringe è del velo mobile, si ricorrerà ad apparecchi speciali, ad es. al rinoscopio di Duplay (fig. 288) 
o meglio ancora all’uncino palatino (fig. 289). 



Fig. 289. — Uncino palatino di Voltolini. 


Per servirsi dell’uncino, conviene affidare l’abbassa-lingua ad un aiuto od abituare il paziente 
a tener depressa da sè stesso la lingua. Servendosi dell’uncino di Voltolini introdotto dietro 
l’ugola, per tirare in avanti il velo mobile, si arriva qualche volta, stancando l’ammalato, a 
praticare la rinoscopia (fig. 289). 

[Vedi ìiota 2 a del Traduttore]. 


C) Esame col dito. — Se colla rinoscopia non si viene ad avere un criterio esatto dello stato 
delle retrofosse o vi si riesce in modo incompleto (cosa che succede quasi sempre nei bambini), 
si praticherà l’esame col dito, per formulare una diagnosi precisa. Il malato sta seduto, il 
medico si colloca alla sua destra, mette il piede sinistro sulla sedia in modo da applicare il 
dorso e la testa del paziente contro il ginocchio del medico; colla mano sinistra mantiene 
coll’apri-bocca o, in mancanza di questo, col manico di un istrumento collocato tra i molari, aperta 
la bocca del malato, introduce l’indice della mano destra al fondo della bocca e lo ripiega in 
alto quando giunge alla parete posteriore della faringe; conviene esplorare attentamente la 
faccia superiore e posteriore della faringe per sentire se esistono tumori , e le coane per vedere 
se vi è ipertrofia dei cornetti o vi sono polipi nasali. 

Si può pure, servendosi dell’uncino faringeo munito di ovatta ed introdotto nelle retrofosse, 
togliere le mucosità esistenti, o da queste ricavarne delle indicazioni per giudicare dello stato 
della mucosa (catarro naso-faringeo). 


Illuminazione per trasparexza della faccia per la diagnosi delle malattie del seno mascellare. 
— Il malato ed il medico devono trovarsi in una camera completamente oscura ; stanno seduti 
l’uno di fronte all’altro, come per l'esame rinoscopico; il medico introduce una piccola lampada 
ad incandescenza nella bocca del paziente; questi chiude le labbra, tenendo però le arcate dentarie 
per quanto è possibile distanti l'una dall’altra, e cercando di spingere la base della lingua 
all’indietro. Si fa passare la corrente, e le arcate dentarie, le labbra diventano vivamente rischia¬ 
rate, di un colore rosso-fuoco, il naso e gli zigomi acquistano pure un colore rosso, ma meno 
intenso; sotto agli occhi nella regione inferiore dell'orbita compare una striscia luminosa concava. 






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Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cura 


Voltolini ed Hering consigliano di usare uno speciale ab bassa-lingua, sul quale vien fissata 
una lampadina (1); Ruault ritiene inutile l’abbassa-lingua; si può benissimo praticare l’esame 
per trasparenza col metodo dianzi esposto; occorre però aver l’avvertenza di rompere qualche 
volta il circuito, appena l’ammalato accusa un senso di bruciore, onde impedire alla lampada 
di assumere una temperatura troppo forte. 

Una piccola lampada da G a 7 volts e di 4 o 5 candele serve benissimo, quando sia ben 
costrutta, per l’esame, senza farci incorrere nel pericolo di produrre scottature. 

Spesso anche in individui sani si trovano ineguaglianze nella distribuzione della luce da una parte 
e dall’altra della faccia, ma nei casi di empiema del seno mascellare il lato malato è sempre comple¬ 
tamente scuro e manca il cercine luminoso sotto-oculare. Quando oltre a questo segno si aggiunge 
lo scolo fetido dal meato medio, e gli altri sintomi di una suppurazione dell’antro, resta molto 
avvalorato il sospetto di empiema del seno mascellare. In 23 persone colpite da empiema, curati 
in questi anni nella clinica laringologica dei sordo-muti, questo fenomeno della mancante traspa¬ 
renza dal lato affetto si è presentato in modo costante (Galy e Ruault). 

Questo mezzo di esame può pure servire per la diagnosi dei tumori solidi. Ruault (2) se ne servi 
recentemente in un paziente affetto da osteoma del seno mascellare, operato in seguito felice¬ 
mente da Carlo Monod. 

Nelle cisti non suppurate la trasparenza non solo persiste dal lato affetto, ma talora, essendo 
le pareti molto distese, viene aumentata. 

Così pure nei polipi mucosi è possibile trovare inalterata la trasparenza. 


II. — PRINCIPALI MEZZI DI CURA DELLE MALATTIE 

DELLE FOSSE NASALI 

In questo capitolo si tratterà : 1° delle irrigazioni o doccie nasali; 2° del bagno nasale sem¬ 
plice e del gargarismo retro-nasale; 3° delle polverizzazioni; 4° delle fumigazioni; 5° delle insuffla¬ 
zioni di polveri; G° delle penncllazioni (cauterizzazioni, medicazioni, ecc.); 7° della galvanocaustica 
termica ; 8° àe\Velettrolisi ; 9° della anestesia locale, mezzi di cura più in uso e che si applicano 
in un gran numero di alterazioni nasali. 

1° Iniezioni. — Irrigazioni. — Doccie nasali. — La lavatura delle cavità nasali è utilissima 
in un gran numero di affezioni del naso e dei suoi annessi. Essa serve a rimuovere le secre¬ 
zioni o mucosità, le quali soggiornando subiscono delle fermentazioni nocive; serve pure a 
modificare, per mezzo di soluzioni medicamentose, lo stato patologico della pituitaria. 

Onde raggiungere lo scopo è necessario che tutta la cavità nasale e naso-faringea venga 
bagnata da un getto di liquido capace di rimuovere tutte le secrezioni. Il miglior mezzo è 
fornito dalla doccia di Weber (di Halle), colla quale si fa passare, col mezzo di un sifone, una 
corrente di liquido da una cavità nasale e si fa uscire dall’altra. 

Il sifone può essere più o meno perfezionato ; in genere è costituito da un tubo di caoutchouc 
lungo circa 80 cm., terminato ad una sua estremità con un’oliva di ebanite, di porcellana o 
di avorio, essa è fatta in modo da otturare completamente l’apertura della narice; l’altra estremità 
del tubo è munita di un pezzo rigido in vetro o in caoutchouc indurito, piegato ad U capovolto; 
la branca libera si introduce in un recipiente contenente il liquido che deve servire per la 
irrigazione. 

Onde servirsi dell’apparecchio si colloca il recipiente all’altezza di 30 centimetri circa dalla 
testa dell’ammalato ; si aspira il liquido nel sifone e, appena la circolazione del liquido ò stabilita, 
si introduce l’oliva entro la narice del paziente, dirigendo il getto del liquido non in alto verso 
la volta, ma in basso verso il pavimento delle fosse nasali; se l’ammalato ha cura di respirare 
tranquillamente colla bocca ampiamente aperta , di non parlare e di non fare alcun movimento 
di deglutizione, il liquido esce regolarmente dall’altra narice. 


(1) Gougueniieim, Annalcs des maladies de Voreillc et du larynx, gennaio 1895. 

(2) Comunicazione orale. 



delle malattie delle fosse nasali 


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Se le due coane sono ugualmente pervie, sarà utile far penetrare il liquido alternativamente 
ora dall’ima ora dall’altra; se una è più ristretta conviene far entrare il liquido sempre dalla 
meno ampia. 

Il liquido deve essere leggermente caldo o almeno tiepido, la temperatura migliore è quella 
da 30 a 40 gr. Non conviene usare acqua pura, poiché irrita la pituitaria e dà una sensazione 
sgradevole, talora dolorosa. Se si ha solo di mira di ripulire la cavità nasale si userà una solu¬ 
zione alcalina; ecco la formola abituale: 

Bicarbonato di soda.i 

Biborato di soda.| ana S r - 100 

due cucchiai da caffè in un litro di acqua bollita, tiepida. Le soluzioni di cloruro di sodio non 
sono indicate, poiché se penetrano nella cassa possono dar luogo a otiti medie suppurate, talora gravi. 

Conviene avvertire i pazienti di non soffiarsi il naso appena fatta la lavatura, poiché si 
esporrebbero al pericolo di far entrare il liquido nelle trombe. 

In genere bastano due lavature al giorno. 

Le soluzioni usate variano a seconda dei casi; si adoperano soluzioni astringenti (tannino, 
allume, acetato di piombo, solfato di zinco), soluzioni disinfettanti (acido fenico, naftol, perman¬ 
ganato di potassa, resorcina, acido borico, ecc.), acque termali (Saint-Christau, Eaux-Bonnes, 
Salies-de-Béarn, Mont-Dore, ecc.). 

2° Aspirazioni. — Gargarismo nasale. — Bagno nasale (1). — « Questi vari modi di cura, 
inferiori come efficacia alla doccia, possono essere impiegati quando questa per una ragione 
qualsiasi non possa venire adoperata. 

« 1j aspirazione nasale consiste nel fiutare il liquido contenuto in un recipiente, o meglio 
ancora nel palmo della mano e nell’espellerlo non appena esso è giunto nella cavità boccale. 
Si capisce facilmente che con questo mezzo non si riesca a bagnare per una grande estensione 
la mucosa delle fosse nasali. 

« Il gargarismo nasale o retro-nasale, lodato dal dottor Guinier, si pratica nel modo seguente: 
l’ammalato prende un sorso di liquido nella bocca, piega la testa all’indietro onde portarlo nella 
faringe, come si pratica nel gargarismo semplice; chiude la bocca e piegando rapidamente il 
capo in avanti, e con un poco di abitudine riesce a far penetrare il liquido nella cavità retro¬ 
nasale, e nelle coane; ciò si ottiene mediante un movimento di abbassamento del velo analogo 
a quello dei fumatori di sigarette che fanno passare il fumo dalla bocca nel naso. 

Il bagno nasale si compie, facendo piegare fortemente la testa dell’ammalato all’indietro, in 
modo che le aperture delle narici si trovino in alto; poi, mentre il paziente pronuncia la lettera A, 
si versa del liquido in una narice fin che esca dall’altra. Così le due coane e la cavità retro¬ 
nasale (a cagione dell’innalzarsi del velo pendolo) vengono completamente bagnate dal liquido. 
Dopo di averlo trattenuto per quanto gli riesce possibile, il paziente abbassa il capo e lo lascia 
uscire dalle narici (senza soffiarsi il naso). Questo bagno può esser ripetuto varie volte di seguito. 

« Tali metodi, sebbene inferiori alla doccia e inadatti per lavare in modo completo le fosse 
nasali, possono servire di aiuto alla doccia, quando esistono croste spesse aderenti e più o meno 
secche. Le aspirazioni semplici, il gargarismo nasale, il bagno nasale servono a rammollirle, per¬ 
mettendoci di rimuovere in seguito colla doccia in modo più energico e più efficace i secreti 
accumulati nelle coane. Inoltre con tali mezzi, in ispecie. col bagno nasale, è possibile usare 
sostanze medicamentose più attive di quelle che si usano colla doccia nasale; si può quindi 
esercitare un’azione terapeutica più intensa. 

3° Fumigazioni. — Inalazioni. — Questi processi hanno per iscopo di modificare lo stato pato¬ 
logico della pituitaria, facendo pervenire su di essa delle sostanze medicamentose appartenenti 
al regno vegetale od al regno minerale (belladonna, papavero, timo, rosmarino, catrame, benzoino, 
jodio, zolfo, ecc.). 

Il metodo più semplice per praticare le fumigazioni con acqua calda, consiste nel ricoprire 
un recipiente qualsiasi con un imbuto di vetro, di latta o di carta spessa ; mettendo nel recipiente 

(1) Tolto dal Duplày (loc. cit., p. 157). 

2. — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattìe delle regioni. 







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Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cura 


dell’acqua unitamente alle sostanze medicamentose, e facendola bollire con una lampada ad 
alcool, i vapori escono dalla sommità dell’imbuto e vengono facilmente diretti nella cavità nasale. 

Esistono apparecchi appositi destinati a proiettare il getto di vapore; tra questi citeremo 
quelli di Baillemont, Charrière, Traube, Mulki, Mandi, Duplay. 

L’apparecchio di Mandi è costituito da un pallone di vetro, munito alla sua apertura di due 
tubi, uno terminato ad imbuto destinato alla introduzione dei liquidi, l’altro unito ad un tubo 
di gomma lungo quasi 30 cm. che vien introdotto nelle narici. Il pallone di vetro viene riscaldato 
da una lampada ad alcool. 

Le fumigazioni secche consistono nella aspirazione pel naso di vapori prodotti dalla combu¬ 
stione di determinate sostanze, quali: benzoino, mirra, ecc. 

4° Nebulizzazioni. — Hanno per iscopo di far penetrare nelle fosse nasali dalle narici o 
dalla faringe delle soluzioni medicamentose (allume, tannino, nitrato di argento, acido fenico, 
borico, lattico, ecc.), oppure delle acque minerali naturali od artificiali, ridotte in pioggia finis¬ 
sima per mezzo di apparecchi polverizzatori. 

Sono adottati quasi universalmente i polverizzatori del tipo Kichardson; crediamo inutile di 
darne una descrizione particolareggiata; ci limiteremo quindi a descrivere l’estremità del tubo, 
dal quale esce il liquido polverizzato. 

Quando si fa la polverizzazione per la narice, la cannula termina a forma di oliva; l’ammalato 
colloca l’estremità dell’oliva nella narice e fa funzionare l’apparecchio. Vi è pure una cannula 
destinata ad essere introdotta nelle retrofosse dietro il velo mobile. Nel Manuale del Dott. Moure (1) 
trovansi le figure di queste due forme di cannula. 

5° Insufflazione. — Consiste nel far penetrare nelle fosse nasali delle sostanze medicamentose 
solide, sotto forma di polvere finissima, come: allume, borace, calomelano, nitrato di bismuto, 
valerianato di zinco, belladonna, .iodoformio, salolo, ecc. 

Non volendo usare apparecchi speciali si può introdurre alla estremità di un tubo di vetro, 
di paglia, o di penna d’oca, la polvere voluta, e farla penetrare soffiando colla bocca per l’aper¬ 
tura opposta. 

Gli apparecchi per insufflazione sono molto numerosi; il più semplice è fatto da una pera 
di gomma, munita di un tubo di vetro; si introduce entro a questo la polvere, lo si colloca colla 
punta entro alla narice, e premendo sulla pera di gomma si spinge la polvere nelle fosse nasali. 

Un altro tipo di insufflatore è costituito da un tubo di metallo, di cui una delle sue estre¬ 
mità è ristretta e si piega ad angolo retto; l’altra estremità è unita ad una pera di gomma; 
al davanti di questa vi è nel tubo un serbatoio che mediante un cursore si può aprire e chiudere. 
Premendo sulla pera di gomma, la polvere che si trova nel serbatoio, vien spinta finamente 
divisa, fuori della estremità anteriore del tubo. 

G° Pennellazioni e Cauterizzazioni. — Si fanno con pennelli, con sonde, pinze, o portaovatta. 

Colle pinze si portano nelle narici dei batuffolini di ovatta idrofila impregnata di soluzioni 
medicamentose più o meno diluite (nitrato di argento, cloruro di zinco). 

Per servirci dei portaovatta nasali e naso-faringei se ne ricopre l’esternità rugosa con uno 
strato di ovatta, in modo da dargli la forma di un tampone allungato ; per tal modo ci è pos¬ 
sibile medicare, soffregando energicamente la mucosa delle cavità delle retrofosse, ad es., con 
naftol solfo-ricinato, o con soluzioni jodio-jodurate, ecc. 

Si possono pure portare certe sostanze medicamentose solide a contatto della mucosa, ser¬ 
vendosi ad esempio del porta-lapis pel nitrato di argento o di cristalli di solfato di rame, ecc. 

Cauterizzazioni. — Spesso è necessario ricorrere a cauterizzazioni chimiche, più di frequente 
a cauterizzazioni galvano-termiche o galvano-chimiche, onde ottenere una diminuzione dello 
spessore della mucosa pituitaria ipertrofica. 

Servendosi di tali mezzi occorre far in modo che non avvengano aderenze cicatriziali tra i 
cornetti ed il setto oppure tra un cornetto e l’altro. Per tali ragioni è consigliabile di non fare 


(1) Moure, Manuel pratique des maladies des fosses nasales, p. 262. 



delle malattie delle fosse nasali 


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cauterizzazioni troppo energiche in una sola seduta, di limitarle ai punti ammalati e di curare 
le medicazioni consecutive. 

Il caustico chimico piu in uso è l’acido cromico; è consigliabile di applicarlo secondo il 
metodo di Hering; si colloca cioè qualche cristallo di acido cromico sulla estremità d’una sonda 
nasale, che si riscalda a poco a poco per mezzo di una fiamma ad alcool, finché l’acido scio¬ 
gliendosi si dispone omogeneamente sulla superficie della sonda; l’estremità di questa vien così 
ricoperta da uno strato aderente di colore rosso cupo. Si porta la punta della sonda così trasfor¬ 
mata in porta-caustico a contatto della mucosa nasale nei punti dove si vuole cauterizzare. 
E utile far seguire a questa manovra una lavatura alcalina tiepida della mucosa nasale. Questo 

metodo ha il grande vantaggio di esser poco doloroso e di permettere di limitare la cauteriz¬ 
zazione ai punti voluti. 


7 ° Galvano-caustica termica. — Non descriveremo gli apparecchi generatori della energia 
elettrica, pile od accumulatori, ed il manico porta-cauteri isolante. 

I cauteri per uso Enologico sono curvi ad angolo ottuso, per impedire che la mano dell’o¬ 
peratore si trovi nella direzione dei raggi luminosi, che vengono proiettati entro la cavità 
nasale. Il filo di platino è rotondo od appiattito, oppure è allargato in forma di bottone verso 
la sua parte mediana; è di dimensioni appropriate in modo che si arroventala sola parte che 
deve agire sulla mucosa. Molto pratici sono i cauteri di Loewenberg, coi quali si evita il pericolo, 
allorquando ad esempio si cauterizza il cornetto inferiore, di cauterizzare la parte corrispondente 
del setto, quand’anche il paziente faccia un movimento rapido del capo durante l’atto operativo. 

Per lo più non è consigliabile di spingere i cauteri a temperature maggiori di quella del 
colore rosso scuro. 

Per le cauterizzazioni galvaniche è opportuno servirsi dell’anestesia locale, che si ottiene 
mediante soluzioni forti di cocaina. 


8° Elettrolisi (1). Si utilizza co\V elettrolisi l’azione chimica della corrente galvanica, onde 

ottenere la distruzione di polipi del naso e delle retrofosse, di parti ipertrofiche dei cornetti, di 

porzioni inspessite o deviate del setto. Miot fu il primo che applicò l’elettrolisi alla cura delle 
deviazioni del setto. 

Onde praticare l’elettrolisi si impiantano nei punti che si vogliono distruggere, od in vici¬ 
nanza di essi, uno o più aghi di platino o di acciaio, e si fa comunicare uno di questi aghi 
col polo negativo di una batteria (ad esempio una pila di Chardin o di Gaiffe) ; il polo posi¬ 
tivo può esser applicato in un punto indifferente, sulla apofisi mastoide, o sull’avambraccio, o 
nella narice opposta, oppure se si usano più aghi, può anche esser messo in comunicazione con 
uno degli aghi impiantati nel tessuto da distruggere. La corrente deve esser dapprima debolis¬ 
sima e crescere man mano fino al suo limite massimo. Se si vogliono evitare al paziente dolori 
molto forti non conviene usare di correnti le quali oltrepassino i 20 mill. amp. del galvanometro 
di Chardin o i 15 mill. amp. di quello di Gaiffe. Le sedute operatorie devono essere della durata 
di 10 minuti circa; conviene diminuire gradatamente la corrente prima di togliere gli aghi. 

Caduta l’escara e finito il processo di cicatrizzazione si può ripetere l’operazione tante volte 
quante bastano per ottenere lo scopo. 

9° Anestesia. — Secondo l’importanza dell’atto operativo si deve ricorrere alla anestesia 
generale od alla locale. 

Per ottenere l’anestesia generale, si usa per lo più il cloroformio. In un lavoro sulle stenosi 
nasali in rapporto colla cloroformizzazione (2), J. Freak W. Silk insiste sulla necessità di tenere 
la bocca aperta non appena si comincia a somministrare il cloroformio, onde impedire la com¬ 
parsa dei fenomeni asfittici che possono accadere per l’accumulo di liquido nella cavità boccale. 

Calmettes e Lubet-Barbon preferiscono l’uso del bromuro di etile al cloroformio nelle ope- 

(1) V. Comunicazioni di Miot alla Società francese di Otologia e Laringologia, 1888 e di 
Suarez de Mendoza e Garel al Congresso di Parigi, 1889. 

(2) Journal of Laryngology, 1889, n. 7. 




20 Lesioni, traumatiche del naso 

razioni di vegetazioni adenoidi. Questo mezzo di anestesia venne adottato pel primo da Moritz 
Schmidt. 

Per l'anestesia locale della mucosa delle fosse nasali o della faringe nasale si adopera ordi¬ 
nariamente una soluzione di cloridrato di cocaina; è necessario che sia molto concentrata, e 
venga tenuta per 4 o 5 minuti a contatto della mucosa. Ecco la forinola più in uso: 


Cloridrato di cocaina. gr. 1 

Glicerina neutra. « 2 

Acqua distillata. n 4 (a) 


Si tocca la mucosa con un poco di cotone imbibito della soluzione o con un pennello. Noi 
preferiamo l’uso del pennello, che permette di bagnare in modo più completo e più uniforme 
la mucosa. Rosenberg consiglia di usare, invece della cocaina, una soluzione alcoolica di mentol 

(40 a 50 %). 

Altri proposero di adottare una soluzione composta di un gr. d'antipirina su 10 gr. di acqua. 
Per conto nostro ci atteniamo all’uso della cocaina, la quale ci diede finora ottimi risultati, 
senza dar luogo ad inconvenienti di sorta. 

Ricorderemo ancora che la cocaina, oltre all’azione anestetica, ha pure una azione vaso-co¬ 
strittrice, e quindi produce una diminuzione nel volume della mucosa. 


PARTE PRIMA 


MALATTIE DEL NASO 


CAPITOLO I. 

Lesioni traumatiche del naso. 


Legouest, Traité de Chirurgie d’armée, 1872. — Larrey, Clin. chirurgie. — Bérenger-Féraud, 
Gaz. des hópitaux, 1870. — G. Martin, Tesi dott. Parigi, 1873. 

I. 

CONTUSIONI DEL NASO 

Le contusioni del naso sono frequenti a cagione della sua sporgenza sulle 
parti vicine; sono dovute a colpi diretti sul naso o sulla faccia. I traumi che col¬ 
piscono la radice del naso producono ecchimosi, più raramente un vero versamento 
sanguigno nel punto contuso, che può estendersi alla parte interna delle pal¬ 
pebre ; le contusioni della parte inferiore del naso producono di rado un’ecchimosi 
esterna, poiché la struttura compatta del tessuto impedisce uno stravaso abbon¬ 
dante. A cagione della notevole vascolarizzazione e della sottigliezza della pitui¬ 
taria, frequentissimamente le epistassi si accompagnano alle contusioni, senza 
assumere però gravità di sorta. 


(a) [Y. Appendice di Operativa, pag. 25]. 






Ferite 


21 


Quando il trauma agisce con violenza eccezionale, si possono produrre fenomeni 
di commozione cerebrale, poiché la forma a vòlta delle ossa nasali permette la 
trasmissione diretta dell’urto contro la parete anteriore della base del cranio ; per 
la stessa ragione in seguito a colpi sul naso può prodursi una frattura della la¬ 
mina cribrosa dell’etmoide; in questo caso la contusione del naso ha di fronte 
alla frattura una importanza secondaria. 

Non tratteremo per ora degli ematomi del setto dovuti a contusioni perchè, 
se non sempre, nella grande maggioranza dei casi, si accompagnano a frattura 
della cartilagine; ritorneremo quindi su questo argomento, parlando di tali fratture. 

IL 

FERITE 

Anche nel naso, come altrove, le ferite possono essere prodotte da strumenti 
perforanti, taglienti o contundenti. Possono occupare le parti molli od estendersi allo 
scheletro ed alla mucosa; in questo caso si hanno le ferite penetranti. Secondo 
il grado di penetrazione l’istrumento può determinare lesioni più o meno estese 
nelle cavità vicine, ad esempio nell’orbita, nei seni facciali e nella cavità cranica. 

Le ferite da punta in genere sono poco gravi; quando però sono penetranti, 
possono più facilmente delle altre dar luogo ad enfisema sottocutaneo. Questo 
enfisema si produce solo nelle ferite della parte superiore del naso, dove esiste un 
tessuto cellulare non troppo compatto; esso compare come nelle fratture abba¬ 
stanza presto, non appena l’ammalato si soffia il naso; in questo momento il 
paziente prova un senso di bruciore in corrispondenza della radice del naso ; que¬ 
st’enfisema si limita per lo più al punto leso ed alle palpebre, in casi eccezionali 
si estende al resto della faccia. Scompare rapidamente e spontaneamente; di rado 
si è obbligati di ricorrere ad una cura diretta contro l’enfisema, ad esempio alle 
scarificazioni ed alla consecutiva compressione. 

Le ferite superficiali da istrumenti taglienti non presentano alcun interesse 
speciale; se sono molto estese conviene riunire i lembi con opportuna sutura, la 
quale è sempre necessaria quando è sezionato il margine libero delle narici. 

Le ferite penetranti offrono maggiore interesse, possono esser verticali e tras¬ 
versali ; tra queste conviene distinguere le sezioni incomplete o complete dell’organo. 
Le ferite verticali del dorso del naso guariscono da sè, basta tener uniti con un 
mezzo qualsiasi i margini della incisione ; quelle che interessano la parte inferiore, 
le ali del naso, devono al contrario essere riunite accuratamente con sutura, poiché 
l’elasticità delle cartilagini tende a mantenere i margini divaricati. 

La stessa sutura è sufficiente nelle incisioni trasversali su uno o su due lati del 
naso, il quale in tali casi cade, ripiegandosi sul labbro inferiore, e vien tenuto ade¬ 
rente alla faccia dal setto o dal sottosetto. Talora la sezione è ancora più completa 
ed il naso resta appeso per un piccolo peduncolo ; in questi casi conviene tentare la 
riunione con una accurata sutura : Bérenger-Féraud riferisce di cinquanta casi, in 
cui questo tentativo diede ottimi risultati. È noto d’altronde l’esempio classico di 
Larrey, citato nella sua opera (din. chirurg.), nel quale l’incisione interessava anche 
le ossa; un colpo di spada aveva inciso trasversalmente la metà inferiore del naso, 



Lesioni traumatiche del naso 


i due punti corrispondenti delle guancie e del labbro superiore e le due ossa ma¬ 
scellari fino al palato ; riuscita inutile una prima sutura, Larrey suturò nuovamente 
le ossa e le parti molli e ottenne la guarigione dopo quarantacinque giorni. 

Il naso può infine esser totalmente esciso, può cioè accadere che una parte 
di esso resti completamente distaccata. I ventisette casi curati con buon esito, riferiti 
da Martin, provano che anche in questi casi si deve tentare la riunione con sutura. 
Non è necessario del resto che si riapplichi immediatamente la parte escisa: si videro 
casi di riuscita anche dopo un’ora di ritardo (Galin, Hoffacker); secondo questo 
autore sarebbe meglio attendere qualche tempo, onde avere una completa emostasi. 
La porzione distaccata si conserva in un liquido antisettico tiepido, mentre si pu¬ 
lisce la parte sanguinante; si fa la sutura delle parti molli sole (come si pratica 
per lo più) o delle cartilagini e della pelle come raccomandano alcuni chirurghi ; 
si applicano dei tamponi di garza antisettica nelle narici, onde sostenere la parte 
distaccata e conservarne la forma. Il naso dopo la sutura resta freddo e pallido, 
riprende il suo aspetto normale solo dopo 12 ore (Immisch), talora anche dopo tre 
giorni (Holmes Goote); non conviene quindi affrettarsi a togliere la parte escisa 
e suturata, per tema che Vinnesto non abbia ad attecchire. 

Le ferite da istrumenti contundenti o da proiettili da guerra non offrono grande 
interesse; le lesioni superficiali hanno quasi gli stessi caratteri delle ferite da taglio; 
nelle ferite profonde, quando per esempio una palla perfora il naso, si hanno fe¬ 
nomeni cerebrali od oculari imponenti. Talora, quando i proiettili sono di piccolo 
calibro o quando arrivano con poca forza di penetrazione, possono perforare una 
sola delle pareti del naso e restare nelle coane o nei seni a guisa di corpi estranei. 

Le osservazioni di tali casi sono tutt’altro che rare. Legouest ricorda la storia 
clinica di un ufficiale ferito da una palla, che penetrò dalla parete interna dell’orbita 
in uno dei seni superiori; per diciotto anni il paziente ebbe a soffrire di cefalalgie, 
ed un senso di spostamento del proiettile appena piegava la testa all’avanti od 
all indietro. Un giorno sputò il proiettile che era caduto in bocca. In un altro caso 
si tratta di un generale, che di notte si sveglia e si sente in bocca una palla, che 
tredici anni prima dall’occhio era penetrata nei seni. Lemaitre (1) cita un caso di 
un individuo affetto da quattro anni da scolo fètido dal naso, dal quale si potè 
estrarre un corpo estraneo nero lungo 3 centimetri; questo corpo era un fram¬ 
mento della camicia di un obice che l’aveva colpito 4 anni prima e non aveva 
prodotto altro se non una leggiera epistassi senza la minima traccia di ferita. 

Ricorderemo ancora i corpi estranei delle fosse nasali, in seguito a ferite pene¬ 
tranti con rottura e permanenza di parte dell’istrumento feritore nei tessuti. 
Trattasi per lo più di lame di coltello, lunghe in certi casi fino 6 centimetri e 
larghe 15 millimetri ; nel caso citato da Legouest vi era una matita da falegname 
lunga 6 centimetri e larga uno. Bérenger-Féraud (2) raccolse varie osservazioni di 
questo genere. In quasi tutte, le persone eran state colpite in stato d’ubbriachezza 
e non ricordavano l’accaduto ; la ferita prodotta dall’istrumento si cicatrizza, e solo 
dopo un periodo di tempo più o meno lungo, sei mesi (Legouest) (3), quattro anni 

(1) Lemaitre, Soc. anat., ott. 1874. 

(2) Bérenger-Féraud, Bull, thérapeutique, 1888. 

(3) Legouest, Bull, thérapeutique , t. LXIY. 


Fratture del naso 


23 

(Molinier) (1), quarantadue anni (Rodolfi) (2) ramnialato, affetto sia da uno scolo 
purulento della narice, sia da ostruzione nasale, sia da alterazioni della regione lacri¬ 
male, si presenta al chirurgo. L’esame delle fosse nasali collo specchio e colla sonda, 
1’esistenza di una cicatrice in vicinanza del naso conducono alla diagnosi : conviene 
però ricordare, che non sempre è facile riconoscere la causa della malattia, perchè 
alle volte mancano i dati anamnestici, non ricordando il paziente quanto si riferisce 
al passato e potendo anche darsi il caso che la cicatrice non si trovi sul naso, 
ma in altro punto (regione temporale, arcata zigomatica) o dal lato opposto alla 
coana nasale alterata (caso di Bérenger-Féraud). 

Non ci estenderemo sulla cura di queste lesioni, perchè essa varia a seconda del 
caso: talora basta una pinza per afferrare il corpo estraneo, altre volte non è 
possibile l’estrazione per le vie nasali ed è necessario aprire una via artificiale sul 
punto dove esiste il corpo estraneo. 


III. 

FRATTURE DEL NASO 

Tratteremo nello stesso capitolo delle fratture delle ossa proprie del naso e dì 
quelle del setto; se la sintomatologia è diversa, in tutte però si hanno le stesse 
indicazioni terapeutiche ed a tutte si adattano gli stessi apparecchi. 

Fratture delle ossa nasali. — Malgaigne, Traité des fractures. — Hamilton, Traité des 
fractures. — Poinsot, Dict. de méd. et de cliir. pratiques. — Spillmann, Dict. encyclop. des 
Sciences médicales. 

Frattura del setto. —Jar.javay, Bull, thérap., 18G7. — Casabianca, Tesi dott., Parigi, 1876. — 
Mollière, Lyon méd., agosto 1888. 

Cura. — Chevallet, Tesi di Lione, 1889, n. 472. 

1° FRATTURE DELLE OSSA NASALI 

Eziologia. — Le fratture delle ossa nasali sono relativamente rare ; se il naso, 
per la sua sporgenza pare a tutta prima in condizioni favorevoli per esser colpito 
dai traumi, non bisogna però dimenticare che le ossa nasali restano protette dalla 
bozza frontale e dalla sporgenza della parte cartilaginosa; la disposizione a vòlta 
accresce inoltre la resistenza, che esse presentano all’urto dei corpi feritori. 

Le fratture nasali sono più frequenti nell’uomo che nella donna, e non furono 
secondo Malgaigne osservate nella infanzia. Sono sempre conseguenza di una azione 
diretta, dovuta a colpi, od a cadute, nelle quali vengono colpite direttamente le 
ossa nasali; accade spesso di vederle accompagnate a lesioni dei tegumenti più 
o meno estese. 

.Anatomia patologica. — L’alterazione colpisce quasi sempre le due ossa 
nasali; le fratture unilaterali ammesse da J.-L. Petit sono considerate come molto 
rare da Duverney. 

(1) Molinier, Mémoires de méd. militaire, 1854. 

(2) Rodolfi, Bull, thérap ., t. LXYI. 






Lesioni traumatiche del naso 



La direzione della frattura, a seconda della direzione del corpo vulnerante è 
verticale, trasversale od obliqua. 

Si hanno pure le fratture semplici e le comminutive. Nelle prime accade talora 
che manchi lo spostamento dei frammenti, i quali restano in contatto e sono 

mantenuti fissi dal periostio, dalla 
pituitaria e dalle parti molli. Quando 
vi è spostamento e la direzione della 
frattura è verticale, uno dei fram¬ 
menti si insinua sotto l’altro, che lo ac¬ 
cavalca e produce così una eminenza 
rilevabile colla palpazione. Quando 
la frattura è obliqua, il frammento 
inferiore si abbassa, mentre il supe¬ 
riore, che resta fermo per la sua 
unione coll’osso frontale, non si de¬ 
prime (fig. 290). Tali spostamenti 
sono molto più frequenti nelle frat¬ 
ture comminutive, nelle quali talora 
il numero dei frammenti è molto grande, come nel caso citato da Marchetti, in 
cui le ossa nasali erano ridotte in un ammasso di pezzi aghiformi, di cui alcuni 
grossi come grano di miglio. In queste fratture comminutive la radice del naso è 
appiattita, e, quantunque alcuni pezzetti di osso possano sporgere all’esterno, il 
dorso del naso si trova depresso. 

Ci limiteremo a ricordare le lesioni frequenti delle parti molli e della pituitaria, 
che accompagnano talora le fratture delle ossa nasali; occorre pure non dimen¬ 
ticare la possibilità di lacerazioni profonde risiedenti per lo più nella mucosa, che 
talora comunicano direttamente col focolaio della frattura, la quale si trova per 
tal fatto trasformata in frattura complicata. Così pure non si dovrà dimenticare 
la possibilità di una frattura della lamina cribrosa dell’etmoide (specie nelle fratture 
comminutive, dovute quasi sempre a colpi violenti) ; tale complicazione osservata due 
volte da Nélaton, è sempre grave e dà luogo a sintomi caratteristici. Accade pure che 
si produca frattura concomitante dell’osso unguis e dell’apofìsi ascendente del ma¬ 
scellare superiore; in questi casi dopo la formazione del callo, si può avere una stenosi 
del canale nasale, dalla quale si originano talora delle dacriocistiti o dei tumori 
lacrimali molto ostinati ; Boyer e gli autori del Compendimi ne citano varii esempi. 



Fig. 290. — Frattura delle ossa nasali con spostamento 

(Koenig). 


Sintomi. — Descriveremo come tipo la frattura più frequente, cioè quella 
che si accompagna ad una lacerazione della pituitaria, o frattura complicata. 

Dall’esame dell’ammalato si rileva dapprima la contusione delle parti molli, 
1’esistenza di lesioni superficiali, di ecchimosi o di versamento sanguigno più o 
meno voluminoso, che rendono l’esame obbiettivo più difficile. 

Due sono i sintomi funzionali caratteristici di queste fratture: l ’epistassi e \'en¬ 
fisema. L’epistassi è costante ed in genere molto abbondante, è raro che acquisti 
gravità speciale e si può considerare come eccezione il caso di epistassi mortale 
citato da Mossi. 



Fratture del naso 


L’enfisema si produce per la lacerazione completa della pituitaria e si 
manifesta in modo rapido, mentre V ammalato si soffia il naso. Per lo più si limita 
alla radice del naso ed alla parte inferiore della fronte ; può però estendersi alle 
palpebre e produrre l’occlusione completa degli occhi (Duplay), di rado si estende 
alla faccia od al collo (Poinsot). 

Quando la tumefazione delle parti molli non è troppo forte, è possibile dalla 
ispezione rendersi ragione della natura della lesione. Nelle fratture verticali si può 
coll’unghia constatare l’accavallamento dei frammenti, che si presenta sotto forma 
di depressione dovuta all’abbassamento di uno dei frammenti e di un rialzo dovuto 
al pezzo d’osso sollevato. Nelle fratture trasversali si constata l’abbassamento del 
frammento inferiore, limitato dal rialzo fatto dal frammento superiore, ancora 
aderente al frontale. Dall’esame rinoscopico, quando è possibile farlo, si può 
notare nell’interno delle cavità nasali uno spostamento in senso inverso, cioè 
una sporgenza verticale o trasversale di uno dei frammenti, che ottura la fossa 
nasale corrispondente. 

È inutile ricordare che colla palpazione si provoca dolore, che è più intenso se 
il punto compresso è vicino al punto di frattura delle ossa. 

La palpazione è impedita talora dall’enfisema sottocutaneo, che dà luogo alla 
crepitazione caratteristica, da non confondersi col crepito dato dallo sfregamento 
delle parti ossee fratturate. Questo sfregamento si ottiene spingendo la radice del 
naso a destra od a sinistra, oppure spingendo in basso il dorso del naso, come se 
si volesse schiacciarlo; occorre però molta prudenza in questa manovra, per non 
accrescere la deformazione già esistente e non aumentare le difficoltà alla ridu¬ 
zione della frattura. 

Nelle fratture semplici i sintomi sono scarsi, specialmente quando non vi è 
spostamento. Si osserva in tal caso una epistassi leggiera, dovuta ad una lesione 
superficiale della mucosa ; non vi è enfisema nè deformazione ; il solo indizio della 
frattura è il dolore vivo localizzato sopra un punto della vòlta delle ossa nasali. 
La contusione delle parti molli rende la diagnosi ancora più difficile. È vero però 
che un errore di diagnosi in questi casi, nei quali manca lo spostamento dei 
frammenti avrebbe scarsa importanza. 

Le fratture comminutive si presentano coi sintomi delle fratture complicate; 
la deformazione della parte è molto evidente e il grande numero dei frammenti 
rende più facile il constatare l’esistenza della crepitazione ossea. Conviene ancora 
notare che appunto in questo genere di fratture, in questo schiacciamento, per 
così dire della radice del naso, si trova spesso concomitante la frattura della 
lamina cribrosa dell’etmoide, l’epistassi è per ciò molto intensa, persistente e 
continua, come accade nelle fratture della base del cranio. 

Durata. — Complicazioni. — Il periostio nasale, gode come quello che ricopre 
le altre ossa facciali, di una vitalità speciale ; per tale ragione le fratture delle ossa 
nasali in genere in poco tempo, al più venti giorni, sono consolidate. La prognosi 
sarebbe favorevole, se non potessero presentarsi complicazioni, le quali ci devono 

indurre ad esser riservati. 

Le complicazioni primitive sono poco numerose; ricorderemo la commozione 
cerebrale prodotta dal traumatismo, che può esser di una certa gravità, o la. frattura 





Lesioni traumatiche del naso 

della lamina cribrosa dell’etmoide, complicazione che assume un’importanza pre¬ 
ponderante sulle altre. 

L epistassi, fatta eccezione del caso citato di Mossi, non può in genere costituire 
una complicazione grave. 

L’enfisema per lo più è limitato, e scompare in pochi giorni; anche quando è 

molto esteso non si può considerare in genere come pericoloso, di rado richiede 
un intervento speciale. 

Le complicazioni tardive sono più numerose e più serie. Citeremo per prima 
quella della deformità persistente (n) dello scheletro nasale, dovuta parte alla dif¬ 
ficoltà che si incontra nel ridurre esattamente la frattura, e parte alla difficottà 
nel riconoscere quando vi è ancora la tumefazione dei tessuti se la riduzione fu 
completa o no ; ed alla facilità colla quale i frammenti, compressi da apparecchi 

per quanto ingegnosi non però completamente adatti allo scopo, possono nuo¬ 
vamente spostarsi. 

Abbiamo ricordato che nelle fratture concomitanti dell’ apofisi ascendente del 

mascellare e dell’osso unguis è possibile che si abbia un restringimento del canale 

nasale, dal quale può derivarne un tumor lacrimale, o una lacrimazione continua 
dell’occhio corrispondente. 

In alcuni casi dopo la frattura delle ossa nasali si verifica una perdita o la 

diminuzione dell’odorato che si ritiene dovuta al distacco della mucosa, con rottura 
delle fibre olfattive. 

Non raramente si ha come complicazione tardiva la persistenza del timbro nasale 
della voce, come nei casi di stenosi delle coane (Duplay). 

Finiremo indicando la possibilità di fatti infettivi locali, raccolta di pus tra 
1 osso e la mucosa, tra la pelle e l’osso, che possono accompagnarsi a necrosi più 
o meno estese (Poinsot) ed a deformità consecutive. 

2° FRATTURE DEL SETTO 

Noi sappiamo che fi setto è costituito da tre parti distinte ; la lamina perpen¬ 
dicolare dell’etmoide, l’osso vomere e la cartilagine del setto. Ciascuna di queste 
parti può fratturarsi separatamente, donde la necessità di stabilire tre gruppi di 
fratture ; le due prime sono poco importanti e le tratteremo per ciò brevemente. 

a) l'iattura della lamina perpendicolare dell’etmoide. — Si trova abbastanza 

di frequente unita alla frattura delle ossa nasali, in special modo, come si disse, 

in quelle comminutive; ma può pure esistere (Hamilton) da sola: risiede in tal 
caso per lo più vicino al vomere. 

b) La frattura del vomere è molto rara; e siccome non si accompagna a spo¬ 
stamenti, così non sempre può essere riconosciuta (Chevallet). 

r) d rottura della cartilagine del setto. — È assai più importante delle precedenti, 
fu studiata molto bene da Jarjavay e da Mollière. 

L uguale per frequenza alla frattura delle ossa nasali colla quale ha comune la 
causa traumatica costante. 


(a) [La deformità risultante da certe fratture mal consolidate può simulare le depressioni 
nasali da periostiti sifilitiche (I. D.)]. 



Fratture del uaso 


27 


L’anatomia patologica di questa alterazione non è priva di interesse. Si distin¬ 
guono due tipi di frattura; nell’uno si ha una soluzione di continuità nel punto 
di unione della cartilagine col vomere, uno spostamento e sovrapposizione dei 
margini; si ha cioè la frattura semplice di Jarjavay o la frattura del naso pro¬ 
priamente detta degli autori; secondo Mollière la lussazione della cartilagine sul 
vomere. Nell’altro tipo si tratta di soluzione di continuo, di rottura della cartilagine 
del setto, che si accompagna ad ematoma, ma senza spostamento dei margini; 
frattura complicata di Jarjavay, frattura del setto senza spostamento di Chevallet. 

Consideriamo il primo caso e studiamone il meccanismo secondo Mollière. Quando 
il naso è colpito da un corpo contundente avente una direzione antero-posteriore, 
avviene una rottura della sinfisi della cartilagine del setto, coll’osso vomere; la 
cartilagine scivola sopra una delle pareti del setto osseo; da ciò ne deriva una 
depressione sul dorso del naso, al di sopra del lobulo, caratteristica di tale lesione. 
Secondo Mollière “ ciò che comunemente si chiama frattura del naso non è che 
una lussazione del setto cartilagineo sul vomere „; secondo quest’autore questa 
asserzione si potrebbe verificare non solo colle autopsie, ma anche sperimentalmente 
sul cadavere. Difatti basta per riprodurre questa alterazione caratteristica agire 
con un trauma sul naso, nel senso antero-posteriore. Un’altra prova si può pure 
avere, distaccando con un bisturi introdotto dalla apertura posteriore delle coane 
la cartilagine della porzione ossea del setto; tirando la cartilagine all’indietro si 
produce in questo caso la depressione caratteristica sopralobare, uguale a quella 
consecutiva alle fratture prodotte da trauma. 

In questa lussazione del setto si produce pure, come notò Jarjavay, una rottura 
delle aderenze fibrose che uniscono le cartilagini laterali al margine inferiore delle 
ossa nasali; per questo fatto si verifica una deviazione laterale del dorso del naso, 
dovuta allo spostamento di queste cartilagini; secondo la direzione del corpo 
vulnerante la punta è spinta a destra od a sinistra e rivolta un poco in basso a 
guisa di uncino. 

In questa lesione che comunemente si chiama frattura del setto si verificano 
due fatti : primo il distacco della cartilagine dal vomere e lo scivolamento di questa 
sopra una delle pareti del setto osseo e quindi depressione caratteristica trasversale 
del dorso del naso al di sotto delle ossa nasali, depressione che può esser tale da 
produrre un appiattimento completo della punta; secondo, si ha pure quasi sempre, 
a cagione della direzione non perfettamente antero-posteriore, ma un poco laterale 
del trauma, un distacco delle cartilagini del dorso del naso dalle ossa nasali, quindi 
oltre alla depressione si ha pure una deviazione laterale della punta dell’organo 
a guisa di uncino. In altre parole in queste lesioni sul dorso del naso si produce 
una curvatura doppia, l’una a concavità anteriore, l’altra a concavità laterale. 

Così si presenta la deformazione che caratterizza clinicamente la frattura del 
setto. La cartilagine strisciando e sovrapponendosi all'osso vomere, ne aumenta lo 
spessore, e quindi produce un otturamento parziale di una delle coane nasali. Coll’e¬ 
same rinoscopico si può riconoscere questa stenosi nasale, e colla sonda è possibile 
talvolta riconoscere nella coana opposta il margine sporgente dell’osso vomere. 

Ricorderemo brevemente gli altri sintomi, quali l’epistassi, le lesioni delle parti 
molli, che non hanno alcun che di caratteristico; insisteremo però sopra alcuni 




Lesioni traumatiche del naso 


fatti importanti. Così ad esempio dalla pressione col dito è possibile constatare 
la mancanza di resistenza del setto; imprimendo alla punta del naso dei movimenti 
di lateralità si può constatare la mobilità esagerata della parte cartilaginea e talora 
una crepitazione speciale (Jarjavay). Il distacco delle cartilagini laterali dalle ossa 
nasali si manifesta con un dolore fìsso alla pressione nel loro punto di unione 
colle ossa accennate e colla deformazione laterale, della quale si è già tenuto parola. 

Resta a trattare delle fratture del setto senza spostamento, o fratture complicate 

di Jarjavay . In questi casi si forma una vera rottura della cartilagine, che si 

accompagna come lo hanno dimostrato Jarjavay e Gasabianca ad ematoma a 

% 

bisàccia. E noto che questi ematomi sono costituiti da due tumori occupanti 
le due fosse nasali e comunicanti tra di loro attraverso il setto, per tal modo, 
comprimendo da una parte, il liquido passa dall’altra e fa crescere il volume 
deH’ematoma dal lato opposto; se si incide da un lato esce tutto il liquido con¬ 
tenuto e scompare la tumefazione da una parte e dall’altra. Questi ematomi 
possono suppurare ed aprirsi, perforando la pelle o la mucosa ; si può pure avere 
in seguito una necrosi più o meno estesa della cartilagine (Vedasi Ematomi del 
setto delle fosse nasali). 

Diagnosi. — La diagnosi delle fratture dello scheletro osteo-cartilagineo del 
naso è in certi casi così diffìcile, a cagione della tumefazione delle parti molli, che 
la lesione può passare completamente inosservata: su 25 casi citati da Hamilton 
14 volte non venne riconosciuta; sarebbe però molto utile il poterla riconoscere 
in tutti i singoli casi, poiché l’errore nella diagnosi può esser causa di deformità 
permanente dell’organo. Occorre quindi usare tutte le precauzioni possibili; esplorare 
con attenzione coll’unghia la superfìcie esterna dell’organo per poter riconoscere 
se vi è spostamento dei frammenti e praticare se occorre l’esame rinoscopico, 
aiutandoci colla sonda per riconoscere le deviazioni interne. 

Le fratture semplici senza spostamento sono più diffìcili a diagnosticare, poiché 
il solo sintomo caratteristico, quando manca la crepitazione, è il dolore limitato 
ad un punto fìsso delle ossa nasali ; è vero però che in questi casi, in cui non vi 
è spostamento dei frammenti, non può esservi danno a non riconoscere l’esistenza 
della frattura, poiché dopo la consolidazione non residua deformità di sorta. 

Le fratture con spostamento si riconoscono per la presenza di creste o punte 
prominenti, indicanti sia un accavallamento verticale, sia trasversale, con spo¬ 
stamento inverso nelle fosse nasali; si riconoscono pure per l’esistenza del crepito, 
che si trova costantemente nelle fratture comminutive. Le fratture complicate si 
riconoscono per l’epistassi più abbondante e per l’enfisema sottocutaneo. 

La lussazione della cartilagine del setto si riconosce per la depressione trasver¬ 
sale sotto le ossa nasali e per la deviazione laterale della punta del naso, inoltre 
per la mobilità anormale della parte cartilaginea del naso. L’ematoma indica per 
lo più, se non sempre, una rottura della cartilagine. 

Cura. — Conviene occuparsi dapprima delle ferite della pelle o della mucosa 
se ve ne sono, e curare l’antisepsi con lavature o doccie nasali, che dovranno 
venir praticate con maggior intensità e diligenza nelle fratture complicate ; è pure 


Fratture del naso 


utile introdurre nella fossa nasale lesa dei tamponi di garza antisettica, onde im¬ 
pedire l’infezione del focolaio della frattura. La tumefazione delle parti molli è 
talora così considerevole che è impossibile occuparsi subito della lesione ossea, 
bene spesso è necessario aspettare che quella sia diminuita; non si deve però 
attendere troppo, poiché la consolidazione dei frammenti si fa rapidamente e un 
ritardo troppo lungo potrebbe esser causa di deformazioni irreparabili. In genere 
verso il quarto o quinto giorno dopo il trauma si possono ridurre i frammenti 
e mantenere la riduzione con adatti apparecchi. 

Per la riduzione si può adoperare una semplice sonda colla quale si sollevano 
i frammenti mentre un dito sul dorso del naso facilita l'operazione. W. Adams 
si serve di un forcipe a branche parallele, Mollière di asticine smussate d’avorio. 
Weber adopera una semplice pinza a polipi, di cui una branca vien introdotta 
nella narice, sotto il frammento e lo rialza con un movimento di leva, mentre 
l’altra esterna limita il raddrizzamento. 

Molto più difficile è mantenere la riduzione; una prova di ciò l’abbiamo nel 
numero stragrande di apparecchi a tal uopo proposti. Tali istrumenti si possono 
dividere in due categorie a seconda dello scopo che si prefìggono; alcuni son 
destinati a correggere le deviazioni laterali, gli altri lo schiacciamento trasversale, 
sia delle ossa proprie, sia della cartilagine del setto. 

Tra i primi ricorderemo gli apparati di piombo modellati sul naso proposti 
da Malgaigne, i modelli in guttaperca di Hamilton, in carta pesta di Dzondi, e 
le asticine in cartone mantenute da listerelle di cerotto diachylon di Weber, le 
pennellature di vari strati di collodion di Dumreicher ; in fine i due apparecchi di 
Walsham; l’uno di questi è costituito da una maschera di cuoio modellata sulla 
faccia, con due depressioni in corrispondenza del naso, contro le quali per 
mezzo di due viti vengono spinti due tamponi destinati a correggere la deviazione ; 
l’altro apparecchio è costituito da una specie di cuffia di feltro ; nella parte frontale 
di questa è applicata una lastra metallica, sulla quale è fissata una molla a spirale 
con tampone compressore e vite a pressione variabile. 

Per impedire l’abbassamento delle ossa nasali esistono due specie di apparecchi : 
gli uni premono esternamente e lateralmente sulle ossa nasali, gli altri vengono 
introdotti entro alle coane ed hanno per scopo di mantenere rialzati i frammenti 
depressi. Gli apparecchi del primo tipo sono costituiti essenzialmente da placche 
frontali, che servono di appoggio a molle a pressione variabile che portano tamponi 
compressori, come nel secondo apparecchio di Walsham; tali sono i congegni di 
W. Adams e di Royère, che possono riuscire utili nelle fratture comminutive o nelle 
fratture verticali. I congegni appartenenti al secondo tipo sono più numerosi; più 
semplice tra tutti è il processo di Hamilton, che pratica il tamponamento con 
batuffoli di ovatta legati ciascuno ad un filo; si hanno inoltre i sacelli in caoutchouc 
di Poinsot, le cannule in metallo di B. Bell, le grosse sonde in caoutchouc di 
Packard sostenute all’esterno da impiastro adesivo, infine le placche labbiali con 
o senza placche frontali sulle quali sono fissate asticine fisse od a molla a pressione 
graduabile come nell’apparecchio di Dubois. 

Ricorderemo brevemente il metodo che adopera Lewis IL Mason, di Brooklyn, 
nelle fratture con abbassamento della vòlta del naso. Egli trafigge il naso al disotto 


30 


Lesioni traumatiche del naso 


dei frammenti con aghi nichellati o dorati, ne riunisce le due estremità con gomma 
sul dorso del naso; l’ago agisce in tal modo come la chiave di una vòlta ed 
impedisce la caduta dell’arcata nasale; dopo sette od otto giorni rimuove gli aghi. 
Lo stesso metodo fu applicato con successo da Fifield, di Boston, in un caso di 
frattura comminutiva con ferita delle parti molli. 

Vennero pure ideati vari apparecchi destinati ad impedire la sovrapposizione 
della cartilagine del setto ad una delle faccie dell’osso vomere. W. Adams si serve 
di due lamine parallele che sostengono il setto; queste lamine si continuano al¬ 
l’esterno in due branche, che si articolano a guisa di forcipe; una vite serve ad 
avvicinare le due lamine una all’altra ed a mantenerle più o meno compresse 
contro il setto; dopo alcuni giorni W. Adams sostituisce a questo apparecchio dei 

dilatatori di avorio o di caoutchouc (Wals- 
ham) che il paziente può introdurre o 
togliere a piacimento. Jurasz si serve pure 
di un istrumento composto di due branche 
applicate separatamente come quelle di un 
forcipe, e mantenute fisse per mezzo di una 
vite; dopo qualche giorno applica i dila¬ 
tatori di avorio di Adams. 

Non insisteremo su tali apparati, che 
se differiscono tra loro, sono però tutti 
basati su una stessa idea; termineremo 
descrivendo l’apparecchio ingessato rac¬ 
comandato da Mollière e Chandelux. 

Esso avrebbe il pregio di poter essere applicato in tutti i casi, cioè tanto nelle 
fratture delle ossa nasali, che in quelle del setto ; nelle deviazioni laterali e nelle 
depressioni trasversali. Si compone di una diecina di pezzi di tarlatana, ai quali 
Mollière da la forma di un triangolo applicato per l’apice ad un rettangolo frontale 
(fìg. 291) e Chandelux una forma un poco più complessa 
(fig. 292). Prima di applicarli occorre ridurre compieta- 
mente la frattura per mezzo di due asticine smussate di 
avorio, che un aiuto mantiene fìsse, spingendole dall’avanti 
all’indietro ; non si deve sospendere questa fissazione dei 
frammenti che quando il gesso è completamente solidi¬ 
ficato. L’apparecchio intonacato di gesso vien applicato 
sul naso mantenuto dalle asticine di avorio in posizione 
corretta; la linguetta superiore si attacca ed aderisce ai 
capelli, che in questo punto devono avere la lunghezza 

di almeno un centimetro; i prolungamenti frontali e labiali, che arrivano fino al 
margine dei masseteri vengono fìssati con collodion; le parti laterali vengono ap¬ 
plicate con cura speciale sulle faccie laterali del naso. In fine si può, se si vuole, 
metter nelle narici dei tubi di caoutchouc rivestiti da garza jodoformica. Questo 

apparecchio si lascia in sito quindici giorni nei bambini e venticinque giorni 
nell’adulto. 

Ecco esposti in breve i numerosi mezzi, di cui il chirurgo dispone per ovviare 




Fratture del naso 


31 


alle deformità, che accompagnano le fratture del naso. È difficile la scelta in mezzo 
a così diversi apparati, i quali possono avere in determinati casi delle indicazioni 
speciali. Ricorderemo solo clic quelli, i quali entrano nelle fosse nasali, essendo in 
genere mal sopportati, devono esser tolti molto presto. È quindi miglior consiglio 
attenersi per quanto è possibile agli apparecchi che esercitano una compressione 
esterna; l’apparecchio gessato serve nella maggior parte dei casi, purché non vi 
sia una eccessiva tumefazione delle parti molli, la riduzione della frattura sia 
completa e possa esser mantenuta tale fino a solidificazione del tessuto gessato. 

3° LUSSAZIONE DELLE OSSA PROPRIE DEL NASO 

Bourguet, Bevile mèdico-chirurg., 1851, p. 82.' — Longuet, Berne de méd. militaire , 1881, 
p. 280. — Hamilton, Traité des fractures et des luxations. 

Benj. Bell (1796) ed Heister (1770) ammisero la possibilità della lussazione 
delle ossa nasali; il primo caso fu pubblicato da Bourguet d’Aix (1851) e non 
venne considerato dagli autori del Compendili m come lussazione, ma come frattura, 
a cagione della facilità, colla quale si potò ridurre. Longuet nel 1881 pubblicò un 
secondo caso di lussazione, unitamente ad esperienze sul cadavere ; più tardi 
Hamilton riferì di aver osservato varie volte tale lussazione, che secondo lui sarebbe 
più frequente nell’infanzia. 

Crediamo opportuno di riprodurre testualmente le due osservazioni di Bourguet 
e di Longuet, che si riferiscono Luna ad una lussazione completa, l’altra ad una 
lussazione incompleta delle ossa nasali; dalla loro descrizione si può aver un 
concetto esatto della anatomia patologica e dei sintomi di questa alterazione. 

Oss. di Bourguet: — “ Un individuo di ventidue anni, cadendo da una vettura, 
batte colla parte sinistra del naso contro lo spigolo di una lastra da marciapiedi. 
AH’esame presenta il terzo superiore del naso deviato a destra, mentre la parte 
inferiore conserva la sua direzione normale. 11 margine inferiore dell’osso nasale 
destro sporge sulla cartilagine corrispondente. A sinistra si vede l’osso nasale 
depresso e dietro a questo sporgente l’apofisi montante del mascellare superiore ; 
in alto vi è pure una sporgenza che corrisponde al margine superiore dell’osso 
nasale, separato per uno spazio vuoto dal margine del frontale. La cartilagine del 
setto è deviata in alto, diritta in basso. Non vi è nè rugosità della superficie, nè 
crepito, nè mobilità anormale, insomma nessun sintomo di frattura. La narice destra 
è più permeabile al dito della sinistra. Per ridurre la lussazione il dito indice della 
mano destra è introdotto nella narice sinistra, il pollice della stessa mano è collocato 
sull’osso nasale destro e con un movimento di leva si riesce a rimettere l’osso 
nasale sinistro nella posizione voluta; la sporgenza dell'osso nasale destro scompare 
dopo una pressione diretta dall’esterno all’interno. Dopo questa manovra è possibile 
imprimere al naso dei movimenti di lateralità senza che la lussazione abbia a 
riprodursi ; guarigione senza deformità ; unica complicazione è una emorragia nasale 
che cessa dopo la riduzione 

Oss. di Longuet: — “ Il 9 settembre 1880 un individuo è colpito in una rissa 
all’angolo interno dell’occhio probabilmente con una pietra, essendovi in questa 
parte una ferita lineare; immediatamente si ebbe emorragia abbondante dalle narici. 


32 


Lesioni traumatiche del naso 


M 11 giorno dopo si produsse un’ecchimosi estesa a tutta la regione oculare 
destra; sul dorso del naso la pelle era rossa, tesa e dolente alla pressione 5 si 
notava inoltre una deformità, rilevabile anche a distanza. 

“ Pareva che la vòlta ossea del naso fosse stata spostata in totale verso 
sinistra ; la porzione cartilaginea conservava la sua posizione accademica. A destra 
in corrispondenza del punto colpito, un poco al disotto della ferita trasversale 
accennata, vi era sull’osso nasale una depressione molto ben circoscritta, che si 
potrebbe paragonare alla impressione digitale, che lascia un dito il quale comprime 
la pelle edematosa. In questo punto vi era vivo dolore alla pressione; e, dopo 
24 ore diminuito l’edema, si osservava un solco irregolare in corrispondenza del 
margine esterno dell’osso nasale e della branca ascendente del mascellare. A 
sinistra il margine esterno dell’osso nasale sporgeva sotto alla pelle ; si notava una 
solcatura regolare, nella quale si poteva far penetrare l’unghia, e che separava 
l’apofisi ascendente del mascellare dal margine dell’osso nasale sporgente. 

“ Colla palpazione del dorso nasale non si rilevava alcun segno di frattura. La 
pressione sulla sinfisi naso-frontale era dolorosa, non vi era però altro fenomeno 
all’infuori di una leggiera depressione a destra, senza distacco apparente delle ossa. 

“ Presa tra due dita la vòlta del naso, era possibile imprimerle dei movimenti 
di lateralità abbastanza estesi, che qualche volta si accompagnavano ad un senso 
di sfregamento rugoso. Con questi movimenti di lateralità non si riduceva però 
la lussazione in modo da ottenere che scomparisse la depressione esistente tra 
l'osso nasale sinistro e la branca ascendente del mascellare. 

“ Aggiungasi una stenosi notevole della fossa nasale sinistra; poiché la carti¬ 
lagine del setto partecipava alla deviazione e restringeva il lume della coana sinistra. 
Per qualche giorno dopo il trauma si ebbe cefalea, sonnolenza e rumori all’orecchio. 
La riduzione venne fatta durante narcosi cloroformica. Tentato inutilmente il pro¬ 
cesso di Bourguet si esercitò una forte pressione ripetutamente da sinistra a destra 
e non si ottenne che una riduzione incompleta. Avutasi con questa una diminuzione 
della deformità si ritennero inutili altri tentativi per ottenere una correzione 
completa „. 

Ricorderemo prima di finire un’esperienza cadaverica di Longuet, che riuscì a 
riprodurre una lussazione incompleta, come quella che egli aveva clinicamente 
constatata. Con un colpo secco e vigoroso assestato sull’osso nasale destro secondo 
un piano parallelo alla faccia, egli potè sul cadavere di un giovane distaccare 
finsieme della vòlta ossea del naso, producendo una vera lussazione. La lussazione 
era completa per quanto si riferisce alla sinfisi naso-mascellare, ma la sutura 
frontale aveva opposto resistenza; tuttavia si aveva uno spostamento laterale da 
2 a 3 millimetri. 

Tali sono i fatti finora conosciuti sull’argomento, e per quanto scarsi ci pare 
bastino a dimostrare resistenza della lussazione delle ossa nasali. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del naso 


33 


CAPITOLO IL 

Alterazioni infiammatorie e neoplasie del naso. 

i. 

FLOGOSi 

1° RISIPOLA 

La risipola del naso vien descritta ordinariamente colla rìsipola della faccia, e 
non sarebbe per ciò questo il luogo adatto di trattarne. Crediamo tuttavia op¬ 
portuno di ricordare che lo sviluppo della risipola del naso è dovuto a due cause; 
l’una occasionale, consistente in ragadi, ferite, insomma una scalfittura qualsiasi 
della pelle del vestibolo o della mucosa delle fosse nasali (ipertrofia dei cornetti, 
G. W. Major, Cong. della Società americ. di laring., 30 maggio 1889) ; l’altra dovuta 
alla presenza del microbio della risipola nelle fosse nasali. Questo microbio sarebbe 
nasicolo (1) (microbismo latente di Verneuil) e sarebbe la causa delle risipole a 
ripetizione. 

Una delle prime indicazioni per la cura è quella di fare delle lavature nasali 
con un liquido antisettico (acido borico, o meglio sublimato al 2 per mille). 

2° FORUNCOLO 

È abbastanza frequente sulla pelle della faccia interna dell’orlo del naso, più 
raro sulla porzione di cute situata sul setto. 

Il foruncolo del vestibolo del naso si sviluppa in corrispondenza delle vibrisse 
ed è spesso dovuto alla penetrazione diretta di agenti patogeni, in seguito allo 
strappamento di qualcuno dei peli, che sporgono e proteggono l’entrata delle 
fosse nasali. 

Tale malattia, sempre abbastanza dolorosa, si accompagna ad un gonfiamento 
c ad un arrossamento spesso esteso al labbro superiore od alla porzione vicina 
della guancia. Quantunque questi foruncoli abbiano sede nella zona cervico-fdedale 
sono meno gravi che quelli delle labbra o della guancia (flebite oftalmica). 

I foruncoli del vestibolo recidivano spesso e per lo più nello stesso sito: ciò 
parla in favore della loro origine settica. Queste flogosi ripetute portano ad uno 
stato di iperemia cronica con dilatazioni vascolari persistenti delle ali del naso (2). 

(1) Nelle fosse nasali di persone sane vennero trovati vari microorganismi; così ad esempio, 
Netter trovò e coltivò il pneumococco di Talani on-Frànkel (Soc. anat., 10 febbraio 1888), e 
Tliost scoprì la presenza del pneumococco di Friedlànder. 

(2) Questa causa di iperemia non è Punica; ricorderemo che in seguito a varie cause, 
abuso di alcool, calore, freddo troppo intenso, malattie degli organi genitali, si può sviluppare 
nel naso una malattia chiamata acne rosacea , caratterizzata da nodosità più o meno evidenti 
di colore rosso o violaceo solcate da dilatazioni vasali varicose ben distinte. Il volume delle 


3. — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 


34 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del naso 


I foruncoli voluminosi van curati colla medicazione antisettica umida. Per i 
foruncoli a ripetizione occorrono delle lavature ripetute del naso con acqua borica 
o con sublimato airi per mille, e polverizzazioni intra- ed extranasali, con soluzioni 
della stessa natura. 


3° ECZEMA 

È una alterazione comune del vestibolo delle fosse nasali. Si presenta per lo 
più sotto forma di croste bruno-giallastre disseminate, o sotto forma di uno strato 
continuo di croste, che spesso accumulandosi, restringono l’apertura della narice, 
e si estendono sul labbro superiore e sulla faccia esterna delle ali del naso. Tolte le 
croste la pelle appare tumida e superficialmente escoriata (Moldenhauer). 

CoU'eczema si accompagnano ordinariamente una forma cronica di corizza, e 
manifestazioni scrofolose. 

Non si deve confondere quest’eczema o,o\Yeritema infiammatorio , che si produce 
durante la corizza acuta, ed è dovuto alle secrezioni nasali abbondanti e ricche di 
cloruro di sodio. 

La sicosi dà luogo a croste analoghe a quelle dell’eczema. Però quest’affezione 
se ne differenzia per la presenza di piccole vescicole purulenti, che hanno la loro 
sede nel punto di impianto dei peli (1); quando passa allo stato cronico, si aggiunge 
un’infiltrazione diffusa dei tegumenti. 

Questi stati infiammatomi si curano con bagni nasali ripetuti, con applicazioni 
di cotone idrofilo bagnato nel sublimato corrosivo, soluzione uno per mille, e colle 
unzioni di vaselina solfurea al quattro per trenta da farsi una volta al giorno. 

4° ASCESSI 

Ponno prodursi in seguito a lesioni cutanee (eritema, risipola, ecc.), ossee, od 
a lesioni traumatiche (ferite, contusioni). Se l’ascesso risiede sulla radice del naso 
ha tendenza ad allargarsi e ad estendersi verso le palpebre ; conviene quindi aprire 
presto tali ascessi. Quando hanno sede sulla parte cartilaginea allora sporgono 
contemporaneamente e verso la cute e nell’interno della narice. In questi casi, 
onde evitare la formazione di cicatrici sul dorso del naso, conviene incidere 
l’ascesso dalla narice (S. Duplay). 


II. 

ULCERAZIONI 

Le ulcerazioni sifilitiche e tubercolari del dorso e delle ali del naso vanno studiate 
colle malattie che ne sono causa ; ci riserviamo quindi di trattare quest’argomento 
nei capitoli del lupus e della sifìlide delle fosse nasali. 


ghiandole sebacee, l’iperplasia del connettivo perighiandolare è talora così voluminoso da produrre 
una deformità notevole, richiedente l’intervento operatorio (escisioni ovalari o cuneiformi del 
tessuto alterato, con consecutiva sutura). 

(1) Schmiegelow ritiene quest’affezione dovuta alla penetrazione ed allo sviluppo di bacterii 
nelle ghiandole sebacee. 


Tumori 


35 


III. 

TUMORI 

Tra le neoformazioni nasali alcune meritano appena di esser qui ricordate, 
quali le produzioni cornee o verrucose , le cisti ghiandolari dovute alla distensione 
di un follicolo sebaceo, i tumori erettili; noi tratteremo diffusamente del Velefantiasi 
del naso, del rinoscleroma e della cisti colloide. 

1° ELEFANTIASI DEL NASO 

E una alterazione caratterizzata dalla ipertrofia totale della pelle del naso, e 
in ispecial modo delle ghiandole sebacee numerose in questa regione. 

L’ipertrofìa può esser totale, ed allora tutto il naso è aumentato di volume ; 
oppure può esser parziale ; si hanno in tal caso dei veri tumoretti, talora solitari, 
talora multipli. Il naso colpito da elefantiasi può in certi 
casi acquistare un volume veramente enorme; qualche 
caso è rimasto classico. 

Un ammalato di Theulot (Mém. de l’Acad. de Chir.) 
aveva sulla parte superiore del naso quattro tumori, che 
occludevano le narici, coprivano la bocca e cadevano sul 
mento. Il malato venne operato ; il peso dei quattro pezzi 
estirpati superava le cinque libbre. 

Riproduciamo dal Follin e Duplay la figura 293, di un 
individuo osservato da Civadier {Mém. de VAcad. de Chir., 
t. Ili, p. 511). Si vedono vari piccoli tumori ed al centro una 
enorme massa, che trasforma il naso in una appendice 
piriforme, che discende al davanti della bocca e del labbro 
inferiore. 

In un ammalato di A. Guérin il naso ipertrofico aveva 
la lunghezza di 16 cm. Questa enorme massa cadeva sul labbro superiore, ed il 
paziente per bere era obbligato a tenerla sollevata colla mano. 

Questa alterazione venne variamente interpretata dagli autori, secondo alcuni la 
sede della elefantiasi dovrebbe ricercarsi nella ipertrofìa dei capillari sanguigni 
(Devergie), secondo altri (A. Guérin, Hardy, Gosselin) nella ipertrofìa delle ghiandole 
sebacee, secondo altri infine l’elefantiasi potrebbe aver sede in tutti gli elementi 
dell’organo, periostio, pericondrio, e persino nella cartilagine (Ollier). 

Dall’esame microscopico si rileva una ipertrofia delle ghiandole e dei vasi 
sanguigni, con iperplasia del connettivo (Kirmisson) (1). 

Questa malattia colpisce di preferenza gli alcoolisti ed il sesso maschile dopo i 
cinquantanni. 

L’elefantiasi del naso si differenzia dall’epitelioma, per la rarità o meglio per 
la mancanza di ulcerazioni, pel rammollimento del tumore e per l’assenza di alte¬ 
razioni nei vasi linfatici. 



Fig. 293. — Tumori da elefantiasi 

del naso. 


(1) Kirmisson, Société de Chirurgie, 31 ottobre 1888. 



36 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del naso 


Cura. — Pei tumori isolati è indicata la semplice escisione: così procedono 
Delens (1), Terrillon (2), ecc. 

Nei casi di neoformazione occupante tutto il naso , secondo il precetto di quasi 
tutti i chirurghi, si deve ricorrere alla decorticazione totale col metodo di Ollier ; 
Le Dentu ricorse tuttavia alla semplice abrasione. 

Per evitare l’emorragia, osservata da Kirmisson in un caso, si deve ricorrere al 
termo-cauterio (Verneuil). Però nella elefantiasi molto diffusa l’azione troppo pro¬ 
lungata del termo-cauterio, secondo Le Dentu, potrebbe dar luogo a necrosi delle 
ossa e delle cartilagini. 

Marc Sée è partigiano della igni-puntura ; Hardy fa pure l’igni-puntura molto 
profonda. A. Guérin ricorre alle cauterizzazioni colla pasta di Ganquoin. 

2° RINOSCLEROMA 

Hebra descrisse con tal nome una alterazione del naso, che talora si estende 
anche alle parti vicine, caratterizzata da tumori duri, o meglio da nodi cutanei o 
mucosi appiattiti o sporgenti, isolati o confluenti; talora lisci, talora colorati in 
rosso bruno e vascolarizzati. Questi nodi, intersecati da screpolature, segregano un 
liquido giallastro che può essiccarsi in croste ; sono di una durezza paragonabile a 
quella dell’avorio, deformano le ali del naso, obliterano le narici, invadono il labbro 
superiore, talora lo stesso mascellare. 

IIebra, Ueber ein eigentlnimliches Neugebilde an der Nase, etc. ; Rhinoscleroma; Wiener 
med. Wochenschrift , 1870, n. 1, p. 1. — Weinlechner, Ueber sechs Falle von Rhinosclerom; 
Wiener Kranklieit. Gesell. d. Aertze , 11 febbraio 1879. — Kai>osi, Des rhinosclerom; Virchotv's 
spec. Patii, u. Therap., Bd. Ili, pag. 288. — Ed. Gezber, Ueber das Wesen des Rhinoscleroms; 
Ardi. f. Dermatologie, 1872, pag. 493. — V. Tanturri, Un caso di Rhinoscleroma Hebrae; Il 
Morgagni , voi. XIY, p. 27, Napoli, 1872. — F. Hebra, Rhinosclerome; Traité des maladies de 
la peau, etc. (trad. A. Doyen), t. II, fase. 2, p. 381. Parigi 1875. — Johann Mickdlicz, Ueber 
das Rhinosclerom (Hebra); Ardi. f. lei. Cliir., Bd. XX, pag. 485. Berlino 1877, e Ardi. gén. de 
Médecine, voi. II, p. 718, 1877. 

Il rinoscleroma non ha tendenza ad ulcerarsi, nè a risoluzione spontanea ; il suo 
decorso è lento ma progressivo, e produce col tempo disturbi nella respirazione 
ed anche nella deglutizione pel notevole inspessimento delle labbra; in un caso 
l’orifizio boccale era ridotto ad un piccolo foro entro al quale poteva a mala pena 
passare il dito mignolo (Mickulicz). 

Questa malattia è propria degli adulti, e colpisce indifferentemente entrambi 
i sessi. 

Mentre che Hebra e Kaposi considerarono questa alterazione quale infiltrazione 
granulosa dei tessuti (sarcoma granuloso ) di natura speciale, Weinlechner, Pitha, 
Hofmokl la ritennero dovuta alla sifìlide; Tanturri la considera come un epite¬ 
lioma od un adenoma. 

Gerber e J. Mickulicz considerano questa malattia come una infiammazione 
cronica, sviluppantesi dalla apertura delle narici, oppure dalla mucosa delle coane 
nasali (faccia posteriore del velo e mucosa delle coane) con tendenza a diffondersi 


(1-2) Delens, Terrillon, Marc Sée, Société de Chirurgie, 1888. 



Tumori 


37 


più tardi verso le labbra e la laringe, determinando una sclerosi dei tessuti colpiti 
con restringimento od obliterazione delle vie digestive od aeree. Oggidì dopo le 
ricerche di Cornil e d’Alvary (Communications sur les micro-organismes du rhino- 
sclérome, Bulletin de l’Académie de médecine , 1885 e Mémoire pour servir à l’histoire 
du rhinosclérome, Archives de physiologie normale et pathologie, t. VI, 1885 n. 5) 
si ritiene che la lesione anatomica dei tessuti sia prodotta dalla reazione infiam¬ 
matoria provocata dalla penetrazioue di un bacillo specifico ; si trovano difatti nel 
tessuto patologico, dei bacilli colla forma di corti bastoncini, che si distinguono 
da altri bacilli per una capsula colloide dura. 

Stepanow, di Mosca (Monatsschr. f. Ohreriheilk., 1889, p. 5) introdusse nella camera 
anteriore di cavie sia dei pezzi di tessuto, sia del liquido di coltura del microrga¬ 
nismo descritto da Fresch, e riuscì a riprodurre il tessuto caratteristico del rino- 
scleroma ed a trovarvi riprodotto il microbio. 

I pezzi di tessuto ammalato escisi si riproducono dopo brevissimo tempo. 


30 EPITELIOMA DEL NASO 

Si presenta ordinariamente sotto forma di ulcerazione, di raro sotto forma di 
tumore. Tuttavia si osservano talora in corrispondenza dell’ala del naso 0 del sotto¬ 
setto delle specie di fungosità cancerose, che spesso si estendono alla guancia. 
Nella maggior parte dei casi trattasi di epiteliomi poco sporgenti a decorso poco 
rapido, che si estendono lentamente sia in superfìcie sia in profondità, e che di 
rado invadono la guancia, a meno che si originino nel solco genio-nasale (Duplay). 

È diffìcile scambiare un carcinoma con un tubercolo sifilitico 0 col lupus. Esso 
differisce dal primo pel fatto che il tubercolo sifilitico di rado è isolato, trovan¬ 
dosene altri in diverse regioni del corpo; inoltre il tubercolo sifilitico ha una 
evoluzione molto più rapida, e si ulcera in breve tempo ; in fine l’indurimento dei 
margini e del fondo dell’ulcera è molto più pronunciato che nel cancro. Il lupus 
differisce dal carcinoma per la infiltrazione più estesa dei tessuti, per la gonfiezza 
e per l’arrossamento della cute, per la lentezza nell’ulcerarsi e per la tendenza 
ad estendersi in superficie, piuttosto che in profondità; in fine il lupus si inizia 
quasi sempre nella età giovanile, mentre il cancro è malattia della vecchiaia 
(Duplay). 

L’escisione si può applicare ad un certo numero di carcinomi ; si capisce però 
che il metodo operativo varii a seconda della sede della malattia, e che in alcuni 
casi, specie quando V alterazione ha sede sulle ali del naso, dopo T operazione si 
abbia una perdita di sostanza con deformità talora ragguardevole. Può in tali casi 
esser necessaria una plastica, la quale va eseguita a cicatrizzazione completa 

(Duplay). 

La cauterizzazione è indicata in un certo numero di casi ; quando si tratta di 
epiteliomi ulcerati, si devono evitare le cauterizzazioni troppo profonde, per non 
ledere le ossa e le cartilagini, o produrre necrosi che potrebbe esser causa di 
fìstole aprentesi all’esterno. Anche la cauterizzazione, come l’escisione, può esser 
causa di deformità, che spesso non si possono evitare, alle quali però si può 
rimediare dopo cicatrizzazione coi processi rinoplastici di cui diremo (Duplay). 



Vizi di formazione e deformità nasali 



IV. 

ALTERAZIONI INFIAMMATORIE E NEOPLASIE DELLE OSSA NASALI 

L'osteite, la carie, la necrosi sono intimamente connesse al traumatismo , alla 
sifilide ed alla tubercolosi nasale. Ne tratteremo per ciò, parlando di queste malattie. 

Le esostosi e le iperostosi delle ossa nasali, osservate qualche volta, non meritano 
una speciale descrizione. 

Tra le due lamine delle ossa proprie del naso può accumularsi una materia 
colloide, che dà origine ad un tumore della radice del naso, descritta da Busch, 
sotto il nome di cisti colloide delle ossa nasali; essa può raggiungere il volume 
di un piccolo pomo. 

La cura consiste neUmcidere la cute sul dorso del naso e nel porre a nudo 
la parte della pseudo cisti, nell’esciderla parzialmente e nello svuotarne il contenuto, 
suturandone quindi i tegumenti (Terrier) (a). 


CAPITOLO IlI- 

Vizi di formazione e deformità nasali. 

Studieremo i vizi di conformazione e le deformità che si osservano : 1° sul 
naso propriamente detto; 2° sulle narici; studieremo in seguito il mezzo di riparare 
alle deformazioni nasali, cioè la rinoplastia. 


A. - VIZI DI CONFORMAZIONE E DEFORMITÀ DEL NASO 

PROPRIAMENTE DETTO 

Il naso se ne va, esclama Saint-Germain (1) in una lezione sulle deformità 
nasali; la decadenza del naso, la deviazione dal tipo di naso aquilino, greco e 
romano, ecc., si manifesta con una serie di deformità, alcune acquisite, le altre 
congenite. 

La mancanza del naso, il naso doppio, il naso bifido vanno considerati quali 
deformità congenite (2). 

Il naso può mancare totalmente fin dalla nascita ; Maisonneuve presentò alla 
Accademia delle Scienze nel 1855 una bambina di nove mesi, che aveva in luogo 
del naso due sole aperture di 1 millim. di diametro e distanti 3 centim. una dall’altra. 
Maisonneuve esperimento in questo caso un processo speciale di rinoplastia. 

(a) [Non è impossibile che questa affezione rappresenti una forma attenuata di periostite 
(periostite albuminosa?) (D. G.)]. 

(1) De Saint-Germain, Chirurgie orthopédique. Parigi 1883, p. 80. 

(2) Terrier (Patii, cliir.) tratta pure de\V appiattimento del naso alla radice , della deviazione 
della punta in alto, del volume eccessivo del naso. 



Vizi di formazione e deformità nasali 


39 


Sono noti casi di naso doppio. Uno dei più classici è quello di Pietro Borelli, 
citato da Boyer : “ è lecito supporre che in tali casi non si tratti di un vero naso 
supplementare, ma piuttosto di un tumore ipertrofico congenito, più o meno pedun¬ 
colato „ (Saint-Germain, luogo cit., 71). 

Verneuil comunicò nel 1873 alla Società di Chirurgia il caso di un ragazzo, esa¬ 
minato da Thomas di Tours, affetto da naso bifido (trattavasi di un ragazzo robusto, 
nato da parenti sanissimi). 

Certi nasi a becco di corvo, nasi a promontorio, nasi a ginocchio , che sono 
esagerazioni del naso aquilino possono 


per la loro sporgenza eccessiva co¬ 
stituire delle vere deformità; ben 
inteso che non sono deformità richie¬ 
denti un intervento operatorio (1). 

Tra le deformità acquisite conviene 
ricordare: a) le deviazioni; h) gli 
abbassamenti; c) le perdite di sostanza 
o perforazioni. 

A) Le deviazioni sono fisiologiche, 
traumatiche o cicatriziali. 

Le deviazioni fisiologiche sono più 
frequenti a destra, la loro causa è 
ignota, poiché non si può invocare 
seriamente l’abitudine di soffiarsi il 
naso colla mano destra, o l’influenza 
del contatto prolungato col seno della 
nutrice. 

Le deviazioni traumàtiche possono 



esser rappresentate da deviazioni la- Fi s- 294 - - ìa^ormaTf iembo aS0 ' La lmea 
terali, dovute a fratture della carti¬ 
lagine, in corrispondenza dell’unione coll’osso. Queste deviazioni facili a correggeie 
appena avvenuta la frattura, sono più difficili a vincere in seguito. In un caso citato 
da Dieffenbach la parte cartilaginea era così deviata verso la guancia, che le due 


narici erano collocate l’una sopra l’altra. 

Dieffenbach separò con un taglio sottocutaneo la cartilagine dell ala e del 
dorso del naso dall’ osso da entrambi i lati. Mobilizzato per tal modo il naso, lo 
ridusse in posizione normale e lo fissò con liste di cerotto diachylum. Ottenne un 


(1) De Saint-Germain racconta che Blandin intervenne in un caso simile: « Non si può dire 
che egli avesse fatto ciò per compiacenza, poiché Blandin vi fu quasi costretto. Trattavasi di 
un innamorato respinto a causa del suo naso ridicolo, che minacciò Blandin di morte qualora 
avesse rifiutato di operarlo. L’illustre chirurgo costrettovi adottò un processo ingegnoso: egli 
fece una incisione sul dorso del naso dalla radice fino alla punta, mettendo a nudo la cartilagine 
in tutta la sua lunghezza. Resecò tutta la porzione sporgente e riunì la pelle con sutura attor¬ 
cigliata. L’operazione ebbe esito brillante e la Bella sposò la Bestia trasformata in Adone dall’arte 

chirurgica ». 







40 


Vizi di formazione e deformità nasali 


esito soddisfacente e adottò lo stesso metodo per correggere una deviazione analoga, 
ma congenita (Duplay). 

Le briglie cicatriziali possono pure tener deviato il naso verso la guancia o 
il labbro superiore; per rimediare a tale deformità occorre incidere le cicatrici e 
colmare la superficie rimasta allo scoperto con lembi autoplastici. 

B) Gli abbassamenti del naso (naso infossato, schiacciato) sono dovuti a osteiti 
ed a necrosi delle ossa nasali da sifilide (acquisita o ereditaria ), da tubercolosi. 
Tali sono le così dette deformità diatesiche. I traumi possono pure produrre 
deformità simili. Recentemente l’autore osservò un ammalato, che in seguito ad 
un colpo di sciabola, aveva una deformità, che ricordava quelle date dalla sifilide 
congenita. 

Queste deformità vennero per molto tempo considerate come refrattarie alla 
cura (V. Binoplastia). 

G) Le deformità da perdita di sostanza (traumatiche, spontanee, operatorie) 
sono rappresentate da perforazioni variabili per estensione e profondità ; richiedono 
un intervento chirurgico. 

Tillaux raccomandò un processo operatorio da lui adottato più volte con successo. 

Nella fig. 294 tolta dalla Chirurgia clinica del 
Tillaux è rappresentato un esempio di lembo cu¬ 
taneo, che si può tagliare per coprire una perdita 
di sostanza sul dorso del naso. Il lembo vien di¬ 
staccato dalla sua faccia profonda, mobilizzato, 
tirato verso la linea mediana e suturato al margine 
opposto cruentato. 

Si può pure adottare il metodo di Gelso. 

In un caso di perforazione ad orifizio molto 
stretto, Tillaux cauterizzò con una punta del ter¬ 
mocauterio i margini, dopo quarantotto ore raschiò 
la superficie cauterizzata con un bisturi finissimo, 
fece quindi una sutura con filo di oro, ottenendo per tal modo mia guarigione 
perfetta. 

B. — ALTERAZIONI DI CONFORMAZIONE E DEFORMITÀ DELLE NARICI 

La stenosi e l’ obliterazione delle narici meritano una descrizione speciale. 

1° STENOSI 

Essa è talora congenita; le narici sono in tal caso retratte e ricordano quelle 
di certi rosicchianti (Saint-Germain). Il naso così ristretto serve incompletamente 
per la funzione respiratoria ; per tal ragione i ragazzi colpiti da questa alterazione 
respirano a bocca aperta, e hanno una voce con un timbro speciale uguale a quella 
dei pazienti affetti da ipertrofìa tonsillare. 

I restringimenti cicatriziali delle narici dovuti a ferite o ad ulcerazioni, si 
osservano dopo l’impetigo, il lupus, le febbri eruttive (vaiuolo), scottature, gangrena. 
Il rivestimento cutaneo-mucoso della apertura della narice è sostituito da un tessuto 
cicatriziale vario per aspetto, spessore e profondità. 



Fig. 295. — Binoplastia col metodo 

di Celso. 



Vizi di formazione e deformità nasali 


41 


Cura. — Sia nella stenosi acquisita, sia nella congenita non si deve intervenire 
che quando essa rappresenta un ostacolo alla respirazione od alla fonazione; in 
tal caso si può ricorrere alla dilatazione, all’ incisione od alla plastica con inflessione 
dei margini cutanei. 

a) Dilatazione. — È applicabile alle retrazioni cicatriziali di grado leggiero; 
può farsi con sonde, cannule di metallo o con corpi capaci di dilatarsi al contatto 
di liquidi (spugna preparata, laminaria, radice di genziana). Come a ragione osserva 
Duplay, questo metodo di cura è lungo, doloroso e incomodo pei malati, riuscì 
qualche volta, ma la guarigione non fu che di breve durata, essendosi riprodotta 
la deformità appena sospesa la dilatazione. 

b) Incisione. — Una o più incisioni sul margine della narice possono bastare 
per allargarla e per spingere il margine libero all’esterno. 

E uso di praticare dopo le incisioni la dilatazione metodica progressiva. 

Data la proprietà di retrazione del tessuto di cicatrice, la stenosi non tarda a 
riprodursi; per questa ragione è miglior consiglio nei restringimenti gravi fare, 
oltre alle incisioni, anche una operazione plastica, cioè suturare un lembo tolto 
dalla guancia alla narice. 

c) Autoplastica per inflessione. — Velpeau e Jobert proposero questa operazione 
onde evitare la retrazione cicatriziale secondaria. Si escide la pelle rispettando la 
mucosa attorno all’apertura della narice per un’altezza di 5 o 6 millim., poscia 
si stira la mucosa all’esterno e si sutura col margine cruentato della pelle. 

Questa operazione non si può sempre eseguire, poiché spesso pelle e mucosa 
sono trasformate in un tessuto nodulare duro, e perchè venendo con tale processo 
operatorio raccorciate le ali delle narici, ne risulta una deformità notevole (ecces¬ 
siva lunghezza del sottosetto in confronto delle pinne nasali) ( Compendium de 
chirurgie). 

In una ragazza affetta da atresia della narice sinistra Kirmisson operò disse¬ 
cando la pelle e formando un lembo triangolare; escise cioè il tessuto sotto¬ 
stante, e praticò poscia l’autoplastica per inflessione, ripiegando verso l’interno 
della narice il lembo di pelle aderente all’ orlo del naso. In altre parole ripiegò 
la pelle verso l’interno della apertura della narice e non tirò la mucosa all esterno. 
Il risultato fu molto soddisfacente ( Pathologie externe, p. 521, t. II). 

2° OBLITERAZIONE DELLE NARICI 

Può esser data dalle stesse cause che producono la stenosi. Essa è costituita 
da una aderenza anormale dei margini della apertura nasale o da una aderenza 

delle narici per un tratto più o meno lungo (Duplay). 

I sintomi principali sono: la soppressione della respirazione nasale, il timbro 

nasale della voce, e la perdita dell’odorato. 

È necessario rimediare a questa alterazione, potendo derivarne una serie di 

altre molestie più gravi (V. deviazioni del setto, tumori adenoidi, ecc....). 

Si può ricorrere alla semplice incisione, alla escisione accompagnata dalla dila¬ 
tazione, ed ai processi autoplastici. 

Quénu racconta il caso di una ragazzina, che durante il morbillo ebbe gangrena 
del labbro superiore e dell’ala del naso, per la quale si produsse una occlusione 



42 


Vizi di formazione e deformità nasali 


della narice sinistra. Egli distaccò ciò che restava dell’ala del naso, e ne rico- 

strusse Torlo con un lembo tolto alla guancia, lembo che servì non solo a riparare 

alla parte mancante della pinna nasale, ma anche ad impedire la retrazione al¬ 
l’interno della pinna stessa. 


RINOPLASTIA 

La plastica del naso può esser totale o parziale, a seconda che si tratti di 
ripristinare tutto l’organo o solo una porzione di esso. 

La distruzione del naso può essere completa, quando sono intaccate non solo le 

parti molli, ma anche lo scheletro osteo-cartilagineo. In altri casi le parti molli 

sono conservate, ma restano schiacciate, depresse a cagione delle lesioni dello 
scheletro. 

Lo scheletro può esser distrutto solo in parte; si può cioè avere una distruzione 
delle parti molli e cartilaginee, restando intatta la radice del naso. 

In altri casi, i più frequenti, si ha una perdita di sostanza localizzata al lobulo , 
all’afa, od al sottosetto del naso. 

Queste alterazioni non solo costituiscono una deformità tale da rendere difficile 
la vita sociale ai pazienti, ma li espongono a disturbi funzionali molto gravi 
quando è distrutta la parte cartilaginea, più gravi ancora quando tutto l’organo 
ne è colpito ; la voce si fa nasale; le fosse nasali comunicanti ampiamente coll’esterno 
troppo esposte all’aria atmosferica sono colpite da processi infiammatorii cronici ; 
il muco secreto si essicca, si altera, donde un odore fetido dell’alito ; l’odorato si 
perde ; in fine 1 infiammazione si propaga alle retrofosse ed alla faringe, producendo 
in queste regioni disturbi molto penosi (Duplay). 

In genere non conviene tentare atti operativi se non quando sono realmente 
indicati dai sintomi accennati; poiché le plastiche producono sempre deformità più 
o meno gravi, non essendo possibile ricostruire uno scheletro capace di sostenere 
le parti molli, e di dare al naso la sua forma; ha quindi ragione Tillaux quando 
dice che : “ finché il naso esiste, per quanto brutto ; finché esso serve a coprire 
le fosse nasali, od impedire lo scolo incessante delle mucosità ; finché si tratta di 
sola deformità e non di malattia, è meglio astenersi da qualsiasi intervento „ 
(Tratte de chirurgie clinique , t. I, p. 233). 

La protesi, tanta perfezionata oggidì, serve nei casi inoperabili. 

Descriveremo successivamente i processi di rinoplastica totale e le operazioni, 
che servono nei casi di perdite parziali di sostanza del naso. 

A. — RICOSTRUZIONE TOTALE 0 RINOPLASTIA 

Tre sono i metodi per la ricostruzione totale del naso: il metodo italiano, il 
metodo indiano, il metodo francese; noi ci limiteremo a descriverli brevemente, 
rimandando chi volesse avere ulteriori schiarimenti ai Trattati di medicina ope¬ 
ratoria (V. Manuel de médecine opératoire di Malgaigne e L. Le Fort, t. II, p. 153, 
e art. Punoplastia nel Dictionnaire encyclopédique des Sciences médicales, Dolbeau 
e Félizet). 



Einoplastia 



1° METODO ITALIANO 

E conosciuto col nome di metodo del Tagliacozzi, quantunque fosse già stato 
applicato dai Branca, che vivevano 
in Sicilia verso la metà del xv secolo. 

Esso consiste nel fare a spese della 
parte inferiore ed anteriore dell’avam- 
braccio un lembo, che si lascia ade¬ 
rente per uno dei suoi lati, e che si 
applica sulla perdita di sostanza dopo 
di averne cruentati i margini. 

Finché il lembo non aderisce 
completamente si tiene il braccio in 
posizione fìssa legato al capo, quando 
l’aderenza è completa, si taglia il 
lembo e lo si adatta in modo da for¬ 
mare un nuovo naso. (V. Duplay, 

Pathologie externe; Berger .Congresso 
francese di chirurgia, 1889). 

Questo processo serve nei casi 
in cui la perdita di sostanza è così estesa, che non è possibile fare un lembo 
sulla fronte (metodo indiano) o sulla guancia (metodo francese). 

2° METODO INDIANO 

In questo metodo il lembo vien tolto dalla pelle della fronte. 

Ecco la descrizione del processo più in uso secondo Malgaigne: si fa con carta 

o con cera il modello di un lembo quale è 
necessario per ricoprire la perdita di so¬ 
stanza, si applica sulla fronte colla punta 
rivolta in basso, e se ne delimitano i con¬ 
torni con inchiostro. Occorre dare in tutte le 
direzioni al lembo una ampiezza maggiore 
di un centim. di quella, che a primo aspetto 
può parere necessaria, onde ovviare agli 
inconvenienti della retrazione cicatriziale. 

Si cruentano i margini della cute del 
naso dove esiste la perdita di sostanza, si 
disseca col bisturi il lembo frontale, di¬ 
staccandolo completamente salvo in basso 
in corrispondenza della radice del naso. 

Lo si ripiega sulla faccia, facendo ese¬ 
guire al peduncolo un movimento di tor¬ 
sione in modo che la superfìcie cutanea del 
lembo resti rivolta all’esterno ; si applicano in seguito i margini del lembo su quelli 
cruentati della apertura nasale, e si suturano in ogni parte, salvo però in corrispon- 



Fig. 297. — Rinoplastia (Metodo indiano). 





Fig. 296. —^Einoplastia col metodo italiano. 



44 


Vizi di formazione e deformità nasali 


denza delle narici. Si introduce in questi orifìzi dell’ovatta, per mantenerle beanti 
e per sostenere il naso. 

Quando 1 aderenza è completa si levano i punti di sutura ; si passa sotto al 

peduncolo una sonda scanalata e, sulla guida di 
questa, lo si incide ; ne risulta un piccolo lembo che 
si unisce con sutura alla radice dell’antico moncone. 

Tale è il metodo antico, il quale non subì no¬ 
tevoli modificazioni; i perfezionamenti riguardano 
il peduncolo, la punta del lembo , ed il suo spessore. 

Peduncolo. — Onde evitare una torsione ecces¬ 
siva del peduncolo, che è brutta dal lato estetico, 
impedisce la circolazione, e può produrre la gan- 
grena del lembo, Lisfranc, invece di lasciare tra 
l’estremità del peduncolo e la perdita di sostanza, 
uno spazio libero, prolunga da una parte l’incisione 
fino alla perdita di sostanza : così è possibile metter 
a posto il lembo evitando una eccessiva torsione 
del peduncolo stesso (Duplay). 

Auvert, Alquié danno al loro lembo e quindi 
al peduncolo una direzione obliqua. 

La fìg. 298 tolta dal Koenig (Pathologie externe) e modificata dall’autore mostra 
come si deve eseguire l’incisione del lembo secondo i precetti di Langenbeck. Egli 
fa terminare le due incisioni, non ai lati della radice del 
naso, ma tutte e due dallo stesso lato della linea mediana. 

L’una passa obliquamente sul dorso del naso e termina 
in corrispondenza del legamento palpebrale interno, l’altra 
che decorre sopra la palpebra si arresta, a seconda dei casi, 
a livello del sopracciglio o poco al di sopra od al di sotto. 

In tal modo il peduncolo è quasi orizzontale, e può scor¬ 
rere senza subire una grande torsione nella applicazione 
del lembo (Duplay). 

Per evitare la gangrena del lembo conviene tagliarne 
il peduncolo alquanto lateralmente onde possa passare 
per esso una arteria frontale intatta; esso deve avere 
una larghezza da 1 cm. ad 1 centim. e V 2 . 

A erneuil, cercò di evitare la torsione del lembo, combinando il lembo frontale 
colla plastica a doppio strato di Nélaton (metodo francese). Egli fa sulla fronte 
un lembo, lo ribatte direttamente, lasciando la parte cruentata rivolta verso 
l’esterno. Per ricoprire questa parte egli taglia a destra ed a sinistra sulle 
guancie due lembi quadrilateri, che stira l’uno contro l’altro e li sutura sulla linea 
mediana (1) (Malgaigne e L. Le Fort, p. 158). 

(1) Questo processo, secondo Le Fort, ha l’inconveniente di produrre un abbassamento del 
naso, poiché i lembi laterali stirati tendono a deprimerlo. 




Fig. 298. — Rinoplastia (Metodo indiano) 
Lembo secondo Langenbeck. 




Rinoplastia 


45 


Punta del lembo. — Delpech tagliava la base del lembo a tre punte per favorire 
la cicatrizzazione della perdita di sostanza frontale. Langenbeck circoscriveva alla 
base tre piccoli lembi di cui uno mediano 
e due laterali. Il mediano, rettangolare, 
deve avere una larghezza sufficiente da 
poter esser fissato con sutura al labbro 
superiore e da lasciare alla punta del 
naso una sporgenza proporzionata, per 
formare il sottosetto (1). I due lembi 
laterali triangolari, a base arrotondata, 
sono destinati a ricostruire le ali del 
naso rovesciandoli ed accollandoli alla 
faccia profonda del lembo principale. 

Spessore del lembo. — Langenbeck 
ed Ollier lodarono Yautoplastia perio- 

stea atta ad impedire l’accasciarsi del Fig. 300. - Rmoplastia. - Divisione della punta 

. . . del lembo frontale in tre piccoli lembi. 

naso, ciò che forma lo scoglio di tutti 1 

processi. Questi autori distaccano dalla fronte un lembo costituito dalle parti molli 
e dal periostio. Ollier si spinse più oltre e propose di ricostituire lo scheletro del 
naso con lembi laterali osteoperiostei tolti dalle apofisi montanti dei mascellari 
superiori spinte alfinterno e ricoperte dal lembo frontale cutaneo periosteo (Duplay). 

Nè Le Fort, nè Duplay sono partigiani di questo metodo. 

3° METODO FRANCESE 

Si eseguisce dissecando e scollando la pelle vicino alla apertura nasale, onde 
poterla far strisciare e stirare fino sulla linea mediana; questo metodo per stri¬ 
sciamento è consigliato ed applicato da Tillaux. 

Dopo di aver ricordato che i lembi debbono esser tolti da ciascun lato sulla 
guancia, secondo il metodo di Nélaton, Tillaux così descrive l’operazione: si taglia 
ai lati della perdita di sostanza del naso un lembo col peduncolo in corrispondenza 
della radice del naso e la base a livello del labbro superiore, questa deve esser 
tagliata secondo una linea curva che permetta di ricostituire il margine delle 
narici. Mobilizzati i lembi si suturano sulla linea mediana. Si mantiene un pezzo 
di sonda in ciascuna narice fino a cicatrizzazione completa (fig. 301). 

B. - RICOSTITUZIONE PARZIALE DEL NASO 

Le operazioni di rinoplastica parziale son dirette alla ricostituzione del lobulo 
e deli 1 ala del naso , del sottosetto ed a rimediare al così detto naso a sella. 

(1) In questi ultimi anni Volkmann rinunciò ad utilizzare il lembo mediano per costituire il 
sottosetto, non avendo ottenuto con tale metodo che risultati incompleti, specialmente per quanto 
riguarda la permeabilità delle narici. Egli si decise a lasciar libero questo lembo mediano senza 
fissarlo con suture. In seguito alla retrazione cicatriziale della faccia profonda esso si accartoccia 
e poco alla volta si rialza fino alla punta del naso, che rende più sporgente, più rotonda. Questa 
parte acquista per tale fatto una forma migliore. Malgrado la mancanza del sottosetto la forma 
del naso è abbastanza soddisfacente, e migliore la permeabilità delle narici. 






Vizi di formazione e deformità nasali 


1° Ricostituzione del lobulo. — Nei casi di distruzione del lobulo così estesa da 
render impossibile una semplice cruentazione ed un avvicinamento dei margini 
della perdita di sostanza, Duplay preferisce al metodo indiano (col quale si è esposti 
per la ristrettezza e la lunghezza del peduncolo alla necrosi del lembo) il metodo 
di Rougc di Losanna (1). Esso consiste nel tagliare sul dorso del naso un lembo 
quadrilatero, che si lascia aderente alle sue estremità, e che si mobilizza nel suo 
mezzo con un tenotomo introdotto tra la pelle e lo scheletro, in modo da poter far 
strisciare dall’alto al basso questo ponte cutaneo, e da poterlo fissare con sutura ai 
margini della perdita di sostanza cruentati. La breccia dorsale, risultante dalla mobi¬ 
lizzazione di questo lembo, si colma collo scivolamento di un lembo analogo preso 
più in alto, per modo che la cicatrice divisa in due parti pare meno estesa (Duplay). 

- ’ Ricostituzione dell’ala del naso. — Le distruzioni dell’ala del naso possono 
esser riparate con lembi presi sia dalla guancia, sia dal labbro superiore. 

La scelta di questi due metodi dipende dalla estensione e dalla sede della 

perdita di sostanza; allor¬ 
quando questa occupa una 
gran parte dell’ala del naso, 
od è molto vicina al lobulo, 
il lembo preso dalla guancia 
si applica molto più facil¬ 
mente ; nel caso contrario e 
quando la perdita di sostan¬ 
za interessa specialmente la 
parte inferiore, il lembo la¬ 
biale è più adatto (Duplay). 

Un buon processo, de¬ 
scritto da Malgaigne e L. Le 
Fort, consiste nell’estendere 
in alto il margine interno 
della perdita di sostanza con 
una incisione parallela al 
dorso del naso; e nel pro¬ 
lungare il margine esterno 
per mezzo di una incisione 
diretta obliquamente verso 
l’estremità della precedente ; 
circoscritto per tal modo un 
V rovesciato, si escùtono i 
tegumenti compresi tra le 
due incisioni. Ciò fatto si taglia sulla guancia un lembo quadrangolare, il lato 
interno del quale corrisponde al margine esterno del V (2) rovesciato, si mobilizza 
questo lembo, e con una leggiera inclinazione si porta sulla breccia da coprire. 

(1) Nuovo processo di rinoplastia. Losanna 1868. 

(2) È utile per comprender bene questi processi aiutarsi con figure schematiche, segnando 




Fig. 301. — Rinoplastia, col processo di Nélaton 
(Metodo francese) (Tillaux). 


Rinoplastia 


47 


Però con questo metodo si ha l’inconveniente che l’ala del naso ricostituita 
confina con un tessuto di cicatrice corrispondente al punto della guancia dal quale 
venne tagliato il lembo, quindi l’ala del naso può venire dalla retrazione cica¬ 
triziale spostata all’esterno. Nélaton, per rimediare a tale inconveniente, propose il 
seguente processo molto ingegnoso. 

Metodo modificato da Nélaton (Malgaigne e L. Le Fort, loc. cit., II, p. 150). — Egli 
circoscrive il V rovesciato, escide i tegumenti esuberanti. Invece di tagliar il lembo 
nella guancia in modo che il margine interno di questa corrisponda al margine 
esterno del \ rovesciato, egli fa una incisione parallela al margine esterno del a e 
distante da questo pochi millim., questa incisione circoscrive il margine interno del 
lembo tolto dalla guancia, che vien dissecato come nel metodo sopra descritto. Questo 
lembo viene in seguito collocato sul naso con un movimento di inclinazione come 
nel metodo antecedente, colla sola differenza che esso vien fissato all’indentro 
della listerella cutanea rimasta intatta, la quale ò compresa tra la branca esterna 
del V rovesciato e l’incisione parallela distante pochi millim., costituente il margine 
interno del lembo quadrangolare tolto dalla guancia. Questa listerella separa il 
lembo dalla perdita di sostanza rimasta nella 
guancia ed impedisce un eccessivo stiramento del 
lobulo per la retrazione cicatriziale. 

Metodo Denonvilliers. — È raccomandato da 
Tillaux, che lo adottò varie volte con buoni ri¬ 
sultati. Si taglia un lembo sulla faccia laterale del 
naso, come si vede nella fìg. 302, lo si stacca dalla 
parte profonda onde mobilizzarlo e portarlo in 
basso, si sutura in seguito ai margini cruentati 
della perdita di sostanza (1). 

Quando il lembo è preso dal labbro superiore 
lo si circoscrive con due incisioni verticali a tulio 
spessore del labbro, lo si rivolta e se ne riuni¬ 
scono i margini con quelli cruentati delle perdite 
di sostanza. La ferita del labbro si tratta poi come 
un semplice labbro leporino (Duplay). 

Metodo Nélaton. — {Gaz. des Hòpitaux, 1868, 
p. 277). — In una ragazza che aveva una notevole 
deformazione nasale, dovuta alla distruzione di una 
gran parte della porzione cartilaginea, senza però 
che il setto fosse leso, Nélaton fece due lembi 
laterali corrispondenti ciascuno alla relativa metà 
del naso ; questi lembi erano costituiti dalle parti 
molli fino al periostio dell’apofìsi montante del 
mascellare, avevano il peduncolo alla parte superiore del naso in corrispondenza 
della regione del sacco lacrimale. 


(1) Rimandiamo il lettore al Manuale di Malgaigne e L. Le Fort per la descrizione del 
processo ingegnoso di Dieffenbacli. 







Fig. 302. — Metodo di Denonvilliers 
per la ricostruzione dell'ala del naso 



48 


Vizi di formazione e deformità nasali 







Mobilizzati i lembi e suturatili sulla linea mediana, ne rimase da ciascun lato 
una superficie di-osso scoperta. La precauzione di aver costituito i lembi colle 

parti molli e col periostio servì ad impedire che la cicatrice, 
* la quale si formò aderente all’osso, avesse a stirare all’esterno 
i due lembi utilizzati per la ricostruzione del naso. 

Quando i lembi furono riuniti con sutura sulla linea 
mediana, Nélaton li trafisse con un forte ago che fece pas¬ 
sare in due anelli di un cerchio metallico a forma di arma¬ 
tura da occhiali (fig. 303), onde impedire l’accasciarsi del 
naso (Duplay). 

Fig. 303. - Metodo Nélaton. g 0 R IC0STIXUZI0 NE DEL SOTTOSETTO. — La deformità dovuta 

alla perdita del sottosetto è meno grave di quelle, che abbiamo finora trattato. 

Si può prender il lembo dalla parte mediana del labbro superiore ; questo lembo 
può interessare tutto lo spessore del labbro o solo una parte; nel primo caso a 
volte lo si ritorce sul suo peduncolo in modo da riunire la sua superfìcie mucosa 
cruentata col setto ed il lobulo, altre volte si rialza senza torsione, si cruenta la 
superficie cutanea nei punti corrispondenti al setto ed al lobulo e si lascia libera 
la superficie mucosa. 

Quando si taglia il lembo alle spese di una parte dello spessore del labbro, 
si può, come si disse, ritorcere il peduncolo e riunire la superfìcie cruenta al setto 
ed al lobulo, oppure non ritorcere il peduncolo, e cruentata la superficie cutanea 
applicarla direttamente sul setto e sul lobulo (Duplay). 

4° Correzione del naso a sella. — Le depressioni nasali consecutive a sifìlide 
ereditaria od acquisita ed a traumi si ponno modificare con atti operativi rinoplastici. 
Descriveremo tra i vari proposti(V. Malgaigne e Le Fort) quello che diede a Koenig (1) 
i migliori risultati. Esso consiste nel togliere dalla fronte un lembo osteo-cutaneo 
e nel ricoprirlo di un lembo cutaneo. Eccone in breve la descrizione: 

Si fa dapprima una incisione in corrispondenza del limite inferiore della de¬ 
pressione a sella del naso, in modo da mobilizzare le parti molli del naso. Tirando 
queste parti in avanti esse possono facilmente venir portate al punto che esse 
avrebbero se il naso avesse una altezza di profilo normale ; in questo movimento 
di rialzamento delle parti molli, la ferita resta ampiamente aperta, si ha così una 
breccia che conviene colmare dapprima con un lembo di sostegno. Si taglia 
alle spese del dorso del naso e della parte vicina della fronte un lembo oblungo, 
largo da 3 a 4 centim. col diametro maggiore verticale. Circoscritto il lembo fino 
all’osso, si incide coll’angolo di uno scalpello lo strato corticale dell’osso lungo il 


decorso della incisione cutanea; poscia per mezzo di uno scalpello a tagliente 
piano e largo quanto il lembo si distacca dalla diploe tutta l’estensione di sostanza 
corticale così delimitata e ricoperta dalla pelle e dal periostio. Questo lembo osteo- 
periosteo viene ripiegato in basso; lo strato osseo si rompe a livello della radice 
del naso. La pelle è rivolta in basso e lo strato osseo in alto. Questo lembo viene 
a colmare la breccia prodotta dalla sezione trasversale del naso; il suo margine 
libero viene riunito con suture alle parti molli del naso, in modo che il margine 


(1) Koenig, loc. citato. 


Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


49 


cutaneo di queste ricopra la periferia del lembo osteo-periosteo. Lo strato cutaneo 
del lembo funziona in tale maniera da mucosa. In fine sullo scheletro nasale così 
costituito si fa discendere un lembo cutaneo tolto alla fronte. Con questo metodo 
si riesce a dare al naso una linea di profilo normale che si mantiene grazie al 
lembo osseo. Talora però son necessarie ulteriori modificazioni onde ottenere una 
forma corretta del naso. 


PARTE SECONDA 


MALATTIE DELLE FOSSE NASALI 


La continuità anatomica delle fosse nasali e della faringe nasale ci spiega 
perchè le affezioni di queste cavità si propaghino facilmente dalfuna all’altra. Noi 
studieremo in questo capitolo le affezioni delle cavità nasali propriamente dette, c 
l’influenza clic esse possono esercitare sulla faringe nasale. 


CAPITOLO I. 

Lesioni traumatiche delle fosse nasali. 

Trattando delle fratture della parte anteriore della base del cranio, del ma¬ 
scellare superiore e delle ossa proprie del naso noi abbiamo descritta la maggior 
parte delle lesioni traumatiche delle fosse nasali. Ci restano da studiare le contusioni , 
le ecchimosi e gli ematomi del setto. 


I. 

CONTUSIONI, ECCHIMOSI ED EMATOMI DEL SETTO 

In seguito a cadute, a colpi sul naso si produce spesso in corrispondenza del 
setto una tumefazione arrotondata unilaterale o bilaterale. Questa raccolta di 
liquido che si fa immediatamente dopo l’accidente o nelle prime ore dopo che è 
avvenuto, costituisce l’ematoma. 

J. Cloquet (1), Flemming (2), Bérard (3), Beaussenat (4), Duplay (5), contribuirono 
coi loro lavori a far conoscere le lesioni traumatiche del setto. 

(1) J. Cloquet, Mómoire sur quelques points de la physiologie et de la patliologie de la 
membrane pituitaire ; Journal liebd. de Méd., 1830. 

(2) Flemming, Observations on certain affections of thè septum of thè nose ; Dublin Journal, 
voi. IV, 1833, e Gaz. méd., 1833. 

(3) Bérard, Mémoire sur quelques tumeurs de la face; Ardi, génér. de Méd., 2 e sect., t. XIII, 
p. 410. 

(4) Beaussenat, Des tumeurs sanguines et purulentes de la cloison des fosses nasales. Tesi 
di Parigi, 1864. 

(5) Duplay, Patliol. externe, III, p. 770. 


4. — Tr. di Chir IV, p. 2 a — Malattie delle regioni . 



50 


Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


La formazione di tali ematomi si spiega ricordando la poca aderenza della 
mucosa pituitaria al setto; data una torsione o meglio una frattura della carti¬ 
lagine (V. Lesioni traumatiche del naso, p. 26) si sviluppa una bozza sanguigna, e 
nei casi più leggieri, una ecchimosi tra il focolaio della frattura e la faccia profonda 
della pituitaria ; la comunicazione, che si produce tra i due lati del setto a traverso 
la frattura, ci spiega la simmetria e la bilateralità della lesione. 

Sintomi e diagnosi. — Gli ematomi del setto si presentano sotto forma 
di due bozze rosse, violacee, arrotondate, simmetriche, sporgenti dalla apertura 
della narice; il loro volume può esser tanto grande da arrivare a contatto della 
faccia interna delle narici ed ostruire completamente Y orifizio anteriore delle 

fosse nasali. 

Queste bozze sono tese, premendone una da una parte il liquido rifluisce dal 
lato opposto, e se colle due dita si comprimono entrambe le bozze, il liquido risale 
fin sotto i tegumenti del dorso nasale, a livello dell’ unione delle ossa proprie del 
naso colla cartilagine. Questo spostarsi da una parte e dall’altra del liquido 
ematico non si può spiegare se non coll’esistenza d’una frattura della cartilagine 

del setto. 

Tale perforazione è ammessa da Flemming, che il giorno dopo il traumatismo 
rilevò la comunicazione tra le due bozze sanguigne; noi stessi ebbimo l’occasione 
di osservarlo quarantotto ore dopo in un ammalato dell’ospedale Laennec (1); 
conviene quindi accettare l’opinione di Jarjavay, che ammette una frattura pii- 
mitiva del setto e nega la possibilità di una ulcerazione della cartilagine, perchè 
privata dei vasi, che decorrono sulla superficie della mucosa e del pericondrio. 

Nei casi leggieri esiste un semplice rilievo della mucosa a tinta violacea, di colore 
meno intenso ai margini; si tratta in tale caso di semplice ecchimosi del setto. 

La diagnosi di una tale affezione non offre difficoltà di sorta. L apparire rapido 
dell’ematoma dopo un trauma, il colore violaceo, la sua bilateralità simmetrica, 
la comunicazione delle due bozze, rende evidente il genere della malattia. 

Gli ematomi spesso si infiammano (apertura spontanea nelle fosse nasali, c 
comunicazione del focolaio ematico coll’aria) ; è utile saper riconoscere a tempo 
questa modificazione del processo (V. Ascessi del setto). 

Cura. — Prodottosi l’ematoma occorre, dopo di aver fatte alcune irrigazioni 
nasali boriche, pungerlo col bisturi da ambe le parti; scolato il liquido siero¬ 
sanguigno, si disinfetta il sacco con sublimato all uno per mille ; quando il liquido 
iniettato per una delle aperture fatte esce dall’altra e la ferita è bene disinfettata, 
si introducono nelle narici due tamponi di garza al salolo od al jodoformio. Questi 
tamponi hanno per iscopo di ricoprire la ferita e di tener la mucosa a contatto 


(1) Potemmo in questo caso convincerci della perforazione introducendo uno specillo nella 
soluzione di continuo. L’ematoma bilaterale era tanto notevole da richieder l’intervento a ca¬ 
gione della stenosi nasale che esso produceva. La cura consistette in due incisioni bilateiali, con 
disinfezione e medicazione antisettica, e introduzione nelle narici di due batuffoli di garza al salolo, 
onde comprimere la mucosa e facilitarne l’aderenza al setto. 



Epistassi 


51 


del setto facilitandone l’aderenza. Questa medicazione non può lasciarsi più di 
quarantotto ore, a cagione della abbondanza delle secrezioni nasali; è utile cam¬ 
biarla il più spesso possibile, abbandonandola quando si può constatare clic la 
mucosa ò nuovamente aderente al setto. In tal maniera si ottenne nel nostro 
ammalato curato all'ospedale Laennec una aderenza completa della mucosa al setto. 

Per l’ecchimosi diffusa del setto non è necessario far cura di sorta. 


IL 

EPISTASSI 


L’epistassi, secondo la definizione di Grisolle è un’emorragia clic si produce 


alla superficie della pituitaria. 


Descrizione. — Quando è traumatica si manifesta in modo subitaneo e 
brusco ; negli altri casi è preceduta da prodromi. E raro che i fenomeni precursori 
sieno molto accentuati e meritino il nome di molimeli hemorrhagicum ; quando si 
manifestano i fenomeni precursori, la faccia si arrossa, le carotidi pulsano con forza, 
le congiuntive sono iniettate, le estremità si raffreddano, vi è infine un malessere 
generale. Nella maggior parte dei casi il malato accusa solo un senso di prurito, 
di calore alla radice del naso, e di ostruzione nelle fosse nasali ; questi fenomeni 
durano appena qualche minuto; cessano quando è comparsa l’emorragia, che avviene 
o spontanea o in seguito a qualche sforzo espiratorio intenso, per lo più mentre 
il paziente si soffia il naso. 

Lo scolo sanguigno si produce in condizioni svariatissime secondo i casi. Di 
rado il sangue cola da ambo le narici. Ciò si verifica solo nelle rinorragie gravi ; 
allora il deflusso del sangue è continuo; molto più spesso esce solo a goccia a 
goccia da una sola narice. La durata della emorragia è varia; durante o dopo 
l’emorragia fammalato prova una specie di sollievo, essendo scomparsi i sintomi 
precursori della epistassi. La quantità di sangue emesso oscilla da 50 a 300 gr. 

Però non sempre le cose vanno in tal modo. Se il vaso talora molto piccolo, 
la cui rottura fu causa della rinorragia, è situato molto posteriormente, o se il 
malato fu sorpreso durante il sonno, allora lo scolo si fa non dalle narici, ma per 
l’orifizio posteriore delle coane. Il sangue cade nelle retrofosse dalle quali o viene 
espulso, o invece scorre in basso, penetra nella laringe o nell’esofago e nello 
stomaco e viene poscia espulso da colpi di tosse o dal vomito. Si capisce perchè 
in questi casi la scena possa cambiare, e a primo aspetto possa pensarsi alla emottisi 
od alla ematemesi. 

Per lo più l’epistassi si arresta spontaneamente; si forma un coagulo molle, poco 
aderente, che frena l’emorragia. Talora non si ha che una sospensione della epistassi, 
la quale riappare pochi minuti o poche ore dopo. Talora si è nel soffiarsi il naso 
che il coagulo si stacca e femorragia si riattiva, oppure esso si stacca sponta¬ 
neamente e subito ricompare l’epistassi. Questi fenomeni si ripetono talora a varie 
riprese, con intervallo di qualche ora, e l’ammalato in seguito a questo ripetersi 
dell’emorragia va man mano perdendo le forze. In altri casi non si formano coaguli 
e femorragia continua senza intervallo di sorta, ben presto le estremità si rat- 



Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


freddano, si hanno nausee, vomito; il polso diventa filiforme, rapido, la vista si 
oscura ; talora si produce la sincope e con essa la morte. Questo esito della epistassi 
è rarissimo e non si osserva che in individui di costituzione speciale (diatesi emo- 
filica). Altre volte le emorragie nasali compaiono a periodi lunghi, e non troppo 
abbondantemente, in maniera da non costituire un serio pericolo per l’ammalato. 

Fisiopatologia. — Si dividevano pel passato le epistassi in idiopatiche e 
sintomatiche, a seconda che si producevano senza o con lesione della pituitaria. 
Oggidì — come dimostrò Jaccoud — questa divisione non ha più ragione di 
essere ; ogni emorragia è prodotta dalla rottura di un vaso ; si tratti di arteria, di 
vena o di un capillare piccolissimo; colla diapedesi dei globuli rossi non si può 
spiegare altro se non la trasudazione di un liquido sieroso colorato, non mai una 
vera emorragia. Tra tutte le mucose la pituitaria è la più disposta alla rottura 
di vasi, per esserne ricca in modo tale che essi costituiscono in alcuni punti un 
vero tessuto erettile; basta quindi sia una alterazione della pressione sanguigna, 
sia una alterazione vasale anche insignificante, perchè si produca una emorragia. 
Sempre però si ha una lesione locale. Essa è facile a trovarsi nei tumori, nei corpi 
estranei delle fosse nasali, nei traumi, più difficile a ritrovare nelle altre varietà 
di epistassi. Kiesselbach (1) la trovò in 98 casi esaminati, Baumgarten in 6 casi; 
Bandler in 54 casi esaminati trovò in 37 una lesione della mucosa risiedente sulla 
parte anteriore del setto. Le epistassi molto ribelli sono ritenute da Chiari ed 
Hartmann (2) dovute ad ectasia dei vasi della mucosa nel punto in cui questi si 
distaccano dal piano osseo per portarsi sulla mucosa; Zuckerkandl le ritiene prodotte 
dalla formazione di piccoli aneurismi. Come si vedrà in seguito la cognizione di 
questi fatti è utilissima per poter istituire una terapia razionale. 

Diagnosi. — Per lo più l’epistassi non presenta difficoltà diagnostiche; la 
diagnosi si impone da sè. In speciali casi la fenomenologia può simulare Yematemesi 
o la emottisi. Se l’emorragia dura ancora, basta far piegare la testa in basso (Piorry) 
perchè il sangue coli dalle narici ; siccome accade solo ne\Yemetemesi e nell’emo^m, 
che il sangue esca contemporaneamente e dalle narici e dalla bocca, così è facile 
evitare l’errore. Se l’emorragia è cessata da qualche tempo ed il paziente espettora 
con colpi di tosse e con conati di vomito sangue di colore più o meno scuro, occorre 
esaminare con attenzione le fosse nasali, onde trovarvi coaguli nerastri, segno carat¬ 
teristico di emorragia nasale; altre volte è necessario far soffiare fortemente il 
naso al paziente per trovarvi i coaguli. 

Importante è la diagnosi eziologica della emorragia pituitaria. E necessario 
sapere qual è la natura di un’epistassi per combatterla dapprima e per impedirne 
la rinnovazione. 

Le epistassi si ponno dividere in due grandi categorie, secondo che esse sono 
legate ad uno stato patologico evidente della mucosa o dello scheletro nasale. 

1° Epistassi da causa locale. — I traumi sono spesso causa di rinorragia. Talora 

(1) Kiesselbach, Beri. Tclin. Woch ., 1884. 

(2) Hartmann, Zeitschr. f. Ohrenheilk., 1885. 



Epistassi 


53 


son violenti; caduta sul capo, tuberosità ischiatiche, sui piedi; in questi casi 
l’epistassi può esser un segno di frattura della base del cranio; talora sono più 
leggieri; un colpo sulla radice del naso, un corpo estraneo introdotto con maggiore 
o minor violenza nelle fosse nasali ; si può pure avere contemporaneamente frattura 
delle ossa proprie del naso, rottura del setto, ferita dei tessuti. 

L’epistassi può pure esser prodotta da ulceri sulla pituitaria e da qualsiasi 
causa capace di produrre uno stato flogistico della mucosa ; è pure sintomo frequente 
nella evoluzione dei polipi mucosi. Dapprima il paziente accusa solamente un 
senso di impedimento, di peso nel naso, poscia dopo un certo tempo si manifestano 
le emorragie, di rado in grande abbondanza. Sono più gravi se son dovute allo 
sviluppo di polipi naso-faringei; si tratta in questi casi di individui giovani pre¬ 
sentanti disturbi notevoli nel respiro e nella fonazione, e deformità speciali della 
faccia. 

L’esame diretto del naso dopo l’emorragia permette di constatare quale ne è 
la causa : corpi estranei, rinoliti , introduzione e sviluppo di parassiti, quali la Lucilia 
hominivorax, larve di certe mosche, sanguisughe. 

In fine le rinorragie si possono presentare ogni qual volta la pituitaria è sede 
di ulcerazioni ; da difterite nasale, da pustule da morva, da lesioni più o meno 
profonde dovute a sifilide od a tubercolosi, da neoplasma ulcerato ; in tutti questi 
casi lo scolo sanioso che cola frequente dalle narici, è quasi sempre striato di 
sangue ; di rado però si ha una vera emorragia. Così pure è raro che una corizza 
acuta si accompagni ad una iperemia così intensa da originare una grave epistassi. 

2° Epistassi senza stato patologico della mucosa. — Tutte le cause capaci di 
produrre una iperemia attiva del capo possono dar luogo ad epistassi. Così può 
manifestarsi in seguito ad eccessi nel bere o nel mangiare, ad eccessivi lavori cere¬ 
brali, esercizi violenti, soggiorno prolungato ad altitudini elevate ; secondo le espe¬ 
rienze di P. Bert oggidì si tende a ritenere che in questo caso, più che ad un 
abbassamento rapido della pressione atmosferica, l’emorragia sia dovuta ad una 
diminuzione della quantità di ossigeno contenuto nel sangue. 

Le epistassi genitali, così ben descritte da Joal (1), e che si osservano dopo 
eccessi sessuali, si spiegano, secondo questo autore, coll’esistenza di una rinite iper¬ 
trofica; egli l’avrebbe riscontrata in tutti i casi esaminati. 

Più frequenti sono le epistassi supplementari; non bisogna dimenticarle quando 
si ha a che fare con donne aventi mestruazioni irregolari, o con emorroidari, nei 
quali si è sospeso il flusso abituale ; esse sono caratterizzate dalla periodicità, dal 
fatto che sono precedute da fenomeni generali che scompaiono all’apparire del¬ 
l’emorragia; si è visto talora dopo un parto ristabilirsi il flusso mestruale e 
scomparire l’epistassi supplementare. 

Altre volte si ha congestione o iperemia passiva nei vasi del capo ; vi è 
impedimento nella circolazione venosa e rottura dei vasi della pituitaria; così si 
spiegano le epistassi dei cardiaci nei periodi di asistolia, nelle malattie del fegato 
o dei polmoni e nei tumori mediastinici, comprimenti la vena cava superiore. 

Vi sono in fine le epistassi in rapporto con una alterazione viscerale o con una 


(1) Joal, Berne des maladies du larynx , febbraio 1888. 



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Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


malattia generale: epistassi febbrili od iperemiche. Queste hanno pel chirurgo un 
interesse minore delle altre più sopra descritte. Ricorderemo dapprima le epistassi 
in rapporto colle malattie di fegato e di milza; gli antichi le avevano già notate, 
e Galeno insisteva sulla importanza delle emorragie dalla narice destra, quale 
sintomo di una alterazione di fegato ; è un fatto che nelle cirrosi del fegato iniziali, 
di frequente si producono emorragie prima ancora che si abbia un vero impedimento 
alla circolazione ; parimenti nelle malattie di cuore si hanno talora epistassi molto 
prima che cominci il periodo della asistolia, così pure negli inizi della malattia di 
Bright, soprattutto nella nefrite interstiziale. Vanno pure considerate le epistassi di 
certi avvelenamenti, quali il saturnismo, certi stati diatesici, la gotta ad esempio. 
Così certi individui gottosi ereditarli, soggetti a renella, ad eczemi e dermatosi varie 
sono presi a periodi da epistassi ; altri hanno per eredità una predisposizione alle 
emorragie; si trovano famiglie in cui tutti i ragazzi, per lo più si tratta di giovani, 
hanno epistassi a ripetizione a volta tuttaltro che facili a frenare ; esiste difatti in 
alcuni casi una specie di diatesi emofìlica molto difficile a spiegare. In fine in tutte 
le cachessie , tubercolosi avanzata, scorbuto, leucemia, porpora, possono manifestarsi 
epistassi; in questi casi vi sono sempre contemporaneamente emorragie in altre 
mucose. 

Le epistassi febbrili si osservano in quasi tutte le febbri eruttive , morbillo, 
scarlattina specialmente nell’inizio, più di frequente nella febbre tifoidea ; sono di 
rado abbondanti da metter in pericolo la vita del malato; spesso l’epistassi co¬ 
stituisce un ottimo sintomo premonitorio della febbre tifoide. Si trova pure in tutte 
le forme infettive, quali ittero grave, febbre gialla, infezione purulenta, setticemia 
acuta, difterite, anche quando mancano le pseudomembrane nelle fosse nasali. In 
tutti questi casi così numerosi l’interpretazione delle rinorragie non è facile ; vennero 
spiegate, ammettendo in tali forme morbose una modificazione del sangue, una 
diminuzione della fibrina, che ne rende più facile la uscita dei vasi; oggidì si tende 
a spiegarle, supponendo che pel fatto della infezione generale si producano alte¬ 
razioni nella innervazione vaso-motrice, per la quale si ha una dilatazione e rottura 
dei piccoli vasi. 

Semeiotica. — Quanto si è detto sulle cause dell'epistassi basta a farne 
comprendere il valore diagnostico. Se essa è unita a febbre ed a qualche sintomo 
generale, può dinotare l’inizio di una febbre eruttiva o di una tifoidea ; se compare 
nel corso di una delle accennate malattie può aggravare la prognosi, essendo 
indizio di una tendenza emorragica. Di fronte ad una epistassi non febbrile, con¬ 
viene prima di tutto cercarne la causa locale; se questa non esiste, l’emorragia 
nasale può essere in relazione con uno stato diatesico o ancora con una alterazione 
del fegato o della milza. Conviene in ogni caso non lasciare il malato prima di 
aver fatto la diagnosi eziologica della rinorragia. 

Cura. — Talora non è consigliabile di intervenire nelle epistassi ; nelle donne 
irregolarmente mestruate, negli emorroidarii, nei gottosi, negli individui predisposti 
alle congestioni cerebrali, queste emorragie supplementari devono esser rispettate. 
Però questi son casi eccezionali ; nella grande maggioranza dei casi è obbligo del 



Epistassi 


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medico l’arrestare lo scolo sanguigno. Se esso è poco abbondante possono bastare 
piccoli mezzi; si ordinerà al paziente di tener piegato in avanti il capo, onde 
prevenire la caduta di sangue in faringe, si farà tener alzato il braccio dal lato 
corrispondente a quello sanguinante, si applicheranno compresse fredde sul naso 
o sulla nuca. Se l’emorragia non si arresta, allora si introducono nelle fosse nasali 
tamponi idrofili bagnati in soluzioni dal 10 al 20 per 100 (Ruault) di cocaina, o 
soluzioni sature di antipirina, si faranno insufflazioni con polveri stittiche, come 
miscela di allume, acido borico e talco. Colle insufflazioni ci si propone di favorire 
la formazione di un coagulo; gli emostatici generali, ergotina per iniezioni sotto- 
cutanee o per via interna, le pozioni all’acqua di Rabel o di percloruro di ferro 
sono raramente di qualche efficacia. 

Se questi mezzi non riescono si potrà cercare di agire direttamente sulla erosione, 



Fig. 304. — Sonda di Belloc. Fig. 305. — Tamponamento delle fosse nasali 

colla sonda di Belloc. 


sia con topici (vaselina), dopo di aver tolto le croste (Ruault) (1), sia con caute¬ 
rizzazioni del punto sanguinante. Questo processo di emostasi raccomandato da 
Voltolini e da Kiesselbach, perchè l’emorragia ha luogo ordinariamente nelle parti 
anteriori del setto, è di rado praticabile. Se l’epistassi è abbondante e non cede 
alle applicazioni dei mezzi indicati, si dovrà ricorrere al tamponamento completo 
delle fosse nasali. Si preparano due batuffoli di garza o di cotone idrofilo; 1 uno 
destinato ad otturare l’orifizio posteriore, della altezza di 3 centim., della larghezza 
di 1 centim. e % vien legato alla sua parte mediana da due fili doppi, forti e 
flessibili. Per introdurlo si usa la sonda di Belloc, che riteniamo superfluo descrivere. 
Jamain raccomanda il metodo seguente: u si introduce la sonda dalla narice. 
Quando si riconosce dai movimenti di deglutizione del paziente che il becco del- 
l’istrumento è arrivato sulla superfìcie superiore del velo del palato, si intioduce 


(1) Ruault, Nota su di un mezzo semplicissimo per guarire definitivamente certe epistassi a 
ripetizione; Arch. de laryng. et de rhinolog ., dicembre 1839, p. 352. 



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Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


il mandrino nella sonda; la molla spinta fuori si curva per la sua elasticità e 
penetra nella cavità boccale girando attorno al margine libero del velo mobile; si 
tiene fissa la sonda e col dito indice sinistro si tira fuori il bottone situato alla 
estremità della molla ; si fanno penetrare nella apertura di questo i due capi di 
uno dei fili coi quali è legato il batuffolo; ritirando il mandrino la molla vien 
condotta nuovamente entro alla cannula; a poco a poco, guidando il batuffolo col¬ 
l'indice lo si spinge fino all’orifizio posteriore delle coane nasali, ciò fatto si ritira 
la sonda. Quando l’orifìzio posteriore è ermeticamente chiuso si allontanano uno 
dall’altro i due fili e si colloca tra essi un altro batuffolo nella narice e su questo 
si annodano i due capi del filo ; l’altro filo doppio del batuffolo posteriore rimasto 
in bocca si fissa sulla guancia e serve più tardi a ritirare il tampone posteriore 
Colla sonda di Belloc l’operazione è talora complicata; una semplice sonda di 
gomma o di caoutchouc può servire ugualmente allo scopo. Si può pure costituire 
il tampone di garza con sacco ad aria di Gariel, colla vescichetta in caoutchouc 
di Cray, infine un semplice condon introdotto floscio nelle fosse nasali e poi 
gonfiato può dare una emostasi perfetta. 

Qualunque sia il tampone che si adopera per chiudere le coane esso non deve 
esser lasciato troppo a lungo, pel pericolo che si produca uno scolo, purulento e 
fetido delle fosse nasali, che non sempre si può far scomparire con facilità. 

\ erneuil ha dimostrato che conviene risalire alla causa delle emorragie per 
poterle opportunamente combattere. In certi casi egli raccomanda l’applicazione 
di un ampio vescicante in corrispondenza della regione epatica ; nelle epistassi da 
emofilia, da febbri malariche, da malattie di cuore, i preparati di china, di ferro, 
la digitale, la segala cornuta possono riuscire utilissimi come mezzo preventivo. 

[V. nota 3 a del Traduttore ]. 


III. 

CORPI ESTRANEI E CALCOLI DELLE FOSSE NASALI 

Noi tratteremo in uno stesso capitolo dei corpi estranei e dei calcoli delle fosse 
nasali, poiché hanno comune la sintomatologia, la cura e l’eziologia; i rinoliti 
primitivi e spontanei ammessi pel passato, vengono accettati oggidì con molte 
riserve, o per lo meno si considerano come eccezioni. 

Corpi estranei: Trattato di Mackenzie. — Moldenhauer. — Spillmann, Die. encyclop. des se. mód. 

Rinoliti: Axmann, Ardi, de Méd ., 1829. — Demarquay, Ardi, de Méd ., 1845. — Charazac, 
Revue méd. de Toulouse, 1888. — Monnié, Tesi di Bordeaux, 1889. 

Eziologia. — Nel naso possono penetrare corpi di natura molto diversa : si 
trovano noccioli o grani di ogni specie di frutta (noccioli di ciliegie, frammenti 
di noccioli di pesche, acini d’uva, piselli, fagioli, fave, ecc.), bottoni, perle, pezzi 

di sughero, di anelli di metallo, spille da capelli, pezzi di biberon, frammenti di 
ossa.... 

Il modo col quale penetrano nel naso è diverso a seconda dei casi. Per lo 
più il corpo estraneo penetra per le narici; nei ragazzi questa è la regola, tutti 
sanno che questa è l’età nella quale si verificano i casi di penetrazioni di corpi 


Corpi estranei e calcoli delle fosse nasali 


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estranei nelle fosse nasali; gli sforzi per estrarli, i movimenti inspiratori energici 
che il ragazzo fa per liberarsi dal corpo estraneo appena è penetrato nelle narici, 
fanno sì che esso penetri ancor più profondamente. Anche le coane possono servire 
di porta di ingresso ai corpi estranei; se ne capisce facilmente il meccanismo, 
pensando che quando si compie malamente un movimento di deglutizione le par¬ 
ticelle alimentari possono venire spinte nelle retro-fosse nasali ; questo fatto si verifica 
abbastanza di frequente nei ragazzi, così spesso soggetti a paresi o paralisi post¬ 
difteriche del velo pendolo ; in fine durante il vomito, frammenti di cibo, di ossa 
(Deschamps), bacche di frutta, possono allo stesso modo penetrare nelle coane. 
Qualunque sia il meccanismo di penetrazione è utile sapere che spesso il corpo 
estraneo passa inosservato ; il ragazzo per paura di esser sgridato tace l’accidente 
occorsogli; anche gli adulti qualche volta dimenticano facilmente i leggieri fenomeni 
irritativi avuti nel momento della penetrazione del corpo estraneo. 


Anatomia patologica. — La sede dei corpi estranei varia a seconda del 
punto di entrata. Se tali corpi penetrano dalle narici, scivolano per lo più sul 
pavimento delle fosse nasali o nel meato inferiore e restano nascosti dalla mucosa 
del cornetto inferiore; se penetrano dalle coane vanno a finire per lo più nel 
meato medio e vi restano fissi. Raramente si innicchiano più in alto. Qualche 
autore, basandosi sul fatto del dolore e del fastidio che qualche ammalato accusa 
in corrispondenza della fronte, ammettono che possano arrivare fino in vicinanza 
dei seni frontali: noi crediamo che ciò non sia giusto,perchè non sempre fammalato 
accusa dolore dove ha sede il processo morboso. 

I corpi estranei incuneati nelle cavità nasali vi subiscono a volta modificazioni 
notevoli varie a seconda della loro natura: si gonfiano, possono imbibirsi di 
liquido, come i frammenti di una spugna; i semi aumentano di volume (Czarda (1) 
vide un pisello triplicarsi di volume in diciotto ore); possono pure germogliare 
(Bérard (2), Smith) (3) ; Boyer racconta la storia di un pisello, che introdotto nel 
naso di un ragazzo si sviluppò con 10 o 1 2 radici, la più lunga misurava 3 pollici 
e quattro linee. Se il corpo è costituito da sostanza inalterabile a poco a poco 
si incrosta di sali calcari, che lo rendono irriconoscibile ; in tale maniera si for¬ 
mano i rinoliti. 

Rinoliti. — Dopo il primo caso pubblicato da Mattia de Gardi, nel 1502, le 
osservazioni si sono fatte numerose e furono oggetto di parecchie monografìe (De- 
marquay, 1845; Charazac, 1888; Monnié, 1889). 

I calcoli delle fosse nasali sono spesso unilaterali, e solo eccezionalmente si 
presentano da ambo i lati (Glauder) (4); essi risiedono sul pavimento contro il 
setto o nel meato medio ed inferiore, possono pure attorniare il margine di un 
cornetto (Schmiegelow) (5). Sono per lo più unici; tuttavia Kern ne trovò tre, e 
Axmann e Blandin ne videro parecchi nella stessa cavità nasale. La loro forma 

(1) Czarda (di Praga), Gaz. méd. de Paris , dicembre 1884. 

(2) Bérard, Dict. méd., t. XXI. 

(3) Smith, Britisli mcd. Journ ., dicembre 1887. 

(4) Clauder, Tesi Monnié. 

(5) Schmiegelow, Bevue de lanjng ., novembre 1884. 



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Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


è ovoide irregolare, a volte piramidale (Glay) (1) ; può pure ricordare un ramo di 
corallo (Jacquemart) (2). Un corpo estraneo grosso quanto una lenticchia od una 
fava può arrivare, in certi casi, fino ad una lunghezza di un pollice e tre quarti 
ed un mezzo pollice di spessore (Mackenzie). Il loro peso varia da 2 grammi a 
gr. 13,65 (Brown) (3). 

I rinoliti hanno un colore grigio o nerastro; la loro superfìcie liscia è per lo 
più irregolare, anfrattuosa ; in queste depressioni non è raro di trovare una materia 
caseosa fetida, composta di cellule epiteliali e globuli di pus. La consistenza è, 
nella gran maggioranza dei casi, friabile ; possono però avere una durezza tale da 
non poterli rompere con un colpo di martello (Glauder). 

La composizione chimica, secondo Axmann, è la seguente: 


Materie animali . . ..gr. 0,35 

Fosfato di calcio.> 0,8 

Carbonato di calcio.» 0,225 

Carbonato di magnesia. » 0,125 


con traccie di cloruro di sodio, d’ossido di ferro, e, secondo Creswell Baber (4), 
carbonato di ferro e fosfato di ammonio. 

Tagliando questi calcoli si riconosce che essi sono costituiti da una serie di 
strati lamellari concentrici, con nucleo centrale contenente solo muco ed una sostanza 
grasso-albuminosa. Sono questi i casi di rinoliti primitivi spontanei, dei quali si 
conoscono tre osservazioni nella letteratura, due di M. Mackenzie e uno di Brun. 
Per spiegare tali casi insoliti si può supporre, secondo alcuni autori, che il corpo 
estraneo causa del rinolite si sia riassorbito o si sia trasformato, cosa non im¬ 
possibile, essendosi visti calcoli svilupparsi attorno ad un coagulo sanguigno 
(Stocker) (5). Si è ancora invocata, come causa predisponente, la strettezza congenita 
delle fosse nasali e la corizza cronica; ma è specialmente nella corizza caseosa che 
si hanno le condizioni più favorevoli per la formazione di rinoliti; difatti data la 
secrezione abbondante di muco e la formazione di numerose croste, si capisce che 
se queste non sono espulse, esse possono diventar centro di calcoli, come i corpi 
stranieri (Monnié). La patogenesi dei rinoliti secondarii è molto più semplice ; per 
la presenza del corpo estraneo la mucosa si irrita, si infiamma e secerne pus in 
abbondanza; come nelle cistiti, si produce, per l’azione di un microbio, una de¬ 
composizione dei liquidi contenuti nelle fosse nasali [muco] (Duplay), [pus] (Jamain 
e Terrier), [lacrime] (Monnié), una precipitazione dei sali che essi contengono, e 
che si depositano poi sul corpo estraneo. 

La mucosa delle fosse nasali, si presenta con tutte le alterazioni caratteristiche 
della flogosi cronica, è rossa, tumida, gonfia al punto da ricoprire a volte il corpo 
estraneo, sanguinante e ulcerata in alcuni punti; queste ulcerazioni sono talora 
così profonde da metter allo scoperto le ossa sottostanti e da produrne una necrosi 

(1) Clay, Brit. med. Journ., febbraio 1887. 

(2) Jacquemart, Ann. des malad. de Voreille, marzo 1884. 

(3) Brown, Edhib. med. Journal, 1859. 

(4) Creswell Baber, Brit. med. Journ., ottobre 1885. 

(5) Stocker, Brit. med. Journ., 1887. 





Corpi estranei e calcoli delle fosse nasali 


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parziale (Spillmann). Oltre a tali lesioni, si trova spesso, quando il rinolite è 
voluminoso, uno spostamento sia dei cornetti sia del setto. 

Sintomi. — Sono nei primi periodi della affezione poco pronunciati; al mo¬ 
mento della penetrazione del corpo estraneo il paziente non ha che un senso di 
solletico nelle fosse nasali, seguito da starnuto e da un intoppo nei movimenti 
inspiratori ed espiratori profondi ; talora una epistassi leggiera ; poi tutto scompare 
e il paziente dimentica presto la presenza del corpo estraneo. 

Succede quindi un periodo, per così dire, di latenza assoluta, di una durata 
variabile, a seconda della natura del corpo estraneo ; se questo è poco voluminoso, 
poco mobile, e si incrosta di sali calcari, possono passare dieci, venti, trenta anni 
senza il menomo sintomo ; però a poco a poco i disturbi si sviluppano. Si produce 
a volte un certo grado di ostruzione di una fossa nasale, talora si hanno dolori 
frontali gravativi, e quasi sempre un aumento nel secreto di una fossa nasale ; si 
arriva cioè al così detto periodo calcoloso. 

I sintomi funzionali più importanti si manifestano nelle fosse nasali. Tra questi 
il più costante e talora il solo è quello della modificazione della secrezione nasale, 
modificazione che si manifesta per lo più da un lato solo, ed ha un grande valore 
per la diagnosi. Questo secreto, dapprima mucoso, si fa più abbondante, più tardi 
diventa muco-purulento o francamente purulento, talora acquoso di giorno e 
purulento nella notte (Creswell Baber) ; spesso tale scolo è striato di sangue, non 
di rado si hanno a riprese epistassi leggiere. Uno dei caratteri principali di questa 
secrezione è quello di essere unilaterale, e di esser fetente tanto da ricordare 
fozena dal quale clinicamente non sarebbe, secondo Noquet (1), Moldenhauer e 
Mackenzie, possibile differenziarla. Convien pure aggiungere che questo scolo è 
molto irritante e che, specialmente nei ragazzi, è causa di lesioni eczematose sul 
labbro superiore. 

Un altro sintomo pure importante, per la frequenza e per il periodo in cui si 
manifesta, è quello della ostruzione di una fossa nasale. L’ostruzione dapprima non 
è completa; e l’ammalato non ne risente che un lieve impedimento alla respirazione; 
però per l’ingrossarsi del rinolite, e per f aggravarsi dello stato infiammatorio della 
mucosa, la stenosi nasale si accentua, ed il paziente è costretto a respirare a bocca 
aperta, nè può espellere le mucosità dalla parte stcnosata. 1 alora 1 ostruzione è 
intermittente, non di rado gli ammalati riescono a espellere dal naso grumi caseosi 
che disostruiscono temporariamente la cavità nasale (t ollin) (\. Corizza caseosa). 

Colle alterazioni della mucosa si spiega la diminuzione dell’odorato frequente, 
e l’anosmia completa; però anche questo sintomo è sempre unilaterale. 

A seconda della sede del corpo estraneo si possono pure avere sintomi di 
vicinanza più o meno accentuati, ma non sempre costanti. Quando esso si trova 
in avanti, e pel suo volume o per la flogosi di vicinanza si produce una ostruzione 
del canale nasale, allora si ha l’epifora (Noquet, Garel) (2). Quando si trova nella 
parte posteriore, allora si ha uno scolo purulento e fetido dalle coanc, unitamente 


(1) Noquet, Soc. fran£. de laryng. et d’otologie, 1890. 

(2) Gaiìel, Ann. cles mal. de Voreille, 1889. 


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Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


ad alterazioni del velo palatino. Così nel caso citato da Hickmann (1), in cui si trattava 
di un anello di acciaio collocato posteriormente, e si era riscontrata una ipertrofìa 
della amigdala, una tumefazione del velo mobile, una fìstola alla base dell’ugola; 
e unitamente a queste alterazioni, disturbi funzionali nella deglutizione e nell’udito! 

1 disturbi uditivi si hanno spesso anche quando il rinolite risiede in avanti nel 
meato inferiore; talora si ha ostruzione tubaria con rumori all’orecchio più o meno 
molesti (Noquet, Ruault) (2), talora diminuzione di udito, talora, infine, sordità 
completa, con otite media (Gruber (3), Deschamps (4), Rohrer) (5); nei casi di 
questi ultimi autori la sordità, attribuita dapprima a sclerosi dell’orecchio medio, 
con labiiintite secondaria, scomparve dopo l’estrazione del corpo estraneo. 

In que.>to periodo vi sono frequentemente dolori, aventi sede in corrispondenza 
dei seni, in genere irregolari, senza esacerbazioni notturne. Altra volta si hanno 
emicranie o nevralgie facciali; le nevralgie non colpiscono però il mascellare in¬ 
feriore, sono continue (Deschamps) o ad accessi intermittenti ed irregolari nella 
loio appai izione e durata, come nel malato di Verneuil (6), che aveva due o tre 
accessi al mese. Ruault infine ricorda un caso di nevralgia cervico-occipitale. 

I disturbi riflessi così comuni nelle malattie del naso sono poco frequenti nella 
ìinolitiasi. Però vennero registrati casi di tosse, di starnuto, di vertigine, di vomito 
da ì inoliti. Ruault cita il caso di un malato avente, ad intermittenze, accessi di 
starnuto con arrossamento dell’occhio sinistro e leggiera esoftalmia. Un paziente 
di Schmiegelow aveva da cinque anni, ogni qual volta subiva una eccitazione 
psichica, una secrezione di sudore alla metà sinistra della testa ; questo fenomeno 
scomparve quattro anni prima della estrazione di un corpo estraneo dal naso; 
questo autore ritiene che la pressione del calcolo avesse prodotto una atrofia degli 
elementi nervosi, e che per tal ragione fosse venuta a mancare la possibilità della 
nevrosi riflessa. Questo principio concorda colle idee di Hach (7), il quale ritiene 
che più un tumore, capace di otturare le fosse nasali, è voluminoso, tanto minori 
sono i fatti riflessi ai quali può dare origine. Gli accessi epilettiformi e coreiformi, 
i disturbi urinari sono molto rari nella malattia di cui trattiamo. 

>S egm fisici. I corpi estranei o i rinoliti sono raramente causa di deformazioni 
nasali. Quando sono molto voluminosi o di antica data possono produrre una 
sporgenza dell ala del naso. L’esame esterno non ha un grande valore; occorre 
praticare la rinoscopia anteriore o posteriore; è utile far precedere questi esami 
da una lavatura o da polverizzazioni alcaline nella narice ammalata; Bryson 
Delavan (8), raccomanda di far prima delle pennellazioni di cocaina 4%, che ha 
la proprietà di rendere la mucosa non solo anestetica, ma meno turgida. 


(1) Hickmann, Brit. med. Journ ., 1867. 

(2) Ruault, Soc. frane, de laryng., 1890. 

(3) Gruber, Monatsschrift f. Ohrenheilkunde , 1882. 

(4) Desciiami>s, Corpo estraneo rimasto 25 anni in una cavità nasale; Dauphiné medicai , 
giugno 1890. 

(5) Rohrer, Wiener Min. Woch ., 1890. 

(6) Verneuil, Gaz. des hóp., 1859. 

(7) IIach, Tesi Monnié. 

(8) Bryson Delavan, Med. JRec., 1886. 



Corpi estranei e calcoli delle fosse nasali 


Gl 


La rinoscopia anteriore permette di veder la mucosa rossa, gonfia, coperta da 
granulazioni, ulcerata qua e là, ed i cornetti talora spostati, talora atrofici nel 
punto compresso (Gzarda); in fine si trova il corpo estraneo di colore grigiastro 
o nerastro tra le pieghe della mucosa che lo mascherano completamente od in 
parte. Una sonda coperta di ovatta permette di togliere il pus od i grumi caseosi 
che lo ricoprono, e che impediscono di distinguerlo nettamente. L’importanza 
dell’esame colla sonda è, in certi casi, enorme, la sonda urtando contro il corpo 
estraneo dà un colpo secco e smorzato; si può inoltre, colla sonda, rendersi ra¬ 
gione della friabilità, motilità e dimensioni del corpo; in alcuni casi, quando questo 
è coperto dalla mucosa tumefatta, l’esame colla sonda può esser l’unico mezzo 
per convincerci della sua esistenza. Se anche questo mezzo diagnostico non riesce 
allo scopo o solo incompletamente, si deve ricorrere alla rinoscopia posteriore, 
colla quale si possono rilevare le eventuali alterazioni della mucosa o resistenza 
di un corpo estraneo situato nella parte posteriore delle fosse nasali o nel meato 
medio, come nel caso di Hickmann. 

Decorso. — L’evoluzione dei rinoliti è regolare; dopo il periodo di inizio, 
corto e caratterizzato da sintomi fugaci, succede un periodo di latenza , che può 
protrarsi fino a dieci anni ed anche oltre ; a quest’epoca compaiono i segni di una 
corizza cronica ulcerosa, unilaterale. Questi disturbi scompaiono coll’espulsione 
spontanea del corpo straniero, fatto questo abbastanza raro, o dopo l’estrazione 
del corpo stesso, le granulazioni e le ulcerazioni guariscono rapidamente; solo in 
casi gravi con ulcerazioni profonde di lunga durata si osserva una necrosi dei 
cornetti e del setto. 

Diagnosi. — Talora si incontrano grandi difficoltà nel riconoscere i corpi 
estranei ricoperti di incrostazioni calcari, fatto che è dimostrato da errori diagnostici 
commessi da eminenti chirurghi. I dati anamnestici servono a poca cosa, perchè i 
ragazzi confessano mal volentieri le imprudenze commesse e gli adulti si scordano 
di raccontare al medico gli accidenti leggieri sofferti quando, durante il vomito, 
sentirono penetrare un corpo estraneo nelle fosse nasali. Conviene accordare un 
grande valore al fatto della unilateralità della corizza cronica, specialmente nei 
fanciulli, nei quali è difficile trovare una corizza unilaterale dovuta a causa diversa 
dalla rinolitiasi. In fine Tesarne minuto, ripetuto varie volte, è quello che può fornire 
dati utilissimi. 

Il fetore della secrezione potrebbe far supporre un ’ozena, ma in questa forma 
l’odore è differente, inoltre esso è bilaterale, e non si accompagna a scolo mucoso 
purulento, sanioso e continuo, come nella rinolitiasi. 

Le ulcerazioni della mucosa potrebbero far pensare alla sifilide od alla tubercolosi ; 
ma l’aspetto, la sede, l’evoluzione sono diversi. 

Quando la mucosa è gonfia, ricoperta di escrescenze papillomatose o di fun¬ 
gosità sanguinanti, si può pensare ad un tumore maligno; così Jacquemart in un 
caso di tumore grigio sporco a cavolo fiore, che dall’esame colla sonda pareva 
costituito da carne essiccata ed in isfacelo, fece diagnosi di osteo-sarcoma ; Test ra¬ 
zione sola gli permise di riconoscere che la diagnosi era falsa. I criteri diagnostici 



Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


differenziali sono: la lentezza nello sviluppo dei calcoli, l’assenza di ingorgo ghian¬ 
dolare e le favorevoli condizioni generali dell’infermo. 

La forma ovoide, l’aspetto gelatinoso, la superficie liscia, la motilità, differenziano 
i polipi mucosi dai corpi stranieri. 

Certe affezioni ossee simulano più facilmente i rinoliti. Non parleremo delle 
esostosi eburnee , che sono dure, dense, fìsse, riposano sul pavimento senza dar luogo 
a disturbi molto gravi. Non diremo degli osteomi , che possono avere la stessa 
motilità, ma che non si lasciano intaccare dalla sonda (Legouest). Sono specialmente 
i sequestri che si prestano ad errori; difatti si accompagnano a scolo sanioso 
fetido, la sonda può intaccarli e dar un suono secco ; l’errore certe volte non si può 
evitare, come nei casi di Verneuil e di Tillaux (1), in cui si fece diagnosi di necrosi 
del cornetto inferiore (Verneuil), del margine posteriore dell’osso vomere (Tillaux). 
Per fare questa diagnosi differenziale conviene basarsi sulle deformazioni del naso 
che esistono frequentemente nei sequestri e sulla poca resistenza che le lamine 
necrosate offrono allo specillo. 

Prognosi. — Deve esser fino ad un certo punto riservata, perchè le lesioni 
della mucosa nasale possono propagarsi alla tromba ed all’orecchio medio : tuttavia 
non si deve dimenticare che queste lesioni scompaiono completamente dopo tolto 
il corpo estraneo. La prognosi non è grave se non quando si producono necrosi 
ossee, causa di deformità permanenti. 

Cura. — Non si può indicare un metodo generale di cura, poiché i metodi 
di estrazione variano colla natura del corpo estraneo, col volume, colla forma e 
posizione. Occorre conoscere questi caratteri, sia sollevando la narice, sia facendo 
l’esame rinoscopico; le pennellazioni di cocaina facilitano l’esame. 

Se il corpo straniero ò molle, senza esser troppo friabile, come un grano, per 
esempio, una pinza ad uncini retta o piegata a gomito potrà facilmente afferrarlo ; 
se si teme che esso si rompa si potrà ricorrere a cucchiai di avorio retti o piegati, 
al cucchiaio di Quire o più semplicemente ad un uncino da strabismo, che si farà 
passare tra la mucosa ed il corpo estraneo, e che si ritirerà dopo di avergli im¬ 
presso un movimento di rotazione di un quarto di giro. 

Questi stessi instrumenti possono servire per l’estrazione di corpi duri, quali 
bottoni, perle, ecc.; queste ultime, se sono perforate, si possono a volte infilare 
coll’estremità di uno spillo piegato ad uncino e montato su di una pinza. Una 
pinza a polipi può servire per l’estrazione di un corpo estraneo voluminoso, o 
quando è necessario far eseguire al corpo un movimento di leva o tirare con forza 
per estrarlo. Infine, in certi casi, le pinze ad articolazione mobile come un forcipe 
(Durham), possono riuscire utilissime. Tutti i tentativi devono farsi dapprima con 
molta delicatezza, onde non ledere la mucosa od i cornetti; si ò autorizzati ad 
usare di una certa forza dopo varii tentativi falliti. 

Come mezzo per estrarre i corpi stranieri vennero vantate le doccie di aria 


(1) TrLLAux, Soc. de Chir., 1876. 



Corpi estranei e calcoli delle fosse nasali 


03 


(Dodi!) (1), o di acqua tiepida leggermente alcalina (doccia di Weber); questi 
metodi riescono in certi casi, sia negli inizi, sia quando il corpo si è già ricoperto 
di incrostazioni calcari (Murisier) (2), (Menthonney). Queste doccio raccomandate 
da Koch (3), avrebbero per iscopo di diminuire la infiammazione della mucosa, 
di mobilizzare il corpo estraneo e di renderne più facile l’estrazione, quando questa 
non riesce colla semplice doccia. Un inconveniente delle doccio, quando l’ostruzione 
nasale è completa, è data dalla possibilità che il liquido passi nella tromba di 
Eustachio e produca disturbi nell’orecchio medio. L’insufflazione, secondo Dodd, 
avrebbe un inconveniente maggiore, non essendo possibile di graduarne la pressione. 
Queste doccie sono difficilmente applicabili nei ragazzi, i quali indocili o paurosi 
non respirano colla voluta calma necessaria per l’uso di tale metodo; possono 
fare movimenti di deglutizione intempestivi, che dilatando maggiormente l’orificio 
tubario permettono al liquido di passare nell’orecchio medio. Per tali ragioni questi 
metodi non sono applicabili nei ragazzi. 

Tutti i metodi precedenti possono servire per quasi tutti i casi di rinoliti; 
solo quando il calcolo è troppo voluminoso, bisogna ricorrere a metodi speciali. 
Si proverà dapprima a rompere il rinolite, sia con robuste pinze a polipi, sia 
con piccoli litotritori. A cagione della poca resistenza dei calcoli si riesce facil¬ 
mente a fratturarli. Se però il corpo estraneo è troppo duro, se è incuneato in 
modo che difficilmente si riesce a spingerlo in avanti od all’indietro, se non è 
possibile farlo rotare in maniera da collocare il diametro maggiore nella stessa 
direzione del diametro massimo delle fosse nasali, si è costretti a ricorrere ad un 
atto operativo cruento ; si può, in tali casi, incidere il naso sulla linea mediana o 
meglio in corrispondenza del solco naso-geniale, onde ottenere una cicatrice poco 
visibile (a). 

Quando i corpi estranei sono situati molto profondamente si deve cercare di 
afferrarli dalla faringe con uncini (Hickmann) ; se ciò non è possibile e se d altra 
parte non è attuabile l’estrazione dal davanti si deve cercare, penetrando dalla 
narice, di spingere il corpo nelle retrofosse, avendo però l’avvertenza di introdurre 
il dito nella faringe onde arrestare il corpo straniero, il quale, senza tale avver¬ 
tenza, se difficilmente cade in laringe, può però facilmente venir deglutito (Hering, 
Heine) (4); tale deglutizione spesso riesce innocua, altre volte invece dà luogo ad 
inconvenienti, tanto vale quindi procurare di impedirla. 

Le lesioni della mucosa sono, perchè secondarie, di poca importanza; tolto il 
corpo estraneo guariscono in breve dopo alcune lavature o polverizzazioni anti¬ 
settiche. 


(1) Dodd, The Lancet , nov. 1888. 

(2) Murisier, Rev. méd. de la Suisse romande , 1881. 

(3) Koch, Ann. des mal de lordile, marzo 1885. 

(a) [Il metodo del Rouge, di incidere nel solco gengivo-labiale rovesciando in alto il naso, 
dà ampio accesso alle cavità nasali senza lasciar cicatrice visibile. Si opera nella posizione di 
Rose-Maas (D. G.)]. 

(4) Hering e Heine, in Czarda, loc. citato. 



64 


Lesioni traumatiche delle fosse nasali 


IV. 

PARASSITI DELLE FOSSE NASALI 

Eziologia. — I parassiti che più di frequente penetrano nel naso sono larve 
di insetti, ordinariamente di mosche; si sono pure, ma di rado, trovate altre specie 
animali, oxiuri (Hartmann) (1), scolopendri (Maréchal, Lessona) (2). 

Coquerel, Des larves de diptères développées dans les sinus frontaux; Arch. génér. de Mèdecine , 
maggio 1858. — Moquin-Tandon, Éléments de zoologie medicale, p. 210. — Odriozola, Gusanera 
de las narices; Gaz. med, Lima , 1858. — Pierre, Tesi di Parigi, luglio 1888. — Rankin, Parasites 
des fosses nasales; New - York med. Ree ., settembre 1888. 

Nei nostri paesi questi casi si osservano di rado ed hanno esito benigno, ordi¬ 
nariamente è la mosca bleu della carne (Caliifora vomitoria ) che depone nell’introito 
delle narici le uova, le quali vengon poi spinte nelle fosse nasali. Pokrasoff (3) 
fa osservare che nel Mohilew anche le larve del Sarcophila Wohlfarti si introducono 
frequentemente nel naso dei ragazzi che dormono all’aperto sulla terra nuda. 

Nei paesi tropicali, nell’India, a Cajenna, nel Perù (Ornellas) questi casi sono 
molto numerosi e spesso gravi. Le uova della Lucilia hominivorax (Coquerel) deposte 
nell’introito delle narici, vengono spinte dai movimenti inspiratori nelle cavità nasali : 
ivi trovano un terreno caldo ed umido favorevolissimo al loro sviluppo. Questa 
mosca predilige gli individui sucidi, con scolo purulento e fetido dalle narici ; cerca 
qualche volta durante il giorno di penetrare nelle fosse nasali (Coquerel), ordi¬ 
nariamente però vi penetra di notte durante il sonno e vi deposita le uova. Il più 
gran numero di casi si verifica nei mesi caldi da giugno a settembre. 

Nessuna razza, nessuna età è immune, i negri a narici molto ampie sono più 
facilmente colpiti. 

Sintomi. — Non cominciano a manifestarsi che quando le larve hanno raggiunto 
un certo sviluppo, e si presentano allora in modo intenso ; fatto che si comprende 
quando si pensi allo sviluppo rapido di tali larve, che aumentano di volume del 
doppio in ventiquattro ore, e che dopo tre giorni pesano 200 volte quanto pesa¬ 
vano prima. 

Negli inizi della malattia vi ha un senso di solletico continuo nelle fosse nasali, 
e che certe volte è così molesto da accompagnarsi a crisi istero-epilettiformi ; 
Legrand du Sanile ne osservò un esempio in una ragazzina di nove anni. Rapida¬ 
mente al solletico succedono dolori sordi, profondi e gravativi, i quali si manifestano 
in corrispondenza dei seni frontali, e ben presto diventano terebranti, lancinanti e 
violentissimi; si hanno nello stesso tempo epistassi ripetute ed abbondanti, e dalle 
narici cola continuamente pus misto a sangue. Spessissimo vi ha edema delle 


(1) Hartmann, Berlin, ldin. Woch ., 1890. 

(2) Lessona, Accad. di Medicina di Torino, giugno 1884. 

(3) Pokrasoff, Storia naturale delle mosche e delle larve che sono causa di malattie nel¬ 
l’uomo. Portchinsky, 1875. 



Parassiti delle fosse nasali 


65 


palpebre, della parte superiore della faccia; la pelle è liscia, tesa e calda come 
in una risipola. In questo periodo non vi è febbre e lo stato generale è buono. Il 
processo può arrestarsi se si interviene in tempo con una cura appropriata, o se 
la larva viene spontaneamente espulsa ; in caso contrario si manifestano in breve 
fenomeni gravi, che per lo più sono causa di morte. Però questi fenomeni gravi 
non si osservano che nei paesi tropicali; da noi la Calli fora vomitoria non dà che 
i sintomi descritti nel primo periodo. 

Nei casi gravi compare la febbre unitamente a sintomi cerebrali atasso-adi- 
namici, e delirio violento. I dolori atroci son paragonati dai pazienti a quelli che 
sarebbero prodotti da un trapano o da colpi di martello. 

La faccia ò gonfia come nel flemmone erisipclatoso, la tumefazione si estende 
alla fronte, le palpebre enormi coprono i globi oculari, le guancie sono pure tumide, 
e come le altre parti di un colore rosso scuro. 

Sulla radice del naso non tarda a comparire un tumore violaceo, con uno o 
più punti ecchimotici che in poco tempo si ulcerano ; da queste ulcerazioni spon¬ 
tanee del frontale, delle ossa nasali, delle parti molli esce pus sanioso e fetido, il 
quale contiene numerose larve ; la fronte è trasformata in una superfìcie gangrenosa 
sulla quale brulicano larve che si trovano pure nel pus sanioso colante dalle narici. 
Questa ulcerazione si allarga con rapidità sorprendente, distrugge tutto il naso, le 
palpebre, gli occhi, e poco per volta guadagna le altre parti della faccia, che 
presenta un aspetto orrido e ributtante. L’ulcerazione si estende non solo in super¬ 
fìcie, ma anche in profondità ; i parassiti perforano la base del cranio ed i pazienti 
muoiono per meningite. 

Durata. — Esito. — L’evoluzione di questa orribile malattia è rapida. La 
morte avviene in un periodo che oscilla da otto a quindici giorni L'esito non è 
sempre fatale; quando ò possibile intervenire presto si può fermare il processo; 
ma siccome le alterazioni ossee si producono prima di quelle cutanee, e sono 
sempre più progredite di queste, quando si interviene, le ossa sono già alterate; 
la guarigione è quindi sempre incompleta, e dopo l’eliminazione dei sequestri restano 
deformità più o meno gravi. 

La cura deve esser energica e pronta ; consiste in iniezioni di liquidi clorurati, 
soluzioni di alume o di mercurio da farsi più volte al giorno, allo scopo di di¬ 
struggere i parassiti. A Cajenna si usa una soluzione di 5 centigr. di sublimato 
su 30 grammi di acqua; in India si raccomandano le iniezioni di tabacco o di 
terebentina; nel Perù si dà a fiutare la polvere del veratrum Sabadilla; in fine si 
usò con successo il cloroformio per inalazioni. 

Ma il più spesso queste iniezioni sono insufficienti, perchè penetrano difficilmente 
nei seni ed asportano quindi solo le larve brulicanti nei meati. Si devono quindi, 
appena il processo si aggrava, trapanare senza indugio i seni frontali e mascellari, 
onde irrigare ampiamente tutte le cavità accessorie del naso. Tale intervento 
precoce potrà ancora prevenire e limitare le distruzioni necrotiche delle ossa, ed 
attenuare quindi le deformazioni ulteriori. 


5. — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 



GG 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


CAPITOLO IL 

Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali. 

Studieremo in questo capitolo gli ascessi del setto, la corizza acuta e le sue 
varietà, la corizza cronica, Yozena, la corizza caseosa. 

I. 

ASCESSI DEL SETTO 

Si dividono in acuti e cronici. 

Gli ascessi acuti comprendono: a) gli ascessi ematici che succedono ad un 
traumatismo locale, per lo più sono dovuti a trasformazione purulenta di un 
ematoma del setto, e b) gli ascessi linfàngitici consecutivi a furuncoli delle narici, 
a corpi estranei nelle fosse nasali, a corizze croniche. 

Gli ascessi cronici si dividono: a) in ascessi ossifluenti, sintomatici di una necrosi 
delle ossa nasali; traumatica, sifilitica o tubercolare, e /;) in ascessi metastatici o 
infettivi, che si manifestano durante la morva ed in tutte le malattie febbrili gravi 
(vaiuolo, morbillo, febbre tifoidea). 

A. - ASCESSI ACUTI 

Gli ascessi ematici sono i più frequenti fra quelli acuti; quando rematoma del 
setto si trasforma in ascesso, gli ammalati accusano dopo un periodo di calma 
di alcuni giorni, un senso di secchezza nelle fosse nasali ; hanno un dolore locale 
spontaneo, che si esacerba ad ogni minina pressione, e si fa vivissimo mentre 
cercano di soffiarsi il naso; spesso si ha febbre. 

I sintomi obiettivi sono noti : si osserva una tumefazione bilaterale, simmetrica, 
situata ai due lati del setto, un aumento locale di temperatura e fluttuazione, 
con comunicazione del liquido situato entro alle due bozze; fatto questo, che si 
può dimostrare facilmente colla esplorazione digitale ; talora il pus rifluisce durante 
la palpazione digitale fino al dorso del naso. 

Si è discusso sulla causa della perforazione del setto, alla quale è dovuta la 
comunicazione del pus da una parte all’altra; noi crediamo che non si tratti di 
un processo ulcerativo, ma bensì di una perforazione primitiva formatasi all’atto 
del traumatismo; le varietà anatomiche che questa perforazione può presentare 
sono in rapporto colle variazioni di sede e di intensità del trauma. 

I sintomi funzionali sono quelli di una ostruzione nasale quasi completa. 

Sarebbe interessante sapere l’origine della trasformazione purulenta dell’ematoma; 
è essa possibile senza che si produca una soluzione di continuo della mucosa, che 
faccia comunicare il focolaio traumatico coll’aria e colle secrezioni nasali? A questa 
domanda noi non possiamo rispondere, è certo che nella grande maggioranza dei 
casi, se non in tutti, l’ematoma si apre spontaneamente in un punto elevato delle 
fosse nasali; l’orifìzio situato in alto non permette al sangue di defluire, e può 



Ascessi del setto 


67 


servire di porta di entrata ai microorganismi, i quali producono la trasformazione 
dell’ematoma in ascesso. 

La diagnosi degli ascessi ematici non ò difficile, quantunque abbiano gli stessi 
caratteri deH’ematomà, potrebbero insorgere difficoltà diagnostiche solo quando non 
si tenesse conto del modo di evoluzione del processo, dopo avvenuto il traumatismo, 
che ne fu la causa. Difatti mentre gli ematomi si producono poche ore dopo il 
trauma, gli ascessi non si manifestano che più tardi, cioè dopo due o tre settimane 
(S. Duplay). 

Gli ascessi linfcingitici sviluppatisi attorno ad un foruncolo od in vicinanza 
di un corpo estraneo sono unilaterali e hanno caratteri speciali, a seconda della 
loro eziologia. 


B. — ASCESSI CRONICI 

Si manifestano con stenosi progressiva delle cavità nasali ; e quando il medico 
esamina la regione nasale, constata con sorpresa la presenza di un tumore fluttuante 
unilaterale o bilaterale senza reazione infiammatoria; la mucosa si presenta di 
aspetto normale, rosea, talora solcata da vasi capillari varicosi. 

Nella diagnosi di questi ascessi freddi si può incorrere in errori. Gloquet ricorda 
la possibilità di confonderli coi polipi: la fluttuazione, la forma arrotondata, la 
mancanza di peduncolo, sono caratteri che uniti a quelli della sede (non vi è 
esempio di polipo inserito sul setto) (a) permettono di riconoscere l’ascesso. 

La diagnosi differenziale col carcinoma del setto è più difficile. In un caso co¬ 
municato a Duplay da H. Rendu esisteva un tumore ai due lati del setto, molle, 
non mobile, di colore rosa chiaro. La pressione col dito dalla narice opposta dava 
un senso di fluttuazione evidente; fatta una incisione non venne fuori liquido di 
sorta; si trattava di tumore encefaloide, che in poco tempo invase tutte le fosse 
nasali, e condusse a morte il paziente (Duplay). 

Queste suppurazioni croniche, essendo per lo più sintomatiche, egli è indispen¬ 
sabile cercare il punto di partenza della necrosi, fino nei seni (1) (esame rino- 
scopico, esplorazione colla sonda) e determinarne la causa (tubercolosi o sifìlide). 

Prognosi. — Gli ascessi ematici o linfangitici non hanno gravità di sorta, 
non così gli ascessi cronici dovuti alla tubercolosi od alla sifìlide. 

Cura. — Gli ascessi acuti si devono aprire e medicare antisetticamente con 
lavature e medicazione compressiva. Contro gli ascessi cronici non basta la semplice 
incisione; bisogna cercare il punto di partenza del processo, seguire il tragitto 
fistoloso con uno specillo, e, scoperto il focolaio, raschiarlo, estrarne i pezzi di osso 
necrosati, ecc. 


(a) [Furono bensì descritti alcuni casi di polipi del setto ( Zuclcerlcandl , Natier , Lange ), ma 
per lo più la loro storia lascia supporre non si trattasse di semplici mixomi, ma di sarcomi. 
Giordano, Contr. alla Clinica di alcuni tumori nasali; La Clinica Chir., 1894, n. 1]. 

(1) In un caso pubblicato da Maisonneuve (Gaz. des lwp., 1841, p. 59) la malattia era partita 
dal seno frontale. In un’ammalata di Quénu (Soc. di Chir., ottobre 1890) il tragitto fistoloso si 
estendeva dal seno sfenoidale fino al dorso del naso, seguendo il setto. 



68 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


p 


IL 

CORIZZA ACUTA 

Descriveremo con tal nome l’infiammazione acuta della pituitaria. 

Cenni storici. — Questa affezione è conosciuta fin dall’antichità, difatti 
essa è descritta nei libri ippocratici. Per lungo tempo si ritenne che il liquido, che 
cola dalle narici provenisse dai ventricoli cerebrali. Schneider pel primo descrisse 
la mucosa nasale, alla quale legò il proprio nome; dimostrò inoltre che questa 
malattia interessava solo le fosse nasali. Dopo tale epoca, la corizza fu oggetto di 
studi numerosi tra i quali ricorderemo quelli di Rayer (1) e di Billard sulla corizza 
dei neonati e dei bambini. Recentemente si è cercato di elucidare la patogenesi 
della corizza e soprattutto di trovare i rapporti con molte forme nervose delle 
quali la più interessante è certamente l’asma estivo o l’asma da fieno. 

Desnos, art. Coryza. Dict. de Jaccoud. — Brochin, art. Coryza. Dict. encyclop. — Morell- 
Mackenzie, Maladie du pharynx et du nez. Trad. frang., 1885. — Moldenhauer, Maladies des 
fosses nasales. Traduit de l’allemand par Potiquet. Parigi 1888. — Eichhorst, Pacli. Jut. Trad. 
fran$. y 1890. — L. Lichtwitz, Névroses d’origine nasale et pharyngée ; Armdles des maladies de 
Voreille et du nez , 1889. — Leflaive, De la rhino-bronchite annuelle. Tesi di Parigi, 1887. — 
Nattier, Nature et traitement de l’asthme des foins. Tesi di Parigi, 1888. 

Eziologia. — Le cause occasionali della corizza acuta sono numerose. Ricor¬ 
deremo dapprima il freddo, il quale è un fattore eziologico evidente ; l’esporsi per 
un certo tempo ad una temperatura bassa, al freddo umido, al raffreddamento di 
una data parte del corpo, in ispecial modo dei piedi, può produrre lo sviluppo di 
una corizza ; per tali ragioni essa si manifesta più di frequente nei periodi intermedii 
tra le varie stagioni, più spesso nell’autunno. Inoltre può pure esser determinata 
dalla azione dei raggi solari, sia che agiscano sulla mucosa pituitaria irritandola, 
sia che irritino primitivamente la retina, la quale può esser il punto di partenza 
del riflesso. 

Altre volte la schneideriana è influenzata direttamente da gas irritanti, vapori, 
ad esempio quelli di bromo, jodio; da polveri sia animali, sia vegetali, dal polline e 
soprattutto dall’odore di certi fiori; in questi ultimi casi è d’uopo tener conto anche 
di certe idiosincrasie particolari. Così pure i corpi estranei delle fosse nasali, i tumori, 
in ispecial modo i polipi mucosi, le ulcerazioni traumatiche o di altra natura, 
l’eczema localizzato possono provocare una rinite più o meno intensa. Questa rinite 
è talvolta dovuta al propagarsi di una flogosi delle parti vicine ; periostite suppurata 
di uno degli incisivi, foruncolo del labbro superiore, catarro del sacco lacrimale 
propagantesi alle fosse nasali. In fine la corizza può manifestarsi in principio o nel 
corso di malattie infettive; morbillo il quale si inizia con catarro oculo-nasale; 
ipertosse, scarlattina, risipola, influenza, sifilide, difterite, morva in cui tanto spesso 
si hanno fatti localizzati alle fosse nasali. La corizza può apparire nel corso dell’asma 


(1) Rayer, Note sur le coryza des enfants à la mamelle; Parigi 1820. 



Corizza acuta 


G9 


o precederne l’attacco. Trousseau pel primo ha rilevato lo stretto rapporto tra 
queste due affezioni, dimostrando che ponno manifestarsi contemporaneamente od 
anche sostituirsi Luna all’altra. 

Poco resta a dire delle cause predisponenti; la corizza si manifesta in tutte le 
epoche della vita, predilige i bambini, e tra questi gli scrofolosi; in un periodo 
più avanzato della vita, specie quando si tratta di forme larvate, essa è frequente 
negli individui nervosi od artritici. 

Descrizione. — I sintomi della corizza acuta differiscono molto, a seconda 
della causa che la produsse e delle sue varietà: come tipo noi descriveremo la 
corizza a frigore , detta anche catarro nasale acuto. 

Si inizia per lo più bruscamente ; si accompagna spesso a rialzo febbrile poco 
intenso, a brividi, malessere generale, spossatezza ; di raro mancano completamente 
i fenomeni generali, e la corizza acuta si manifesta nei suoi primordii coi soli 
sintomi locali. Questi sono rappresentati da un senso di pienezza, di tensione in 
corrispondenza del naso, da calore o da senso di peso alla fronte, da secchezza 
delle fosse nasali con un senso di prurito, di solletico, il quale produce lo sternuto. 
Gli sternuti prima secchi, poi umidi, variano molto per quanto riguarda la fre¬ 
quenza ; talora si hanno veri accessi noiosissimi perchè numerosi, i quali possono 
rappresentare da soli tutta la sintomatologia della corizza. Bobone (1) descrive un 
caso di catarro acuto delle fosse nasali, con spasmi sternutatoli così violenti, da 
metter in pericolo la vita del paziente. Questi sternuti, che appaiono per una causa 
qualsiasi anche leggierissima, diventano meno frequenti quando scompare la sec¬ 
chezza delle fosse nasali, e comincia lo scolo abbondante delle mucosità nasali. 
Dapprima tale secrezione è acquosa, poco densa, irritante al punto da far arrossare 
e ulcerare la cute dell’ingresso delle narici e del labbro superiore, colla quale viene 
a contatto. Più tardi, dopo un periodo variante dalle sedici alle quarant’otto ore, i 
caratteri della secrezione si modificano, e diminuiscono le noie del paziente, il 
quale comincia a potersi soffiare il naso e ad espellere, dapprima con pena poi 
facilmente, un muco filante, che più tardi si fa più denso e verdastro, talora purulento 
con strisce sanguigne. La corizza ha raggiunto allora il suo periodo di maturità. 

È raro che non si abbiano contemporaneamente flogosi di vicinanza. Di queste 
la più frequente si produce nelle vie lacrimali: gli occhi dopo qualche ora sono 
rossi, iniettati; la congiuntiva è iperestetica, talora si ha vera fotofobia. Notevole 
è la lacrimazione continua; le lacrime colando sulle guancie, le irritano, oppure 
penetrano direttamente nel canale lacrimale ed aumentano ancora la quantità 
delle secrezioni nasali, già per se stesse abbondanti. Può accadere che questi sintomi 
lacrimali siano così intensi da far passare in seconda linea la corizza e da far 
credere all’esistenza di una congiuntivite semplice. 

Quando la corizza si propaga verso il seno frontale o mascellare si osservano 
segni di compressione. La flogosi del seno frontale si manifesta con una cefalalgia 
più o meno viva al fronte, pesantezza del capo, ed inattitudine al lavoro. Questi 


(1) Bobone, Un caso di spasmo sternutatorio ; Boll, delle malattie dell'orecchio, anno IV, 
n. 4, p. 76. 



70 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


fatti sono dovuti alla compressione, che i secreti raccoltisi nei seni per l’impedito 
deflusso dovuto alla tumefazione della mucosa, esercitano sui nervi sensibili. Per la 
compressione dolorosa dei nervi superficiali si spiegano le nevralgie a distanza, che 
talora si producono nel territorio del mascellare superiore o della branca oftalmica. 

La faringe nasale partecipa sempre al processo; la faringite consecutiva alla 
corizza acuta non ha caratteri speciali; si presenta con un arrossamento diffuso, 
poca tumefazione, ma dolore abbastanza vivo alla deglutizione ; quest’angina è or¬ 
dinariamente bilaterale. 

In alcuni casi la tromba di Eustachio si ostruisce, dall’una o dall’altra parte, 
o da entrambi i lati nello stesso tempo ; si ha quindi una diminuzione di udito e 
dolori agli orecchi ; di raro si produce una vera otite media purulenta. Citeremo, 
come rarità, un sol caso finora registrato di ascesso delle cellule mastoidee. Nelle 
forme più intense la flogosi catarrale si estende dalle fosse nasali alla laringe ed 
alla trachea, la rinite catarrale acuta si trasforma in tracheo-broncilite. Questa 
rino-laringo-tracheo-bronchite è quasi costante nell’influenza. 

La durata della corizza è variabile: ordinariamente decorre in sei od otto giorni, 
di raro in un tempo maggiore; talora dopo la scomparsa della malattia persiste 
un senso di pienezza con stenosi parziale delle cavità nasali; l’odorato è abolito 
o solo diminuito. Quando la corizza cessa in modo brusco, la sua scomparsa può 
coincidere collo sviluppo di una eruzione erpetica alle labbra. Negli individui pre¬ 
disposti la corizza recidiva facilmente; in questi casi i sintomi si presentano sotto 
forma più mite di quelli finora descritti. 

Varietà. — Numerose sono le varietà della corizza acuta, a seconda dell’età 
dei pazienti e delle cause che possono provocarne lo sviluppo. 

Nei neonati, vi è una sintomatologia caratteristica descritta da Billard e Rayer; 
essa è dovuta alla ristrettezza (1) particolare dei meati durante i primi anni di 
vita. In questo periodo della vita basta una semplice iperemia per rendere difficile, 
anche impossibile la respirazione nasale. Dapprima il bambino respira pel naso 
stentatamente, con un rumore inspiratorio caratteristico, specialmente durante il 
sonno, più tardi la respirazione nasale resta abolita. Può accadere che il sonno 
venga interrotto da accessi di soffocazione, simulanti lo spasmo glottico o un ac¬ 
cesso di laringite stridula. Più pericolosi ancora sono gli inconvenienti che si ve¬ 
rificano per la difficoltà di succhiare il latte materno; il bambino, non potendo 
respirare pel naso, appena si attacca al capezzolo della nutrice è preso da soffo¬ 
cazione, e rifiuta l’allattamento, se questi fenomeni non si modificano spontanea¬ 
mente, se non se ne riconosce tosto la natura in modo da porvi riparo, la corizza 
acuta può esser in certi casi causa di inanizione. Ricorderemo solo di passaggio 
la corizza dei neonati dovuta a manifestazioni locali sifilitiche ereditarie nelle fosse 
nasali: si ha nei primi periodi solo una chiusura del naso; tosto si verifica una 
secrezione liquida, chiara dapprima, più tardi purulenta, con ulcerazioni delle ossa 
e delle cartilagini. Quasi sempre il processo interessa le due cavità nasali (Vedasi 
Sifilide ereditaria, p. 93). 


(1) Koiits e Lorentz, Handb. der Kinderkranlcheiten , 1878. 



Corizza acuta 


71 


In una età più avanzata la corizza può assumere altri speciali caratteri; si 
tratta in questi casi di ragazzi linfatici, con amigdale grosse, con sviluppo eccessivo 
del tessuto adenoide della faringe, che hanno corizze acute recidivanti, caratterizzate 
da reazione generale scarsa e talora da sintomi benigni. Nel morbillo l’iniziarsi 
della febbre si accompagna alla corizza acuta a forma oculo-nasale. Solo pel fatto 
della febbre, della epidemia che infierisce, dello sviluppo rapido della laringite è 
possibile in tali casi prevedere la probabilità della comparsa di una eruzione mor¬ 
billosa ; questa si manifesta sul palato sotto forma di punticini caratteristici prima 
di manifestarsi sulla superficie cutanea. 

Nell’adulto oltre alla forma a frigore, descritta precedentemente, si hanno molte 
varietà dalle semplici crisi sternutatone più o meno frequenti, fino al catarro 
nasale intenso; queste varietà, sì differenti a primo aspetto, hanno per carattere 
comune di esser provocate da una irritazione leggierissima della mucosa nasale ; 
così alcuni odori particolari possono esser cause occasionali della corizza ( rose - 
cold degli inglesi). La corizza da rose può anche prodursi alla semplice vista di 
una rosa artificiale (1). Talora vi sono corizze che si ripetono a periodi, per lo 
più si manifestano nel mese di maggio (febbre da fieno, asma da fieno). 

Questa affezione, notata da G. de Mussy (2), è frequente in Inghilterra ed in 
America; fu studiata diligentemente in Francia da Leflaive e da Hallier. Per lo 
più si inizia con un catarro oculo-nasale insistente, caratterizzato da frequenti 
sternuti ; dopo alcuni giorni, due o tre settimane, compare la bronchite : donde il 
nome a questa bronchite di rino-bronchite annuale. 

La bronchite si accompagna a dispnea, talora a tipo nettamente asmatico; gli 
accessi di oppressione di respiro si manifestano in ispecial modo alla sera, contra¬ 
riamente a quanto accade nel catarro nasale con accessi di sternuti che si pro¬ 
ducono di preferenza durante le passeggiate al sole od all’aria aperta ; sono molto 
penosi, ma non mettono in pericolo la vita dell’ammalato, e non hanno alcuna 
azione sul cuore destro. 

La durata della malattia varia da cinque a sei settimane circa, e cessa com¬ 
pletamente per ricomparire nell’anno seguente, alla stessa epoca. 

Questo ritorno periodico all’epoca della fioritura, spiega perchè alcuni autori 
attribuiscano la malattia ad una irritazione della mucosa nasale prodotta dal pol¬ 
line di certi fiori (Saller Blackley) (3). 

La teoria del polline fu osteggiata in Francia. Leflaive non l’accetta ; per questo 
autore, come per G. de Mussy, l’asma da fieno sarebbe una manifestazione della 
diatesi artritica, intendendo sotto questo nome una speciale predisposizione del- 
l’organismo alla gotta, agli eczemi, alle dermatosi ed in ispecial modo all’asma. 
Oltre a queste due teorie vi è pure la teoria nasale. Essa data dai lavori di 
Hack (Friburgo) (4), il quale ha dimostrato che le alterazioni della mucosa pos¬ 
sono esser sede di riflessi svariatissimi. Data una eccitazione sulla mucosa e in 


(1) Mackenzie (J.-N.), Rose-Cold; Amer. Journ. of. inecL. Se., 1886. 

(2) Guéneau de Mussy, Asthme des foins; Gaz. hébd., 1872 e Gaz. des hóp ., 1868. 

(3) Blackley, Exp. rech.; The Lancet , 1881, p. 371. 

(4) Hack, Ueber die operative Behandlung bestimmter Formen von Migrane. Wiesbaden 1884. 



72 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


particolar modo dei nervi sensibili del trigemino, che ad essa si distribuiscono, si 
avrebbe la crisi dell’asma da fieno, nella quale predomina la nota della corizza 
(Ruault) (1). Aggiungiamo ancora che la dimostrazione di un tessuto erettile nelle 
fosse nasali (Isch-Wall) (2), e le osservazioni recenti di guarigione dell’asma da 
fieno in seguito a cauterizzazioni della mucosa (Roe) (3), confermano tale teoria. 

In tutte le varietà finora accennate l’infiammazione ha sempre in principio i 
caratteri catarrali; ve ne sono altre nelle quali si osserva fin dai primi periodi 
un carattere purulento. 

Alcuni autori credono che il pus blenorroico possa provocare una infiammazione 
analoga sulla pituitaria; tale è l’opinione di Boerhave e di Edwards. Nei ragazzi 
Créde non ha mai trovato rinite da propagazione dei processi blenorragici della 
congiuntiva, e nell’adulto Zeiss nega in modo assoluto la blenorragia delle fosse 
nasali. Sigmund (4) fece inutilmente un tentativo di inoculazione diretta. Insomma, 
nulla dimostra finora resistenza di una corizza blenorragia. 

La propagazione della difterite alle fosse nasali dà luogo alla nota corizza 
difterica. Di rado questa localizzazione è primitiva, salvo forse nei casi di difterite 
consecutiva ad una febbre eruttiva. Per lo più esiste già l’angina difterica grave 
o benigna, quando comincia a comparire un arrossamento in corrispondenza delle 
narici, e uno scolo di liquido limpido e chiaro. Dopo poche ore il secreto muta 
di aspetto, diviene sanioso, icoroso con un odore fetido particolare, che non è 
quello della gangrena, nè quello dell’ozena ; talora è mescolato a sangue. Questa 
secrezione, che dapprima si fa da una sola narice, produce escoriazioni sul labbro 
superiore; spesso negli sforzi, che il paziente fa per soffiarsi il naso, vengono 
emesse pseudomembrane; in questo periodo l’esame delle fosse nasali permette 
di constatare V esistenza di una rinite fibrinosa, le pseudo-membrane possono 
trovarsi nell’introito delle narici e quindi esser facilmente accessibili alla vista; 
altre volte sono più profonde e solo con molta difficoltà si possono scorgere sul 
fondo delle fosse nasali o sui cornetti. In alcuni casi in cui esisteva secrezione 
coi caratteri descritti, senza che però vi fossero pseudo-membrane, si potè stabilire 
la natura difterica della malattia, isolando dal liquido secreto il bacillo di Loffier. 
Questa corizza è una delle manifestazioni più gravi della difterite, coincide per lo 
più con altre localizzazioni difteriche sulla pelle o sulle mucose ; la sua comparsa 
è dunque di cattivo augurio. 

Nella morva il paziente accusa nei primordii un senso di occlusione nasale, 
respira male a bocca chiusa, i dolori non sono però molto vivi, nei primi giorni, 
per lo meno; la secrezione è sanguigna con croste brunastre. Presto dalle narici 
cola un liquido purulento, di colore grigiastro, un po’ fetente ed in quantità 
piuttosto abbondante; una secrezione analoga si osserva nel cavallo affetto da 
morva. Esaminando le narici si trovano pustoline, della dimensione da un grano 
di miglio a quella della testa di uno spillo, possono rompersi, lasciando piccole 

(1) Ruault, Asma da fieno. Parigi, Chamerot, 1887. 

(2) Isch-Wall, Tessuto erettile delle fosse nasali; Progres méd ., 18 sett. 1887. 

(3) Roe, Rapporti tra l’asma da fieno e le malattie delle fosse nasali; Medicai Becord , 
25 agosto 1888. 

(4) Sigmund, Wiener med. Woch ., 1852. 



Corizza acuta 


73 


ulceri superficiali; esaminando colla sonda si trovano talora le ossa denudate. 
Contemporaneamente compaiono gli ascessi sottocutanei e muscolari, e leiuzione 
pustolosa discreta della morva; la febbre si fa intensa ed il paziente soccombe 

con fenomeni di adinamia. 

Unitamente a questa forma di corizza ricorderemo il catarro acuto da vaiuolo, 
che è dovuto a sviluppo di pustole nelle fosse nasali. 



Anatomia patologica e patogenesi. — L’esame rinoscopico poi mette 
di rilevare le lesioni che si accompagnano alla corizza acuta. Si può constatare 
che la mucosa è inspessita, gonfia, villosa ; ha un colorito rosso diff uso, sul quale 
appaiono nettamente i vasi iniettati; si possono inoltre scorgere macchie brune 

ecchimotiche unitamente ad ero¬ 
sioni superficiali. Le lesioni istolo¬ 
giche rilevate da Mackenzie (1) sono 
quelle dell’ordinaria infiammazione. 

Il muco contiene mucina e sali 
minerali, esso contiene in abbondanza 
del cloruro di sodio; Ranvier (2) 
esaminò istologicamente i secreti: 
vi trovò cellule a ciglia vibratili, 
cellule epiteliali e globuli bianchi. 

Che è la corizza acuta? quale è 
la sua natura? Tale questione è 

, . . Fi» 306. — Alterazioni prodotte dalla morva 

tuttora oscura ; astraendo dai casi ne i setto dell’uomo (Labouibène). 

in cui l’infiammazione della mucosa 

è dovuta ad una infezione ben determinata (difterite, morva) conviene fare varie 


distinzioni a seconda la causa della corizza. 

1° Certe volte essa è evidentemente dovuta ad una causa nervosa. Così quando 
un raggio di sole, il profumo di un fiore, la vista solo di un fiore produce uno 
scolo di liquido dal naso ed accessi di sternuto, la corizza non è evidentemente 
che un fenomeno riflesso da irritazione della mucosa. Il punto di partenza di tale 
riflesso risiederebbe secondo J.-N. Mackenzie sulla parte posteriore del cornetto 
inferiore, secondo Héring sulla parte più profonda del setto. Ruault pensa che 
esso può trovarsi su qualunque punto della mucosa, sia essa innervata dalla branca 
nasale dell’oftalmico o dai filamenti nasali dello sfeno-palatino. In altri casi infine 
l’irritazione della mucosa pituitaria è un fenomeno secondario; tali sono i casi 
di corizza da rose provocata dalla vista di una rosa artificiale; tale è pure una 
forma di corizza descritta da Bouchard, che si presenta solo dopo il pasto. In 
queste forme la congestione e l’ipersecrezione vanno ritenute quali conseguenze 
di un disturbo del centro vasomotorio e trofico. Questa corizza quindi, alla quale 
venne dato il nome di rinite vasomotoria, rinite simpatica (Mackenzie), è una 
nevrosi, d’origine centrale, con fenomeni nasali molto pronunciati. 


(1) Mackenzie, Contributo alla istologia patologica della rinite acuta e cronica; New-York 
med. Journ ., 1885. 

(2) Ranvier, Società di Biologia. Parigi 1874. 


74 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


2° Di fronte a questa corizza nervosa, riflessa, che si svolge senza febbre, senza 

alcun malessere generale, che compare e scompare bruscamente, sta la corizza a 

frigore. L’inizio con sintomi generali più o meno intensi, il propagarsi frequente 

del processo alla faringe ed alla laringe, il fatto che essa ordinariamente colpisce 

contemporaneamente molti individui, dànno a questa forma l’apparenza di una 

malattia infettiva. Tale ipotesi difatti non manca di sostenitori (Fraenkel, Baginski). 

Questi autori ritengono che la corizza sia contagiosa; cosa però tutt'altro che 

dimostrata. Non si può nemmeno appoggiarsi per sostenere tale opinione sul 

tatto della epidemicità della corizza, poiché questa epidemicità si spiega benissimo 

pensando che gli individui colpiti furono esposti a condizioni climateriche analoghe.’ 

Ricorderemo in fine, che tutti i tentativi fatti per produrre artificialmente una 

corizza, coll inoculazione di muco proveniente da un individuo colpito da catarro 
nasale acuto, sono falliti (Friedreich) (1). 

In questi casi di corizza, avente l’apparenza di una malattia infettiva leggiera, 
vennero istituite numerose e diligenti ricerche istologiche. Citeremo appena i vecchi 
lavori di Ephraim Cutter e di Salisbury (2) che descrissero un parassita nella corizza, 
e quefii pm recenti di Tliost, Cardone e di Hajek. Nel muco di individui sani 
host (3) trovo il pneumococco di Friedlànder facilmente riconoscibile dai suoi 
caratteri istologici e colle colture ed inoculazioni. Reimann (4) fece pure ricerche 
senza trovare altro, salvo bacilli o cocchi di carattere poco distinto. Cardone (5) 
ritrovo nell’ozena lo stafìlococcus aureus, lo streptococcus pyogenes, il diplococco di 
FraenkeL Talamon, ed il pneumococco di Friedlànder. Non deve sorprenderci questa 
molteplicità di microbii, poiché è noto che essi sono commensali ordinari della 
bocca e della faringe (Hettes); la loro presenza nelle fosse nasali è quindi naturale. 
Quale valore hanno dunque questi agenti infettivi nella corizza? Forsechè date 
circostanze speciali aumenta in alcuno di essi la virulenza, al punto da farlo di¬ 
venire 1 agente, il produttore dell’ infiammazione catarrale ? Su questo punto sono 
indispensabili nuove ricerche. Cardone, che crede alla identicità eziologica della 
pneumonite e della corizza, non è riuscito a dimostrare l’azione specifica del 
pneumococco nella rinite catarrale acuta. Infine Hajek (6) osservò nel decorso 
della corizza acuta, oltre al diplococco ed ai bacilli, quattro o cinque specie di batterii 
atmosferici, senza poter precisare se alcuno di questi fosse realmente patogeno. 


Diagnosi. — È semplice, essendo sempre facile riconoscere una corizza; però 

e importante risalire alla causa e determinare la natura della malattia. Quando 

e unita a febbre essa è per lo più legata sia all’influenza, sia al morbillo; altre 

volte può esser determinata da lesioni locali difteriche o da morva. Infine certe 

forme nervose non sono altro che forme larvate di asma, come lo ha dimostrato 
Trousseau. 


(1) Friedreich, Virchow's Handb. d. Pat. und Therap., 1865, Bd. Y, p. 398. 

(2) Salisbury, Haller's Zeitschrift. Jena 1873. 

(3) Thost, Schmid ?s Jahrbuch, 1888. 

(4) Reimann, Journal of Laryngology, gennaio 1888. 

(o) Cardone, Archimi ital. di Laringologia , giugno 1888 e Ann. des malad. laryng 1889. 
(6) Hajek, Beri. Min. Woch ., 1888, n. 33. 



Corizza cronica 


75 


Cura. — La corizza acuta guarisce da sè, però è difficile abbreviarne la 
durata, come ce lo prova la moltiplicità dei mezzi proposti a tale scopo. Nei 
primi periodi sono indicati i derivativi, bagni caldi ai piedi, bevande sudorifere, 
bagni a vapore ; questi mezzi di rado fanno abortire una corizza, anche quando 
vengano applicati a tempo opportuno. Si usa pure in America il seguente mi¬ 
scuglio: acido fenico puro ed ammoniaca ana gr. 5; alcool gr. 15; acqua gr. 10: 
versarne poche goccie in un fazzoletto o su della carta bibula e fiutarne i vapori 
ogni mezz’ora. Così pure la polvere di Moure: cloridrato di cocaina e morfina 
25 centigrammi; canfora centigrammi 50; sottonitrato di bismuto gr. 15 (fiutarne 
qualche poco ogni ora), è molto raccomandata per combattere il primo periodo 
di iperemia della mucosa. Più tardi quando esiste la corizza, si può cercale di 
calmare i dolori o per lo meno di far diminuire la secrezione. A i si riesce spesso 
facendo prendere all’ammalato per un giorno e mezzo */* di milligramma di atropina 
ogni ora. Utili sono i sudoriferi, in particolar modo la polvere del Dower. La 
morfina ha una azione locale evidente, specialmente se è associata alla cocaina. 
Le pennellazioni con soluzioni 5 °/ 0 di nitrato di argento sono utili nelle forme 
subacute con secrezione muco-purulenta abbondante; preferibili sono le pennellazioni 
con cloridrato di cocaina %. Questa sostanza oltre ad esser anestetica produce 
pure rapidamente una diminuzione nella congestione della mucosa. Nelle torme 
nervose di corizza a ripetizione le cauterizzazioni nasali dei cornetti possono pro¬ 
durre la scomparsa dei disturbi. In fine occorre nel catarro nasale a frigore usare 
l’antisepsi della bocca e della faringe, onde prevenire la propagazione del processo 

alle vie aeree superiori. 

III. 


CORIZZA CRONICA 


Sinonimia. — Rinite cronica ipertrofica. — Catarro nasale cronico. — Iper¬ 


trofia della pituitaria. 

Due fatti sono caratteristici di questa malattia : l’uno anatomico dovuto alla 
tumefazione infiammatoria della mucosa con ipertrofìa dei tessuti; l’altro funzionale 


rappresentato da un aumento della secrezione. 

La scrofola, tra le alterazioni generali, ha in questa malattia una influenza 

indiscutibile; per tale ragione la rinite cronica è frequente nei ragazzi. 

Le cause locali sono numerose; l’atmosfera polverulenta respirata dai falegnami, 
dagli scalpellini, dagli operai addetti alle manifatture di tabacchi, ecc. favorisce lo 
sviluppo del processo. Le deviazioni del setto predispongono e spesso bastano da 
sole a produrre un inspessimento della mucosa pituitaria. Le vegetazioni adenoidi 
sono quasi sempre unite a catarro cronico delle fosse nasali, sia che esse agiscano 
indirettamente producendo una stasi della circolazione della mucosa nasale da 
compressione sulle vene nasali, come crede Trautmann, sia che la diminuzione o 
la soppressione della funzione respiratoria nasale produca un rammollimento della 
mucosa ed un aumento della secrezione nasale (Bresgen). 


.Anatomia patologica. — Nel primo periodo della malattia (peiiodo con¬ 
gestivo) vi è solo iperemia del tessuto, senza iperplasia, caratterizzata da tumefazione, 



76 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


rossore e rammollimento. In questo periodo le lesioni sono diffuse, quantunque 

risiedano in ispecial modo sui cornetti inferiori e sulla parte della mucosa situata 
al disotto ed al didietro dei cornetti. 

Alla stasi sanguigna cronica della pituitaria succede una ipertrofìa del tes¬ 
suto (periodo iperplasico), 
“ la mucosa diventa irrego¬ 
lare, granulosa, resistente 
alla pressione della sonda. 
Queste alterazioni sono più 
evidenti sui cornetti inferiori. 
Nei casi inveterati l’inspes- 
simento maggiore risiede su 
quella parte della mucosa del 
cornetto che sta di fronte al 
setto. La mucosa ha in questo 
punto l’aspetto di un tumore 
grigio rossastro, bernoccoluto 
con solcature parallele, che 
occupa una estensione più o 
meno grande del meato in¬ 
feriore „ (1) (fig. 307 e 319). 

Questa ipertrofia può estendersi alla estremità posteriore del cornetto inferiore 
e restringere l’apertura della coane; può pure colpire il cornetto medio, il setto, 
e propagarsi alle mucose vicine (faringe nasale, tuba Eustachiana, orecchio medio, 
faringe, laringe e ramificazioni bronchiali). L’esame istologico ci dimostra uno 
sviluppo eccessivo del sistema ghiandolare, e dell’epitelio vibratile, che ricopre il 
derma della mucosa il quale partecipa pure al processo iperplastico (Rendu). 

L ipertrofia parziale della pituitaria si produce lentamente, prima di assumere 

una certa importanza è necessario che sia trascorso un periodo di qualche anno : 

per tale ragione la forma iperplastica, come ben osserva Moldenhauer, non si 
riscontra nei bambini. 

I disturbi nutritivi rappresentati da ulcerazioni, esfogliazione della cartilagine 

e delle ossa (rammollimento velvetico) sono conseguenza di questa congestione e 
iperplasia cronica. 

Si possono anche produrre vere neoformazioni polipose (fig. 319, p. 101). 

Sintomi. — Gli ammalati accusano un senso di ostruzione delle fosse nasali ; 
ma se il processo è ancora nel periodo congestizio, le fosse nasali non sono per¬ 
manentemente chiuse; si hanno anche variazioni individuali curiose, prodotte da 
influenze nervose, meccaniche, termiche, ecc. che si spiegano colle proprietà con¬ 
gestizie della mucosa alterata. 

II senso di occlusione del naso, il timbro nasale della voce, i disturbi respiratorii, 
la diminuzione più o meno notevole dell’odorato e dell’udito, sono dovuti alla 
ostruzione delle vie respiratorie. 



Fig. 307. — Ipertrofia della mucosa del cornetto inferiore 

(Moldenhauer). 


(1) Moldenhauer, loc. cit., p. 87. 



Corizza cronica 


77 


Gli ammalati accusano uno scolo abbondante dalle fosse nasali: la secrezione 
non ha caratteri costanti; di raro è acquosa; più spesso mucosa o muco-purulenta 
(inodora) o purulenta (con odore fetido), tale carattere si rincontra in special modo 
nei bambini (1). 

Colla rinoscopia anteriore o posteriore è facile constatare escrescenze rossastre 
muoventesi a guisa di valvola sui cornetti inferiori, durante i movimenti respira- 
torii; questi inspessimenti parziali sono a volte ricoperti da croste, che staccate 
producono una emorragia. 

Diagnosi. — Non si deve confondere l’ipertrofìa coi polipi. Si distingue per 
la sede, poiché si localizza per lo più al cornetto inferiore; per una colorazione 
rossa, per la mancanza di peduncolo circoscritto; con una sonda spinta tra il 
pavimento delle fosse nasali e la neoformazione che si solleva, si può riconoscere 
che questa riposa su di una base ampia, cioè sulla superfìcie convessa del cornetto 

inferiore. 

La flogosi cronica della pituitaria è talora secondaria alla presenza di un corpo 
estraneo, di un neoplasma o di qualche fatto ulcerativo; conviene in tali casi 
saper trovare la causa dello stato iperplastico della mucosa. 

La diagnosi della propagazione della corizza cronica alla faringe nasale è facile 
per l ’abbondanza della secrezione e per la sua natura. Dietro al velo mobile si 
vedono masse di muco di colore grigiastro, vischiose, formanti uno strato sottile, 
oppure masse purulente talora essiccate e trasformate in croste. 

Tornwaldt (2) che attribuisce la faringite cronica a lesioni della così detta borsa 
faringea, considera come caratteristica della ipersecrezione di questa ghiandola il 
depositarsi del muco sulla parete posteriore della faringe, mentre la parte anteriore 
del velo resta pulita senza secrezione di sorta (3). 

Ordinariamente assieme al catarro nasale cronico si hanno disturbi uditivi 
(mancanza di ventilazione deH’orecchio medio). 

Cura. — Conviene anzitutto liberare le fosse nasali dalle secrezioni, con irri¬ 
gazioni tepide ripetute parecchie volte al giorno ; si usano soluzioni tepide (20-30 gradi 
centigradi) di bicarbonato di soda, sale comune od acido borico. 

(1) Vennero pure osservati nella rinite ipertrofica altri sintomi funzionali quali: cefalee , inetti¬ 
tudine al lavoro , diminuzione della memoria , sonno disturbato da incubi (Ottokar, Chiari). 

(2) Tornwaldt, Sull’importanza della borsa faringea. 

(3) Tornwaldt ammette due alterazioni differenti: la suppurazione della borsa e la dilatazione 
cistica di questo diverticolo. Questo autore insiste su una serie di stati morbosi locali o generali 
(riflessi), quali gonfiezza della mucosa nasale, faringite granulosa, gastrite catarrale cronica, 
catarro laringeo e bronchiale, asma, senso di peso allo sterno in corrispondenza della 2 a e 3* costola, 
dolori al fronte, all’occipite, alla nuca, che egli ritiene dovuti alla flogosi della borsa faringea. 
Il solo modo di guarire questi disturbi riflessi è quello di cauterizzare con nitrato di argento 
o col galvano-cauterio, la parte infiammata o cistica della borsa. Queste idee però non sono 
aucora accettate da tutti, vennero recentemente combattute in un lavoro di Poelchen (Anatomia 
della 'cavità naso-faringea; Virchoids Arcliiv , CIXX, p. 118 e Arch. de laryng. et de rhinol ., 
ottobre 1890), il quale ritiene che la borsa faringea non è un organo a parte, ma una semplice 
fossetta, che egli chiama fossetta navicolare, una specie di focamen ccecum più o meno profondo 
che si continua talora nello spessore della apofisi basilare, 



78 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


I caustici servono a modificare lo stato della mucosa. Bregsen raccomanda il 
nitrato di argento in polvere unito ad amido: si comincia con dosi piccole (0,05 : Ì0) 
per salire fino alla dose più forte (1:10). 


Il cloruro di zinco e l’acido cromico hanno una azione più energica. 

Di tutti i caustici però il più attivo è il cauterio galvanico (1); si devono scavare 

con questo varii solchi, avendo cura di oltrepassare in avanti ed all’indietro i limiti 

del cornetto, “ poiché senza queste precauzioni sono facili le recidive „ (Moldenhauer 
loc. cit., p. 91). 


Le ipertrofie parziali, che rappresentano veri tumori, si devono asportare col¬ 
l’ansa galvanica, cominciando a pezzetti dalla estremità anteriore. 

L estremità posteriore ipertrofica del cornetto inferiore non sempre è accessibile ; 
per distruggerla sono necessarie molte cauterizzazioni. 


Se durante queste manovre si produce emorragia si deve praticare il tampo¬ 
namento delle fosse con garza o con ovatta antisettica. 


La stessa cura è applicabile al catarro faringo-nasale. Moldenhauer consiglia 

di pennellare le retrofosse col tartrato acido di allumina, con glicerina jodata 

(jodio metallico, joduro di potassio centigr. 50 a 1 gr.: glicerina 25 gr., sciolto 
per uso esterno). 


Non si deve mai trascurare la cura generale. Una cura termale può produrre 
buoni risultati ; gli ammalati provano giovamento quando stanno in un ambiente 
umido. Per tale ragione sono indicate l’aria marina o quella dei luoghi vicini a 
saline; “ colla cura dell’acqua irritante di Salies-de-Béarn si vedono talora dimi¬ 
nuire e risolversi le ipertrofìe della mucosa. 



un periodo più avanzato della 


corizza, le irrigazioni indicate dànno risultati 


meno appariscenti, quantunque reali ; possono però essere utilissime, come mezzo 
terapeutico da applicare contemporaneamente alla cura caustica; esse facilitano 
l’eliminazione delle escare, accelerano la cicatrizzazione della ferita e fanno scom¬ 
parire i fenomeni infiammatorii. Per le loro proprietà sedative fanno scomparire i 
fatti riflessi che spesso accompagnano il processo ipertrofico „ (2). 


IV. 

OZENA 

Sinonimia. — Rinite cronica fetida, rinite atrofica, ozena semplice. 

Storia. — Gli antichi non ignoravano l’esistenza dell’ozena e l’avevano attri¬ 
buito ad umori acri e putrefatti e ad alterazioni ossee. 

Durante tutto il secolo scorso ed anche al principio del presente, il nome ozena 
aveva il significato di corizza ulcerosa; l’alito fetido (l’ozena) era considerato quale 

(1) Le cauterizzazioni galvaniche hanno per conseguenza alcuni disturbi generali (febbre, 

cefalea) e locali (tumefazione della mucosa, escare, che si eliminano con masse di muco). Onde 

evitare complicazioni (risipola, decomposizione dei secreti), è indispensabile fare alcune irrigazioni 

delle fosse nasali con soluzioni boriche. Il malato deve stare in cura per due o tre giorni dopo 
l’operazione. 

(2) Lacoarret (da Salies-de-Béarn), Cura del catarro cronico delle fosse nasali. Tesi di 
Bordeaux, 1888. 



Ozena 


79 


fatto morboso sintomatico; si distingueva quindi l’ozena venereo, sifilitico, scrofo¬ 
loso, nervoso, carcinomatoso, sarcomatoso. 

Ma con un esame più attento si potè riconoscere che l ’ozena e la corizza ulcerosa 
non sono la stessa cosa, e che può aversi l’uno senza l’altro ; si cercarono quindi 
nuove teorie, e “ l’ulcera fu il capro espiatorio immolato sull’altare della scienza „ (1). 
Trousseau paragona il fetore delle secrezioni nasali negli ozenatosi, alla fetidità del 
sudore dei piedi, delle ascelle e delle secrezioni vaginali. 

Gli studi rinoscopici dopo alcuni anni servirono a dilucidare la questione ; venne 
quindi distinto l’ozena vero, essenziale, dalla fetidità nasale sintomatica di lesioni 
ossee e della mucosa (2). 

Oggidì si discute ancora sulla natura dell’ozena; noi crediamo che grazie 
all’attuale febbre di studi atomici isto-chimici e bactcriologici, caratteristica del¬ 
l’epoca nostra non si tarderà a scoprire la verità. 


Patogenesi. — Diremo brevemente di tutte le teorie emesse al riguardo: 
Michel (Malattie del naso, Berlino 1876) afferma che l’ozena è una malattia delle 
ca vità , in special modo delle cellule etmoidali ; Rouge, accetta tale teoria, crede 
però che anche le cavità annesse alle fosse nasali, cavità frontali, sfenoidali, 
mascellari, partecipino al processo. 

Fraenkel, Ziemssen, Bresgen, Moure, Struempfell, ritengono che l’ozena sia un 
catarro cronico, atrofico (per Moure). 

Una teoria che risponde meglio alla realtà dei fatti è quella di Zaufal (Praga) 
che attribuisce l’ozena ad una disposizione particolare primitiva e congenita delle 
fosse nasali. 

Essendo atrofici i cornetti se ne ha di conseguenza una ampiezza maggiore 
del normale delle cavità nasali, per ciò si ha un rallentamento nella corrente di 
aria, e un essiccamento rapido dei secreti, i quali si trasformano in croste. 

Questa atrofìa della mucosa e delle ossa è un carattere costante dell’ozena 
essenziale, sul quale carattere gli autori sono d’accordo. 

Come si interpreta l’odore penetrante, nauseabondo e caratteristico dell’ozena? 
Diremo brevemente delle tre teorie emesse finora in proposito. 

Secondo la teoria anatomica di Gottstein (Brest, àrztl. Zeitsch., 1879, n. 17 e 18) 
l’ozena non sarebbe che una rinite cronica spinta fino all'atrofìa della mucosa; 
essendo diminuiti i follicoli ghiandolari la secrezione diminuisce, si altera e soggior¬ 
nando nelle fosse nasali si decompone. Gottstein fece l’autopsia di un ozenatoso 
e trovò la mucosa sclerosata con atrofìa degli elementi ghiandolari. Krause trovò 
pure atrofia uniforme della mucosa. 


(1) S. Marano (Napoli), Ricerche storielle e bacteriologiche sulla natura deH’ozena; Ardi, de 
luryng. et de rhinol. di Ruault e Lue, t. Ili, n. 2, p. 59, 1890. — Questo lavoro molto inte¬ 
ressante, ci fornì gran parte del materiale per questo capitolo. Rimandiamo il lettore a questo 
lavoro nel quale troverà una accurata bibliografia che può considerarsi tra le più complete. 

(2) Un distinto collega, il dott. Ruault, sostiene che l’ozena e la rinite atrofica sono due 
forme distinte, egli definisce l’ozena: « Una malattia, nella quale vi ha un odore speciale 
delle secrezioni nasali, odore che si trova spesso nella rinite atrofica, ma che si ha pure in casi 
nei quali manca l’atrofia » (V. Deumier, Sulla rinite atrofica e ozena. Tesi di Parigi, 1889). 



80 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


La teoria anatomica venne sostituita dalla teoria istochimica. 

Krause ed Habernam ( Berlin . Min . Woch., n. 48, 1880), avendo trovato una 
grande quantità di granuli grassi negli epitelii ghiandolari e nelle secrezioni della 
mucosa, pensarono che dalla decomposizione di questi granuli si producesse l’esa¬ 
lazione fetida. 

Volkmann osservò a sua volta che nell’ozena l’epitelio normale si trasforma in 
pavimentoso. Inoltre Volkmann, guidato dagli studi di Zeller, sulle trasformazioni 
dell’epitelio cilindrico della mucosa uterina in epitelio piatto con contemporaneo 
sviluppo di odore fetido nel secreto vaginale, credette che anche la fetidità dell’ozena 
fosse dovuta a questo cambiamento morfologico ; ipotesi giustificata dal fatto che 
nei punti del corpo, nei quali si sviluppano emanazioni putride, come ai piedi ed 
alle ascelle, l’epitelio si trasforma in pavimentoso. Schuchard (Stettino) (XVIII 
Gong. Ghir. Berlino. 24, 27 aprile 1889) concluse con Habernam e Volkmann che 
l’odore dell’ozena ò dovuto ad una trasformazione dell’epitelio piatto (Marano, 
loc. cit.). 


Le ricerche bacleriologiche chiarirono l’eziologia dell’ozena, e 


la teoria microbica 


sostituì le teorie esposte. 


Da tempo Baginski, Fraenkel e Massei cercavano relemento specifico che produce 


il fetore caratteristico e le alterazioni 


anatomiche sulla mucosa. 

Nel 1883 Loewenberg scoperse nel 
muco di ozenatosi un micrococco suscet¬ 
tibile di coltura, e nell’anno dopo al Con¬ 
gresso di otologia di Basilea fece osser¬ 
vare, che questo micrococco si presenta 
spesso a forma di diplococco, talora 
sferoidale, talora ellittico, spesso in ca¬ 
tena, di raro in ammassi. Il micrococco ha 
talora delle piccole striscio trasversali di 
colore biancastro. Le colture riproducono 
l’odore caratteristico. 

Nel 1885 Klamann trovò nelle croste 
e nelle secrezioni essiccate degli ammassi 
di microcoeclii capsulati, che isolati si ri¬ 
producevano in colture tipiche che Klamann però non descrisse. 

Hayek nel 1887 tra varie forme di microbii, di cocchi e di bacterii (stafilo¬ 
cocchi, streptococchi, micrococchi, capsule, ecc.) osservò un bacillo analogo al bacillo 
fluorescente dell’acqua e che secondo lui colora in verde la secrezione nasale, e 
un altro bacillo corto a diplococco o a catena, che era capace di decomporre le 
materie organiche, dando un odore fetido e penetrante. 

Baratoux, trovò sempre il micrococco di Loewenberg, e Gornil afferma che le 
colture hanno l'odore caratteristico dell’ozena. 

Nel 1888 Hayek, ristudiando l’argomento, confermò V esistenza del piccolo 
bacillo, e fece degli innesti su conigli, topi e cavie con risultati negativi: egli 
quindi non lo ritenne causa della atrofia della mucosa, ma solo del fetore del secreto. 



Fig. 308.7— Muco ozenatoso. 



Ozena 


81 


In fine Friedlànder nel 1889 in una rivista del lavoro di Hayek fece osservare 
che il bacillo dell’ozena descritto da quest’autore si trova pure in altre decom¬ 
posizioni organiche, specie nella putrefazione della carne (Marano, loc. cit.). 

Marano intraprese una serie di ricerche microbiotiche che egli espone nel suo 
lavoro, e dalle quali trae le seguenti conclusioni : “ Nell’ozena vi è una forma 
costante di microorganismo (rino-bacillo), che non si trova in altre forme di flogosi 



Fig. 309. — Muco ozenatoso. 



Fig. 310. — Bacillo dell’ozena (rino-bacillo) 
tolto da coltura pura in gelatina. 


del naso, nò che io sappia in altre malattie. Il microbio ò capsulato (fìg. 310), ma 
diverso da altri microorganismi capsulati. che furono studiati da Dittrich, Paltauf, 
Friedlànder, Babès, Mibelli, Melle, Pellizzari e Zagari. 

“ Questo microbio abbondante nelle persone che non furono sottoposte a cura 
di sorta, scompare quando si fanno lavature antisettiche; questo fatto ha una 
grande importanza, quantunque non abbia il valore, che potrebbe avere una ino¬ 
culazione diretta riuscita. 

“ Anche dal punto di vista bacteriologico l’ozena differisce dalla rinite atrofica 
e dalla rinite fetida. 

“ In fine questo bacillo è identico al micrococco di Lnewenberg: e questo autore 
non lo descrisse, come è, capsulato solo a cagione della tecnica imperfetta adottata. 
Hayek probabilmente incorse in errore, avendo descritta una di quelle forme di 
bacillo, che si trovano in certe putrefazioni, specialmente quelle della carne, bacillo 
che come dissi si trova pure nel muco ozenatoso (fìg. 308 e 309). 

“ Del resto, malgrado tutti questi risultati, finché non si saranno ottenute forme 
patologiche sperimentali, il problema della eziologia dell’ozena resterà insoluto 

Riassumendo, si può conchiudere : 

1° L’ozena, cioè il fetore caratteristico è dato da un microbio, il rino-bacillo di 
Loewenberg e di Marano (fìg. 310 e 311); 

2° Questo microbio si trova di preferenza nelle forme di rinite atrofica, ma 
può pure presentarsi in altre affezioni delle fosse nasali: rinite atrofica ed ozena 
non sarebbero perciò sinonimi; 

6. — Tr. di Cliir., IV, p. 2‘ — Malattie delle regioni. 




82 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


3 U Questo microbio speciale , ad odore caratteristico, differisce in modo evidente 
dai microbii che si trovano nelle riniti ulcerose o purulente, causate da corpi estranei, 
empiemi dei seni, tumori. 


Eziologia. — Vi è ancora molto di oscuro nella eziologia dell’ozena; questa 
malattia predilige l’infanzia e l’adolescenza; si manifesta in modo subdolo dall’età 
da otto a dieci anni fino ai sedici e ai venti. 

I I tipi scrofolosi sono più fa¬ 
cilmente disposti all’ozena, però 
ne sono pure colpiti individui sa¬ 
nissimi, punto scrofolosi. 

Come si è già detto, la sifilide 
e l’ozena non hanno tra di loro 
rapporto di sorta. Nelle ulcerazioni 
con necrosi delle cartilagini o delle 
ossa, che si manifestano nel pe¬ 
riodo terziario della sifilide, si ha 
talvolta odore fetido che ricorda 
quello dell’ozena, col quale però 
non si deve confondere (1) : poiché 
ciò che caratterizza l’ozena non 
è già il fetore dell’alito, ma l’aspetto 
particolare delle fosse nasali al- 
■ l’esame rinoscopico. 

L’ozena è più frequente nel 
sesso femminile, e siccome si manifesta verso la pubertà, epoca in cui talora vi è 
anemia o clorosi, così questi due stati morbosi vennero considerati come favorevoli 
allo sviluppo del processo. 

L’ozena pare non sia malattia contagiosa. L’influenza ereditaria è evidente ; si 
trovano difatti spessissimo fratelli o sorelle affetti nella stessa famiglia da rinite fetida. 



Fig. 311. — A sinistra~colonie di sette giorni in^gelatina. — 
Nel mezzo colonie di sedici giorni. — A destra colonie di 
sei giorni in agar-agar. 


Sintomi. — L 'esame delle fosse nasali, lo stato della mucosa, la natura della 
secrezione, Yodore forniscono al clinico i segni diagnostici. 

Le fosse nasali hanno una ampiezza anormale, dipendente dalla forma del naso 
e dallo stadio del processo. La mucosa è raggrinzata, accollata allo scheletro. 
Mucosa e scheletro sono atrofici ; i cornetti, in ispecial modo l’inferiore, scompaiono 
quasi sotto l’influenza del processo regressivo (fìg. 312). L’ampiezza delle fosse 
nasali è tale che si ponno vedere, per una estensione più considerevole che d’or¬ 
dinario, il setto ed il pavimento delle fosse nasali. Si distinguono i margini dell’iato 
semilunare, e anche gli orifìzi dei seni frontali e sfenoidali. In seguito a questo 
processo patologico atrofico che non risparmia la parete esterna delle fosse nasali, 
il naso, in corrispondenza delle ossa proprie, assume una forma depressa a guisa 
di sella (Potiquet). 


(1) De Composalles, Ozènes et rhinites fétides; Parigi 1886. 




Ozena 


83 


Sulle pareti delle fosse nasali si accumulano pus c croste brunastre, stratificate, 
viscide e aderenti. La mucosa è sana al disotto delle croste, talora però dopo il 
loro distacco, residuano abrasioni superficiali, rosse e sanguinolenti. 

L’odore caratteristico nauseabondo, è differente da quello della carie dentaria 
e da quello esalato dal pus che proviene dall’antro di Igmoro. 



Fig. 312. — Atrofia della mucosa e delle ossa ncll’ozcna semplice (Zuckerkandl). 


Gli ammalati hanno una diminuzione della loro facoltà olfattiva, non sentono 
l’odore delle proprie secrezioni nasali, e per lo più ne sono resi avvertiti da altre 
persone. 

Si hanno pure talvolta croste nella faringe, sulle corde vocali e anche in trachea 
(ozena tracheale), questi fatti portano con sè anche disturbi uditivi e fonativi più 
o meno gravi. 


La diagnosi dell’ozena non è difficile; non si incontrano difficoltà nel distin¬ 
guerlo dalle riniti fetide, da sifìlide, corpi estranei e neoplasmi. La persistenza del 
cattivo odore dopo una lavatura delle fosse nasali, l’esame tracheoscopico, col 
quale si vedono le pareti tracheali tappezzate di croste aderenti fanno riconoscere 
Vozena tracheale (Lue). 

» 

Prognosi. — E sempre grave, trattandosi di malattia ribelle, che obbliga le 
persone affette ad una esistenza penosa; però con cure diligenti si possono dimi¬ 
nuire gli effetti di questa noiosissima affezione. 

Cura. — Ruault in un eccellente lavoro sulla cura della rinite atrofica e 
dell’ozena (Archives de laryng., 1889) ha esposto nettamente le indicazioni terapeu¬ 
tiche, basandosi sulla natura della malattia. 

1° Rimuovere completamente le croste che sono accumulate nelle fosse nasali. 

2° Agire sulla mucosa con un antisettico potente, il quale serva a disinfettare 
ed a produrre pure una irritazione della mucosa pituitaria. 




84 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


3° Impedire l’essiccarsi dei secreti e della mucosa, conservando però sempre al 
paziente la possibilità della respirazione nasale. 

Per rimuovere il secreto si usa la doccia naso-faringea. Si usano soluzioni 
tiepide di bicarbonato sodico (Ruault), di cloruro di sodio, soluzioni clorate (4 a 5 gr. 
per 100), con aggiunta del 10 per 100 di glicerina (Sidlo, Società di Medicina 
militare di Vienna; V. Semaine méd., 1889, p. 48), d’acido borico; permanganato di 
potassio (1 : 3000 Moldenhauer). 

Se l’irrigazione non basta per distaccare le croste, si devono togliere comple¬ 
tamente con un tampone, una pinza, una sonda. 

Per disinfettare la mucosa Ruault raccomanda il naftol canforato (1); si pennel¬ 
lano leggermente i varii punti della mucosa. Questa operazione produce un senso 
di bruciore che si irradia nella regione sotto orbitale, e verso i denti corrispondenti. 
Si può anche far precedere alla pennellazione col naftol canforato una pennellazione 
di cocaina. Vennero pure usati l’acido fenico, la resorcina, il timolo, il sublimato 
in soluzioni molto tenui (1 : 10,000, Loewenberg). 

Vennero raccomandate le insufflazioni di acido borico in polvere finissima e 
1 ’aceto-tartrato di allumina (Schoeffer, Lange). 

Onde impedire l’essiccamento della mucosa e delle secrezioni, Ruault si serve 
dell’olio di vaselina, corpo grasso, inossidabile, che sottrae la mucosa all’azione 
dell’ aria esterna ; si può unire alla vaselina un antisettico come il naftol, il salol 
canforato, nella proporzione di 10 centigr. su 1000. L’olio di vaselina vien applicato 
sulla mucosa con un nebulizzatore speciale. 

La cura devesi pure estendere alla faringe nasale ed alla trachea (Ozena tra¬ 
cheale di Lue; Arcliives de rliin., 15 febbraio 1888). Se vi è laringite secca le ina¬ 
lazioni di benzoino fatte mattino e sera saranno utilissime. 

Gottstein onde opporsi alla essiccazione e decomposizione rapida delle secrezioni, 
introduce un tampone nella parte superiore di ciascuna fossa nasale ; “ il tampone 
ha una azione doppia ; si oppone all’entrata dell’aria e provoca un’azione irritativa 
leggiera sulla mucosa. Questo tampone è fatto di ovatta idrofila ed» ha le dimensioni 
di un dito mignolo. Esso deve esser spinto con una pinza fino nella parte supe¬ 
riore della fossa nasale, onde permettere al disotto la libera circolazione necessaria 
per la respirazione nasale „. Questa operazione che il paziente impara presto a 
fare da sè stesso deve esser rinnovata mattino e sera (2). 

Cura chirurgica. — Le cauterizzazioni galvaniche non riescono utili nella cura 
dell’ozena ; la mucosa atrofica si cicatrizza lentamente dopo la caduta delle escare. 

Le cauterizzazioni chimiche colla tintura di jodio pura, ripetute ogni 8 o 10 
giorni, furono proposte da Tillaux. 


(1) Ecco la formula: 

Naftol a (meno irritante per la mucosa del naftol /3) . 1 parte 

Canfora.2 » 

dose varia a seconda della 
tolleranza del malato. 

(2) Ruault crede che questo tamponamento per lo più serva a poco; il tampone cade se non 
è applicato con forza sufficiente ; se è spinto in alto con troppa forza produce dolori che impe¬ 
discono al malato di conservarlo. 


Olio di vaselina 



Corizza caseosa 


85 


I processi chirurgici di Volkmann e di Rouge si riducono a mulilazioni inutili 
nella cura dell’ozena e tutti i rinologi sono d’accordo nello sconsigliarli. 

Max Berliner (Breslavia) (Deutsch. med. Woch., 19 dicembre 1889) credette di 
trovare la causa della tenacità delVozena in un contatto del cornetto medio e del 
setto. D’onde un arresto nella secrezione, e pia tardi una causa di atrofia della 
mucosa in contatto, ecc. 

Basterebbe secondo Berliner di sopprimere il contatto in questione per mezzo 
di un atto operativo che egli descrive, per veder scomparire l’accumulo delle croste 
fetide nelle fosse nasali. Questa teoria è tutt’altro che provata. 

Non si dovrà dimenticare lo stato generale degli ozenatosi, l’aria pura, il sog¬ 
giorno al mare, i bagni cloro-sodici (Salies-de-Béarn [Salsomaggiore] ), la nutrizione 
abbondante, olio di fegato di merluzzo, ecc. 

V. 

CORIZZA CASEOSA 

Sotto tal nome Duplay descrisse pel primo una malattia caratterizzata dall’ac¬ 
cumulo nelle fosse nasali di una materia grassa, analoga al contenuto di certe 
cisti sebacee; questa raccolta può talvolta essere tanto considerevole da deformare 
il viso, e da produrre la perdita dell’odorato (1). 

Trattasi di una malattia rara, alla quale nella maggior parte dei casi non si 
prestò finora molta attenzione. I primi casi furono pubblicati da Maisonneuve (2), 
sotto il nome di cisti butirrose della faccia. Verneuil, Reverdin, Guyon, Terrier ne 
osservarono vari esempi. Nel 1879 Périer comunicò un caso simile interessante alla 
Società di Chirurgia. Bournonville (Gothenburg) (3), D’Azambuja (4), Cozzolino (5), 
Wagnier (Lilla) (6), ne pubblicarono altri. 

(1) Non tutti gli autori ritengono che la corizza caseosa sia un’entità morbosa definita; per 
tale ragione essa non è descritta nei trattati inglesi e tedeschi. In uno studio critico sulla corizza 
caseosa Potiquet {Gaz. des hòpit ., 2 febb. 1889) ha studiato uno per uno i casi descritti come 
corizza caseosa e cercò dimostrare che essi non possono costituire una forma morbosa ben deter¬ 
minata. I diversi casi registrati riguardano pazienti affetti sia da cisti follicolari (varietà butirrosa) 
del mascellare superiore rottisi nelle fosse nasali, sia da corpi stranieri con ulteriore accumulo 
di cellule epiteliali desquamate e di leucociti, sia da gomme sifilitiche delle cavità nasali, in via 
di rammollimento, sia da empiemi cronici del mascellare. 

I prodotti caseosi costituiscono uno dei sintomi di tali malattie, ma non possono da soli 
rappresentare una malattia determinata. 

Così pure Hartmann considera i prodotti caseosi come la conseguenza di un ristagno delle 
secrezioni nasali, che si verifica, per polipi, per corpi stranieri (più di frequente), per distruzioni 
estese nelle cavità nasali (sifilide), con impossibilità alla espulsione dei secreti e successivo 
accumulo dei prodotti caseiformi; Hartmann crede pure che le masse caseose delle cavità nasali 
possano provenire da regioni vicine (seno mascellare). Riassumendo, se per alcuni autori (Duplay) 
la corizza caseosa è una entità morbosa, per altri non è che un sintomo che si trova alcune volte 
neH’impedita eliminazione delle secrezioni nasali. Quindi è malattia a sè per gli uni, è semplice 
epifenomeno per altri. 

(2) Maisonneuve, Monit. des hóp., 1855. 

(3) Bournonville, Cent. f. Chir., 1885. 

(4) D’Azambuja, Ozena e sua cura. Tesi di Parigi, 1874. 

(5) Cozzolino, Bollettino delle malattie dell'orecchio, ecc., 1884. 

(6) Wagnier, Bevue de laryngologie, 1890. 



86- 


Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali 


La rinite caseosa, invece di esser totale, può occupare una sola parte della 
pituitaria, ed essere localizzata ai seni ; Quénu descrive il caso di un paziente, nel 
quale il seno mascellare era riempito da masse epiteliali, simili al mastice da 
vetraio. 

Schedi (1) ritiene che per lo più il seno è affetto unitamente alle fosse nasali, 
e che le masse caseose provengono piuttosto dai seni. 

Eziologia. — Le cause determinanti di questa malattia non ci sono note. 
Pare che l’età non abbia influenza di sorta, poiché gli ammalati di Maisonneuve 
avevano l’uno tredici anni, l’altro ventuno, e quello di Reverdin aveva passato i 
sessanta. 

Spesso la rinite caseosa è preceduta da risipola (2) e in questi casi la causa 
della malattia deve ricercarsi, secondo Duplay, nella esfogliazione epiteliale che ha 
luogo consecutivamente alla risipola, i cui prodotti non possono venir espulsi a 
cagione della anfrattuosita delle cavità nasali. Anche altre cause irritative possono 
agire allo stesso modo. Nel caso di Verneuil esisteva nel mezzo della materia ca¬ 
seosa un corpo estraneo; il malato di Périer aveva avuto una bronchite seguita 
da corizza intensa. Terrier crede che vi sia una forma speciale di infiammazione 
della mucosa pituitaria e dei suoi annessi, la quale determina una formazione 
eccessiva dell’epitelio con desquamazione anormale. La presenza di questi ammassi 
epiteliali costituisce una causa di irritazione per la mucosa, attiva la secrezione 
dell’epitelio ed è causa di nuovi depositi che si aggiungono ai primi (Duplay). 

Sintomatologia. — E abbastanza oscura. Questa malattia si inizia coi segni 
di una flogosi, che conduce dopo un certo tempo alla formazione di un ascesso... 
L’esistenza di un ozena (rinite fetida) venne sempre constatata, gli ammalati hanno 
una secrezione siero-purulenta abbondante e fetida, mista spesso a grumi caseosi. 
L’espulsione di tali grumi fa diminuire a volte momentaneamente alcuni dei sintomi. 

In una seconda fase della malattia i segni di ostruzione delle fosse nasali au¬ 
mentano; si ha una perdita dell’odorato più o meno completa, si ha deforma¬ 
zione della guancia in vicinanza dell’ala del naso, e dell’angolo dell’occhio. Più 
tardi questa deformazione può crescere come nei tumori di cattiva natura; per 
lo spostamento dell’occhio all’esterno ed in alto si Ha diplopia e strabismo ; la 
guancia vien spinta in avanti, il naso deviato dal lato sano, il setto più o meno 
spostato. La pelle partecipa alla infiammazione delle parti profonde; è rossa, 
lucente, inspessita, molliccia e fluttuante in alcuni punti. Nel caso di Maisonneuve, 
la tumefazione era stata scambiata con un ascesso fluttuante da un altro chirurgo, 
ed era stata incisa senza che però dal taglio uscisse altro che sangue. Quasi sempre 
si hanno esacerbazioni flemmonose acute, durante le quali la tumefazione cresce, 
si hanno dolori vivissimi, spasmi e pulsazioni nella regione orbitale; spesso la 


(1) Schech, Die Krarik. des Mundhòle , ecc., 1888. 

(2) L’esistenza della risipola anteriore non è dimostrata; si tratterebbe piuttosto di una 
tumefazione flogistica, una risipola (osserv. di Maisonneuve) sintomatica, di una cisti butirrosa, 
di un corpo estraneo, ecc. (Potiquet). 


Corizza caseosa 


87 


pelle si perfora in alcuni punti e residuano tragitti fistolosi. Nello stesso tempo 
si hanno sempre sintomi generali gravi, febbre, anoressia; in poche parole tutti 
i caratteri proprii dei tumori maligni. 

“ I sintomi fisici sono spesso incerti; sonvi infatti dei casi, nei quali l’esame delle 
fosse nasali non permette di scoprire alcunché di anormale ; ordinariamente però 
si nota una massa voluminosa che ostruisce la cavità delle narici. Questa massa 
ha un colore biancastro, rassomiglia alle volte ad un polipo, ma ordinariamente, 
per la sua consistenza lardacea e molle si avvicina di più nell’aspetto ad un ence- 
faloide. Se si introduce una sonda neH’orifìzio delle fìstole non si arriva su ossa 
necrosate come a tutta prima si potrebbe supporre, ma si attraversa una materia 
molle, butirrosa, che non dà quasi sangue durante l’esplorazione. Questo è un 
segno importante, poiché si ha la stessa sensazione nel carcinoma, nel quale 
però durante l’esame colla sonda si ha quasi sempre una emorragia abbondante. 
Quando il tumore come nel caso di Maisonneuve sporge direttamente sotto alla 
pelle, la palpazione ci fornisce dei segni preziosi. Di fatti è possibile, esercitando 
una pressione alquanto brusca, smuovere la materia caseosa, sentirla mentre si 
deprime sotto alle dita, e sfugge dai tragitti fistolosi. Tale segno è patognomonico, 
non osservandosi mai nei tumori maligni „ (1) (Duplay, loc. cit., p. 807 e 808). 

Diagnosi. — Può esser difficile nei primi periodi; finché non vi è elimina¬ 
zione spontanea o provocata di prodotti caseosi, si può credere che la malattia 
sia dovuta a periostite del mascellare, ad osteite sifilitica o tubercolare, a polipi, 
a tumore maligno, specialmente quando si hanno tragitti fistolosi. 

Nei primi periodi si deve tener conto della espulsione delle masse caseose; 
un esame attento delle fosse nasali permette di estrarre con una sonda o con un 
cucchiaio dei pezzetti di sostanza caseosa, e in questo caso l’integrità delle ossa, 
spostate, ma non alterate, l’assenza di scolo sanguigno, lo stato normale dei ganglii 
serviranno a chiarire la diagnosi. Non devesi però scordare di ricercare la causa 
dell’accumulo dei prodotti caseosi, che può esser rappresentato da un corpo estraneo, 
da polipi, da lesioni dei seni, ecc. 

Cura. — Questa malattia non esige un intervento chirurgico energico. La 
terapia deve proporsi di rimuovere dal naso i prodotti caseosi e di impedire che 
si riproducano e si accumulino nuovamente. Si ricorre a tale uopo ad irrigazioni 
energiche; al raschiamento del seno mascellare o delle fosse nasali, oppure alla 
estrazione delle masse caseose visibili, con una pinza a polipi. Tolto il corpo 
estraneo, il polipo, in altri termini il corpo del delitto, si ripristina la permea¬ 
bilità all’aria delle coane nasali e con essa si ha la guarigione ; in genere è sempre 
sorprendente la massa di materia caseosa espulsa. 


(1) Abbiamo creduto opportuno di riprodurre la descrizione dei sintomi data da Duplay ; 
noi crediamo che i punti oscuri ed indecisi sieno abbastanza rischiarati dalla interpretazione 
da noi data della corizza caseosa, considerandola quale forma sintomatica rappresentata da 
accumulo di prodotti caseosi dovuti a processi svariatissimi (corpi estranei, sifilide, polipi, cisti 
butirrose dei seni). 



88 


Malattie infettive delle fosse nasali 


CAPITOLO III. 

Malattie infettive delie fosse nasali. 

Descriveremo in questo capitolo la sifilide del naso e delle fosse nasali, la 
tubercolosi nasale e l’ulcera perforante del setto, malattie queste che vanno rag¬ 
gruppate insieme, perchè hanno una origine infettiva. 

I. 

SIFILIDE DEL NASO E DELLE FOSSE NASALI 

Nel decorso della sifìlide si verificano alterazioni in varie parti della regione 
nasale (pelle, mucosa, ossa e cartilagini), che possono prodursi in tutti i periodi 
dell 1 infezione, come pure manifestarsi nella sifìlide ereditaria. 

Dupond, Manifestations primitives et secondaires de la syphilis. Tesi di Bordeaux, 1887. — 
Jullien, Maladies vénériennes; ult. ediz. — Mauriac, Syphilis tertiaire, 1887. — Morell-Mackenzie, 
Maladies des fosses nasales. Traduzione di Moure e Charazac. — Fournier, Syphilis héréditaire 
tardive. — Marfan, Chancre de la fosse nasale; Ann. de Dennat ., 1890. 

Ulcera primitiva del naso e della mucosa nasale. — I fatti primitivi sono molto 
rari. Stando alle statistiche di Bassereau, Glerc, Fournier e Le Fort, su 1775 ulceri 
primitive non se ne trovò che una sulla pituitaria di fronte a 1766 sul prepuzio, 
sul glande e nell’uretra, ed 8 sulla lingua. Sono però stati raccolti casi, nei quali 
f ulcerazione iniziale occupava la regione nasale, ed era localizzata sia ai tegu¬ 
menti esterni, in vicinanza della narice, od al solco naso-labiale (Aimé Martin, 
Fournier), sia alla mucosa (Mac Garthy, Rollet, Fournier). In questi casi l’ulcera 
risiedeva talora sulla parete esterna, talora sul setto (Moure), ma sempre in un 
punto vicino alla apertura anteriore delle fosse nasali, mai profondamente nella 
parte mediana di esse. In fine furono descritti casi (Lailler, Gubler, Hillairet, 
Lancereaux) di ulceri primitive delforifizio posteriore, dovute a cateterismo della 
tuba Eustachiana fatto con istrumenti non puliti. Astraendo da questi casi di con¬ 
tagio portato da istrumenti, le ulcerazioni primitive del naso si spiegano facil¬ 
mente, pensando ai numerosi contatti ai quali questo organo, spesso escoriato 
alla sua superficie, è esposto ogni giorno. Weil, in un caso di ulcera primitiva del 
naso in un neonato, ammette che l'infezione si sia prodotta pel contatto cogli 
organi genitali della madre durante il parto. 

L'ulcera primitiva, quando risiede sul dorso dell’organo, è appiattita e di dimen¬ 
sioni medie. Quando risiede sulle ali del naso, per contro ha tutti i caratteri 
dell 'ulcum elevatimi, ed ha una grandezza considerevole; produce quindi una 
deformazione più o meno grave della regione (fig. 313). 

Vulcera della mucosa nasale si manifesta dapprima con sintomi funzionali. Il 
paziente ha un senso di bruciore, di prurito ; la voce ha un timbro nasale e si ha 
uno scolo sanioso di odore piuttosto scipito che fetente. Il naso è rosso con leggiera 



Sifilide del naso e delle fosse nasali 


89 


tumefazione che si diffonde talora sulla faccia. Nell’interno della narice si trova 
una massa di colore rossastro, avente l’apparenza di un fungo, ricoperta da muco 
poltaceo. Aderisce per tutta la sua estensione alla faccia esterna delle narici, 
talora al setto (Moure), e sanguina al minimo contatto. Colla esplorazione digitale 
si ha la sensazione di un rialzo cartilagineo, talora però vicino a punti duri ve 
ne sono di quelli rammolliti. La 
parte vicina alla mucosa parte¬ 
cipa al processo infiammatorio e 
presenta una colorazione rossa¬ 
stra assai accentuata. La narice è 
più o meno ristretta, talora ottu¬ 
rata, non si constata però devia¬ 
zione del setto, quindi la narice 
dal lato opposto è completamente 
pervia. 

Oltre a queste alterazioni delle 
fosse nasali si ha adenite sotto¬ 
mascellare, che compare coll’ul¬ 
cera e persiste anche quando 
questa è guarita. 

Le ulcerazioni della parte po¬ 
steriore delle fosse nasali non 
danno luogo a sintomi speciali 
e passano quasi sempre inosser¬ 
vate. Si diagnostica per lo più 
quando i fenomeni secondari sono 
già comparsi e hanno indotto il 
medico a praticare l’esame rino- 
scopico, onde trovare la sede della 
lesione primitiva. 

I disturbi generali sono quelli della sifilide; vi ò cefalea, anemia, ed in fine le 

eruzioni caratteristiche del periodo secondario. 

L’ulcera sifilitica primitiva nasale non ha nulla di diverso da quella delle altri 
parti del corpo. Scompare senza lasciare cicatrice, e probabilmente incorse in errore 
Jullien quando attribuì ad una ulcerazione sifilitica una perforazione del setto. 
Solamente l’ulcera sifilitica dell’orifìzio posteriore può produrre lesioni persistenti 
della tuba di Eustachio. 

Prognosi. — Non è modificata dalla sede speciale del fatto iniziale; il caso 
di morte osservato in una paziente si spiega coll età (settant anni), senza che si 
debba attribuire la morte alla sede speciale del processo. 

^Diagnosi. — È sempre facile, specialmente quando il processo risiede al¬ 
l’esterno. La rapidità di evoluzione della ulcerazione, l’ingorgo precoce dei ganglii 
non permettono una confusione col carcinoma, tanto più che 1 evoluzione dei 



Fjg. 313. — Ulcera primitiva sifilitica dell’ala del naso 

(Museo St-Louis, 28tì). 




90 


Malattie infettive delle fosse nasali 


sintomi consecutivi, mentre l’ulcera regredisce, serve a togliere ogni dubbio. Però 
di fronte ad una ulcerazione del naso, prima di ammettere la natura sifilitica, occorre 
attendere la comparsa della roseola e degli altri sintomi del periodo secondario. 

L’ulcera sifilitica primitiva non può confondersi con un tumore maligno ulcerato. 
Il sarcoma quando arriva al periodo di ulcerazione assume un volume conside¬ 
revole, che non si trova mai nel sifiloma iniziale; di più nel sarcoma ulcerato si 
ha deformazione delle cavità nasali e deviazione del setto, fatto che non si verifica 
mai nel sifiloma. 

Periodo secondario. — La mucosa nasale, come tutte le mucose esposte all’aria, 
può esser sede di placche mucose; mentre Mauriac e Lancereaux consideravano 
le placche mucose nelle fosse nasali come rarità, Jullien le considera come abituali 
nel corso della sifilide (periodo secondario). Davainee Deville, su 186 donne, trovarono 
8 volte delle placche mucose sulla pituitaria, e 18 volte sulle amigdale ; Bassereau, 
su 110 uomini ne trovò 2 volte nelle fosse nasali e 100 volte sulle tonsille. 
Le placche mucose di raro si trovano solamente in questa regione, per lo più 
coincidono colla comparsa di placche sugli organi genitali. 

Non si manifestano in qualunque punto della mucosa nasale ; ma quasi sempre 
in vicinanza dell’orifizio delle narici, dove la mucosa si continua colla pelle, spesso 
si estendono su questa ; vennero qualche volta osservate pure suU’orifìzio posteriore 
delle coane; mai nella porzione media, tolto un caso eccezionale in cui Moure 
potè trovare delle placche mucose sui cornetti. Jullien spiega questa predilezione 
di sede delle placche mucose colla natura dell’epitelio il quale, invece di esser 
cilindrico vibratile, in vicinanza delle aperture anteriori delle fosse nasali è pavi- 
mentoso. 

Le manifestazioni sifilitiche del solco naso-labiale hanno dimensioni piccole, come 
una capocchia di spillo; sono uniche o doppie, hanno colorazione assai intensa, 
spesso occupano il fondo del solco e lasciano talora cicatrici che secondo Davaine 
e De ville potrebbero servire per la diagnosi retrospettiva. 

Nelle narici le placche mucose hanno l’aspetto di piccole erosioni a fondo rosso, 
che non tardano a ricoprirsi di croste giallastre; di rado si presentano sotto forma 
di placche opaline. Quando sono numerose, le croste che le ricoprono, formano 
una specie di cercine, che restringe l’orifizio ed impedisce il passaggio dell’aria. 
Si ha quindi un senso di occlusione nasale, con diminuzione del gusto, dell’odorato, 
insomma tutti i segni della corizza, salvo la tendenza allo sternuto. L’alito ha un 
odore poco gradevole; lo scolo dalle narici è poco abbondante; i sintomi si avvi¬ 
cinano a quelli della corizza secca. 

La durata di queste alterazioni è variabile. Talvolta è molto lunga. Le croste, 
che ricoprono le ulcerazioni, vengono staccate dal paziente; l’ulcerazione irritata con¬ 
tinuamente tarda a cicatrizzarsi ; però la lesione resta sempre superficiale e non ha 
tendenza a propagarsi alle parti profonde, non si hanno quindi mai alterazioni ossee. 

La diagnosi è facile; lo speculum permette di riconoscere l’esistenza e la sede 
delle ulcerazioni, ma per esser certi della loro natura è necessario scoprire altri 
sintomi della sifìlide, quali ad esempio le placche ai genitali, la roseola e la tume¬ 
fazione dei ganglii cervicali. 


Sifilide del naso e delle fosse nasali 


91 


Periodo terziario. — Lo forme terziarie nel naso sono più frequenti delle secon¬ 
darie (2,8 per 100, Wilky), e sono anche più gravi, a cagione delle alterazioni, che 
possono lasciare dietro di sè. In genere non si manifestano che in pieno periodo 
terziario, da cinque ad otto anni dopo rinfezione, possono però manifestarsi molto 
prima, soprattutto nei paesi nei quali la sifilide, non essendo stata mai bene curata, 
ha conservata una virulenza maggiore che in Europa. Così non è raro di trovare 
in Africa dopo un anno o due dalla comparsa del fatto primitivo, gomme nasali 
con deformazioni rapide dell’organo, le quali sole determinano gli Arabi a farsi 
curare. 

Nelle forme benigne le lesioni terziarie non intaccano che la mucosa, appar¬ 
tengono quindi al tipo delle sifìlidi ulcerose. Si tratta di piccole ulcerazioni situate 
qua e là sulla mucosa nasale determinanti una corizza con un leggier grado di 
fetidità. In genere dopo una settimana i fatti ulcerativi scompaiono completamente 
lasciando di rado lesioni ossee. 

Tale forma ulcerosa è la meno frequente, e la sifilide terziaria delle fosse nasali 
si manifesta per lo più con lesioni che si iniziano nello scheletro e solo tardi intac¬ 
cano la mucosa. Queste gomme risiedono di preferenza sul setto, vomere e sulle 
ossa proprie del naso. Si possono però anche trovare sull’etmoide, sull’osso unguis, 
e sulla apofisi ascendente del mascellare. Secondo Mauriac si avrebbe più spesso 
osteite rarefacente che necrosi, però questi due processi possono manifestarsi 
contemporaneamente, dando rapidamente distruzione delle ossa. 

I sintomi iniziali, molto oscuri, di raro mancano completamente. Per lo più si 
ha cefalea, dolori facciali nevralgici, seguiti da fenomeni, che richiamano 1 atten¬ 
zione sulle fosse nasali. Il paziente ha un senso di occlusione nasale, 1 odorato 
è diminuito e l’aria passa con difficoltà nelle narici. Quando le lesioni risiedono 
sull’orifizio posteriore, si nota inoltre una certa difficoltà nella deglutizione. Più 
tardi la secrezione nasale assume un odore cattivo, diventa purulenta e sanguino¬ 
lenta, fatto questo che deve richiamare alla mente l’idea di sifilide, specialmente 
se nel pus secreto si constata la presenza di piccole squame ossee. 

In tali condizioni si impone un attento esame del naso. Se la lesione risiede 
nella zona alta si può riconoscere colla 
semplice ispezione un inspessimento delle 
ossa proprie del naso, con tumefazione 
leggiera dell’organo alla sua radice. Per 
lo più è necessario ricorrere ad un esame 
più attento collo speculimi e col riflettore, 
coi quali si possono ispezionare le parti 
medie e profonde delle coane (fig. 314). 

Si troveranno allora, oltre ad una ipe¬ 
remia diffusa della mucosa, diverse ulce¬ 
razioni larghe e profonde a margini ir¬ 
regolari, di colore grigio sporco, spesso Fig. 314. - Ulcerazioni sifilitiche delle retrofos.se 

07 ° # (Semeleder). 

ricoperte da croste. Se l’alterazione è 

più progredita si potranno vedere pezzi di osso necrosato di colore nerastro. Si 
deve pure procedere all’esame colla sonda, colla quale si possono sentire le ossa 





Malattie infettive delle fosse nasali 



denudate, riscontrarne le asprezze e'constatarne la motilità. L’esame diretto è ne¬ 
gativo nei casi in cui le alterazioni hanno sede troppo in alto e non sono accessibili 
alla vista. 

Le gomme, quando sono curate a tempo si riassorbono nella gran maggioranza 
dei casi, senza lasciare traccia ; possono però in caso contrario produrre distruzioni 
più o meno estese. Talora una sola parete delle fosse nasali è perforata; se la 
perforazione è piccola non si ha deformazione notevole e mancano i disturbi fun¬ 
zionali, quali ad esempio il timbro nasale della voce. La perforazione della vòlta 



Fig. 315. — Sifilidi gommose. — Necrosi del naso (Museo St-Louis, preparato 375). 


ossea per contro dà disturbi notevoli nella deglutizione e nella fonazione ; una delle 
deformità più gravi date dalla sifilide terziaria del naso è l’alterazione caratte¬ 
ristica da schiacciamento dell’organo in seguito a distruzione dello scheletro osseo 
(fig. 315 e 316). 

“ Quando (1) le sole ossa proprie del naso sono distrutte, esso si abbassa in 
corrispondenza della sua radice, di modo che immediatamente al disotto della spina 


(1) Fournier, Sifilide ereditaria tardiva. 













Sifilide del naso e delle fosse nasali 


93 


del frontale, in luogo della eminenza abituale della radice del naso, si trova un 
appiattimento. Per un movimento di leva, abbassandosi la radice, si sposta anche 
il segmento inferiore, il quale forma per tal fatto col segmento superiore un angolo 
ottuso aperto in avanti, in modo che la punta si rovescia e le narici guardano in 
alto ed in avanti. Se la cartilagine del setto è distrutta, la deformità è alquanto 
differente. Non solo il segmento inferiore si schiaccia, ma subisce uno spostamento 
all’indietro e si introflette nel segmento superiore nello stesso modo che un cilindro 
di cannocchiale rientra nel cilindro destinato a contenerlo ; si trova perciò in cor¬ 
rispondenza dell’entroflessione un cercine cutaneo più o meno evidente, “ naso a 
cannocchiale di Fournier „. 

Quando le ossa della parete superiore delle fosse nasali sono alterate si capisce 
che la flogosi possa propagarsi alle meningi e produrre la morte. Graves e Brodies 
citano un esempio di morte in seguito a necrosi dell’etmoide. 

Le ossa necrosate sono eliminate ordinariamente, a varie riprese, sotto forma 
di scagliette, di raro vengono eliminate per intiero in una sola volta; Langenbeck 
cita un caso di questo genere, nel quale si osservarono fenomeni di asfissia. 

La sifìlide delle ossa nasali si presenta talora con esostosi od iperostosi, che 
possono produrre sintomi diversi. Quando l'alterazione risiede sulla parte ascen¬ 
dente del mascellare o sull’osso unguis essa produce un restringimento del canale 
nasale, che si manifesta con lacrimazione, e con tumore lacrimale. Lagneau (figlio) 
potè raccogliere dieci casi di dacriocistiti croniche dovute a sifìlide. 

Le gomme delle fosse nasali hanno un decorso lento e tendono a guarire colla 
cura; ma in certi casi si svolgono con una estrema rapidità. In poche settimane 
scompare la mucosa e si distruggono le ossa, e siccome in tali casi le lesioni sono 
diffuse e non si limitano alle fosse nasali, si vedono le cavità del naso, della faringe, 
della bocca comunicare tra loro, formando una vasta cloaca, come nel caso di 
Besnier (Museo di St-Louis, cat. 239). Gli è in questi casi che le gomme si aprono 
verso la pelle e determinano perdite di sostanza più o meno considerevoli, che 
aumentano la deformità. 


Oltre a queste manifestazioni ulcero-gonnnose delle fosse nasali ricorderemo 
ima lesione speciale delle fosse nasali, che John Noland Mackenzie descrisse nel 1889 
nel Journal of Laryngology. 

Si tratta di un processo analogo a quello ricordato da Whistler per la laringe. 
Si vedono comparire nei vecchi alcoolisti sui cornetti inferiori dei piccoli polipi 
fibrosi, di consistenza dura, di aspetto giallastro, che possono divenir sede di ulceri. 
Al microscopio questi polipi sono costituiti da tessuto fibroso molle; non vi è 
traccia nè di elementi ghiandolari, nè di epitelio. Le stesse lesioni si possono os¬ 
servare sulle amigdale o sui pilastri del velo mobile. 

Queste lesioni paragonabili a gomme, se ne distinguono per la loro consistenza 
più dura e per la nessuna efficacia, che su esse ha la cura specifica. 


Sifilide ereditaria. — La sifilide ereditaria ha una predisposizione spiccata pel¬ 
le fosse nasali: può manifestarsi in due differenti periodi della vita: o subito dopo 
la nascita nella prima o seconda settimana, o più tardi nell 'adolescenza. 

Nel neonato la corizza è spesso il primo segno di sifilide ereditaria e precede 



94 


Malattie infettive delle fosse nasali 






talora l’eruzione cutanea. Sarebbe secondo Diday l’indizio della comparsa di placche 
mucose nelle fosse nasali. Parrot ritiene le ulcerazioni quali fenomeni rari. Le narici 
sono arrossate e screpolate, cola un liquido prima sieroso, più tardi purulento. Si 
formano nell’interno delle narici delle croste che le ostruiscono, di modo che la 
respirazione è impedita, specialmente durante il sonno, e talvolta è difficile l’allat¬ 
tamento. La corizza non ha tendenza a risolversi spontaneamente, e, se non è 
curata, le lesioni, dapprima mucose, possono approfondirsi ed intaccare le ossa, 
oppure portarsi in alto, dando sintomi di meningite, per la quale il paziente soccombe. 
Spesso secondo Weber la comparsa della meningite sarebbe preceduta dall’arresto 
rapido della secrezione nasale. 

Anche nella sifilide ereditaria tardiva la corizza è il primo segno della sifilide 
nasale. Il paziente prova un senso di occlusione delle coane, dalle narici cola un 
liquido muco purulento, la respirazione si compie esclusivamente dalla bocca, che 
sta aperta durante il sonno. Tali sintomi possono per alcune settimane non aggra¬ 
varsi; si ha per tal modo l'impressione che si tratti di una semplice corizza acuta; 
però il processo non curato tende a progredire, e non tarda ad estendersi alle ossa. 
Lo scolo si fa fetido, sanguinolento e quando il medico vien chiamato può quasi 

sempre constatare già necrosi delle ossa più o meno 
estesa. La perforazione del setto se è piccola e la di¬ 
struzione parziale dei cornetti non producono una de¬ 
formazione evidente del naso ; tali fatti non sono quindi 
rilevabili che coll’esame diretto delle fosse nasali. La 
perforazione del palato si manifesta con disturbi fona¬ 
tori e deglutitori; la distruzione del vomere e delle ossa 
proprie del naso dà luogo a deformità caratteristiche 
della regione, cioè allo schiacciamento del naso (f. 31G). 

Abbiamo già trattato abbastanza del naso sifilitico ; 
prima di finire ricorderemo solo, che, oltre alle deformità 
caratteristiche, quale quella del naso a cannocchiale, 
Fournier attribuisce alla sifìlide ereditaria delle alte¬ 
razioni meno gravi, le quali sono rappresentate da leg¬ 
giere alterazioni dello scheletro nasale, ad esempio il 
naso camuso, nel quale la base è allargata e depressa. 

La diagnosi della sifilide terziaria del naso ha una 
importanza grandissima, poiché dalla diagnosi fatta in 
tempo dipende la possibilità di prevenire con una 
opportuna terapia la maggior parte delle complicazioni. 
Così, di fronte ad una corizza cronica persistente, si deve sempre, malgrado l’as¬ 
senza di fetore, pensare alla sifìlide, ed esaminare le fosse nasali. 

L’aspetto solo delle ulcerazioni non permette di stabilirne la natura, e solo 
tenendo conto dei segni concomitanti e degli antecedenti, si potrà fare la diagnosi. 

Nei casi di sifìlide ereditaria, se si tratta di un neonato, si cercheranno le mani¬ 
festazioni cutanee o mucose, specialmente in corrispondenza dell’apertura anale, 
dove mancano di rado. Se si tratta di un paziente più avanzato di età si esa¬ 
minerà il velo palatino ed i denti, per cercarvi le lesioni descritte da Hutchinson. 




Fig. 316. — Varietà di deformità 
nasale. 



Sifilide del naso e delle fosse nasali 


95 


Si cercherà con cura se nella sua infanzia il paziente andò soggetto a malattie 
dell’occhio, o dell’orecchio, che unitamente alle lesioni dentarie costituiscono la 
triade sulla quale Ilutchinson fonda la diagnosi di sifilide ereditaria tardiva. In 
fine nei casi dubbi l’applicazione di una cura specifica sarà un prezioso sussidio 
diagnostico. 

Vi sono d’altra parte poche malattie, che si possano confondere colla sifìlide 
terziaria delle fosse nasali. Il vero ozena se ne distingue facilmente nella maggior 
parte dei casi, e il lupus solo nei casi rari in cui risiede unicamente sulla mucosa 
nasale potrebbe indurci in errore. Le lesioni lupose però occupano di preferenza 
le parti anteriori della regione, mentrechè le lesioni sifilitiche si possono mostrare 
in qualsiasi punto ; l’ulcerazione del lupus ha il carattere importante di cicatrizzare 
in un punto per estendersi alla estremità opposta. Inoltre si dovrà cercare con 
molta cura se vi è traccia di lesioni lupose in altre regioni del corpo; infine anche 
qui come in tutti i casi di sifìlide dubbia si può provare la cura specifica, che ò 
l’unico mezzo per poter fare la diagnosi in alcuni casi difficili. 

La sifilide nasale non è solo diagnosticabile nel suo periodo attivo. La defor¬ 
mità, che essa lascia nei casi gravi è talmente caratteristica, che non potrebbe 
esser confusa con alcuna altra malattia, e permette da sola di far la diagnosi 
retrospettiva di sifìlide. Il lupus distrugge tutta la parte inferiore del naso fino in 
corrispondenza delle ossa proprie del naso, di modo che il naso sembra tagliato, 
largamente aperto in avanti, rassomigliante al naso di una testa di morto. Le sue 
pareti sono sottili, retratte, pergamenacee, e dànno al tatto, secondo Hébra, la 
sensazione di un naso di cartone. Nella sifìlide si hanno pure distruzioni più o 
meno gravi dell’organo, ma sono più diffuse, risiedono senza ordine in tutti i punti 
della regione, colpiscono di preferenza lo scheletro, dando un abbassamento della 
base del naso dovuto al deprimersi dello scheletro osseo. 

Le lesioni ossee sono per contro eccezionali nella scrofola e non dànno mai 
un simile appiattimento del naso. Anche in questi casi i dati anamnestici, l’esistenza 
di altri segni della sifìlide, perforazione del setto, della vòlta palatina, cicatrici, 
residui di gomme (per la sifìlide acquisita), alterazioni dentarie e palatine (sifìlide 
ereditaria) permetteranno di distinguere, anche quando il processo è spento, il 
lupus dalla sifìlide. 


Cura. — È differente a seconda della natura delle ulcerazioni. Sull’ulcera 
primitiva si faranno applicazioni di polvere di jodoformio; contro la corizza, si 
useranno le iniezioni di permanganato di potassio, e se esistono ulcerazioni si causti- 
cheranno con nitrato di argento in sostanza. Si prescriveranno nello stesso tempo 
pillole di protojoduro di mercurio. Nei casi di sifìlide terziaria Mauriac raccomanda 
il joduro di potassio ad alte dosi, 6 a 10 gr. al giorno, cui si può aggiungere il 
mercurio. Mackenzie consiglia di usare alternativamente le due cure jodica e mer¬ 
curiale. Quando vi sono ossa necrosate bisogna levarle, cosa che Schuster consiglia 
di fare col cucchiaio tagliente di Volkmann (V. Binoplastia). 



96 


Malattie infettive delle fosse nasali 


IL 

TUBERCOLOSI NASALE 

Le pubblicazioni di casi di tubercolosi nasale non sono numerose ; in una 
Memoria su questo argomento, Gartaz (1) riunì 18 casi, dei quali uno personale 
e gli altri tolti da Willigk (2), Laveran (3), Spillmann (4), Riedel (5), Millard (6), 
Volkmann (7), Weichselbaum (8), Berthold (senior) (9), Sokolowski (10), Torn- 
waldt (11), Max Schieffer e.Dietrich Nasse (12), Ruault, Riehl (13). In una recente 
Memoria Plicque (14) raccolse quaranta casi. Questo autore a ragione ammette due 
forme di tubercolosi nasale: la tubercolosi propriamente detta e il lupus. 

[V. nota 4 a del Traduttore ]. 

Willigk non ha trovato la tubercolosi nasale, che una sola volta su 476 autopsie; 
Weichselbaum, 2 volte su 164 necroscopie di tubercolotici. 

Si tratta per lo più di individui con predisposizione ereditaria, e affetti da 
lesioni tubercolari avanzate. 


La tubercolosi nasale si presenta sotto due forme: 

1° Forma ulcerosa ; 

2° Forma vegetante, gommosa, o granuloma tubercolare. 



arrotondati, variabile per estensione, che può giungere sino al diametro di una 
moneta da una lira, ha sede sul setto, poco distante dall’apertura nasale, 1 cent, 
a 1 cent. V 2 ; talora risiede sull’apertura della narice e si continua sul labbro supe¬ 
riore formando una ulcerazione cutaneo-mucosa; dal setto il processo ulcerativo 
si propaga al pavimento delle fosse nasali, e pare che qualche volta il processo 
si inizi nel solco fatto dall’unione del setto e del pavimento delle fosse nasali. 
Lue osservò un caso di infiltrazione tubercolare limitata ai cornetti. 

Il fondo dell’ulcerazione è grigio rossastro, pallido, ricoperto da un poco di 
muco pus, più o meno viscoso e colorato. Alcuni punti della ulcerazione sono ri¬ 
coperti da ammassi caseosi, altri lasciano apparire il fondo dell ulcera costituito 
da granulazioni esili grigiastre rappresentanti tubercoli non ancora rammolliti 
(Riedel). Altre volte il fondo della ulcerazione è omogeneo, poco incavato, biancastro 

(1) Cartaz, Sulla tubercolosi nasale. Delahaye e Lecrosnier, Parigi 1887. 

(2) Willigk, Prager Viertéljahreschr ., XXXVIII, p. 4. 

(3) Laveran, Société méd. des hòp., 1876, t. XIII, p. 394. 

(4) Spillmann, Tesi d’aggreg., 1878. 

(5) Riedel, Deut. Zeit. f. Cliir., p. 56, 1878. 

(6) Millard, Pulì, de hi Soc. méd. des hópitaux , 1881. 

(7) Volkmann, Sammlung Tdin. Vortrdge , n. 168. 

(8) Weichselbaum, Allg. Wiirtenb. med. Zeit., n. 27, 1881, e Cent. f. Chic., 1882. 

(9) Bertiiold senior , Beri. Tdin. Wochenschrift, n. 40, 1884. 

(10) Sokolowski, Gazeta Lekarsba , n. 15, 1885. 

(11) Tornwaldt, Deut. Ardi. f. Tdin. Med., XXVII, 1880, p. 586. 

(12) Max Schieffer e Dietrich Nasse, Tuber. Kelgescliwulste, des Nase ; Deut. med. Woehens., 
14 aprile 1887. 

(13) Riehl, Wiener med. Wochenschrift , n. 44, 1887 e Ann. de Derni ., 1882. 

(14) Plicque, I)e la tuberculose des fosses nasales; Arcliives des maladies de V or etile , da 

larynx , etc. } dicembre 1890. 


Tubercolosi nasale 


97 


e gelatinoso, su di esso emergono delle piccole sporgenze arrotondate e brillanti, 
colorate più intensamente (Besnier, Tesi di Spillmann). Queste ulcerazioni hanno 
tendenza ad estendersi in superficie ed a distruggere la cartilagine (Weichselbaum). 

I margini dell’ulcerazione sono irregolari, frastagliati, come nell’ulcera molle. 
Caratteristici ed importanti per la diagnosi sono i varii punti grigiastri che si 
trovano alla periferia dell’ulcera e che son dovuti a tubercoli in via di sviluppo 

1 quali ulcerandosi lasciano come residuo una quantità di ulcerazioni piccolissime. 

Nella forma vegetante della tubercolosi nasale vi è un vero tumore che col suo 
volume ostruisce la cavità nasale (Cartaz). 

La neoformazione si origina sulla parte anteriore del setto cartilagineo, si 
estende in seguito posteriormente; la sua superfìcie è irregolare, granulosa, bernoc¬ 
coluta, a forma di mora; le dimensioni nel caso di Schiffer erano di 5 cent, per 

2 millim. Questi tumori sono spesso ulcerati al loro centro e questa ulcerazione 
si approfonda fino alla cartilagine. 

Sulla natura istologica di questi tumori furono emessi giudizi disparati; Koenig 
ammette: a) l’ozena tubercolare di Volkmann, e b) un’altra varietà, il fibroma 
tubercolare, che rassomiglia ad un polipo mucoso ed è costituito da tessuto la¬ 
mellare fibroso e da tubercoli. 

L’elemento specifico della lesione, il bacillo di Kocli, fu trovato nei tubercoli miliari 
da Dietrich Nasse ; ma nei casi finora pubblicati non si parla di inoculazioni riuscite. 


Diagnosi. — Sarebbe diffìcile se la coesistenza di lesioni laringo-polmonari 
avanzate non venisse a rischiarare la natura delle ulcerazioni. È però caratteristica 
la presenza di seminìo a punti giallastri alla periferia. 

In caso di dubbio tra sifìlide e tubercolosi, si deve ricorrere alla cura specifica, 
alfesame batteriologico ed alle inoculazioni. 


Cura. — Consiste nel cauterizzare l’ulcerazione, e nel medicarla in seguito 
col .iodoformio. Nella forma vegetante si deve estirpare il tumore. 

Disgraziatamente non trattasi per lo più di tubercolosi localizzata al naso, ma 
diffusa ad altri organi, e quindi quasi sempre l’esito della cura è sfavorevole. 


III. 

ULCERA PERFORANTE DEL SETTO NASALE 

Sotto tal nome hlajek (1) di Vienna descrive un processo ulcerativo che si sviluppa 
sulla cartilagine del setto con tendenza a perforarla e con caratteri anatomici e clinici 
speciali, tali da farne una entità morbosa indipendente dalla sifìlide, dalla tubercolosi 
e dal lupus: per tale ragione noi trattiamo a parte di questo processo. Voltolini 
aveva già parlato deWulcus perforans, e così pure Zuckerkandl e Schmiegelow. 

Nei 38 casi descritti da Ilajek, il processo aveva sede sulla porzione cartilaginea 
del setto, vi era cioè un’ulcerazione rotonda, di rado ovale, a massimo diametro 
antero-posteriore, occupante uno o tutti e due i lati del setto. 

(1) Das perforirende Geschwiir der Nasensclieidewand ; Virdiow's Arch., Bd. 120, H. 3, p. 497. 
— L’analisi di quest’importante lavoro venne fatta da Lue (Ardi, de Lanjng. et de Rhinol ., 
agosto 1890, pag. 237) e ce ne siamo valsi per la redazione di quest’articolo. 


7. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



98 


Malattie infettive delle fosse nasali 


L’evoluzione del processo si fa dalle parti superficiali alle profonde : la mucosa 
dapprima grigiastra, ricoperta da una cotenna, si ulcera dopo la caduta di questa 
cotenna (1° stadio) ; questa ulcerazione si approfonda nella cartilagine (2° e 3° stadio); 
in fine la cartilagine è completamente perforata (4° e 5° stadio) ; nell’ultimo periodo 
si assiste alla cicatrizzazione della mucosa attorno alla perforazione (6° stadio). 

Dopo la cicatrizzazione dei margini dell’ulcera, i margini sono così netti, che 
è possibile scambiare queste perforazioni con fatti congeniti. Nei casi di ulcera 
bilaterale perforante, il processo non cammina parallelamente dai due lati, e, se 
a destra ad esempio 1 ulcera è al suo terzo stadio, a sinistra può interessare solo 
la parte superficiale della mucosa. 

Questa ulcerazione non merita sempre il nome di perforante, poiché la cica¬ 
trizzazione può farsi prima che si sia prodotta una perforazione totale. Hajek cita 
in appoggio di questo esito problematico due casi nei quali trovò da un lato del 

setto, due superfìcie cicatriziali depresse. 

Questa ulcera perforante, coinciderebbe abbastanza spesso con lesioni tubercolari 
sia locali (Weichselbaum), sia lontane, senza che si possa incriminare la tubercolosi 
come causa del processo perforante. 

Noi possediamo alcuni dati relativi alla frequenza dell’ulcera perforante, \\ eich- 
selbaum la trovò nella proporzione del 4°/oì Zuckerkandl del 5,3 °/ 0 ; la frequenza 
sarebbe minore secondo Hajek che la crede rappresentata dall 1,4 %- 

L’età non ha una influenza manifesta su questa malattia, poiché il malato più 
giovane aveva 15 anni, il più vecchio settantun anni. Il sesso maschile è di pre¬ 
ferenza colpito. 

Anatomia patologica. — Lo studio istologico di queste lesioni ha un grande 
interesse. Il processo ulcerativo è il risultato di una necrosi, che, iniziandosi in 
un punto della mucosa, si estende in seguito, sia in lunghezza che in profondità, 

in modo da formare un cono tronco a base superficiale. 

Col microscopio si vedono nei punti necrotizzati delie cellule epiteliali rigonfie, 

i cui nuclei non sono colorabili. 

« Bentosto compare tra di esse una sostanza fibrillare non colorabile, che a 
poco a poco si sostituisce alle cellule, si osservano quà e là dei punti pigmentali, 
probabilmente residui di emorragie, che furono il punto di partenza del processo 
ulcerativo. La stessa successione di fenomeni si produce nel tessuto sotto-epiteliale 
specialmente in corrispondenza degli elementi ghiandolari. Quando il processo 
si estende agli strati profondi, tutt’attorno alla zona alterata si osservano lesioni 
differenti caratterizzate da una infiammazione reattiva, consistenti in accumulo di 
cellule embrionali, particolarmente attorno ai vasi, che sono ingorgati. Tutte le 
parti mortificate, e in modo speciale quelle in via di mortificazione, sono infiltrate 
da bactcrii, tra cui predominano i cocchi disposti ad ammassi od a catene. Si sa 
che il pericondrio del setto non è separato dallo strato ghiandolare della mucosa, 
che da uno strato sottile di tessuto ; per tale disposizione la flogosi, che si produce 
sotto ad un’escara della mucosa determina ben presto una pericondnte, che si 
estende al di là dei limiti della zona di mucosa mortificata e produce una necrosi 
della cartilagine. L’estensione della parte mortificata di cartilagine è istologicamente 


Ulcera perforante del setto nasale 


90 


caratterizzata dalla comparsa nella sostanza intermediaria alle capsule di piccole 
lacune riempite di bacterii. 

“ In vicinanza della parte mortificata, le capsule cartilaginee proliferano e si 
trasformano in cellule giovani, che preparano il processo di cicatrizzazione. 

“ Questo si produce pel formarsi di un tessuto connettivo, che determina la 
riunione delle parti scollate della mucosa. Questo tessuto cicatriziale si ricopre in 
seguito di epitelio pavimentoso stratificato 

Tutte queste particolarità istologiche erano indispensabili per ben comprendere 
la patogenesi dell’ulcera. 

Patogenesi dell’ulcerazione. — L’ulcera perforante semplice è un’entità 
morbosa definita, che non ha nulla di comune nè colla sifilide acquisita od ere¬ 
ditaria, nè colla tubercolosi, nè con lesioni nervose ammesse da Rosenfeld. 

Si distingue dalla sifìlide pel suo decorso cronico, per la sede limitata ad una 
regione del setto, per la tendenza naturale a cicatrizzarsi appena la perforazione 
si è prodotta. L’ulcera tubercolare è caratteristica per la sua tendenza ad estendersi 
e per l’infiltrazione dei tessuti attorno al processo ulcerativo, nei quali si trova il 
bacillo di Koch. L’assenza di modificazioni nella sensibilità, secondo Hajek sarebbe 
contraria all’ipotesi di una origine trofo-nevrotica della malattia. 

Per Hajek come per Weichselbaum si tratterebbe di una affezione necrotica 
difterica. Questa denominazione potrebbe dar luogo a confusioni se non si sapesse 
che col nome di difterico i Tedeschi designano tutte le alterazioni, nelle quali si 
producono delle pseudo-membrane, dovute a mortificazioni dei tessuti dalla su¬ 
perfìcie verso la profondità, prodotte da bacterii (1). In questo caso il bacterio 
specifico è un cocco disposto sia a piccoli gruppi sia a catene ; nel primo caso si 
tratta di stafilococco piogeno, nel secondo caso di streptococco piogeno. 

Questi cocchi, che si trovano normalmente nelle fosse nasali (E. Fraenkel, Netter, 
Besser, Hajek), penetrano pegli orifìzi ghiandolari, o piuttosto per le erosioni 
emorragiche sì frequenti in queste regioni (Hajek, Voltolini). Queste erosioni non 
si accompagnano sempre ad ulcere perforanti perchè non sempre vi è la causa 
predisponente, che in molti casi sarebbe la tubercolosi. 


CAPITOLO IV. 

Tumori delle fosse nasali. 


Descriveremo in questo capitolo i polipi mucosi, le esostosi, gli osteomi,i tumori 
teleangiectasici, gli adenomi, encondromi, papi-li orni, ed infine i tumori maligni 
delle fosse nasali. I polipi fibrosi o naso-faringei appartengono alle malattie della 
faringe nasale. 


(1) Si intende, in Francia, col nome di difterite, l’alterazione dei tessuti data dal bacillo 
Klebs-Loffler. 



100 


Tumori delle fosse nasali 


I. 

POLIPI MUCOSI 


Tra le varie neoformazioni delle fosse nasali i polipi mucosi sono le più fre¬ 
quenti. Furono per molto tempo confusi con altri neoplasmi di diversa natura. 
Levret pel primo li distinse in polipi molli e polipi duri. Gerdy in un suo lavoro 
moltiplicò le divisioni, basandosi su dati clinici. Le ricerche istologiche portarono 
un po’ di luce o ci condussero alla classificazione attuale. 

Gerdy, Des polypes. Tesi di concorso, 1833. - W. Collas, Observ. on polype of thè nose. 
Dublin quarterly Journal , febl)., maggio, agosto e novembre 1848. — Bryant, On some diseases 
of thè nose which bave been mistaken for a polype; Lancet , febb. e agosto 1867. — Thudichum, 
On some new methods for treatment of thè diseases of thè nose ; Lancet , agosto e settembre 1868. — 
Follin e Duplay, t. Ili, 4* ed., 1880. — Joal, Rapports de l’asthme et des polypes muqueux 
du nez ; Arch. de Méd., 1882, p. 440. - Chatellif.r, Sur l’hypertrophie chronique de la muqueuse 
nasale au point de vue histologique ; Société de Biologie, 21 gennaio 1888. — Wagnier (di Lilla), 
Sur une modification de Pansé galvanique pour le traitement des polypes muqueux insérés à la 
partie postérieure des fosses nasales; Soc. fran§. d’Otol. et de Laryngol., 11 maggio 1889. — 
ScniFFERS (di Liegi), Transformations anatomo-pathologiques des myxomes du nez; Congresso 
internaz. d’otol. e di laryngol. di Parigi, 20 settembre 1889. - Bottey (di Barcellona), Structure 

des polypes muqueux du nez. Ivi. 

Anatomia patologica. — I polipi mucosi sono tumori molli, di consistenza 
gelatinosa, di colore bianco grigiastro; hanno un peduncolo che in alcuni casi 
è tanto lungo da permettere ai polipi di oscillare nella cavità nasale. Talora 



Fig. 317. — Polipo mucoso impiantato con 
larga base sul cornetto medio. 



Fig. 318. — Polipo mucoso inserito sulla parte posteriore 
dei cornetti del lato destro c sporgente nella cavita 
naso-faringea. 


però manca il peduncolo ed il polipo è sessile. Si capisce che la loio foima 
varia a seconda del numero, del punto di impianto, e della evoluzione; possono 
presentarsi a lobi, raggrupparsi a grappoli, svilupparsi liberamente, o esser com¬ 
pressi da polipi vicini. 11 loro volume è variabile, come la loro forma; così si 
hanno mixomi della grossezza di un uovo fino a quella di un grano di miglio, in 
questo caso sono multipli. Possono occupare una sola (ossa nasale o tutte e due 

contemporaneamente. 

Quando sono numerosi si impiantano su tutta la parete superiore ed anteiioie 
delle fosse nasali, quando sono scarsi s’impiantano sul cornetto medio (fig. 317). 
Non si osservarono finora polipi inseriti sul setlo. In alcuni casi sporgono dall oiilizio 










































































Polipi mucosi 


101 



Fig. 319. — Degenerazione della estremità po¬ 
steriore del cornetto inferiore di sinistra, e 
polipo mucoso sporgente dalla coana destra 
(Moldenhauer). 


posteriore delle coane nelle retrofosse, formando un gruppo che ha caratteri 
clinici e istologici speciali; in questi casi si inseriscono spesso sull’estremità po¬ 
steriore dei cornetti (fìgg. 318 e 319). Infine possono provenire dalle cavità vicine 
.dei seni mascellari e sfenoidali, come dimostrarono Fergusson e Péan. 

Tagliando questi polipi esce una specie 
di succo gommoso. Esaminati istologicamente 
risultano costituiti da tessuto mucoso con so¬ 
stanza fondamentale gelatinosa, cellule di tessuto 
mucoso e fibrille connettive; sono insomma 
mixomi, talora quasi puri. Chatellier, descri¬ 
vendo il tessuto della ipertrofìa cronica, che ha 
sede di preferenza sul cornetto inferiore, malattia 
clinicamente ben definita, lo paragona a quello 
dei polipi mucosi. Egli descrive in questo tessuto 
due sorta di elementi cellulari; delle cellule 
migranti di poco interesse, e dei corpuscoli, gli 
uni fusiformi a nucleo semplice, gli altri stellati 
a nuclei multipli e più voluminosi. Tra le cellule, 
molto distanti tra loro, esistono delle fibrille 
particolari, finissime, incrociate, disposte irregolarmente, non fascicolate, che si 
differenziano dalle fibrille connettive, perchè non si colorano col carmino, e 
perchè non si gonfiano cogli acidi. Queste fibrille, di natura diffìcile a determinarsi, 
hanno una grande affinità per l’ematossilina e per i colori di anilina. 

La struttura dei polipi mixomatosi può presentare numerose particolarità; 
vennero osservate in qualche caso in mezzo a tessuto mucoso puro delle piccole 
cisti contenenti un liquido filante, senza parete propria, specie di lacune scavate 
nella sostanza fondamentale, o sviluppatesi a spese del fondo di una ghiandola 
(epitelioma cistico a cellule cilindriche ) (Jalaguier e Ruault, Ardi, de Bhin 15 di¬ 
cembre 1887). Altre volte vennero descritte delle vere ghiandole ipertrofiche che 
costituiscono degli adeno-mixomi. Anche qui, come in tutti i tumori benigni o 
maligni, si possono trovare elementi di varia natura, formanti neoplasmi misti. 
Infine sulla parte posteriore delle fosse nasali vennero descritti dei polipi fibro- 
mucosi. Questi sono i mixo-fìbromi naso-faringei, da non confondersi coi polipi 
naso-faringei, poiché hanno una struttura mista, essendovi sempre una parte 
mixomatosa. Nascono difatti dalla mucosa nasale, nella quale l’elemento fibroso 
cresce a misura che essa si avvicina alla faringe. 

I mixomi del naso hanno quasi sempre un rivestimento epiteliale completo, 
che è uguale a quello della pituitaria. Questo epitelio da vibratile si fa stratificato 
nelle porzioni di tumore che sporgono all’esterno. Il loro peduncolo parte dal tessuto 
cellulare della mucosa o della sottomucosa: non vi sono vasi abbondanti, donde 


la scarsa emorragia durante l’estirpazione. Nessun nervo ; quindi insensibilità com¬ 
pleta della massa poliposa. Non aderiscono tenacemente all’osso, eccezion fatta 
però pei polipi fìbro-mucosi. 

L’evoluzione anatomo-patologica dei polipi mucosi ha molti punti interessanti. 
Se il loro sviluppo è rapido possono o subire alterazioni disorganizzandosi, o prò- 




102 


Tumori delle fosse nasali 


vocare disturbi di vicinanza, spostare la porzione cartilaginea del naso o deter¬ 
minare una incurvatura del setto. Lo scheletro osseo resiste quasi sempre molto 
bene alla loro azione, meno intensa di quella dei veri fibromi naso-faringei. 

Un punto controverso è quello della loro possibile trasformazione istologica (1). 
Schiffers (di Liegi), ne registrò degli esempi; in alcuni individui al di sopra dei 
cinquantanni, neoformazioni presentanti i caratteri istologici dei polipi mucosi 
finirono per assumere il decorso e la struttura di neoplasie maligne. 

Eziologia. — La causa dei polipi mucosi non è nota. Si trovano di prefe¬ 
renza nell’età adulta, più spesso nell’uomo che nella donna. Venne da alcuni 
sostenuta finfluenza dei traumi, però di rado questo fattore eziologico si può 
constatare; il freddo umido e le corizze croniche si possono considerare quali 
epifonemi e non quali fatti preesistenti. Si parlò pure di influenze diatesiche. In 
realtà si sa nulla di preciso in proposito. 

Sintomi. — Nei primi periodi la malattia non ha sintomi speciali. Si inizia 
in genere coi disturbi proprii alla corizza cronica. Il paziente ha un senso di oc¬ 
clusione nasale, sternuti frequenti, senso di secchezza speciale e di tensione delle 
fosse nasali. A poco a poco aumenta la secrezione nasale dapprima con caratteri 
mucosi, più tardi con caratteri purulenti. Può esser mescolata a sangue; talora 
si producono vere epistassi quando i pazienti si soffiano il naso. 

Questi fenomeni perdurano a lungo, talora la secrezione è copiosa, ed il pa¬ 
ziente ha dolori vivi, che vengono non dai polipi stessi, ma dalla pituitaria irritata 
per la vicinanza dei polipi. Il senso di occlusione nasale si accentua e si localizza. 
Il malato sente un intoppo in una od in entrambe le coane, ordinariamente limitato 
ad una sola, per la quale non può respirare, nè cacciar fuori aria. Questi sintomi 
aumentano e diminuiscono a seconda delle variazioni di umidità dell aria, essendo 
i polipi mucosi molto igroscopici. 11 paziente inspirando ed espirando, può sentire 
a muoversi la neoformazione. Secondo certi autori, il loro ondeggiare produr¬ 
rebbe un fruscio caratteristico ('bruti de drapeau dei Francesi) durante il passaggio 
dell’aria. Tutti questi fenomeni variano naturalmente colla forma, col volume e col 
numero dei polipi. 

Ad un certo periodo si producono disturbi funzionali olfattivi. L odorato dimi¬ 
nuisce o scompare, l’occhio è sede di una lacrimazione, sia per ostruzione del 
canale nasale, sia per fatto riflesso. L’udito può esser abolito in seguito al catarro 
della tuba Eustachiana, dovuta alla faringite, che si produce in seguito alla sop¬ 
pressione della respirazione nasale. Il paziente dorme a bocca aperta, russando 
in modo speciale. Le amigdale sono quasi sempre tumefatte, ipertrofiche, soggette 
ad attacchi frequenti di flogosi acute. Il paziente è come inebetito ed ha una 

facies caratteristica. 

(1) L’autore osservò all’ospedale della Charité, nella sezione del professor Trélat, un uomo 
di 30 anni operato quattro anni prima da Richet per polipi mucosi delle fosse nasali. Il loio 
numero era tale che fu necessario praticare l’operazione di Desprez (di S.-Quentin). Il paziente 
entrò alla Charité con una recidiva, venne ripetuta l’operazione. L’esame istologico praticato da 
Latteux dimostrò che trattavasi di sarcomi e in meno di 18 mesi il paziente morì di sarcomatosi 

diffusa. 


Polipi mucosi 


103 


L’esame diretto delle fosse nasali ci rende conto della causa di tutti questi 
disturbi. In alcuni casi, senza strumenti speciali, allontanando leggermente le ali 
del naso, si vede una massa carnosa, grigiastra, alquanto mobile, più appariscente 
durante i movimenti espiratori. Però nella grande maggioranza dei casi è d'uopo 
ricorrere alla rinoscopia anteriore e posteriore. Con questa è possibile rendersi 
conto esatto dello stato delle fosse nasali, vedere cioè, se vi sono lesioni della 
pituitaria, il numero e la sede dei polipi. Nei casi di polipi inseriti sull’orifìzio po¬ 
steriore, il dito introdotto dietro il velo mobile e ricurvato in alto, potrà fornire 
dati utilissimi; permetterà nei casi difficili di localizzare il punto di impianto, e di 
stabilire la consistenza dei polipi, che spesso in questa regione sono fibromucosi. 
È utile aiutarsi con una sonda molle, che introdotta nelle fosse nasali servirà a 
conformare ed a delimitare il tumore. 


L’evoluzione dei polipi mucosi è lentissima. Se non si interviene chirurgica¬ 
mente, lo stato generale e locale si aggravano e sopravvengono complicazioni. Le 
angine si fanno permanenti. Compaiono disturbi nell’apparato bronchiale. Unita¬ 
mente alla bronchite cronica si hanno talora veri accessi di asma , sui quali è 
d’uopo estendersi alquanto. L’asma in rapporto coi mixomi del naso venne notato 
dapprima da Duplay in Francia e da Voltolini in Germania, e fu lungamente 
studiato da Joal. Dalle osservazioni di questo autore risulta che l’asma vero coesiste 
spesso coi polipi mucosi, cessa dopo l’estirpazione dei polipi per ricomparire 
non appena questi recidivano. Si tratta in tale caso di asma nervoso, con crisi 
soffocatone notturne caratteristiche, che si manifestano negli individui artritici; 
può esser pure accompagnato da lunghe crisi sternutatone. Tutti questi fenomeni 
hanno per punto di partenza la pituitaria infiammata, la loro patogenesi si spiega 
per una azione riflessa che si esercita sulle fibre del pneumogastrico. 

Questo asma produce col tempo disturbi enfisematosi gravi con lesioni del cuore 
destro. Si vede da ciò quanto sia importante esaminare le fosse nasali in alcuni 
asmatici. 

In casi rari si osservano complicazioni locali ; in seguito ad esagerato sviluppo 
i polipi possono deformare le ali del naso, il setto ed abbassare il velo palatino. 
Se il canale nasale è compresso, si ha epifora permanente. 1 disturbi di compressione 
sono però poco accentuati e poco frequenti. Nei polipi fibro-mucosi, si possono 
osservare talora (Legouest, Panas, Trélat) dei disturbi che rassomigliano comple¬ 
tamente a quelli provocati dai fibromi naso-faringei. 


Esito. — L’espulsione spontanea dei polipi è molto rara, talora si ulcerano 
e si disaggregano. Alcuni autori dichiarano di averne osservata la regressione pura 
e semplice. In fine si videro sopraggiungere delle modificazioni consistenti in al¬ 
terazioni dei caratteri istologici, che da benigni diventano maligni. 


Diagnosi. — Il colore, la consistenza speciale, l’aspetto gelatinoso, la man¬ 
canza di emorragie notevoli, la scarsità di fatti da compressione locale, la cronicità, 
e le buone condizioni nello stato generale, tali sono i segni principali sui quali si 
fonda la diagnosi di polipo mucoso. 

Si praticherà sempre la rinoscopia nei casi di corizza cronica sospetta : spesso 



104 


Tumori delle fosse nasali 


con tal mezzo si evitano errori grossolani. Vennero scambiati per polipi mucosi delle 
bozze sanguigne , degli ascessi, differenti da quelli per sede, carattere ed evoluzione. 

Si confusero pure i polipi colle deviazioni del setto. Conviene notare in questo 
caso, che nelle deviazioni si lia concavità da una parte e convessità da quella 
opposta, fatto che si può constatare con tutta facilità per mezzo di una sonda 
introdotta nelle fosse nasali; si possono inoltre dalla anamnesi ricavare dati utili 
per la diagnosi differenziale, quali ad esempio il fatto che la lesione data dalla 
prima età, o che si manifestò in seguito ad un trauma. 

L’ipertrofia cronica della pituitaria non oblitera mai completamente una delle 
fosse nasali. L’aria esce sempre, quando si fa soffiare alternativamente il paziente, 
dall’una o dall’altra cavità. All’esame rinoscopico la mucosa ipertrofica nelle due 
fosse e specialmente in corrispondenza dei turbinati inferiori, è molto più rossa 
e vascolarizzata della massa poliposa, e si continua direttamente colle pareti vicine. 

I dati anamnestici, la consistenza, il rumore secco prodotto dalla sonda im¬ 
pediscono di confondere i mixomi coi corpi estranei delle fosse nasali. Tuttavia 
talvolta la diagnosi è difficile quando mancano i dati anamnestici, quando i corpi 
estranei sono incistidati in ripiegature della mucosa, e quando questi corpi estranei 
sono molli (spugna, fagioli, ecc.). 

I tumori sviluppati nelle cavità vicine, seni frontali, sfenoidali, mascellari, possono 
in certi casi aver l’apparenza dei polipi (Vedasi Ascessi del seno mascellare e polipi 
sintomatici). In genere però si differenziano per lo stato della pituitaria, pei segni 
fisici e per l’evoluzione. Più delicata e più interessante, dal lato clinico e tera¬ 
peutico, è la diagnosi differenziale coi tumori maligni delle fosse nasali e coi polipi 
fibrosi naso-faringei. I tumori maligni hanno di caratteristico il colore, l’opacità, la 
consistenza, la mancanza di pedicolo, spesso il loro punto di impianto sul setto, 
le ulcerazioni con secrezione fetida, le emorragie abbondanti al minimo contatto, 
il decorso rapido, la tumefazione dei ganglii e la cachessia. Conviene notare che 
certi tumori maligni, costituiti da epiteliomi cilindrici, possono per lungo tempo 
' presentare i caratteri fìsici dei polipi, ed assumere in seguito un decorso ed una 
evoluzione più rapida. L’esame istologico di un frammento potrà dare schiarimenti 
utilissimi. Gli altri tumori, osteomi, exostosi ed encondromi, si diagnosticano dalla 
loro consistenza. 

I polipi fibrosi naso-faringei possono inserirsi, come si disse, in corrispondenza 
dell’orifizio posteriore e rientrare, essendo di struttura mista, nel tipo dei polipi 
mucosi. Per quanto riguarda i veri polipi naso-faringei è difficile la confusione, 
data l’età ed il sesso prediletto da queste neoformazioni. Ricorderemo ancora che 
i polipi mucosi ed i fibrosi possono coesistere. 

Per lo più, la presenza di un fibroma vascolare unico, a base larga, impiantato 
nettamente dietro alle fosse nasali impedisce l'errore. In un periodo più avanzato 
le emorragie abbondanti, i disturbi da compressione così caratteristici, fanno un 
quadro clinico che l’esame diretto obiettivo conferma, mostrando delle masse carnose 
voluminose rossastre, resistenti, sessili, con prolungamenti multipli, i quali hanno 
una direzione obliqua in basso ed all’indietro, come la vòlta dalla quale provengono. 
Tutto questo si rileva colla palpazione. La loro consistenza dura ci permette di 
differenziarli dai polipi fibro-mucosi. 


Polipi mucosi 


105 


Conviene fare con cura la diagnosi di sede e di impianto dei polipi, e ricordarci 
che un polipo voluminoso spesso impedisce di vederne altri situati dietro ad esso, 
quindi di regola si dovrà praticare sempre la rinoscopia anteriore e la posteriore. 

Prognosi. — I polipi mucosi non costituiscono una malattia molto grave in 
sè. Però se non si interviene chirurgicamente i disturbi funzionali, le complicazioni 
e le recidive frequenti possono aggravare di molto la prognosi. 


Cura. — Si sono proposti molti metodi per distruggere queste neoplasie, 
parecchi dei quali sono caduti in disuso. 

Tra i processi dimenticati ricorderemo, l’essiccazione, il setone, la compressione, 
processi lunghi, fastidiosi e insufficienti. 

La legatura lenta sola, necrotizzando, ha potuto dare qualche successo. 

La cauterizzazione praticata dagli antichi chirurghi col ferro rovente o coi 
caustici potenziali, spesso è dannosa, di rado è pratica. Essa è un prezioso sussidio 
nelle operazioni, di cui tratteremo in seguito. 

I metodi di elezione per la distruzione dei mixomi nasali sono tre : l’escisione, 
la legatura estemporanea, e lo strappamento. 

L’escisione è di data molto antica; si pratica colle forbici o col bisturi, tirando 
i polipi con congegni speciali. Conviene con questo metodo usare molti riguardi, 
per evitare di produrre lesioni importanti. 

La legatura estemporanea può praticarsi in diverse maniere: si può adottare 
un serra-nodo, però non è sempre facile il collocare in modo adatto l’ansa me¬ 
tallica. Un istrumento molto lodato da Duplay è il polipotomo di Wilde, usato nei 
polipi del condotto uditivo. 

II chirurgo, dopo di aver esaminato bene la sede ed il volume del polipo, spinge 
la sua ansa metallica e fa fare al malato un forte movimento espiratorio, che 
caccia il polipo nell’ansa. Per lo più non si arriva ad afferrare il peduncolo del 
tumore, ma lo si strozza nel suo mezzo ; da ciò la necessità di applicazioni ripetute. 
Può pure servire utilmente l’ansa galvanica. Wagnier (Lilla), che l’ha adottata, 
la loda pei polipi posteriori, e raccomanda di stabilire prima qualche aderenza, 
facendo passare la corrente quando il filo ha attorniata in parte la massa. Preso 
così il tumore si può distaccare con un movimento di trazione. 

Lo strappamento era praticato da Fabricio d’Acquapendente, che inventò la 
pinza a polipi. Senza il soccorso di mezzi di esplorazione, l’atto operativo era 
brutale; vennero prodotte con tale metodo delle fratture, delle lacerazioni dei 
cornetti e delle emorragie gravi. L’uso di alcuni accessori ha reso questo metodo 
possibile: Duplay ha contribuito a perfezionarlo. Invece di introdurre ristrumento 
alla cieca, bisogna dirigerlo colla vista, mediante il soccorso della rinoscopia an¬ 
teriore. Lo speculimi impedisce l’uso della pinza ordinaria troppo voluminosa. 
Duplay vi sostituì una pinza più piccola (fìg. 320), leggiermente curva, con arti- 
colazione molto vicina alle branche, che può insinuarsi molto bene nello speculimi. 
Lo strappamento praticato in tal maniera con un leggiero movimento di torsione 
costituisce un ottimo modo operatorio per la grande maggioranza dei polipi. 

Insomma la legatura estemporanea fatta col polipotomo può render utili servigi 



106 


Tumori delle fosse nasali 


nei polipi piccoli e numerosi, poiché essa dà poca emorragia. L’ansa galvanica 
conviene in buon numero di casi e nei polipi posteriori. 



Fig. 320. — Pinza Duplay pei polipi delle fosse nasali. 


Lo strappamento dà eccellenti risultati nella maggioranza dei casi. L’emorragia, 
che si manifesta dopo l’escisione dei primi polipi, ci obbliga a compiere l’operazione 
in diverse sedute. 



Fig. 321. — Pinza a polipi curva di Ruault. 


Infine l’escisione va riservata pei casi semplici di polipi poco numerosi e poco 
voluminosi. 

Tutte queste manovre possono praticarsi senza ricorrere ad operazioni preli¬ 
minari, destinate a dar luce, come nella cura chirurgica dei polipi naso-faringei. 
Tuttavia talora si è obbligati ad adottarle. L’operazione di Desprez di St-Quentin, 
che consiste nel distaccare il naso da un lato per rovesciarlo sull’altro, merita di 
essere raccomandata. 

Dopo queste manovre, dopo di avere esciso il punto di impianto non si dovrà 
dimenticare di praticare una leggiera cauterizzazione col ferro rovente o col cloruro 
di zinco o col bicromato di potassa. La cura consecutiva ha una grande impor¬ 
tanza: son da raccomandarsi le doccie nasali antisettiche, le insufflazioni astringenti 
e leggermente caustiche e la cura medica delle complicazioni ; solo con una cura 
consecutiva assidua si può sperare di prevenire le recidive assai frequenti dei 
polipi mucosi. 


IL 

ESOSTOSI 

Nelle fosse nasali possono svilupparsi esostosi semplici, che si originano sul setto 
o sul pavimento delle fosse nasali ; ordinariamente il loro volume non è maggiore 
di quello di un fagiuolo; in genere non dànno disturbi, per tale ragione la loro 
presenza viene scoperta accidentalmente. Le esostosi non presentano particolarità 
sia dal punto di vista della loro origine sifilitica, sia per l’anatomia patologica. 


Osteomi delle fosse nasali e dei seni 


107 




s \\ 


OSTEOMI DELLE FOSSE NASALI E DEI SENI 

Le fosse nasali ed i seni possono esser sede di produzioni ossee speciali, che 
compaiono spontaneamente all'epoca dell’osteogenesi (15 a 20 anni) e che possono 
esser indipendenti dallo scheletro od aderirvi intimamente. 

Gli osteomi delle fosse nasali sono tumori rari; risiedono nelle fosse nasali o 
nelle cavità annesse (seni) o vicine (orbita). 

Il seno frontale è quello più spesso affetto, difatti ci fu possibile di riunire 
40 casi di tumori di questa regione (1) 
e solo un piccolo numero di osteomi 
delle fosse nasali, dei seni mascellari 

gici; per tali ragioni non abbiamo : y\ fe --'mk 

voluto scindere questo studio e de- 

scrivere a parie gli osteomi delle l<>—<• jf 

Sviluppano nel naso risiedono sul pjg 322. — Esostosi eburnea delle fosse nasali tolta per 
• . 1 11 p „ • • fe vie naturali (riproduzione di un pezzo patologico del 

pavimento delle fosse nasali, in vi- Ettore pamard). 
cinanza del limite tra narici e fosse 

nasali propriamente dette ; possono però anche prender origine sulla parete laterale 
e in vicinanza della vòlta (osso unguis) (4). 

La loro forma di solito ovale od arrotondata si adatta a quella della cavità 
che li racchiude; ma quando gli osteomi hanno passato i limiti della cavità che 
li contiene e perforata la parete ossea, subiscono nella loro parte mediana una 
specie di strozzamento; questo strozzamento in corrispondenza dello scheletro 
nasale dà loro l’aspetto di un orologio a sabbia. 

Il loro volume è variabile: possono raggiunger la grossezza di un uovo di pollo: 
un osteoma tolto da Michon aveva 7 centimetri di diametro. 

La superfìcie non è liscia e regolare, ma bernoccoluta, con rilievi ed anfrattuosità. 
D’Olivier (5) divise questi tumori in osteomi duri e molli, i primi costituiti da 

tessuto compatto, i secondi da tessuto spugnoso. 

Gli osteomi duri sono i più frequenti. La loro durezza è superiore a quella 
dell’avorio (Duplay) (6), tanto che si videro spuntarsi contro di essi gli istrumenti 




(1) Martin, Contribution à l’étude des tumeurs da sinus frontal. Parigi 1888, pag. 23 e seguenti. 

(2) Berger, La chirurgie du sinus sphénoidal. Parigi 1890, pag. 37 e seguenti. 

(3) Andrews, Netv-York med. Record, 1887. 

(4) Montaz, Nota su di un caso di osteoma delle fosse nasali; Gaz. des hùpit., G, 11 die. 1888. 

(5) D’Olivier, Sui tumori ossei delle fosse nasali e dei seni facciali. Tesi di Parigi, 18G9. 

(G) Patliologie externe, t. Ili, p. 840. 





108 


Tumori delle fosse nasali 


chirurgici, senza poterli intaccare. Sono costituiti da lamine sottilissime sovrapposte 
le une alle altre e disposte a strati concentrici, in modo che la loro sezione ricorda 
esattamente quella di alcuni calcoli urinari. Solo manca il nucleo il quale è costituito 
dalla stessa sostanza delle parti periferiche; talora il centro è costituito da tessuto 
spugnoso (Montaz). 

Nella esostosi molle o spugnosa per contro, il guscio solo ha la consistenza 
delle lamine ossee compatte; essa ha in genere un mediocre spessore. Dalla sua 
faccia interna si irradiano, convergendo verso il centro, una serie di aghi ossei, 
che circoscrivono degli spazi regolari, occupati da un vero tessuto midollare. 

L’osteoma a qualunque varietà appartenga, è ricoperto da una membrana 
fibro-mucosa, che è un prolungamento della membrana pituitaria, la quale fun¬ 
ziona per l’osteoma da vero periostio. La faccia sua profonda è coperta da uno 
strato di cellule giovani suscettibili di una attiva riproduzione (Duplay). 

La struttura di questi tumori è quella del tessuto osseo normale, con osteo- 
plasti e con canali di Havers. 

Quali sono i rapporti di questi tumori collo scheletro? Follin (1) ed i primi 
osservatori avevano già notata la poca aderenza di queste neoformazioni allo 
scheletro ; questa disposizione anatomica costituisce per quest’autore il carattere più 
evidente di questi tumori. 

Dolbeau (2) pensava che l’esostosi fosse libera nella cavità dei seni, fosse cioè 
come una noce nel suo guscio, e che bastasse una finestra assai larga per poterla 
enucleare (3). 

Questa varietà di osteomi non aderenti (osteomi morti dei Tedeschi) esiste 
certamente ; in questo caso il tumore, completamente indipendente, occupa una 
cavità speciale rivestita da una specie di mucosa. Però occorre esser avvertiti che, 
in un gran numero di casi, il tumore aderisce allo scheletro. 

Il peduncolo può essere piccolo, fatto da tessuto eburneo, più spesso osteo-fìbroso, 
talora attraversato da una o due arteriole ; non ha nè la durezza, nè la resistenza 
della massa principale del tumore. 

Spesso vi ha pure una fusione, un’aderenza intima dell’osteoma e della parete 
ossea; per togliere il tumore bisogna sminuzzarlo (osservazione personale dell’Autore) 
o toglierlo strato per strato, colla forbice di Liston (Panas) (4). 

Il chirurgo può trovarsi quindi di fronte a tre categorie di osteomi: a) liberi 
o mobili; b) aderenti per un peduncolo sottile ; c) fissi aWosso. 

La causa di tale differenza ci sfugge ; tuttavia Montaz pensa che vi è un rap¬ 
porto non dubbio tra l’aderenza dell’osteoma allo scheletro e l’epoca della vita 


in cui cominciò a prodursi: inizio durante la gioventù ed aderenza; inizio alVeta 


matura e mobilità. 


(1) Follin, Tumori ossei non aderenti alle ossa; Società di Biologia, 1850-1851. 

(2) Dolbeau, Memoria sulle esostosi del seno frontale; Bulletin de VAcad. de Méd ., 1886. 

(3) Richet, nella sua Relazione all’Accademia sulla Memoria di Dolbeau, fa giustamente notare 
che l’osservazione di questo autore non appoggia la sua teoria. Difatti si dovette, in questo caso, 
spiegare una tal forza per distaccare il tumore, che esso si divise in due parti. 

(4) Panas, Revue de Chirurgie, 1885. 


Osteomi delle fosse nasali e dei seni 


109 


Patogenesi ed eziologia. — La patogenia degli osteomi è ancora molto 
oscura. 

Gloquet considerava tali tumori quali polipi ossificati, ma tale opinione non è 
più sostenibile, poiché non si è mai osservata una vera ossificazione dei polipi , 
mentre è ammessa una calcificazione, cosa ben differente. 

L’idea di Rokitansky, il quale considerava gli osteomi quali eccondromi ossi¬ 
ficati, è più seducente. Ma siccome in nessun periodo dell’evoluzione di questi 
tumori fu possibile scoprire nella loro struttura una cellula cartilaginea, così questa 
opinione deve essere abbandonata. 

Se oggidì i chirurghi si accordano nel ritenere che gli osteomi si originino 
dalla parete nasale, discutono però per sapere se essi sieno una emanazione del¬ 
l’osso, del periostio o della membrana di Schneider. 

Origine ossea. — La teoria deW'esostosi ha numerosi partigiani; tuttavia non 
trattasi di esostosi ordinarie; l’assenza di una larga base di impianto, la natura 
del tessuto eburneo differente da quello dello scheletro, 1’esistenza di strati con¬ 
centrici, costituiscono altrettanti caratteri speciali (Duplay). 

Per Virchow si tratta di enostosi, cioè di esostosi particolari nascenti dalla 
diploe e perforanti il tavolato esterno dell’osso per portarsi all’esterno. 

Se questa origine scheletrica non ci spiega gli osteomi indipendenti, risponde 
però a certi fatti ben osservati, nei quali Yosteoma si è sostituito all’osso della 
parete ed lia spinto all’indentro la pituitaria senza distruggerla (Montaz). 

Origine periostea (1) o fìbro-mucosa. — Gli autori del Compendium de Chirurgie 
avevano già emesso l'ipotesi dello sviluppo di queste neoformazioni alle spese di 
concrezioni, specie di stalattiti riscontrate qualche volta da essi sulle pareti dei 
seni. Dolbeau accettò questa teoria basata oggidì su reperti anatomo-patologici. 
Nel 1855 Verneuil presentò alla Società di Biologia il seno mascellare di un uomo 
di 25 anni, sulla mucosa del quale si notavano delle piccole concrezioni ossee molto 
aderenti. 

Per contro, Sappey ammette ( Anatomie , t. Ili, p. 693, 3 a edizione 1877) che 
questo periostio ha una grande predisposizione ad impregnarsi di sali di calce, e 
che potè constatare due volte la presenza di una semplice lamina ossea nel suo 

spessore. che può ossificarsi, e che ossificandosi continua a restare indipendente 

dalla parete sottostante. 

Se la teoria di Virchow spiega gli osteomi aderenti o fusi all’osso, conviene 
però ricorrere all’ipotesi dell’origine periostea di questi tumori, nei casi in cui 
questi sono assolutamente liberi ed indipendenti. 

La causa intima dello sviluppo degli osteomi ci sfugge in modo assoluto, e 
l’influenza della scrofola, della sifilide, dei traumi non è confermata in modo 
positivo. 

Un fattore eziologico certo, ma non assoluto (2), è quello dell’età; si tratta di 
una malattia osteogenica, che predilige l’infanzia e l'adolescenza; difatti gli è nel 
periodo dai quindici ai venti anni che si trovano questi tumori. 

(1) L’ipotesi di una periostite cronica conducente ad una neoproduzione ossea venne abban¬ 
donata, poiché non fu finora possibile trovare sull’osso sottostante traccia di lavorìo infiammatorio. 

(2) Il paziente esaminato da Montaz aveva cinquantadue anni, 



110 


Tumori delle fosse nasali 


Sintomi. — Gli osteomi delle fosse nasali restano latenti per un lungo periodo, 
non determinano che un senso di chiusura del naso e tendenza alle emorragie 
nasali. 

Secondo periodo. Dopo varii mesi di evoluzione il tumore delle fosse nasali 
raggiunge uno sviluppo sufficiente per produrre tre ordini di sintomi : a) fenomeni 
compressivi,; b) disturbi di ostruzione; c) deformazioni. 

I fatti compressivi sono caratterizzati da dolori diffusi, senso di compressione 
nelle narici, cefalalgie, nevralgie talora ostinate. 

Impedito passaggio dell'aria da una delle narici, respirazione penosa, perdita 
dell’odorato, tali sono i disturbi da ostruzione. 

Le deformazioni si manifestano in corrispondenza dell’ala del naso, che vien 
sollevata, e sul solco naso-geniale, che si appiattisce ; la guancia pure non tarda 
a venir spinta aU’infuori. 

Quando l’osteoma nasale produce tali disturbi funzionali, ò facile constatare 
colla rinoscopia anteriore l’esistenza del tumore osseo. Si nota un corpo duro, 
occupante una delle fosse nasali, di colore nerastro, risonante al contatto della 
sonda, come un sequestro osseo, il setto vien spinto dalla parte opposta a quella 
del tumore. 

II dito introdotto dietro al velo palatino permette inoltre di sentire e di toccare 



la parte posteriore dell'esostosi e di determinarne il diametro. In fine l’esplorazione 

fatta coll’ago-puntura, nella quale l’ago si 
curva o si rompe alla punta, ci dà un’idea 
della durezza eccessiva del tumore e ci per¬ 
mette di completare la diagnosi (Duplay). 

La mucosa pituitaria che è a contatto 
coll’osteoma si necrotizza, da ciò una ulce¬ 
razione che è il punto di partenza di una 
rinite fetida. 

In ultimo periodo, il tumore può oltre¬ 
passare i limiti dello scheletro nasale (epifora, 
tumore lacrimale), spostare rocchio, dando 
esoftalmia, congiuntivite, edema delle palpebre. 

Gli osteomi dei seni stanno essi pure latenti 
durante tutto il periodo della loro evoluzione 
intracavitaria; ma quando pel loro volume 
determinano una compressione parietale, di¬ 
ventano dolorosi, e la sede di tali dolori, la 
oro irradiazione alle diverse branche del trigemino (alla fronte, alle tempia, all orbita, 
li denti) sono in rapporto col punto di partenza frontale, sfenoidale, etmoidale, 

nascellare delle esostosi. 

I tumori ossei sono in genere limitati alla cavità in cui ebbero origine ; ma oltre- 
Dassandone i limiti, possono estendersi alle fosse nasali o sporgere da una delle 

pareti dei seni. 

A seconda della direzione verso la quale gli osteomi si propagano uscendo 


Fig. 323. — Esostosi del seno mascellare 

sinistro. 


dalla loro cavità, variano i loro 


sintomi, la loro gravità operatoria e la prognosi. 



Osteomi delle fosse nasali e dei seni 


111 


Gli osteomi del seno mascellare, notevoli pel loro volume (1). spesso sporgono 
all’esterno, respingendo la parte esterna della guancia (2). 

Gli osteomi del seno frontale oltre al determinare violenti dolori, per compressione 
sui nervi frontali, spostano rocchio in avanti ed in basso, provocando esoftalmo, 
edema congiuntivaie e palpebrale, ed anche cecità (3). In un periodo più avanzato la 
parete del seno può esser usurata, distrutta in vari punti, come nel caso di Jobert, 
citato da Duplay (fig. 324); si sente allora un tumore duro, regolare o bernoc¬ 
coluto, liscio o rugoso, completamente immobile, sporgente sotto la pelle o nella 
cavità orbitaria (4). 

I fenomeni oculari descritti sono comuni agli osteomi orbitari ed a quelli del 
seno frontale; spesso è difficile stabilire se il punto di partenza della neoforma¬ 
zione è nel seno, oppure se non vi pe¬ 
netrò secondariamente. 

Questa identità di sintomi non ci 
parrà strana quando si pensi che gli 
osteomi del seno frontale e gli osteomi 
orbitarii sono della stessa famiglia, e 
si sviluppano entrambi nella stessa 
regione. 

Più gravi, soprattutto dal punto di 
vista operatorio, sono i casi in cui 
l’osteoma sporge nella cavità craniana. 

Panas operò una donna, nella quale 
un osteoma frontale penetrava fino 
sotto le meningi, e citò il caso di Badai, che dopo di aver tolta la porzione 
orbitaria della esostosi, vide denudata la superficie cerebrale. 

Oltre al dare propaggini nell’orbita e nel cranio, Y osteoma può pure diffon¬ 
dersi alle cellule etmoidali. Berger e Tyrman (5) ne citano dieci casi. 

Gli osteomi del seno sfenoidale dànno dapprima fenomeni di compressione sul 
nervo ottico e in un periodo più avanzato, dopo di aver perforato le pareti del 
seno, si propagano verso le cavità vicine (naso e faringe nasale, cellule etmoidali 
ed orbita). Questi tumori, a sviluppo lento, potrebbero pure penetrare nella cavità 
cranica, senza dar luogo ad alcun fenomeno soggettivo; però in questo caso si 
dovrebbe avere una cefalalgia violenta (Lucke e Berger). 



Fig. 324. — Osteoma del seno frontale 
(Museo di Dupuytren). 


(1) Fergusson osservò un osteoma del peso di 300 a 400 gr. ; una neoformazione di identica 
natura tolta da Miclion, pesava 120 grammi. 

(2) Lambì descrive un preparato del museo di Firenze, consistente in un enorme tumore osseo, 
all’interno eburneo, all’esterno parte coperto di spicole, parte spongioso, sporgente dal seno 
mascellare (Virchow, Trattato sui tumori, t. II, lez. 17, in Duplay, 1. c.). 

(3) Un paziente di Panas era affetto da atrofìa papillare completa; egli percepiva ancora la 

luce, ma non altro (Panas, Bevne de Chirurgie, 1885). 

(4) Gli osteomi del seno frontale occupano, in qualche caso, i due seni e fanno sporgenza 
nelle due orbite (Osserv. di Baillie, d’Evans, nella tesi di Martin, loco citato). 

(5) Berger und Tyrman, Die Krankheiten der Keinbeinliohle und des Siebbeim labyrinthes. 

Wiesbaden 188G. — V. Tesi di Martin, loc. citato. 







112 


Tumori delle fosse nasali 


Diagnosi. — È difficile fin che la neoformazione non sporge all’esterno 
o non è accessibile all'esame. Ma quando il tumore è abbastanza visibile da 
poterne valutare tutti i caratteri, durezza, consistenza (colla sonda), punto di 
impianto, decorso lento, allora si hanno dati sufficienti per distinguere queste 
neoformazioni dai polipi fibrosi, clic sono molli, sanguinanti, impiantati sulla faringe 
nasale, e dalle esostosi specifiche, che sono multiple, non oltrepassano il volume di 
un fagiuolo, non danno disturbi, e si trovano unitamente a lesioni analoghe in 
altre parti del corpo. 

Un calcolo delle fosse nasali, ricoperto da sali di calce, dà alla sonda la stessa 
sensazione di un osteoma delle fosse nasali. Gli antecedenti, la durezza minore 
del corpo estraneo, che si lascia intaccare da un ago esploratore, mentre questo 
si spunta contro un osteoma, la composizione delle particelle esportate, che sono 
cretacee nei calcoli, ossee negli osteomi, permettono nei casi dubbi di chiarire la 
diagnosi (V. Illuminazione per trasparenza delle cavità della faccia per la diagnosi 
degli osteomi del seno mascellare, pag. 15). 

Decorso. — Durata. — Esiti. — Si tratta di malattia lenta e progressiva, 
che richiede mesi ed anni prima di portarsi alfesterno; il caso di Hilton di elimina¬ 
zione spontanea del tumore attraverso ad una lamina ossea necrosata è eccezionale. 

Prognosi. — Deve esser molto riservata, trattandosi di un tumore che cresce 
costantemente, che non subisce un’involuzione spontanea, che sviluppandosi dà 
compressioni e deformazioni gravi, che dà propaggini nelle parti vicine, fino al 
cranio, che richiede sempre un intervento operativo difficile e pericoloso. 

Cura. — L’estirpazione è la sola operazione, che convenga agli osteomi nasali 
e mascellari; ma, come giustamente osserva Dolbeau, si deve intervenire senza 
ritardo, non appena si ha la certezza della esistenza di un osteoma; in tali con¬ 
dizioni per mezzo di una larga breccia, che si scava nel solco genio-nasale o nella 
fossa canina è possibile estirpare di un sol colpo il tumore. Voler frantumare un 
osteoma della durezza dell’avorio è quanto esporsi a rompere gli istrumenti, ed a 
fratturare le ossa vicine, facendo leva su di esse. 

Allorquando la breccia ossea è sufficientemente larga da permettere l’uscita 
dell’osteoma, bisogna afferrarlo con una tanaglia, mobilizzarlo ed estirparlo. 

Disgraziatamente queste considerazioni operatorie non sono applicabili agli 
osteomi dei seni frontali e sfenoidali : Per tali tumori molto aderenti son necessari 
grandi sforzi onde distaccarli; quando vi sono prolungamenti nella cavità cranica 
accade talora di dover aprire il cranio, mettendo a nudo le meningi (Panas) ed 
il cervello (Badai) ; non ci dobbiamo quindi stupire se la mortalità operatoria è 
così grande, 30 per 100 dei casi operati secondo la statistica di Berlin. 

Panas, giustamente preoccupato da questi casi disgraziati, considerando d altra 
parte che il decorso delle esostosi è lento, spesso stazionario, consiglia di aspettare 
il più lungamente possibile prima di intervenire. Se l’osteoma minaccia 1 occhio, 
conviene fare la resezione parziale. Se l’occhio è già alterato, allora conviene 
enuclearlo. 


Angiomi delle fosse nasali 


113 


Non vi ò quindi una regola uniforme di condotta per gli osteomi ; se essi sono 
intra-nasali o mascellari si agirà come consiglia Dolbeau, ma se si tratta di un 
osteoma frontale o sfenoidale, se si suppone che vi sia un prolungamento intra- 
cranico, allora conviene astenersi o procedere con precauzione, secondo le esigenze 
del caso, onde non esporsi a complicazioni mortali. 

IV. 

ANGIOMI DELLE FOSSE NASALI 

Gli angiomi veri sono tumori rari, non si devono però confondere colle ectasie 
venose del setto (Villedary, Tesi di Bordeaux 1887), o coi fibromi vascolari primiti¬ 
vamente sviluppatisi nella faringe nasale e invadenti in seguito le fosse nasali. 

Roe (1) di Rochester, Jarvis (2), Lue (3), hanno studiato questa varietà di tumori 
vascolari. In una Memoria, la quale ci riuscì utilissima nello scrivere questo capitolo, 
Lue ebbe il merito di distinguere gli angiomi veri, dai fibromi naso-faringei va¬ 
scolari: egli, riunì nove casi di angiomi veri, sui quali si basò per descrivere il 
quadro della malattia. 

Eziologia. — I dati fornitici dal sesso, dall’età non hanno importanza di sorta, 
così pure noi ignoriamo le cause occasionali di questa malattia: il paziente osservato 
da Verneuil aveva oltre all’angioma nasale, una serie di nèi (faccia, mucosa boccale). 

Anatomia patologica. — Ordinariamente una sola fossa nasale è colpita, 
più spesso la sinistra (7 volte su 9). Il punto di impianto ha una base ampia, sulla 
parte alta del setto, talora anche sulla vòlta o sui cornetti superiori (4). 

Nei soli casi in cui esiste una descrizione istologica (Clinton Wagner, Delavan, 
Roe, Lue) si trova associato tessuto mixomatoso e cavernoso; il tumore osser¬ 
vato da Clinton Wagner non era omogeneo; si trovavano delle parti mixomatose, 
fìbro-mixomatose e cavernose. Nel caso di Roe si aveva una degenerazione angio- 
mixosar comatosa. 

Sintomi. — Ostruzione di una fossa nasale, epistassi gravi, a ripetizione e 
sempre dalla stessa narice, tali sono i sintomi iniziali della malattia. 

Il tumore è arrotondato, irregolare, a superficie liscia, di colore rossastro o 
blu scuro, elastico, renitente, aderente per una base ampia alla parte superiore 
delle fosse nasali. 


(1) Roe, New-York med. Journ., 15 gennaio 1886 (con una osservazione personale e riassunto 
dei casi di Verneuil (1875), Clinton Wagner (1884), Seder, Delavan, con bibliografia in Lue). 

(2) Win. C. Jarvis, Vasculars Tumors of thè nasal passages, and their treatment by crusliiug 
witli thè cold snare, with thè history of a successful case ; Int. Journ. of sùrgery and antisept ., 
Voi. I, n. 1, 1888, analizzato da Lefferts, in Centralbl. of laryng ., 1888 (1889, p. 378). 

(3) Lue, Contributo allo studio degli angiomi delle fosse nasali ; Ardi, de laryng., n. G, 1890. 
Nota importante, con due osservazioni personali. — Vedasi ancora H. Burkhardt, Angiome der 
Nasenscheidewand ( Bericht ùber den Betrieb des Ludicigs Sjìitals Charlottenhilfe, in Stuggard, 
II, 1884-1886). 

(4) Roe (loc. cit.) fa notare che questi tumori non si inseriscono sui punti della mucosa 
nasale nei quali vi è tessuto cavernoso (mucosa dei turbinati inferiori e parte inferiore del setto). 

8. —- Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 



114 


Tumori delle fosse nasali 


Possono pure esservi battiti sincroni colla sistole cardiaca (Verneuil, Roe). Una 
puntura per quanto piccola dà luogo ad una emorragia che non ha tendenza a 
cessare spontaneamente (Jarvis, Lue). 

Diagnosi. — Potrebbesi scambiare un angioma con un polipo, quando non 
si tenesse conto del colore violaceo del tumore, delle epistassi a ripetizione, della 
poca mobilità, della sua larga base di impianto sul setto. Questo errore di diagnosi 
potrebbe esser causa di emorragia grave durante l’operazione (Lue). 

Prognosi. — È sempre grave a cagione delle emorragie spontanee e opera¬ 
torie, della recidiva e della possibilità di trasformazione del tumore in sarcoma. 

Cura. — I più svariati processi (ferro rovente, serra-nodo, ansa galvanocaustica, 
bisturi, cucchiaio, ed acido cromico, quale emostatico) furono usati per la distru¬ 
zione e l’ablazione dei veri angiomi; siccome in questo caso il vero pericolo è 
dato dalla emorragia, conviene fare tutto il possibile onde evitarla (sezione lenta, 
coll’ansa portata al colore rosso scuro, distruzione della base del tumore, caute¬ 
rizzazione del peduncolo possibile da illuminazione adatta, ecc...). L’elettrolisi 
potrebbe pure in questi casi trovare una utile applicazione. 

V. 

ADENOMI CILINDRICI 

Esistono nelle cavità nasali dei tumori costituiti completamente da elementi 
ghiandolari: tali sono gli adenomi cilindrici delle fosse nasali. 

L’esistenza di questi tumori venne scoperta da Robin. Verneuil ne cita un caso 
di cui tratta pure Pugliese nella sua tesi sugli adenomi delle fosse nasali (1). 

Nei due casi di Robin e Verneuil la base d’impianto della neoformazione era 
larga, e risiedeva nelle parti alte delle fosse nasali. Questi tumori differiscono dai 
polipi mucosi, per la loro consistenza e pei prolungamenti, che essi inviano nelle 
cavità vicine (seno mascellare, orbita); l’esame microscopico di un frammento nei 
casi dubbi, potrà risolvere la diagnosi. Con una ampia breccia (resezione parziale 
del mascellare superiore) Verneuil potè evitare una recidiva: però il paziente di 
Robin che aveva subito varie volte lo strappamento del polipo (Roux e Gosselin), 
soccombette per meningite. 

VI. 

ENCONDROMI DELLE FOSSE NASALI 

Questi tumori sono molto rari, ed i due casi pubblicati fin ora non bastano per 
poter dare un quadro clinico della malattia. 

Moldenhauer (loc. cit., pag. 1G6) osservò e pubblicò un caso di encondroma 
delle fosse nasali. Il suo punto di impianto era sulla parte cartilaginea, si era 
sviluppato ai due lati, invadendo il pavimento delle fosse nasali, dando così luogo 
ad un tumore considerevole. Trattavasi di un giovane cameriere, di venticinque 
anni, il quale aveva notato che l’ala sinistra del suo naso e la parte vicina del 
labbro superiore andavano a poco a poco ingrossandosi; respirava male dal naso; 
tale tumefazione, che gli deformava il volto, gli impediva l’esercizio della professione. 


(1) Pugliese, Essai sur les adéuomes des fosses nasales; Paris 1862. 


Encondromi delle fosse nasali 


115 


Il tumore, avente una base di impianto larga, era inserito sul pavimento della fossa 
nasale sinistra, e sulla parte anteriore ed inferiore del setto ; era duro, insensibile, 
bernoccoluto. Onde toglierlo Moldenhauer dovette tagliare il labbro superiore, al¬ 
largare 1 orifizio nasale sinistro, distaccando l’ala sinistra del naso con una incisione 
nel solco naso-labiale. Colle forbici e col bisturi distaccò il tumore, che si lasciò 
isolare con difficoltà dallo strato sottostante. L’emorragia fu piuttosto abbondante. 
Il tumore era formato da tessuto cartilagineo. 

Essendosi dopo sei mesi verificata una recidiva nella fossa nasale destra, Mol¬ 
denhauer ne praticò l’ablazione nella stessa maniera. 

Morestin comunicò alla Società di Chirurgia, nella seduta del 13 luglio 1888, un 
caso interessante di encondroma delle fosse nasali. Una giovane ragazza di quindici 
anni entrò all’ospedale della Pitié (15 luglio 1888) nella sezione Verneuil, affetta 
da tumore della regione del seno mascellare sinistro, grosso come il pugno di 
adulto, che si estendeva dalla cresta nasale fino a 3 centimetri al davanti del 
condotto uditivo esterno, e dalla radice del naso fino all’arcata dentaria. In alto 
l’orbita era completamente occupata, rocchio sinistro spinto in alto, all’esterno ed 
in avanti; vi era esoftalmo. La visione poco alterata. 

La fossa nasale destra era completamente otturata. La pelle sana, la sensi¬ 
bilità normale. 

Nessun dolore, non emorragia, non vertigine, non cefalalgia. Il tumore venne 
estirpato il 23 luglio 1888; si potè constatare che esso era impiantato sulla 
lamina cribrosa dell etmoide. 

Istologicamente era costituito da encondroma con cellule in via di sviluppo 
attivissimo. Conviene notare che la visione in questo caso persisteva, malgrado lo 
stiramento del nervo ottico, e persisteva la sensibilità dei tegumenti che coprivano 
il tumore, malgrado la scomparsa del nervo sotto-orbitario, ciò che l’autore attri¬ 
buisce alla sensibilità ricorrente? 

VII. 

PAP1LL0MI DELLE FOSSE NASALI (IPERTROFIA PAPILLOMATOSA) 

Non è facile classificare esattamente tutti i casi di papillomi delle fosse nasali. 
Si possono considerare come papillomi veri e ritenerli con Virchow quali fibromi, 
o considerarli quali ipertrofie, vegetazioni papillari comuni, dovute ad uno stato 
irritativo della mucosa manifestatosi durante il periodo di sviluppo o nelVetà senile 
(Thost, Deut. med. Woch., n. 21, 1890). 

Quest’ ultimo modo di considerare le ipertrofìe papillomatose a noi pare più 
giusto e conforme ai dati della istologia (1), concordando con quanto riscontrarono 
nei loro studi Moure, Ruault e Chatellier (2). 

(1) Quénu (Tumeurs, 1.1, p. 352) non classifica i papillomi tra i neoplasmi. L’ipertrofia papillare 
non sarebbe che una lesione banale dovuta all’irritazione del derma, talora semplice, talora settica, 
virulenta, parassitarla o nonciò che ha potuto far considerare i papillomi quali neoplasmi si 
fu il fatto, che qualche volta da un papilloma si sviluppa un epitelioma; ma lo stesso fatto non 
si verifica forse nelle cicatrici e in tutti i punti della pelle soggetti ad una irritazione cronica? 

(2) Questi autori credono che queste masse papillomatose siano dovute ad ipertrofie circoscritte 
della mucosa (ipertrofie mixomatose). 


116 


Tumori delle fosse nasali 


Così si spiegano le varie forine di queste ipertrofie, la loro sede variabile, la 
loro scomparsa spontanea, la recidiva, e la benignità, poiché non si generalizzano. 

Le ipertrofie papillomatose sono paragonabili ai papillomi a cavolfiore (creste 
di gallo) dei genitali, sono isolate, per lo più multiple; hanno sede diversa da 
quella dei polipi mucosi: si trovano di preferenza sulla mucosa che ricopre il 
meato inferiore; si trovano pure sia isolati, sia a gruppi sulla faccia inferiore del 
cornetto inferiore nel punto in cui comincia ad accartocciarsi: crescendo si estendono 
sul meato inferiore. La parete corrispondente del setto, il cornetto medio nella sua 
parte anteriore (Ruault), o posteriore (Moldenhauer), possono pure esser sede di 
vegetazioni papillomatose. — Spesso, contrariamente a quanto accade nei polipi 
mucosi, sono localizzati ad una sola delle coane nasali. 

In genere tali vegetazioni sono piccole, non raggiungono mai il volume dei polipi 
mucosi ; tuttavia possono in casi speciali avere dimensioni discrete (Moldenhauer), 
fino alla grossezza di un uovo di pollo (Gompez [Vienna], Monatsch. f. Ohren., 1889, 
n. 2, pag. 25), o raggiungere le dimensioni di una grossa mora (Noquet [Lilla], 
Associazione francese d’Otol., ecc., 10 maggio 1889). 

Queste ipertrofie papillomatose possono dar origine a tre sorta di fenomeni: 
emorragie, scolo siero purulento, ostruzione delle fosse nasali, i quali inducono i 
pazienti a presentarsi al medico. All’esame si nota in una delle fosse nasali una 
neoformazione solitaria o diverse piccole masse a superficie irregolare lobulate a 
guisa di cavolfiore o di lamponi. Il minimo contatto colla sonda provoca uno 
scolo di sangue. I fenomeni di ostruzione sono in genere poco pronunziati. Tut¬ 
tavia E. Fletcher Ingals riferì (11 Congresso della Società americana di laringologia, 
Washington, 30 e 31 maggio e 1 giugno 1889) la storia clinica di un individuo di 
46 anni di età, soggetto a crisi di laringo-tracheite che parevano in rapporto con 
una mancanza di permeabilità della fossa nasale sinistra, a cagione di piccoli 
papillomi (tumori verrucosi), che impiantati dapprima sul setto, recidivarono osti¬ 
natamente varie volte, malgrado energiche cauterizzazioni, comparendo non solo 
sul setto, ma sul pavimento e sulla estremità anteriore del cornetto inferiore. 

Cura. — Quando questi tumori hanno uno sviluppo notevole, si possono 
estirpare col serra-nodo o coll’ansa galvanica. Un metodo più semplice, del quale 
ci siamo serviti in casi di piccole vegetazioni che abbiamo avuto a curare, è 
quello dell’ablazione col cucchiaio tagliente, e della cauterizzazione del punto di 
impianto col termocauterio. È strano vedere con quanta facilità le vegetazioni 
cedono all’uso del cucchiaio. L’anestesia locale da cocaina basta nel caso di tumori 
solitari e facilmente accessibili, l’anestesia generale col cloroformio devesi riser¬ 
vare per le ipertrofie papillomatose agminate situate più profondamente. La cura 
ante-operatoria consiste in irrigazioni boriche; dopo l’ablazione è consigliabile una 
medicatura intra-nasale al salolo. 


Vili. 

TUMORI MALIGNI DELLE FOSSE NASALI (EPITELIOMA, SARCOMA, TUMORI MISTI) 

Questi tumori, descritti sotto il nome di cancri delle fosse nasali, sono costituiti 
anatomicamente da epiteliomi, sarcomi, più spesso da tumori misti (epitelio-sarcomi). 



Tumori maligni delle fosse nasali (epitelioma, sarcoma, tumori misti) 


117 


Non si ha un solo esempio di carcinoma primitivo delle fosse nasali (Terrier, Gornil 
e Ranvier). 

Non si devono confondere questi tumori maligni primitivi con quelli che nascono 
da ossa vicine ed invadono consecutivamente le cavità nasali. 

Secondo che la neoplasia risiede all’entrata delle fosse nasali (rivestimento interno 
delle narici) o sulla mucosa pituitaria, l’epitelioma è pavimentoso od a cellule cilin¬ 
driche. 

Questa forma si distingue pel decorso lento, invadente e per la tendenza alle 
recidive ; abbiamo osservato un paziente affetto da epitelioma della faccia interna 
della narice; in quattordici anni, malgrado tre operazioni fatte da abili chirurghi, 
l’epitelioma portò a distruzione tutto il naso, la vòlta palatina, una parte dei 
mascellari superiori, i due globi oculari e le parti molli vicine, palpebre e labbro 
inferiore. Questo povero disgraziato aveva un aspetto ributtante, schifoso. In luogo 
del naso, del setto, della vòlta palatina, esisteva un’enorme apertura attra¬ 
verso alla quale si vedeva la faccia anteriore della faringe e la faccia dorsale 
della lingua; attorno a questa perdita di sostanza vi erano ulcerazioni a base di 
tessuto epiteliale, si vedevano inoltre due piccole masse ovoidi, indurite, unico 
vestigio dei globi oculari (1). 

I sarcomi delle fosse nasali sono rari; possono svilupparsi in ogni punto di 
questa cavità ; si trovano di preferenza sul setto (fibro-sarcomi) ; talora si sviluppano 
a spese della sola mucosa, talora a spese delle ossa, sotto forma di osteo-sarcomi. 

Duplay cita un bell’esempio di sarcoma fibro-plastico della pituitaria, e 0. Weber (2) 
descrive un caso di glio-sarcoma. Durante (3) publicò un caso di tumore misto 
osservato dal dott. Lue e dall’autore. 

Questi tumori, che si sviluppano nelle persone di età piuttosto avanzata, sono 
caratterizzati dal rapido sviluppo e dai fenomeni di ostruzione nasale. Gli altri 
sintomi quali le epistassi ribelli, la rinite fetida, dovuta alla decomposizione di certe 
parti della neoformazione, l’anosmia, sono pure particolari a queste neoformazioni 
maligne. 

Si presentano sotto aspetti diversi : talora sotto forma di tumori aderenti, talvolta 
bianco-grigiastri, di consistenza fibrosa, non ulcerati, talora sotto forma di proli¬ 
ferazioni polipose, di forma e di volume irregolare, occupanti tutto il lume di una 
fossa nasale. Quando il tumore è ulcerato, esso è costituito da una massa grigiastra 
di aspetto fungoso, facilmente sanguinante. 

Questi neoplasmi hanno una grande tendenza ad estendersi verso le parti vicine, 
talvolta spostate (oss. Duplay), più spesso invase; possono propagarsi attraverso 

10 scheletro all’esterno del naso o nella cavità del cranio attraverso l’etmoide. 

In due casi di cui uno appartiene a Lang (4) e l’altro fu osservato dall’autore, 

11 tumore sporgeva sul dorso del naso, sotto forma di una massa rossa, elastica, 
di aspetto fluttuante, tanto da potersi confondere con un ascesso o con una gomma. 

(1) Schmiegelow, Tumeurs malignes primitives du nez; Paris 1885. 

(2) 0. Weber, Pitha und Billroth, Hand. der allg. und spec. Chir ., t. Ili, p. 201. 

(3) Durante, Tumeur mixte des fosses nasales, envaliissement des lobes frontaux, abcès latent 
du cerveau, mort subite, autopsie; Arch. de laryng. et de rhin., p. 150, t. Ili, 1890. 

(4) Lang, Tumore maligno del naso (Soc. imp. dei medici di Vienna, 1889). 



118 


Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali 


Lang comprese l’origine intra-nasale del tumore, per resistenza di proliferazioni 
polipose intra-nasali ; nel nostro paziente l’ostruzione nasale, l’anosmia ci permisero 
dopo alcuni giorni di esitazioni di fare la diagnosi. 

La propagazione al cervello talora non è indicata da alcun sintomo apprezzabile: 
nel paziente affetto da epitelio-sarcoma delle fosse nasali (oss. di Durante) e che 
morì subitamente nella mia sezione d’ospedale, vi era una distruzione della parete 
superiore delle cavità nasali, con estensione del processo ai lobi frontali, ed un 
enorme ascesso cerebrale. Ora nessun sintomo aveva permesso nè al Dott. Lue, 
nè a me, di supporre che i lobi frontali fossero alterati. 

La prognosi di questi tumori è gravissima. Il rapido sviluppo, la loro tendenza 
a diffondersi, a necrosarsi, a propagarsi nella cavità emiliana, le emorragie, che li 
accompagnano fanno sì che in breve conducono a morte. Sono possibili le genera¬ 
lizzazioni, e Bouilly ce ne comunicò un caso indiscutibile. 

La cura chirurgica è sempre incerta, difatti la tolleranza cerebrale è tale che 
spesso si trovano diffusioni nel cervello non sospettate. Inoltre, data la natura an¬ 
frattuosa e difficilmente accessibile delle fosse nasali, non sempre si può essere 
sicuri di estirparli in modo completo. Se si interviene conviene essere radicali, 
facendo Qperazioni preliminari, sullo scheletro delle ossa nasali e facciali (1). 


CAPITOLO V. 

Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali. 

Gli arresti di sviluppo delle fosse nasali caratterizzati dalla mancanza completa 
del naso, dal suo sdoppiamento, dalla mancanza delle ossa proprie del naso, dei 
cornetti inferiori delVetmoide, del setto, ecc., non hanno interesse pratico. 

Noi considereremo solo i vizi di formazione, che impediscono il libero passaggio 
dell’aria nelle fosse nasali, dando disturbi funzionali nel respiro, nell’olfatto, nella 
fonazione, e sono causa di ostacolo alla eliminazione dei secreti e della rinite 
consecutiva. 

Studieremo : 1° L’occlusione congenita o acquisita degli orifizi, sia anteriori, sia 
posteriori delle fosse nasali; 2° Le stenosi delle fosse nasali. 

I. - OCCLUSIONE CONGENITA OD ACQUISITA DEGLI ORIFIZI ANTERIORI 

0 POSTERIORI DELLE FOSSE NASALI 

Queste anomalie congenite sono rare, Moldenhauer ed Hoppmann (Congresso 
Tedesco, 22 sett. 1887), ne osservarono alcuni casi. L’occlusione congenita degli 
orifizi anteriori è dovuta ad un setto membranoso di spessore variabile ; nel neonato, 
la respirazione e l’allattamento sarebbero rapidamente compromessi, se con una 
operazione, non si rimediasse in tempo a questa impermeabilità nasale. 

L’occlusione congenita degli orifizi posteriori è al contrario di natura ossea, e 
può essere limitata ad un solo orifizio od estendersi a entrambi. Schròtter ne 


(1) Piiicque, Ann. des maladies de Voreille , ecc., 1890, p. 141. 


Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali 


119 


raccolse dieci casi, ai quali debbonsi aggiungere quelli di Hoppmann, di Obertuschen, 
di Iveimer, di Gottstein. 

Queste obliterazioni possono anche essere acquisite; di fatti talora in seguito 
a una piaga, scottatura, cauterizzazioni, lupus, sifilide, gangrene locali nel decorso 
delle febbri eruttive (morbillo, vaiuolo), si producono delle aderenze viziose con 
ostruzione completa delle fosse nasali. 

Le occlusioni acquisite posteriori ( membranose ) complicano spesso (29 volte su 
33 casi, Hoppmann) i tumori adenoidi. 

La cura chirurgica varia a seconda dei casi speciali; però la difficoltà principale 
non è già quella di togliere l’ostacolo, ma di impedirne la recidiva. 

IL - STENOSI DELLE FOSSE NASALI - ANOMALIE DELLO SCHELETRO 

OSTEO-CARTILAGINEO 

Il restringimento delle fosse nasali può esser dato: 

1° Da una ristrettezza uniforme e generale di tutti i diametri, e dall’incompleto 
sviluppo delle parti che costituiscono lo scheletro osseo del naso. Questi arresti di 
sviluppo (microrinia) meritano di esser ricordati ; non costituiscono però per sè 
soli inconvenienti serii. 

2° Da una ipertrofia o cattiva conformazione dello scheletro osseo dei cornetti. 
La figura 273 rappresenta una dilatazione ampollare della estremità anteriore del 
cornetto medio. Questo vizio di formazione, abbastanza frequente (Moldenhauer), 
è caratterizzato da un tumore arrotondato a contatto del setto, che riempie il 
meato medio e sporge fino al vestibolo. 

Colla sonda si ha l’impressione di un tumore osseo ed immobile, questo carattere 

% 

serve a differenziare questa anomalia da una vera neoplasia. E utile aprire questa 
bolla ossea, la sottigliezza delle pareti rende facile quest’atto operativo. 

3° Da una anomalia del setto. La frequenza di questa anomalia ci è dimo¬ 
strata dalle statistiche di Loewenberg che trovò in media un setto simmetrico e 
sei deviati. 

L’asimmetria occupa ordinariamente i due terzi anteriori; ordinariamente si 
tratta di una sporgenza convessa del setto (fig. 271) con concavità dal lato opposto (1). 

In un pregevole lavoro, basato su numerose ricerche anatomiche, Rosenthal 
(Sulle deformità del setto e sulla loro cura chirurgica, Parigi 1888) descrive sei 
varietà di deformità: 

1° Semplici curvature senza inspessimento ; 

2° Curvature con inspessimento ; 

3° Deviazioni sigmoidee in senso verticale od antero-posteriore ; 

4° Deviazioni sigmoidee di entrambe le forme con inspessimento; 

5° Spine senza deviazione del setto; 

6° Deviazioni a zig-zag. 

Gli speroni ossei possono pure svilupparsi alle spese di una delle faccie esterne 
del vomere ; Rosenthal ha rilevato, e con ragione, la frequenza di questa deformità. 

(1) La convessità a sinistra sarebbe più frequente, secondo Semeleder, però i dati statistici 
di Zuckerkandl dànno risultati opposti: su 140 cranii, con setto asimmetrico, esaminati, questo 
autore trovò 57 deviazioni a destra, 51 a sinistra, 32 curvature ad S. 



120 


Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali 


Dopo le ricerche di Chatellier (Struttura delle spine del setto delle fosse nasali ; 
Società di Anatomia, 8 giugno 1888) non vi può esser dubbio sulla natura di queste 
sporgenze; non si tratta di neoplasmi, come credeva Miot (Note su certe stenosi 
nasali dovute ad inspessimento della cartilagine quadrangolare; Società francese 
di otologia, laringologia, ecc., sed. 27 aprile 1888), poiché sono costituite da tessuto 
cartilagineo normale, e ricoperte dalla mucosa. 

La causa delle deviazioni è ignota. Fino ai sette anni il setto è mediano e 
perpendicolare (Zuckerkandl, 1. cit.) ; non pare che la sifilide o la scrofola possano 
considerarsi quali fattori eziologici. (Trélat, Verneuil); l’età, i traumi (?), lo stato 
generale (?) predisporrebbero a queste condizioni patologiche (Miot, loc. cit.). È 
indubitato che le violenze esterne, colpi, cadute possono dar origine ad alcune tra 
queste deviazioni. Ziem ( Monetiseli . Ohrenheilk ., ecc., 1879, n. 1) potè produrre 
sperimentalmente notevoli asimmetrie dello scheletro facciale e del cranio, occlu¬ 
dendo permanentemente le fosse nasali ad animali giovani (Moldenhauer). 

[ V. nota 5 a del Traduttore ]. 

Non è inverosimile che l’abitudine di dormire colla testa appoggiata sempre 
dallo stesso lato possa produrre una curvatura del naso a concavità dal lato 
opposto (Moldenhauer). Ci pare accettabile l'idea di riferire queste deviazioni 
durante l’evoluzione della cartilagine a fenomeni di accrescimento (come nella eso¬ 
stosi sottoungueale, esostosi da sviluppo). Le deviazioni del setto coinciderebbero 
secondo taluni sempre o quasi sempre con vegetazioni adenoidi (1). 

Sintomi. — In molti pazienti queste deviazioni non dànno luogo a sintomi ; 
se esse non sono notevoli possono benissimo restare ignorate finché, o in seguito 
a corizza (che produce una occlusione nasale pel gonfiamento della mucosa), o in 
seguito a disturbo riflesso [ V . nota G a del Traduttore ] (accesso di asma, ecc.) si 
pratica la rinoscopia. Talora si scoprono queste alterazioni accidentalmente durante 
il cateterismo della tuba Eustachiana. 

Se i fenomeni di ostruzione si ripetono, si produce una rinite cronica. 

La diagnosi è sempre facile ; non esige che un poco di attenzione. Se la mucosa 
che ricopre la parte sporgente del setto è gonfia, è possibile la confusione con un 
polipo, errore che ci occorse di rilevare. Per evitarlo basta osservare la depressione 
che esiste sempre dal lato opposto della convessità. 

La prognosi è benigna, trattandosi di malattia curabile con diversi processi. 

Fredk W. Silk di Londra (Journ. of laryng ., 1889, n. 7) dimostrò con esempi 
l’influenza che possono avere le stenosi nasali, durante la somministrazione di 
anestetici. Nella cloroformizzazione devesi procedere molto cauti quando si tratti 
di individui a coane nasali o impermeabili o ristrette ; la penetrazione dell’ aria 
nelle vie aeree in questi casi si fa solo per la bocca, che può occludersi, per 
accumulo di sangue, di saliva, di mucosità, per tumefazione o cattiva posizione 
della lingua o per spasmo dei muscoli elevatori della mandibola. È quindi prudente 
in questi casi tener aperta la bocca per mezzo di un apparecchio adatto. 

(1) In due soli casi, su dieci, Baratoux non potè constatare la presenza di vegetazioni ade¬ 
noidi; i pazienti di età variabile da 8 a 52 anni, avevano tutte le alterazioni che abitualmente 
si trovano nei tumori adenoidi. 


Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali 


121 


Cura. — Non si deve intervenire se non quando vi sieno disturbi notevoli 
nella respirazione, nella voce o nell’olfatto, in altre parole, se non quando la devia¬ 
zione produca qualche serio inconveniente. 

La correzione delle deviazioni del setto si ottiene o con apparecchi raddrizzatori 
o mediante atti operativi. 

Apparecchi raddrizzatori. — Questi apparecchi possono esser temporanei o 
permanenti. Il raddrizzamento temporaneo si pratica con tamponi, pezzi di laminaria 
collocati dal lato della deviazione. Questi mezzi secondo Roberts sono poco efficaci. 
(Cura delle deviazioni e di altre anomalie del naso; Thetimesandregister, p. 194,1889). 

Gli apparecchi a placche di Jurasz e Delstanche sono raddrizzatori permanenti. 
Questi apparecchi sono costituiti da due placche: ciascuna di esse è introdotta in 
una fossa nasale e applicata sulla parete deviata ; si avvicinano in seguito una 
all’altra con pinze speciali fin che si sia ottenuto il raddrizzamento voluto. Poi si 
levano le pinze si lasciano le placche in sito pel tempo necessario. 

Le operazioni proposte per rimediare a queste deviazioni consistono in fratture, 
resezione del setto, distruzione coll’elettrolisi. 

Le fratture e le resezioni si possono eseguire con pinze (forcipe di Adam), le 
cui branche, munite di margini dentellati e taglienti, fratturano il setto o ne escidono 
una porzione. Questi metodi, che si applicano alla cieca, sono brutali, producono 
spesso emorragie e fratture estese, vennero quindi abbandonati. 

La resezione di un pezzo del setto, dopo l’incisione della mucosa e lo scolla¬ 
mento del pericondrio o del periostio (Chassaignac), ci sembra il processo preferibile: 
Moldenhauer (1. cit., p. 62) per praticare una operazione completa col risultato 
migliore possibile, incide l’orifizio nasale e prolunga l’incisione nel solco naso-labiale 
per rovesciare l’ala del naso. 

L’operazione descritta da Roberts è pure accettabile, salvo qualche modificazione 
nella tecnica; egli fa una lunga incisione sulla parte più sporgente della devia¬ 
zione, ed esporta un pezzo del setto. Per mantenere nella linea mediana il setto 
egli si serve di spilli impiantati in modo, che la testa c la punta si trovino dal 
lato della fossa nasale più ampia, e l’ansa tenga raddrizzato il setto deviato, il 
quale è flessibile, essendo stato preventivamente assottigliato; con questo metodo 
diventano inutili i tamponi poco tollerati dai pazienti. 

Per togliere le creste che si trovano nelle fosse nasali e gli inspessimenti 
cartilaginei, ci si serve della sega e dello scalpello, dopo incisione della mucosa. 
Roberts trafigge con un ago appropriato le masse cartilaginee. Il dott. Seeler 
consiglia l’uso di una specie di sonda scanalata sulla quale fa passare un coltello 
triangolare, ottenendo per tal modo una sezione molto netta. L’ablazione degli 
inspessimenti del setto è indicata quando sono complicati coi tumori adenoidi; 
poiché questa operazione basta per far risentire allo stato locale ed a quello 
generale un notevole miglioramento (Baratoux, loc. cit.). 

L’elettrolisi è un metodo prezioso che fu raccomandato da Miot (loc. cit.), 
Garel, Noquet, Moure, ecc... al Congresso internazionale di otologia e di larin¬ 
gologia (Parigi 1889, seduta 20 settembre). Il dott. Garel di Lione esperimento 
tale metodo in trenta casi e conchiuse che esso è semplice, pratico e preferibile 
a tutti gli altri metodi di cura. Ecco il metodo adottato da Garel : si serve di aghi 



Lesioni traumatiche 



da 3 a 4 centim. di lunghezza, di platino, acuti alla punta e uniti ai fili della 
batteria ; egli inette in comunicazione fino a tre aghi alla volta col polo negativo, 
mentre che il polo positivo vien applicato sull’avambraccio. Pila di 24 elementi. 
Ogni seduta dura circa 15 minuti, si deve aspettare a rinnovare la seduta che sia 
caduta l’escara. Secondo Miot, tre sedute di galvano-puntura bastano per ottenere 
la guarigione ; dopo l’eliminazione dell’escara si avrebbe, sempre secondo l’autore 
citato, cicatrizzazione senza granulazioni, mentre coll’ordinaria galvano-caustica 
termica si fanno granulazioni ed un tessuto di cicatrice. 


PARTE TERZA 

MALATTIE DELLE RETRO-FOSSE 0 DELLA FARINGE NASALE 

Secondo l’esempio di Terrier e di Kirmisson dedicheremo un capitolo speciale 
alle malattie della faringe nasale. Il catarro naso-faringeo fu già studiato colla 
corizza cronica delle fosse nasali, ci restano quindi ancora a descrivere le lesioni 
traumatiche, i tumori, i vizi di formazione e le deformità di questa regione. 


CAPITOLO I. 

Lesioni traumatiche. 

Le ferite della faringe nasale sono rare, si producono dopo traumatismi intra- 
nasali od intra-boccali : vennero osservate ferite da punta, e perforazioni del velo 
prodotte da proiettili. 

I corpi estranei delle retrofosse che talvolta vi soggiornano per anni ed anni, 
penetrano per lo più dalla via nasale o boccale. La spica di avena di Urbantschitsch 
che traversò le fosse nasali e si conficcò nella tromba, l’anello di acciaio di Hickmann, 
che restò per tredici anni e mezzo nella faringe nasale, sono esempi classici di corpi 
estranei. 

Colla rinoscopia posteriore e colla esplorazione digitale delle retrofosse si possono 
scoprire questi corpi estranei, che danno luogo a catarro retro-nasale, ad ascessi, 
a disturbi uditivi, fonatori e respiratomi. 


CAPITOLO IL 

Tumori. 

Lo studio dei tumori costituisce il capitolo più interessante ed importante delle 
malattie della faringe nasale. Descriveremo diffusamente i tumori adenoidi ed i 
fibromi naso-faringei ; trattando della diagnosi dei fibromi parleremo pure dei 
mixomi e dei sarcomi delle retrofosse. 



Tumori 


123 


1° TUMORI ADENOIDI DELLA FARINGE NASALE 

Il tessuto adenoide si trova nella faringe nasale, in corrispondenza della vòlta 
(tonsilla di Luschka), sulla faccia superiore del velo palatino, e nelle trombe 
(amigdala tubaria); in fine può pure trovarsi nello spessore della mucosa del 
cornetto inferiore (V. fig. 277). 

.Sull’anatomia normale della faringe vennero pubblicati pregevoli lavori da 
Lacauchie (1853), da Gh. Robin e soprattutto di Luschka (1868). A Wilhem Meyer (1) 
(di Copenaghen) spetta il merito di aver riconosciuto la frequenza grande di questa 
malattia e di averla studiata in modo completo. Nel 1879 Loewenberg pubblicava 
un ottimo lavoro sui tumori adenoidi. 

In due pubblicazioni H. Ghatellier (2) trattò con molta competenza di questa 
parte della patologia della faringe nasale; nella compilazione del presente capitolo 
ci servì moltissimo la seconda pubblicazione di Ghatellier. 

Anatomia patologica. — L’ipertrofìa del tessuto adenoide può presentarsi 
clinicamente sotto varie forme che è utile saper riconoscere ; Ghatellier distingue; 

1° L’ infiltrazione ipertrofica che occupa tutti i punti della faringe nasale; 

2° Le vegetazioni adenoidi che si presentano : a) sotto forma di masse nelle 
retro-fosse nasali; b) talora sotto forma di escrescenze polipi formi appese alla vòlta; 
c) talora sotto forma di tumori arrotondati, sessili, impiantati con una larga base ; 
la loro sede è mediana (parete posteriore) o laterale. 

Cornil e Ghatellier hanno studiato Vistologia di questi tumori, i quali pre¬ 
sentano un rivestimento epiteliale a cellule vibratili continuo, salvo in corrispon¬ 
denza del peduncolo. La neoformazione è costituita da tessuto molto denso ; nella 
sua parte centrale sonvi numerosi vasi, alla periferia esistono follicoli chiusi disposti 
a strati regolari, vicini gli uni agli altri; la superficie della neoformazione è quindi 
a rilievi. 

In una sezione sottile si può vedere con un debole ingrandimento, il tessuto 
che costituisce la massa della neoformazione insinuarsi tra i follicoli chiusi ed at¬ 
torniarli, separandoli gli uni dagli altri e dalla massa epiteliale. Questo tessuto 
adenoide, molto differente dal corion della mucosa, ha inoltre numerosi vasi cen¬ 
trali ed elementi rotondi che riempiono tutte le maglie della rete fibrillare (3). 
Queste masse adenoidi subiscono coll’età diverse trasformazioni : i tumori adenoidi 
difatti voluminosi e molli nel bambino, si raggrinzano nell’adulto, aumentando in 
consistenza; gli elementi rotondi infiltrati vanno man mano riassorbendosi ed un 
tessuto fibroso più denso si sostituisce al reticolo primitivo; per ciò negli adulti 
a questi tumori si potrebbe giustamente dare il nome di fibro-adenoidi (4). 


(1) Meyer, Vegetazioni adenoidi nella cavità retro-nasale ; Arch. f. Ohrenheilkunde , VII e Vili, 
1873-74. 

(2) Chatellier: 1° Tesi inaugurale 1886; 2° Malattie della faringe nasale, Parigi 1890. 

(3) Questa struttura giustifica il nome di tumori adenoidi, non avendo queste neoproduzioni 
alcuno dei caratteri della vegetazione (Chatellier). 

(4) Secondo Lue e Dubief (I tumori adenoidi faringei in varia età; Congresso di Berlino, 



124 


Tumori 


Dalle ricerche bacteriologiche di Ghatellier risulta clic non vi è alcun micro- 
organismo speciale al quale sia dovuta questa malattia; si tratta probabilmente di 
una infiammazione volgare senza agente specifico. 


Eziologia. — Questa malattia predilige l’età giovanile; dai 5 ai 25 anni 
Meyer ha riscontrato più frequenti le vegetazioni; passati i 25 anni di età, sia 
che si abbia una specie di regressione, come si ò detto, sia che crescendo i diametri 
della faringe nasale i fenomeni di stenosi cessino di esser così intensi e quindi 
passino inosservati (Moldenhauer), le osservazioni di tumori adenoidi si fanno 
molto rare. 


Loewenberg (loc. cit.) invocò le influenze atmosferiche, i climi freddi, quali 
cause dei tumori adenoidi, ma, “ dopo che si imparò a conoscerli, vennero pub¬ 
blicate numerose monografìe in tutti i paesi, quali Francia, Spagna, Italia, ecc..., 
si ebbe così una prova che nessuna latitudine va immune da tale malattia „. 

La trasmissione ereditaria dai genitori ai figli fu stabilita (1) in qualche caso 
da Loewenberg e da Ghatellier; Trautmann considera i ragazzi dei tubercolotici 
come più degli altri predisposti. Loewenberg vede nella presenza di questi tumori 
l’indizio evidente di una costituzione linfatica, scrofolosa. Egli è certo che l’iper¬ 
trofìa delle tonsille, l’ingorgo dei ganglii del collo, della nuca, l’ipertrofia della 
mucosa nasale, segni evidenti di scrofola, sono spesso associati ai tumori adenoidi. 
Ma di più non conosciamo. 


Sintomi. — Questa malattia non produce dolori, può restare latente per 
anni ed anni; per tali ragioni è indispensabile conoscere le modalità cliniche che 
i tumori adenoidi hanno nei loro inizi (2). I ragazzi vengono portati dal medico 
talora per una otorrea purulenta, antica e ribelle, talora per una corizza cronica, 
o per un accesso di pseudo-asma, con tosse persistente, e con cefalea intensa. 

Ai lattanti la difficoltà respiratoria, prodotta dalla presenza dei tumori adenoidi 
(congeniti?), impedisce di succhiare in modo continuo ; perciò succhiano a riprese, 
lasciando repentinamente la mammella, per riprenderla dopo di aver respirato. 

Più spesso però, i tumori adenoidi si presentano con un complesso fenome¬ 
nologico, che non lascia dubbio di sorta sulla loro presenza; la respirazione e la 
fonazione sono alterate, e l’esplorazione digitale aiutata dalla rinoscopia posteriore 
conduce alla diagnosi. 

Sintomi funzionali '. — Disturbi respiratomi. — In seguito all’ostruzione ade¬ 
noide della faringe nasale, la respirazione nasale è quasi abolita; il paziente respira 
a bocca aperta, russa durante il sonno, che è interrotto dalla dispnea , talora si 
hanno veri accessi di soffocazione uniti a sudori profusi. 


agosto 1890), questa involuzione dei tumori adenoidi negli adulti si farebbe molto tardi, verso la 
seconda metà della vita, e sarebbe caratterizzata anatomicamente da lesioni arterio-sclerotiche. 

Negli adulti giovani si possono avere tumori adenoidi simili a quelli dell’infanzia; possono 
talora dare sintomi uditivi solo ad un’età relativamente avanzata, ad es., 30 anni. 

(1) Trautmann, Anatomisclie, pathologische und klinische Studien ueber die Hyperplasie der 
Rachentonsille; Berlin 188G. 

(2) Calmettes, V. Gazette medicale , 1883, n. 26. 



Tumori 


125 


Disturbi fonatori. Il timbro della voce è modificato (l) ** quando i tumori 
adenoidi riempiono la vòlta della faringe nasale, le onde sonore non possono 
giungere nelle cavità nasali e produrre i suoni armonici che danno al suono il 
timbro nasale „. I suoni (vocali nasali) an, en, in, on, un sono modificati ed 
indistinti. Le consonanti m ed n sono trasformate in b; i pazienti dicono baba per 
mamma (2), de per ne. La voce perde in intensità, essa è morta secondo l’espressione 
di Meyer, perde il metallo, secondo l’espressione di Michel (di Colonia) (3). 

Segni fisici. — Esplorazione digitale. — Ecco come vien praticata l’esplora¬ 
zione digitale da Zaufal di Praga (4). Dopo di aver lavato con cura l’indice con 
una soluzione di sublimato all uno per mille, e di averlo ricoperto con polvere 
di jodoformio in modo che questa penetri sotto all’unghia, l’operatore collocato 
di fianco al paziente, seduto su di una sedia, introduce l’indice dietro al velo palatino 
e lo porta verso il setto, del quale si riconosce con facilità il margine posteriore, 
che deve servire da punto di repere. Porta in seguito rapidamente il polpastrello 
verso le due coane, ed esamina lo stato della estremità faringea dei cornetti, 
poscia esplora i padiglioni tubari e le ripiegature salpingo-palatine situate ai lati ; in 
fine portando il dito all’indietro ed in alto esplora la regione posteriore ; cioè quella 
della tonsilla di Luschka. 

La sensazione tattile che si ha colla palpazione digitale venne paragonata 
abbastanza esattamente a quella che si ha toccando un ammasso di lombrici 
ravvoltolati. 

Questa esplorazione preziosissima ci rende conto del volume , della sede e del 
punto di impianto delle escrescenze adenoidi; per quanto si proceda con dolcezza 
non è raro di ritrarre l’indice bagnato di sangue e con pezzetti di tessuto. 

Questo metodo di ricerca e di esame è il solo possibile nei ragazzi; ma dopo 
i 14 o 15 anni può essere coadiuvato dalla rinoscopia posteriore, che permette di 
constatare de visu l’esistenza delle neoformazioni od a rilievi o peduncolate nella 
cavità naso-faringea, di renderci conto dell’aspetto e del modo di impianto. 

Dalla semplice ispezione della faringe boccale si possono rilevare, oltre all’esi¬ 
stenza di granulazioni isolate sulla parete posteriore e aU’inspessimento dei pilastri 
posteriori, due segni di grande valore : a) immobilità del velo mobile; b) un inter¬ 
vallo abbastanza grande tra il velo e la parete posteriore della faringe. Segni 
questi che, eccettuate le paralisi, non si osservano che nei casi di tumori della 
faringe nasale. 


(1) I suoni sono prodotti dalle vibrazioni delle corde vocali inferiori: così formati subiscono 
profonde modificazioni in seguito all’aggiunta dei suoni armonici al suono fondamentale, modi¬ 
ficazioni che dànno il timbro; ora noi sappiamo che i suoni armonici si formano nelle cavità di 
risonanza (bocca, naso, faringe), le quali cavità sono percorse dalle vibrazioni sonore prima di 
arrivare alle labbra e di giungere al nostro orecchio (Chatellier, loc. cit.). 

(2) Qui accade l’opposto di quanto si verifica nella paralisi del velo pendolo, nel quale tutti 
i suoni diventano nasali: A si cambia in AN, papà diventa panpàn , parola , panrola , ecc. 
(Chatellier), mentre nell’affezione che ora ci occupa accade anche si pronuncino marna invece 
di marnati (francese). 

(3) Lichwitz, Revue de laryngologie , gennaio 1886. 

(4) Comunicazione orale; Tesi di Chatellier. 



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Tumori 


La rinoscopia anteriore può, in certi casi, permetterci di ispezionare la faringe 
nasale, e di vedere la parete posteriore della faringe, molto vicina alle coane, 



irregolare, e bernoccoluta, riflettente più 
intensamente la luce in punti numerosi, 
mobile nei movimenti fonatori, deglutitori 
ed espiratorii ; la sonda introdotta per la via 
nasale, può urtare contro una massa molle, 
la quale non è altro che il tumore adenoide. 

Gli individui affetti da questa alterazione 
hanno una facies particolare, che spesso basta 
per la diagnosi : “ il paziente si presenta a 


Fig. 325. — Faringe nasale con vegetazioni 
adenoidi (Mayer). 


bocca aperta, lo sguardo atonico, l’occhio 
semi velato e come addormentato. 


“ Il labbro superiore, troppo corto, non ricopre che incompletamente gli inci¬ 
sivi superiori, che si vedono attraverso l’orifìzio boccale semi-aperto. 

“ Abbassandosi il mascellare inferiore le parti molli che ricoprono le ossa, ven¬ 
gono tese, le piegature naso-labiali e naso-malari stirate in basso si avvicinano 
alla direzione verticale; sono inoltre appiattite in alcuni pazienti, in modo che la 
faccia manca di espressione. 

“ Quasi sempre gli zigomi sono appiattiti, non sporgono sotto l’orbita; il 
piano della palpepra inferiore si continua con quello della guancia senza alcuna 
linea di delimitazione. Gli occhi si trovano così a livello del piano facciale, lo 
sguardo perde per ciò l’espressione penetrante e mobile, che ha nelle persone 
a margine orbitale sporgente. 

“ Ordinariamente la faccia perde ogni espressione ed il paziente ha l’aria 
idiota „ (Chatellier, loc. cit.). 

Ricorderemo pure lo sviluppo eccessivo del mascellare inferiore, in rapporto a 
quello del mascellare superiore arrestato nel suo sviluppo. Il naso per difetto 
di funzione si trasforma in una lamina appiattita traversalmente (1). La vòlta 
palatina diventa ogivale e le arcate dentarie superiori sono molto avvicinate; non è 
raro di trovare i denti impiantati irregolarmente (David, Congresso di Rouen, 1883). 

Il mascellare inferiore, che per contro è molto sviluppato, sporge in avanti; 
“ il profilo della faccia ricorda quindi quello del cane bull-dog „. 

Riassumendo, in seguito alla ostruzione della faringe nasale, ed alla mancanza 
di circolazione dell’aria attraverso alle coane, si produce un arresto di sviluppo 
delle ossa mascellari superiori, dei seni (frontali, sfenoidali, etmoidali), cavità in 
relazione fisiologica stretta colle fosse nasali; per contro il mascellare inferiore 
si sviluppa regolarmente, le sue dimensioni contrastano perciò con quelle del 
mascellare superiore. 

Queste deformità non si limitano alle ossa della faccia e nel 1853 Alfonso 
Robert in una pregevole Memoria sulla tumefazione cronica delle tonsille nei 


(1) Non è quindi giusta l’idea di Trautmaun, il quale ammette che un impedimento nella 
circolazione di ritorno crei una stasi sanguigna della mucosa nasale e spesso un gonfiamento 
del naso. 



Tumori 



ragazzi, così descriveva la configurazione speciale del torace: “ Il petto invece di 
avere sulle parti laterali una superfìcie regolare ed arrotondata è depresso, piano 
e qualche volta concavo, come se, nel periodo in cui le coste erano mobili e 
flessibili fossero state compresse da un lato all’altro. Questa depressione ò più 
pronunciata verso la metà dell’altezza del torace che presso l’apice o la base. 
Così pure è più notevole nel mezzo delle coste che verso l’estremità. La colonna 
vertebrale è poco alterata, le cartilagini costali fanno un angolo sporgente al punto 
della loro inserzione costale. Lo sterno nei casi gravi ha nel terzo inferiore una 
depressione notevole 

Redart notò anche delle deviazioni della colonna vertebrale clic accompagnano 
le deformità toraciche. 

Egli descrisse: 1° una cifosi dorsale pronunziata ; 2° una scoliosi dorsale preva¬ 
lente dal lato destro nelle ragazze; egli aggiunge che queste scoliosi di origine 
nasale sono per lo più pronunciate, hanno una evoluzione lenta e si modificano 
col migliorare dello stato generale del paziente, e dopo il periodo dello sviluppo. 

Ziem (di Danzica) (1) studiò a sua volta l’incurvatura della colonna verte¬ 
brale consecutiva alle ostruzioni nasali. 

Grancher (2) studiò il rumore vescicolare; se i pazienti respirano a bocca 
aperta, si trova all’ascoltazione un rumore vescicolare dolce, ampio, normale in 
altre parole ; ma non appena chiudono la bocca, il mormorio si fa oscuro, velato. 

Questi ragazzi, nei quali la respirazione è insufficiente, hanno una ematosi 
incompleta, un respiro difettoso. “ In tutti, dice Alfonso Robert, le cattive condi¬ 
zioni respiratorie, e di nutrizione generale, impediscono lo sviluppo delle forze, e 
producono uno stato di pallore, di magrezza e di debolezza, che dinota la poca 
attività dclfematosi, e l’alterazione degli organi più importanti della vita „. 

I sudori profusi, il sonno spesso interrotto da uno svegliarsi subitaneo, da incubi, 
terrori notturni, contribuiscono a consumare le forze. 

Questo quadro così triste, ma esatto, si modifica fortunatamente se si sotto¬ 
pongono i pazienti ad una cura appropriata. 

Complicazioni. — Le più gravi sono quelle che si manifestano neH’organo 
delfudito. Le complicazioni auricolari sono pure tra le più frequenti, poiché 
su 175 casi di tumori adenoidi Meyer trovò l’udito affetto 137 volte. Secondo 
E. Woakes appena il 5 per 100 di pazienti affetti da tumori adenoidi sfugge alle 
complicazioni auricolari (3). 

(1) L’occlusione artificiale di una narice con sutura dei margini, produsse nel coniglio una 
scoliosi della colonna cervicale, con curva di compenso delle altre parti della colonna vertebrale. 

Ziem ricorda in proposito il caso di una ragazzetta nella quale si produssero curve vertebrali 
e toraciche molti anni dopo un trauma del naso, che aveva prodotto una deviazione del setto. 
Per spiegare tali fatti Ziem ricorda le esperienze di Lesshaff (Pietroburgo), consistenti nel creare 
nei polli e nei conigli delle scoliosi artificiali, collocando dei piccoli pesi su uno dei lati del capo 
di tali animali. L’obliterazione di una delle fosse nasali porterebbe ad identici risultati, impedendo 
lo sviluppo della corrispondente metà della faccia, e lasciando al lato opposto un peso maggiore 
( Monatsschr . f. Ohrenheilk., 1890, n. 5, analizzato da Lue, p. 245). 

(2) Grancher, Ann. des maladies de Voreille , n. 5, 1886. 

(3) Quasi tutte le lesioni deH’orecchio medio dei ragazzi hanno tale origine (Chatellier). 



Tumori 


1 tumori adenoidi influiscono sull'orecchio medio: 1° per propagazione infiam¬ 
matoria dalla faringe all’orecchio medio; 2° per ostruzione della tuia di Eustachio; 
accade spesso di vedere medici consultati per una corizza cronica di un ragazzo, 
non diagnosticare i tumori adenoidi, ed ordinare doccie nasali, le quali molte volte 
fatte con pressioni troppo forti producono una otite media purulenta con perfo¬ 
razione della membrana del timpano. 

Diagnosi. — Non è molto difficile, spesso si fa dall’aspetto della faccia del¬ 
l’ammalato. Come ben disse Gartaz, questa fisonomia speciale, queste faccie 
spaurite, talora inebetite, la bocca semi-aperta, la respirazione esclusivamente 
boccale, specie alla notte, il russamento durante il sonno, la voce nasale man¬ 
cante di risonanza, il difetto di articolazione di certi suoni, sono sintomi che 
indicano una ostruzione della faringe nasale e la probabilità della esistenza dei 
tumori adenoidi. L’esame locale, ci permette di fare con sicurezza la diagnosi. 

Non è possibile confondere le vegetazioni adenoidi colla ipertrofìa delle tonsille 
palatine, nò colle stenosi nasali (strettezza congenita, deviazioni del setto, corizza 
cronica). 

I polipi mucosi pei loro caratteri obiettivi così spiccati, i polipi naso-faringei per 
le loro propaggini e le emorragie abbondanti, si distinguono facilmente pure dai 
tumori adenoidi. 

Prognosi. — Una malattia che deforma la faccia, arresta nel suo sviluppo 
le ossa mascellari superiori, fa incurvare la colonna vertebrale, produce sordità, 
limita il campo della ematosi, predispone all’asma, alle bronchiti ripetute: che in 
poche parole impedisce lo sviluppo fìsico ed intellettuale di un bambino, è sempre 
una malattia grave. 

È quindi necessario riconoscerla a tempo e combatterla con una operazione 
opportuna, prima che essa abbia prodotto lesioni irreparabili nei diversi apparati. 

Cura. — Non si deve pensare di poter guarire questa malattia con una cura 
medica: la sola terapia razionale è la chirurgica. 

II metodo ordinariamente usato è quello della estirpazione delle masse adenoidi 



Fig. 326. — Pinza laterale del dott. Ruault per vegetazioni adenoidi. 


con pinze introdotte dietro il velo pendolo. La pinza è introdotta chiusa dietro al 
velo pendolo, poscia se ne aprono le branche, spingendole per quanto è possibile 
in alto; si chiudono e la porzione di tessuto afferrata vien distaccata con un mo¬ 
vimento di torsione. 




Tumori 



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Fig. 329. — Cucchiaio tagliente di Trautmann. 

L’impossibilità di distruggere le masse adenoidi senza fare da 15 a 20 sedute, 
intolleranza dei bambini, la necessità di fare una operazione radicale sotto pena 


Fig. 327. — Cucchiai di Kuault. 


Tutti i modelli di pinza sono adattati alla curvatura della cavità bocco-faringo- 
nasale, e la loro articolazione è molto vicina alla parte tagliente. 

Vennero pure utilizzati cucchiai taglienti, con curvatura adatta. 

Diamo i disegni del cucchiaio di Ruault, di quello annidare di Lange, di quello 
tagliente di Trautmann. 


Ciascuno di questi istrumenti ha la sua indicazione speciale ; il cucchiaio con¬ 
viene per le infiltrazioni ipertrofiche della faringe nasale, la pinza per le escrescenze 
polipoidi, per tutte le masse che si possono afferrare; l’ansa galvanica serve per 
le masse voluminose, nelle quali l’ablazione può accompagnarsi ad emorragie. 


Fig."328. — Cucchiaio di Lange. 


L’ablazione delle masse adenoidi non ò una operazione così semplice, quale 
venne da noi descritta, ed i chirurghi fecero subire a questa operazione una serie 
di perfezionamenti che § utile conoscere. 


9. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 






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Tumori 


di vedere riprodursi gli accidenti descritti, hanno indotto molti a servirsi della 
anestesia con cloroformio (1). 

Le manipolazioni operatorie sono rese male agevoli dalla presenza del velo 
palatino; per tale ragione Hoppmann (Colonia), ebbe l’idea di stirarlo e di mantenerlo 
fìsso con tubi di caoutcliouc come si pratica da molto tempo per l’ablazione di 
certi polipi delle coane. 

Ecco come Chatellier descrive l’operazione così perfezionata (loc. cit., p. 113): 

“ Tutti gli istrumenti sono collocati in una soluzione fenica al 20°. 

“ Il paziente ancora digiuno vien addormentato su di un letto sprovvisto di testiera. 

“ Un tubo di caoutcliouc o meglio due tubi legati insieme per le loro estremità, 
ò introdotto dal naso fino alla faringe, per mezzo di una sonda uretrale ordinaria 
in gomma. 

“ Si riconosce che la sonda è penetrata in faringe dai conati di vomito del paziente. 

“ Un aiuto mantiene la testa del paziente. L’operatore abbassa fortemente la 
lingua, afferra la sonda con una pinza lunga (l’antica pinza a polipi serve molto 
bene allo scopo), la ritira dalla bocca, facendo uscire il fascio dei tubi di gomma 
ai quali è legata. 

“ Quando le due estremità dei tubi escono, una dalla bocca e l’altra dal naso, 
si stirano fortemente e si legano con un semplice nodo sul labbro superiore. La 
tensione del caoutcliouc basta per tener stirato il velo palatino. 

“ Si toglie allora il guanciale del letto, in modo che la testa del paziente si 
trovi in posizione declive, onde il sangue non possa colare in laringe. La testa è 
tenuta da un aiuto fìssa ed un poco inclinata ai lati, in modo che l’operatore 
non debba piegarsi troppo sul letto per vedere il fondo della gola ; lo stesso aiuto 
mantiene la bocca aperta con un corpo duro introdotto tra i denti (turacciolo di 
cautciù, rocchetto di legno, ecc.). 

“ L’operatore riflette nella faringe con uno specchio frontale la luce di una forte 
lampada collocata in posizione adatta, deprime la lingua, poi introduce la pinza nella 
cavità faringo-nasale ; apre le branche dell’istrumento, le spinge in alto per quanto è 
possibile fino in corrispondenza della vòlta, afferra quanto capita sotto e lo esporta. 

“ Dopo esplora col dito la cavità, per vedere se vi sono ancora masse da 
esportare e dove sono collocate; rinnova i colpi di pinza finche non sente più 
nulla col dito. 

“ Terminata così l’operazione si fanno passare successivamente quattro o cinque 
tamponi di ovatta imbibiti di soluzione fenicata al 20 °/ 0 che vengono prima spremuti 
fortemente; questi tamponi vengono portati con pinze a pressione, a curvatura adatta „. 

Complicazioni deiratto operativo. — Due sono le complicazioni possibili (2), 
quantunque eccezionali; esse sono: 

1° L’ emorragia; 

2° I fenomeni infettivi o infiammatori (faringiti, amigdaliti, otiti suppurate). 

(1) Moritz Schmidt, Calmettes e Lubet-Barbon, vantano l’uso del bromuro di etile, la sua 
azione passeggierà lo rende adatto alle operazioni di corta durata; coll’uso di questo anestetico 
non si hanno pericoli di sincope [? (D. G.)] {Gaz. hébd. , 29 agosto 1890). 

(2) Cartaz, De quelques complications de l’opération des tumeurs adénoides du pharynx 
nasal; Paris 1890. 



Tumori 


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l u Emorragìa, — La perdita di sangue si ha in questi casi come in ogni atto 
operativo, a cagione della grande vascolarizzazione delle masse adenoidi; però 
questa emorragia primitiva a nappo, non ha nulla di grave ; lo stesso non accade 
nelle emorragie consecutive o secondarie, descritte da Bryson Delavan (1). 

Gartaz potè riunire dodici casi nei quali una emorragia inquietante e tenace 
si manifestò dopo poche ore o dopo pochi giorni (otto giorni), da una operazione 
fatta nelle condizioni più regolari. 

Ilooper (2) crede che una lesione della parete posteriore del velo o di un’altra 
parte qualsiasi della mucosa sana può produrre una emorragia tenace ed inquie¬ 
tante; Gartaz ammette che Vemofilia, la consistenza fibrosa dei tumori, la coinci¬ 
denza della operazione col periodo mestruale, una fiogosi recente delle retrofosse 
predispongono e favoriscono Vemorragia. 

Calmettes pensa che queste emorragie sono a temere quando Voperazione è 
incompleta, quando cioè le masse adenoidi vennero solo tolte parzialmente. 

Per arrestare lo scolo sanguigno si ricorre alle irrigazioni delle fosse nasali 
con acqua calda o ghiacciata. Si possono pure usare soluzioni astringenti (allume, 
acido tannico, acido gallico). L’acqua del Pagliari è uno dei liquidi più adatti in 
tali casi. Se questo mezzo non basta si porterà direttamente nelle retrofosse con 
una pinza faringea un tampone di ovatta antisettico carico di una forte soluzione 
di cocaina, di estratto solubile di ratania o di qualsiasi stittico non caustico. Questi 
mezzi di emostasi hanno sempre raggiunto lo scopo. 

2° Complicazioni infettive ed infiammatorie. 

La risipola (Wendt, Michel), la febbre traumatica (Moldenhauer), Votite media, 
le angine (3) vennero osservate dopo le operazioni nella faringe nasale; si tratta 
per lo più di fatti infettivi, dai quali occorre premunirsi con una antisepsi pre-ope- 
ratorìa (gargarismi e polverizzazioni nasali), operatoria (disinfezione degli istrumenti) 
e post-operatoria. 

Le otiti consecutive alla ablazione dei tumori adenoidi possono esser dovute a 
raffreddamento (4), alla penetrazione nell’orecchio, dovuta ad insufflazione di aria 
subito dopo l’operazione, di sangue, o di pezzetti di tumori adenoidi. 

Onde evitare questa complicazione auricolare, devesi fare dopo ogni operazione 
una irrigazione di acqua calda nelle fosse nasali. 

Nella maggior parte dei casi dall’ablazione dei tumori adenoidi si hanno buo¬ 
nissimi risultati. Però Gartaz richiamò l 'attenzione sulla persistenza dei disturbi 
fonici (Parigi 1877) dopo questa operazione, fatto che egli attribuisce a mancanza 
di accomodamento del velo mobile (paresi muscolare); consiglia quindi Veducazione, 
del velo palatino, onde ottenere una perfetta pronuncia di certe sillabe, leggendo 
adagio, ad alta voce, e come solfeggiando. 

L’elettrizzazione del velo mobile sarebbe nettamente indicata in caso di insuc¬ 
cesso colla educazione del velo pendolo. 

(1) Enlargement of adenoid tissue in thè pharynx; New-York med. Journ 12 ottobre 1889. 

(2) Adenoid vegetations in Children; Boston med. Journ., 15 marzo 1888. 

(3) Ruault, Sulle angine infettive secondarie ad operazioni intra-nasali ; Ardi, de laryng., 1889. 

(4) Moldenhauer dichiara di non aver più avuto otiti secondarie dopo che fa stare a letto gli 
operati, e che non lascia quelli che vengono di lontano viaggiare il giorno successivo all’operazione. 



m 


Tumori 


2° FIBROMI NASO-FARINGEI 
[V. nota 7 a del Traduttore']. 

Definizione. — Si designano col nome di polipi naso-faringei i fibromi delle 
retrofosse nasali. Gli antichi chiamavano polipi tutte le escrescenze carnose, in 
special modo quelle delle fosse nasali, che hanno qualche rassomiglianza coi polipi 

marini. 

Dopo i lavori di Levret del secolo scorso si dà il nome di polipi a produzioni 
organiche, che si distaccano con un pediculo più o meno ampio da una superficie 

mucosa. 

Ora i polipi naso-faringei, tolte poche eccezioni, non meritano tale nome. 

Essi non sono peduncolati, il loro punto di impianto è largo, e per evitare ogni 
errore si dovrebbero designare sotto il nome di fibromi. 

Non ci estenderemo sulla storia di questi neoplasmi, che furono oggetto di 
numerosi lavori. Abbiamo raccolto nella bibliografia di questo capitolo i lavori più 
importanti, e nel corso della descrizione citeremo gli altri. 

Ci limiteremo a ricordare che i polipi naso-faringei furono riconosciuti clinica- 
mente ed anatomicamente dopo le ricerche di Nélaton e dei suoi allievi. Dopo di 
allora quasi tutti i Chirurghi si sono occupati di questa grave malattia, del suo 
decorso e dei metodi di cura; i nomi di Legouest, Gosselin, Verneuil, Michaux (di 
Louvain) meritano di esser scritti a lato di quello di Nélaton, nella storia di questa 

malattia. 

Manne, Obs. de chirurgie au sujet d’un polype extraordinaire; Avignon 1717. - Levret, 
Obs. sur la cure radicale de plusieurs polypes, etc. Parigi, in-8°, 1747. — Gerdy, Des polypes 
et de leur traitement. Tesi d’aggreg. Parigi, 1833. — Flaubert, Obs. d’ablation de l’os maxil- 
laire supérieur en totalité pour une affection indépendante de cet os; Arch. gén. de médecine, 
3 a serie, t. Vili, p. 436, 1840. — Robert, Des tumeurs fibreuses des fosses nasales et du pharynx; 
Clin. chirurg. de V Hotel-Dieu, Parigi 1860. - Gosselin, Du traitement chirurgical des polypes 
des fosses nasales et du pharynx. Parigi, tesi concorso, 1850. — IIuguier, Bull, de la Sociétc de 
Chir., 3 marzo 1852 e 8 novembre 1854. — Michaux (di Louvain), Considérations sur les polypes 
naso-pharyngiens; Gaz. des hop., 2 giugno 1854. Quelques mots sur les polypes naso-pharyngiens; 
Bruxelles 1847. — D’Ornellas, Anat. path. et traitement des polypes fibreux. Tesi di Parigi, 1854. 
Robin-Massé, Tesi di Parigi, 1864. — Beuf, Des polypes fibreux de la base du cràne. Tesi di 
Parigi, 1857. — Langenbeck, Deutsche Klinik , 1859, n. 48, e Belio medicai suisse, n. 7, 1860. 
Verneuil (Gaz. lieb., 1859), Documents inédits tirés des Archives de l’ancienne Académie royale 
de chirurgie. Des polypes nasaux et naso-pharyngiens; Parigi 1860. — Trélat, Guyon, Panas, 
Verneuil, Ollier, Boeckel, Chassaignac, Duménil, Labbé, Dolbeau, Lannelongue, in Bull, de la 
Soc. de Chir., 1873. — Spilmann, art. Nez, in Dict. Dechambre , 1879. — Péan, Clin. clnrurg. de 
Vhópital Saint-Louis , t. I. Parigi 1879. — Pluyette (di Marsiglia), Des polypes naso-pharyngiens 
chez la femme; Rev. de chirurg., 1887. - Ollier, Acad. des Se. — Soc. de Chir., 1889. 

Anatomia patologica. — I polipi naso-faringei hanno una struttura speciale, 
« sono fibromi, ma fibromi in via di evoluzione, cioè si avvicinano ai sarcomi; 
il loro tessuto è gialliccio, poco elastico „ (Jamain e Terrier); “ sono costituiti da 
fibre parallele tra di loro; disposte le une accanto alle altre e peipendicolaii al 
punto di inserzione; per lo più conservano la stessa direzione in ogni punto della 

neoformazione. 



Tumori 


133 


“ Talora le fibre sono come attorcigliate su se stesse; ciò dà al tumore un 
aspetto lobulato; ma anche in tal caso esse ridiventano nuovamente parallele e 
perpendicolari all’osso nel punto di inserzione del tumore. Si trova però nella 
Anatomia patologica di Cruveilhier un esempio di polipo fibroso composto di fibre 
attorcigliate nel loro peduncolo In mezzo a questi fasci fibrosi si trovano elementi 
cellulari giovani, cellule embrionali, corpi fibro-plastici, ciò che, come dicemmo 
dapprincipio, avvicina i polipi naso-faringei ai sarcomi. 

È questo un fatto sul quale ha richiamato l’attenzione Lannelongue, nel 1873, 
alla Società di Chirurgia (seduta 25 giugno). Presentando un polipo naso-faringeo 
che egli estrasse, così si esprimeva. “ Il tumore contiene, oltre ad abbondante tessuto 
fibroso resistente, numerose cellule le une più piccole embrionali, le altre volumi¬ 
nose più vecchie; altre in fine deformate con un prolungamento unico o doppio, 
costituente, in una parola, elementi fibro-plastici „; aggiungeva in oltre: “ Tale è 
d’altra parte, se devo giudicare da fatti personali, la costituzione che più spesso 
si riscontra nei polipi naso-faringei. In quattro casi da me operati, trovai la stessa 
struttura; ciò spiega la tendenza di questi tumori alla recidiva, tendenza che ò 
rara nel fibroma e che si trova di regola nel sarcoma „. Lannelongue insisteva 
pure sulla grande vascolarità che presentava il tumore. I vasi sanguigni contenuti 

nei polipi sono poco visibili, ma molto numerosi. Secondo Mouron vi sarebbero 

* 

numerosi vasi arteriosi e venosi con tonache incompletamente sviluppate. E questo 
un fatto di grande importanza, che ci spiega le emorragie notevoli, talora mortali, 
che si producono durante l’ablazione di questi tumori. 

I fibromi delle retrofosse possono subire numerose trasformazioni. Boyer soste¬ 
neva, erroneamente, che possono diventare cancerosi. Secondo Weber potrebbero 
trasformarsi in sarcomi, solo però dopo tentativi di operazioni. Possono infiltrarsi 
di sierosità (Broca), subire una degenerazione grassa parziale, l’incrostazione calcare 
(J. Gloquet), una degenerazione cistica, che si produce al centro del tumore (Cru¬ 
veilhier) o nei suoi prolungamenti (Maisonneuve). 

II tessuto proprio dei polipi naso-faringei è sempre ricoperto dalla mucosa, 
sotto alla quale si è sviluppato. Questa è talvolta sottile ed ulcerata, tal’altra 
inspessita, in ogni caso sempre molto vascolarizzata. 

Il fibroma naso-faringeo in genere è unico ed ha una larga base di impianto. 

Secondo Nélaton questi polipi si inseriscono sempre alla base del cranio ; tale 
opinione venne sostenuta da due suoi allievi; d’Ornellas (tesi di Parigi 1854) e 
Robin Massé (id. 1864). Secondo questi autori il punto di impianto sarebbe limitato 
allo spazio compreso tra l’inserzione del muscolo grande retto anteriore, e l’arti¬ 
colazione sfenoidale del vomere nel senso antero-posteriore, e nel senso trasversale 
dall’una all’altra delle fosse pterigoidee. 

L’inserzione dei polipi in tale regione si spiega colla presenza del periostio spesso, 
che ricopre l’apofìsi basilare. Esso aderisce alla mucosa della faringe per una 
estensione di un centimetro quadrato circa, nel punto che corrisponde all’estremità 
posteriore del setto nasale. Tali fatti vennero ricordati da Lorain (Soc. Anat., 1860). 
Tillaux (Tratt. di anatomia topografica) così si esprime : “ La faccia inferiore della 
apofisi basilare è ricoperta da uno spazio fibroso di notevole spessore. La sua 
forma è triangolare; l’apice si insinua tra f apofisi basilare e l’apofìsi odontoide, 



134 


Tumori 


la base è rivolta verso la cavità faringea. Il suo spessore nell’adulto è di 18 millim., 
l’altezza di 27 millim. L’importanza di questo tessuto fibroso proviene dal fatto che 
esso è quasi sempre il punto di partenza dei polipi naso-faringei, tumori speciali che 
hanno una predilezione pel sesso mascolino e per l’adolescenza „ (V. fìg. 276). 

Spilmann (Dici. Dechambre), esponendo le idee di Gosselin, ricorda che secondo 
questo autore i polipi naso-faringei possono inserirsi: 1° sulle fosse nasali, in par- 
ticolar modo sulla parte più profonda della lamina etmoidale e dei cornetti; 2° sul 
limite della faringe e delle fosse nasali, cioè sull’ala interna della apofisi pteri- 
goidea, sul margine posteriore del setto e sulla faccia inferiore dello sfenoide; 
3° nella faringe stessa, sulla apofisi basilare, sulle prime vertebre cervicali, attorno 
alla tuba di Eustachio. Questa opinione è pure quella di Michaux (di Louvain), di 
Robert; questi autori ammettono non solo che i polipi possano inserirsi primiti¬ 
vamente sulle fosse nasali, ma anche sulle prime vertebre cervicali; essi hanno 
entrambi citato dei fatti comprovanti questo modo di inserzione. Nélaton fece notare 
che esplorando un malato colla bocca aperta e colla testa rivolta all’indietro, si 
giunge col dito fino all’atlante ed all’apofisi odontoide ; e spingendolo un poco più 
in alto dietro il velo, si arriva sulla apofisi basilare. Egli si fonda su tale fatto per 
ammettere che molti polipi, che si credono impiantati sulle prime vertebre cervicali, 
in realtà lo sono sulla apofisi basilare. L’osservazione del grande chirurgo è giusta, 
ma non esclude però i fatti citati di Michaux e Robert. 

I fibromi naso-faringei che, come si disse, hanno una base di impianto molto 
larga, possono presentare delle inserzioni multiple. Questi fatti non sono negati 
da Nélaton e dai suoi allievi; per essi però Yinserzione vera è una sola, quella 
cioè alla base del cranio nel luogo indicato; se vi sono altre inserzioni queste 
non sono però primitive. Si tratta di aderenze secondarie o false che si producono 
durante il periodo di evoluzione del polipo. Il loro modo di prodursi è semplice. 
La mucosa che ricopre il polipo si infiamma, si ulcera e si salda ad un altro punto 
di mucosa ugualmente ulcerata; il lavorìo di cicatrizzazione porta ad aderenze 
che in certi casi sono solidissime ed ampie. Tuttavia per Nélaton e per i suoi 
allievi queste aderenze secondarie sono meno solide che quella primitiva. Secondo 
Michaux questa asserzione è inesatta; egli descrive difatti dei casi in cui l’ade¬ 
renza considerata da Nélaton quale falsa o secondaria, perchè non situata in 
corrispondenza della apofisi basilare, è più solida di quella della base del cranio 
considerata come primitiva. 

Comunque sia, noi accettiamo le idee moderne, cioè che nella immensa mag¬ 
gioranza dei casi i fibromi naso-faringei si inseriscono sulla apofisi basilare; essi 
possono però esser impiantati sulforifizio posteriore delle fosse nasali, e sull’ala 
interna della apofisi pterigoidea. La inserzione sulla colonna vertebrale venne con¬ 
statata da Robert e Michaux; si tratta però di casi estremamente rari, che non 
si possono negare. Vennero trovati da Cruveilhier e da Virchow fibromi impiantati 
sulle vertebre dorsali, perchè dunque negare la possibilità che se ne possano 
trovare sulle vertebre cervicali? 

I polipi naso-faringei giunti ad un certo periodo del loro sviluppo si mostrano 
sotto forma di masse lobulate. Sono duri, resistenti, poco elastici, crepitanti al 
taglio, la superfìcie di incisione è liscia, lucente, giallastra, talora ineguale ed a rilievi. 



Tumori 


135 


Sul vivo hanno un colore rossastro più o meno scuro, dovuto alla vascolariz¬ 
zazione del tumore. 

11 loro volume è variabile, non di rado si trovano nella faringe delle masse 
del volume di un uovo, di un pugno. 

Crescendo, i fibromi naso-faringei spostano, usurano, perforano, distruggono 
le ossa ; mandano prolungamenti più o meno numerosi che invadono le parti vicine 
al punto primitivo di impianto. 

Le propaggini si fanno sia nelle fosse nasali, sia nella faringe boccale, sia 
nella fossa zigomatica e temporale, sia nell’orbita, sia nel cranio „ (Jamain e Terrier). 

Si capisce che spesso si propaghino nelle fosse nasali, essendo l’apertura di 
queste vicinissima al loro punto prediletto di impianto; la facilità colla quale il 
velo pendolo può venire abbassato, la possibilità della distruzione della vòlta 
ossea palatina, ci rende ragione della sporgenza del tumore riscontrata talvolta 
nella porzione orale della faringe e nella bocca stessa. 

Comunicando le fosse nasali coi seni frontali, sfenoidali, mascellari e colle cellule 
etmoidali si capisce che tali tumori dalle coane nasali possano mandare propaggini 
in detti seni. 

I prolungamenti nella cavità orbitaria possono farsi in due modi, sia per la 
distruzione della parete interna di questa cavità, in modo speciale dell’osso unguis, 
sia per la fessura sfeno-mascellare. “ La penetrazione nelle fosse zigomatiche, che 
per lo più avviene solo da un lato, si fa per la fessura pterigo-mascellare; il propa¬ 
garsi del tumore lungo il temporale è dovuto alla propaggine della cavità zigomatica, 
che non potendo più crescere, perchè compressa dalla branca ascendente del ma¬ 
scellare inferiore, devia in alto „ (Jamain e Terrier). Questo prolungamento temporale 
passa sotto l’arcata zigomatica, dopo di aver attorniata l’articolazione temporo- 
mascellare che può anche venire lussata 
(caso di Flaubert, tesi di Postel, Parigi 1867). 

Le propaggini nella cavità cranica si 
verificano sia dopo la distruzione delle pa¬ 
reti dei seni frontali invasi dal fibroma, sia 
dopo la distruzione delle cellule etmoidali. 

Eziologia e patogenesi. — L’ezio¬ 
logia è oscurissima, i traumi di data antica, 
le cattive condizioni igieniche, la scrofola 
vennero invocate, senza però darne la prova, 
quali cause dello sviluppo di polipi naso¬ 
faringei. 

Due fattori eziologici ben determinati 
sono quelli dell’uà e del sesso. 

I fibromi naso-faringei si osservano quasi 
esclusivamente nel sesso maschile. Vi sono tuttavia casi di queste neoplasie nella 
donna. Il dott. Pluyette (di Marsiglia) riuscì a raccoglierne 22 casi; egli però ritiene 
solo 9 di questi casi quali veri polipi naso-faringei del sesso femminile. In questi 
nove casi sono compresi quelli noti di A. Richard e di Verneuil. 



Fig. 330. — Polipo fibroso naso-faringeo 
con perforazione del cranio (0. Weber). 



136 


Tumori 


Nel sesso maschile i fibromi naso-faringei si riscontrano per lo più dai 15 ai 
22 anni; non si trovano dopo i 30 anni. Vennero però registrati casi di polipi 
naso-faringei in pazienti di 5 anni e anche di 2 anni. Verneuil trovò nelle memorie 
della antica Accademia di Chirurgia un caso di Voisin, chirurgo della infermeria 
reale di Versailles, in cui si descrive un tumore dell’apparenza di un polipo naso- 

A 

faringeo trovato in un neonato ; non è indicato però il sesso. E degno di nota che 
nella donna questi tumori si sviluppano in qualsiasi età. Le due ammalate di 
Verneuil avevano luna sessantadue anni, l’altra sessantaquattro. Pluyette crede 
che questi tumori nella donna si manifestino solo nell’età adulta. In sei dei nove 
casi citati trattavasi di pazienti che avevano oltrepassato i venti anni di età. 
“ L’evoluzione dello scheletro ci spiega fino ad un certo punto queste produzioni 
morbose. Questa evoluzione è accompagnata da uno stato irritativo fisiologico del 
periostio, che cambiando natura diventa patologico e dà luogo allo sviluppo di 
questi tumori. Si avrebbe una aberrazione ed una esuberanza del periodo nutritivo, 
secondo la frase di Gosselin, il quale d’altra parte pare non sia troppo convinto 
del valore di questa teoria „ (Jamain e Terrier). 

Ricorderemo in ultimo una opinione di Pluyette: “ partendo dal principio che 
l’attitudine a prodursi del tessuto fibroso esiste in ogni individuo, noi ammettiamo 
che la menstruazione agisca come un rivulsivo continuo, impedendo la neo-pro¬ 
duzione del tessuto fibroso sulla apofìsi basilare, favorendola invece nelle pareti 
uterine; per ciò il fibroina uterino è nella donna l’equivalente del fibroma naso¬ 
faringeo dell’uomo „. Con ciò si spiegherebbe, se non erriamo nell’interpretare que¬ 
st’autore, la rarità dei polipi naso-faringei nella donna e la sua frequenza neH’uomo. 
Noi lasciamo però a Pluyette tutta la responsabilità di questo modo di vedere. 


Sintomi. — L’inizio dei fibromi naso-faringei spesso non è riconosciuto. L’am¬ 
malato si lagna di un leggero impedimento nella respirazione, d’un senso di chiusura 
più o meno pronunziato delle coane nasali, ed è soggetto a lievi epistassi. 

Contemporaneamente si osserva uno scolo sieroso dalle narici. Nella maggior 
parte dei casi, si nota una cefalalgia sorda, gravativa. Si crede a tutta prima di 
aver a che fare con una corizza cronica che, malgrado una cura appropriata, non 
accenna a risolversi. Più tardi il paziente accusa un senso di corpo estraneo nelle 
fosse nasali; il gusto e l’odorato diminuiscono; l’udito è spesso afiìevolito, sia 
perchè si hanno fenomeni congestivi da parte della tromba d’Eustachio, sia perchè 
la sua apertura faringea è più o meno ostruita dal tumore naso-faringeo. 

Questi disturbi funzionali inducono l’osservatore ad un esame più attento del¬ 
l’ammalato. 

Allora, esaminando direttamente le fosse nasali, oppure con l’aiuto dello spe- 
culum, si trova in una narice, od in tutte due un tumore roseo o rossastro, 
duro, non elastico, poco mobile. Esaminando la bocca dell’ammalato, spesso si 
vede il velo del palato abbassato, sia in tutto, sia da una parte sola. 

Il tumore, raggiunto un certo volume, sporge nella faringe boccale; è gonfio, 
roseo o rosso, secondo che la mucosa che lo ricopre è più o meno congestionata. 

Introducendo nella bocca un dito e ripiegandolo ad uncino dietro il velo del 
palato, mentre l’ammalato ha la testa rovesciata aH’indietro, si può riconoscere il 


Tumori 


137 


volume del fibroma, la sua consistenza, ed il suo punto d impianto. Non di ìado 
succede, che toccando, anche con grande precauzione, la faringe, si producono 


emorragie, talvolta molto abbondanti. 

I disturbi funzionali possono essere leggieri, se il tumore rimane stazionario; 
ma il più delle volte esso aumenta di volume e manda propaggini in diversi sensi. 
In tal caso nuovi disturbi funzionali s’aggiungono ai primi, i quali si fanno più 
gravi; non tardano quindi a comparire le deformazioni caratteristiche. 

La respirazione spesso è notevolmente impedita a cagione dell aumento del 
tumore; non di rado si hanno accessi di soffocazione, il gusto, l’odorato, l’udito, 


s’indeboliscono a poco a poco, e possono 
anche sparire. Quando il fibroma riempie 
completamente le fosse nasali, e continua 
a crescere, sporge al di fuori delle narici, 
per cui il naso vien sformato, in certo qual 
modo appiattito. 

La compressione del canale nasale, 
prodotta dal neoplasma, dà origine all’e¬ 
pifora, od a tumore lagrimale. Quando il 
neoplasma invade le fosse zigomatiche e 
temporali, non è raro di riscontrare una dif¬ 
ficoltà nella masticazione, una tumefazione 
generale estesa ad una metà della faccia, e 
la scomparsa della depressione parotidea. Il 
tumore, penetrando nel seno mascellare, 
deforma la guancia, spostando la parete 
anteriore del seno e deprimendo la con¬ 
cavità del palato duro, che talora vien per¬ 
forato od anche distrutto. Se il neoplasma “ 

penetra e si sviluppa nell’orbita, produce 

l’esoftahnia; in tal caso, spesso il paziente accusa diplopia. Le palpebre non si 
possono più chiudere, la congiuntiva e la cornea si infiammano. Il tumore può 

comprimere il nervo ottico e produrre cecità. 

Il fibroma naso-faringeo infine può invadere la cavità cranica; più spesso i 
prolungamenti cranici non sono riconosciuti che all autopsia, poiché il cei vello 
sopporta abbastanza bene una compressione lenta; in alcuni casi però, si notò 
un’intensa cefalalgia; in altri, dei gravi fenomeni nervosi, vertigini, sonnolenza, coma. 

Lo stato dell’ammalato rimane buono durante un certo tempo, ma col pro¬ 
gredire del tumore si altera notevolmente. Sia per le alterazioni respiratorie, sia 
per la difficoltà di liuti irsi a cagione dell’impedimento nella deglutizione, sia pel¬ 
le ripetute emorragie, l’ammalato cade ben presto in uno stato d anemia carat¬ 
terizzato dal pallore della faccia deformata; diventa magro ed apatico. 



Decorso. — Durata. — Esito. — I polipi naso-faringei presentano nella 
loro evoluzione tre stadii, un periodo di inizio, caratterizzato dalla corizza clonica. 
Un periodo stazionario caratterizzato da disturbi funzionali, che ci indicano lo 



138 


Tumori 


sviluppo del tumore ; finalmente un periodo d’invasione caratterizzato dalle defor- 
inazioni della faccia. 


Non ò molto facile il fissare la durata d’ognuno di questi periodi. Il tumore 
si svolge tanto più presto, quanto più il soggetto è giovane. In un caso di Richard, 
un fanciullo morì sei mesi dopo il principio dell’affezione. I disturbi funzionali 
gravi, generalmente non si palesano che uno o due anni dopo i primi sintomi. 

La guaiigione è possibile con gangrena spontanea o eliminazione consecutiva 
del fibroma ; della quale vennero registrati alcuni esempi (Caso personale dell’autore). 

Un fatto di grande valore, comunicato da Legouest alla Società di Chirurgia 

(seduta del 31 gennaio 1806) è la possibilità di un arresto nell’accrescimento d’un 

polipo naso-faringeo, e la sua scomparsa allorché l’ammalato raggiunge l’età 
adulta. 


Velpeau, fa notare non esservi in ciò nulla di straordinario, poiché si osserva 

la regressione dei fibromi uterini nel periodo della menopausa. Gosselin pubblicò 

in proposito una osservazione interessantissima, di cui presentiamo la conclusione: 

“ In P° che Parole, ecco un uomo che all’età di ventidue anni fu vicino a morire 

per un fibroma naso-faringeo soffocante. Una cura palliativa impedì la morte, ed 

in seguito impedì al tumore di produrre fenomeni asfittici; a ventiquattro anni 

e mezzo, quando aveva tralasciato ogni cura chirurgica, il resto del tumore sparì 

spontaneamente. Esso si era riassorbito, non eliminato. Per una forza riparatrice 

non bene nota si colmano le lesioni della parete orbitaria e della naso-cranica. 

I sintomi di compressione oculare e cerebrale sparirono, insomma, l’ammalato è 
guarito „. 

Un’altro fatto di regressione, citato da M. Lafont {Gaz. liebd., 1875) non è meno 
convincente. 


Del resto Velpeau, Guyon, citarono casi, in cui un polipo operato, benché in¬ 
completamente, in principio dell’età adulta, non recidivò. 

Si comprende facilmente Pimportanza di queste osservazioni, dal punto di vista 
terapeutico. 

Se é certo che i fibromi naso-faringei, possono guarire spontaneamente, non 
è però meno vero, che spesse volte causano la morte dell’ammalato. Questa è 
piodotta sia da asfissia lenta e disfagia progressiva ; sia, più di rado, da accidenti 
cerebrali e dal coma; sia ancora da setticemia risultante dalla deglutizione dei 
prodotti morbosi che provengono dal neoplasma ulcerato; e finalmente, spesso da 
emorragie frequenti e abbondanti, che d’altronde si possono produrre in tutti i 
periodi dell’evoluzione del neoplasma. 


Diagnosi. — Se la pratica dell’esame rinoscopico fosse più estesa, i fibromi 
naso-faringei passerebbero meno spesso inosservati nel loro inizio. 

Nel primo periodo difatti si fa per lo più diagnosi di una corizza cronica, che 
vien curata in modo banale; si procede ad un attento esame delle fosse nasali 
e della faringe, solo quando appaiono disturbi funzionali, quando cioè il tumore 
ha già acquistato un certo volume; oppure quando si sospetta 1’esistenza di 

vegetazioni adenoidi o di polipi mucosi; in tali casi colla rinoscopia si riconosce 
l’errore. 



Tumori 


139 


Infatti, i polipi mucosi, anche quando si inseriscono sull’orifìzio posteriore delle 
fòsse nasali, o sulle pareti della faringe, non possono essere confusi con un 
polipo fibroso. La loro molteplicità, la mollezza, il colore bianco-grigiastro, ci fanno 
riconoscere la loro natura. 

Però Duplay insiste sulla possibile coesistenza dei polipi mucosi e dei fibromi 
naso-faringei. 

I tumori del velo del palato, quando si pratichi l’esame digitale e la rino- 
scopia posteriore, che ci permettono di riconoscere la sede ed il punto d’impianto, 
possono facilmente venir distinti dai fibromi naso-faringei. 

Citeremo come esempio il caso di Duplay : in un fanciullo di 4 anni un ascesso 
freddo, proveniente dalle prime vertebre cervicali, dava a credere ad un polipo 
naso-faringeo; l’errore però venne presto riconosciuto, essendosi constatato con 
facilità la fluttuazione; il fatto di Cruveilhier (Anat. path.), cioè un’ernia del cer¬ 
vello e delle sue membrane attraverso l’etmoide, fece credere ad un polipo. I 
tumori maligni della cavità naso-faringea vennero talvolta scambiati coi fibromi. 
Alcuni segni, però, permettono di fare la diagnosi differenziale. Il fibroma naso¬ 
faringeo è un’affezione dell’adolescenza (almeno il più delle volte), ha general¬ 
mente un decorso lento, non si accompagna a tumefazione dei ganglii. I carat¬ 
teri dei tumori maligni sono opposti; si osservano soprattutto nell’età adulta, il 
loro decorso è rapido, i ganglii sono spesso invasi. 1 segni locali differiscono al¬ 
quanto ; generalmente il polipo fibroso è duro, poco elastico, ben limitato; il cancro 
è più molle, più friabile, più diffuso. 

Col nome di polipi naso-faringei, non abbiamo inteso parlare che dei fibromi 
puri. Ma spesso è succeduto che dei tumori, considerati come tali, all’esame 
microscopico si dimostrarono come fibro-sarcomi o veri sarcomi. Come fece notare 
Trélat (Soc. di Chir., 1873) tra i fibromi, i fibro-sarcomi e i sarcomi veri, non vi 
sono che transizioni insensibili, e la loro diagnosi differenziale è talora impossi¬ 
bile sul vivo. 

Fatta la diagnosi di polipo naso-faringeo, bisogna ancora cercare di conoscere 
il volume, il punto d’impianto, le aderenze, i prolungamenti del tumore. 

Del resto, ci si può render conto in modo molto approssimativo del volume 
del fibroma, introducendo il dito nella faringe ed una sonda nella narice. Per tal 
modo possiamo pure acquistare alcune nozioni sulla mobilità del neoplasma. La 
larghezza della base d’impianto, le aderenze della massa in diversi punti, non 


possono essere riconosciuti che colla esplorazione digitale. La rinoscopia posteriore 
quando è praticabile, e ciò accade solo al principio dell’affezione, ci può fornire, 
in alcuni casi, dei dati sul volume del fibroma e sul suo peduncolo. 

I prolungamenti orbitali, mascellari, zigomatici vengono diagnosticati per la 
presenza delle deformazioni caratteristiche, più sopra descritte. 

È possibile la diagnosi dei prolungamenti cranici? No. La cefalalgia persistente, 
i disturbi visuali, la sonnolenza, le vertigini dovranno farceli sospettare, non è 
però possibile raffermarli con certezza. 

Secondo Gaudt, l’atrofìa della papilla indicherebbe sempre un prolungamento 
cranico, poiché sarebbe la prova della compressione dei nervi, d’una benderella 
o dei talami ottici. Michaux non dà a questo fatto che un valore minimo. Le 


140 


Tumori 


pareli craniche assottigliate, possono lasciarsi sollevare in modo, da comprimere 
le benderelle ed i ganglii centrali, senza che tuttavia il tumore abbia invasa real¬ 
mente la cavità cranica, e perforate e distrutte le sue pareti. 

Prognosi. — La prognosi dei fibromi naso-faringei è gravissima. 

L’età del paziente dev’esser presa in gran considerazione nella prognosi. Più 
egli è giovane, più l’affezione progredisce rapidamente ; più s’avvicina all’età 
adulta, tanto maggiore è la probabilità di vedere il tumore arrestarsi nel suo 
decorso, od anche sparire, dopo operazioni semplicemente palliative. 

Le minaccie d’asfissia, di setticemia, le emorragie frequenti, abbondanti, aggra¬ 
vano ancora la prognosi. Questa è grave, anche a causa delle operazioni labo¬ 
riose necessarie per l’ablazione dei fibromi. Infatti, l’operazione non è mai scevra 
di difficoltà, esige numerose precauzioni, ed una mano esperta, per esser compita 
con esito felice. 

Cura. — I metodi impiegati per la cura dei polipi naso-faringei, sono nume¬ 
rosi. Si dividono in metodi semplici e in metodi composti. 

I mezzi semplici si propongono di estirpare il polipo per le sole vie naturali. 

I metodi composti al contrario esigono operazioni preliminari che permettano 
d’operare il polipo per una larga via. 

Queste operazioni preliminari rappresentano, secondo l’espressione di Verneuil, 
la prima battaglia che si dà al polipo. Si può penetrare nella cavità faringea: 

1° Facendo una larga apertura nella vòlta del palato (metodo palatino); 

2° Aprendo le fosse nasali (metodo nasale); 

3° Resecando tutto od in parte il mascellare superiore (metodo facciale). 

Metodi semplici. — L’essiccazione, il setone, mezzi insufficienti; lo schiaccia¬ 
mento ideato da Velpeau, e che può determinare fatti settici, emorragie; l’escisione, 
che espone pure alle emorragie, ed, allorquando è praticabile, è sempre incompleta, 
son processi che citiamo a titolo di curiosità storica. 

L 'estirpazione si fa per mezzo di pinze di diversi modelli, che si introducono 
sia dalle narici, èia dalla bocca. Afferrato il polipo, ciò che non è sempre facile, 
si cerca di estirparlo con la torsione é la trazione combinate. Questo metodo non 
può essere impiegato che nei casi in cui il peduncolo è piccolo, o il tumore è mo¬ 
bile, e privo di prolungamenti. È insufficiente, perchè lascia quasi sempre alcune 
piccole parti del tumore; è cieco, essendo impossibile sapere che cosa si afferri; 
ci espone in oltre al pericolo di estirpare i punti ossei d’impianto del peduncolo, 
specialmente l’etmoide, e quindi aprire la cavità cranica. Il raschiamento è spesso 
impiegato come complemento di altri metodi; è stato consigliato da Borelli (di 
Torino) e da Guerin (in Francia). Si pratica facendo penetrare un cucchiaio dalle 
narici fin nelle retrofosse e raschiando il tumore sulla guida del dito introdotto 
nella faringe nasale. Questo processo non si può applicare che a polipi piccoli e 
senza prolungamenti. 

Ad un chirurgo del secolo xm, Guglielmo da Saliceto, si attribuisce l’idea della 
legatura del peduncolo del polipo , per produrre la mortificazione della massa mor¬ 
bosa. Tutta la difficoltà, ed è grande, consiste nel mettere a posto il laccio 



Tumori 


141 


costrittore sul punto d’impianto del tumore. Sono stati inventati numerosi stru¬ 
menti, per giungere allo scopo, quali quelli di Rigaut, Ilatin, Leroy d'Etiolles, ecc. 

La legatura non è senza pericolo : vi è alla caduta del polipo suppurazione del 
peduncolo, spesso si hanno quindi fenomeni setticemici ed emorragie secondarie. 
La massa mortificata, cadendo, può otturare la glottide e produrre asfissia; 
finalmente l’operazione è sempre incompleta. 

La legatura può essere estemporanea. L’écraseur di Chassaignac, il serranodo 
di Maisonneuve, la pinza-sega di Péan, sono gli strumenti che ne permettono 
l’esecuzione. Quantunque segni un progresso sullo strozzamento lento, ne mantiene 
tuttavia gli inconvenienti più gravi. 

Si può considerare come processo analogo alla legatura la compressione con 
pinze a dimora messa in pratica la prima volta da Maliverni, il quale ne aveva 
avuta l’idea da Ch. Bell, e da Letenneur (di Nantes) (Gazette médicale di Parigi, 1860). 

La cauterizzazione, come il raschiamento, il più delle volte non si usano che 
come mezzi complementari di altri metodi, specialmente del palatino. Tolto il 
polipo, l’apertura palatina permette di sorvegliare il peduncolo e di cauterizzarlo 
col termo-cauterio, col galvano-cauterio, coll’acido cromico (Verneuil), l’esca caustica 
(immersa in una soluzione di cloruro di zinco) (Desprès), ecc. 

Ma si pensò anche alla cauterizzazione, quale metodo semplice. 

Una delle prime applicazioni di questo processo è dovuta a Bourienne, il quale 
senza operazione preliminare, giunse a distruggere un polipo, con reiterate cau¬ 
terizzazioni con burro d’antimonio. 

La galvano-caustica termica (ansa, coltello galvanico), è stata impiegata con 
successo da Verneuil. Però essa non ha alcun vantaggio sulla legatura estemporanea 
per quanto concerne la distruzione totale del polipo. 

La galvano-caustica chimica o elettrolisi, produce in due modi la distruzione 
del tessuto morboso: per decomposizione, per cauterizzazione. Nélaton pel primo 
applicò l’elettrolisi alla cura dei polipi naso-faringei. Dolbeau e Guyon l’impie¬ 
garono con successo. Le sedute devono essere di dieci minuti ciascuna, e devono 
essere ripetute un gran numero di volte (40 sedute in un ammalato di Guyon). 

Metodi composti. — Essi devono essere preceduti da operazioni preliminari. 
Su questo argomento si potrebbe scrivere un lungo capitolo di medicina opera¬ 
toria, che oltrepasserebbe i limiti che ci siamo prefìssi; rimandiamo perciò ai 
trattati speciali ed all’eccellente articolo di Spilmann del Dictìonnaire Dechambre 

(Art. Nez). 

Metodo palatino. — Il merito dell’idea è dovuto a Manne (d’Avignone), il 
quale per primo, nel 1717, tagliò il velo del palato sulla linea mediana, per arri¬ 
vare sul punto d’impianto d’un fibroma naso-faringeo; Dieffenbach nel 1834 e 
Maisonneuve nel 1859, fecero una semplice bottoniera palatina ; la loro operazione 
è uguale a quella di Manne, ad eccezione ch’essi rispettano il margine libero del 

velo del palato. 

Eugenio Boeckel (di Strasburgo), consigliò d’incidere trasversalmente il velo del 
palato ; Vocchiello fatto in questo modo, lascierebbe penetrar meglio la luce, potrebbe 
cicatrizzarsi spontaneamente, ed in ogni caso sarebbe più facile, dopo questa 
incisione che dopo quella longitudinale, un’operazione riparatrice, 



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Tumori 


L'incisione della porzione molle del palato, è un eccellente metodo operativo, 
ma è insufficiente, quando il polipo ò voluminoso e presenta delle inserzioni multiple. 
Nélaton (1848) per creare una via più larga, aggiunse alla fessura palatina una 
resezione parziale della lamina palatina dei due mascellari superiori. 

Dopo d’aver tagliato longitudinalmente il velo del palato, egli incide la fibro- 
mucosa palatina sul prolungamento di questa sezione fino a 2 centim. di distanza 
dagli incisivi; fa in seguito nel punto in cui cessa l’incisione antero-posteriore, 
una seconda incisione trasversale di 3 centim. di larghezza, la cui parte mediana 
corrisponde all’estremità anteriore dell’incisione antero-posteriore. Dopo di aver 
staccato i due lembi così ottenuti, si reseca con una tanaglia di Liston la vòlta 
ossea, per la lunghezza di 30 millim. e per la larghezza di 25 millim. Adelmann 
nel 1843, con questo metodo, estirpò un polipo naso-faringeo ; il caso però si pre¬ 
sentava in condizioni molto favorevoli, perchè il tumore aveva distrutta la porzione 
ossea del palato. Non può dunque per questo solo caso dividere con Nélaton il 
merito dell’idea di tagliare la vòlta palatina ossea, nelle operazioni dei fibromi 
naso-faringei. 

Metodo nasale. — Questo metodo è antichissimo. Ippocrate e Celso, per meglio 
operare nelle fosse nasali, incidevano le parti molli del naso. Gurmann, Guglielmo 
da Saliceto dilatavano le narici. 

L’incisione delle parti molli del naso venne richiamata in onore da Dupuytren. 
La si fa, tanto sulla linea mediana, processo usato da Verneuil, ed al quale spesso 
conviene aggiungere il divaricamento delle ossa proprie del naso ; quanto nel solco 
genio-nasale (Heister, Garengeot). Per questa via si scopre facilmente il tumore 
naso-faringeo ; si lascia aperta la ferita fino a che il neoplasma non è stato com¬ 
pletamente distrutto; questo processo esige una cura lunga come nel metodo 
palatino. L’ammalato conserva quindi per qualche tempo una faccia deforme, che 
malgrado una cura consecutiva lascia per sempre una deformazione spesso molto 
pronunziata. 

Le stesse incisioni mediane del naso e del solco genio-nasale, possono essere 
applicate alla cura estemporanea dei polipi. Si può cioè togliere il fibroma e 
suturare immediatamente le parti molli; però queste incisioni sono spesso insuf¬ 
ficienti. 

Ghassaignac (1854) per il primo ebbe l’idea di staccare il naso da una parte 
per ribatterlo sulla guancia dalla parte opposta. Nessuno prima di lui aveva 
aperta così arditamente la via nasale (Verneuil). 

Nel caso in cui la via così ottenuta fosse insufficiente, egli si proponeva di 
resecare le ossa proprie del naso. Malgaigne, ci dice Péan, descrivendo l’ope¬ 
razione di Chassaignac, si domanda se, invece di tagliare le ossa del naso, non 
sarebbe preferibile di staccarle in modo da poterle rimettere a posto dopo l’ope¬ 
razione. Si trova così espressa nettamente l’idea della resezione temporaria delle 
ossa del naso. 

Boeckel, dice ancora Péan, fece sul cadavere delle prove, che rispondevano 
a questa indicazione; Von Burns, Hurpinski, Fergusson, la misero in pratica sul 
vivo. Ollier, in fine, perfezionò questo metodo, di cui diremo brevemente; egli 
praticò Y osteotomia verticale e laterale del naso, ribattendolo dall’alto al basso. 



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Nel 1875, Ollier descrisse per la prima volta la sua operazione, la mise quindi 
in pratica un centinaio di volte nel caso di polipi naso-faringei. Richiamò su tale 
operazione l’attenzione della Società di Chirurgia nel 1889 (seduta del 15 maggio). 
Questo metodo comprende tre tempi. 

Primo tempo. — Le parti molli sono incise d’un sol tratto a fondo, fino 
all’osso. L’incisione parte dal margine posteriore d’una delle ali del naso, rimonta 
fino alla depressione naso-frontale, l’attraversa e ridiscende fino al margine po¬ 
steriore dell’ala della parte opposta. Con una piccola sega, si taglia lo scheletro 
osseo del naso, seguendo l’incisione esterna. Il naso vien quindi rovesciato in 
basso mediante alcuni colpi di scalpello sul setto e sulle cartilagini delle ali. 

Secondo tempo. — Introducendo un dito in una delle fosse nasali, si sposta il 
setto da un lato. 


Terzo tempo. — Si estrae il polipo, strappandolo con pinze molto forti. Se è 
inserito sull’apofìsi basilare, lo si afferra, guidando lo strumento coll’aiuto d’un 
dito, introdotto nella faringe nasale. 

In seguito il naso vien suturato con molti punti di sutura che attraversano le 
parti molli, compreso il periostio. Se i margini vengono riuniti con cura, in capo 
ad alcuni giorni si ottiene la riunione per prima intenzione. 

Metodo facciale. — È relativamente recente. 

La resezione del mascellare venne fatta la prima volta, per estrarre un polipo 
naso-faringeo, da Symc (d’Edimburgo) nel 1832. Flaubert (di Rouen) ripetè questa 
operazione nel 1840. Michaux, Maisonneuve, Robert, Nélaton, Verneuil e molti altri 
chirurghi, l'hanno in seguito praticata. Non è nostro compito il descriverla. Ollier 
consigliò la resezione sottocutanea del mascellare superiore. E questo un progresso 
sui processi antichi. 

Però dobbiamo dire, che malgrado l’eccellenza di questo metodo, il quale 
permette di scoprir bene il tumore ed il suo punto d’impianto, di sorvegliare dal¬ 
l’apertura palatina il peduncolo del fibroma, non si tardò a respingere questa 
demolizione troppo grande della faccia e alla resezione totale venne spesso sosti¬ 
tuita la resezione parziale. 

Chassaignac aveva già consigliato di rispettare sempre il pavimento dell’orbita. 

Michaux (di Louvain), ebbe pel primo l’idea della resezione parziale. Bérard, 
Huguier, Demarquay, Vallet (d’Orléans), Péan, descrissero processi speciali, sui cui 
particolari non crediamo fermarci. Questi processi meritano d'essere conservati, 
quantunque non si possa tacere che hanno l’inconveniente di non aprire una 
breccia abbastanza ampia. Le resezioni del mascellare superiore, totali o parziali, 
lasciano deformità ed alterazioni nella fonazione e nella masticazione. 


L’idea di rimettere a posto il mascellare in tutto od in parte resecato, in una 
parola. Videa della resezione temporaria, appartiene ad un chirurgo francese. 

I Tedeschi dànno a Langenbeck la priorità di questo concetto. Verneuil, alla 
Società di Chirurgia (seduta del 23 luglio 1873), combattè le presunzioni dei 
Tedeschi, ricordando che “ l'idea teorica dello spostamento delle ossa e della 
loro reintegrazione nel luogo primitivo, dopo l’ablazione del polipo, appartiene 
per intero ed assolutamente a Huguier 

Se è vero che Langenbeck nel 1859 praticò la resezione temporaria e parziale 


Tumori 


144 

del mascellare superiore, e nel 1861 modificò felicemente il metodo di Huguier, 
per la resezione temporaria di quest’osso, non rimane però meno dimostrato che 
il chirurgo francese emise l’idea di questa resezione temporaria nel 1852 e 1854, 
e che inoltre egli la praticò per la prima volta nel 1860. 

I differenti processi di resezione temporaria del mascellare superiore appar¬ 
tengono a Huguier, Langenbeck, Boeckel. La possibilità della recidiva anche dopo 
queste resezioni fece abbandonare a Verneuil e a Trélat queste sanguinose operazioni. 

Non vogliamo finire questo capitolo senza dire una parola del metodo orbitale 
o lacrimale, descritto da Rampolla (di Palermo) nel 1860: “ L’autore di questo 
metodo proponeva di perforare l’osso unguis per sezionare il peduncolo del polipo 
col mezzo d eWécraseur lineare o della legatura estemporanea. Verneuil, in una 
relazione su questo argomento, dimostrò che questo processo non era che un 
nuovo ed ingegnoso modo di legatura basato su dati anatomici esatti, ma che, 
come tutti i processi di legatura, non dava garanzie di evitare una recidiva. Inoltre, 
l’unica volta che venne applicato sul vivo, non fu coronato da successo „ (1). 

Parlando di metodi composti, abbiamo impiegate più volte le espressioni di 
cura estemporanea, cura lenta dei polipi naso-faringei. 

Nella cura estemporanea una volta tolto il polipo, l’operazione è considerata 
come completa, definitiva, e l’ammalato come guarito. 

Invece, nella cura lenta, dopo l’ablazione, ci proponiamo di sorvegliare il pedun¬ 
colo e di curare con altri mezzi le recidive (raschiamento, cauterizzazione termica 
o chimica). 

È evidente che le resezioni temporarie non si possono applicare che ai metodi 
di cura detta estemporanea. In quanto alla cura lenta, può adottarsi nei tre me¬ 
todi: facciale, palatino e nasale. Però, quest’ultimo, nel quale si lascia aperta per 
molto tempo una breccia ripugnante, è oggidì abbandonato. 

II metodo facciale, ma soprattutto il metodo palatino, i quali lasciano un’aper¬ 
tura boccale che permette di sorvegliare il neoplasma, servono mirabilmente nella 
cura lenta, e sono perciò il più spesso adottati. 

Tutti coloro che scrissero sui polipi naso-faringei terminarono il loro studio 
con un parallelo fra i diversi metodi proposti per la guarigione, ed arrivarono a 
questa conclusione, che nessuno dev’essere respinto, poiché ogni caso presenta 
indicazioni speciali. Tale è anche la nostra opinione, e diremo con Kirmisson (2) : 

“ Raramente i metodi semplici convengono alla cura dei polipi naso-faringei. 

“ Se l’ammalato va verso l’età adulta, il tumore ha un volume moderato, non 
conduce ad imminenti pericoli, si può tentare la cura lenta, colla estirpazione, colle 
cauterizzazioni e coll’elettrolisi ; la via palatina si presta assai bene per questa cura. 

“ Se invece si tratta d’un fanciullo, d’un polipo voluminoso, con molteplici 
prolungamenti, minacciante l’esistenza se non si toglie totalmente, bisogna ricorrere 
alla cura rapida, per mezzo d’una larga operazione preliminare. 

“ Secondo i casi sarà indicato il metodo nasale o la via facciale „. 

[V. nota T del Traduttore']. 


(1) Duplay, Patii, externe, t. Ili, p. 837. 

(2) Manuel de pathologie externe. 



Vizi di formazione e deformità della faringe nasale 


145 


CAPITOLO III. 

Vizi di formazione e deformità della faringe nasale. 

Le anomalie congenite della faringe nasale sono rare, esse consistono: 1° in 
obliterazione deir orifizio posteriore dette fosse nasali o eoa ne ; 2° in aderenza del 
velo del palato alla parete posteriore della faringe (raro) ; 3° in divisioni mediane 
del velo del palato ; il velo bifido è spesso abbozzato da una depressione, che si 
osserva alla punta dell’ugola; 4° in perforazione, in corrispondenza del pilastro. 

Le anomalie acquisite sono dovute ad ulcerazioni gravi del velo (sifilide, lupus), 
od a cicatrici consecutive. 

In una tesi accurata Georges Homolle (1) descrisse: 1° le perdite di sostanza 
del velo e 2° le sue aderenze viziose. 

I. Le perdite di sostanza del velo possono presentarsi sotto tre forme, che 
Fournier ha caratterizzato felicemente: 

1° Incisure marginali; 

2° Ulcera perforante ; 

3° Divisione a guisa di cortina. 

1° Incisure marginali. — La lesione occupa il margine libero, sia di un pilastro, 
sia del velo ; la curva normale che formano queste parti, è bruscamente interrotta 
dall’inserzione d’una curvatura di differente raggio, o da un’incisione più o meno 
profonda, e più o meno regolare. — Questa porzione è sottile, e si presenta come 
una cicatrice marginale, lineare, a guisa di una benderella madreperlacea. 

2° Ulcera perforante. — Essa occupa spesso la linea mediana ; allora può inte¬ 
ressare il velo o la vòlta ; in alcuni rari casi, risiede al disopra d’uno dei pilastri ; 
attorno alla perdita della sostanza vi è un margine sottile. 

La perdita di sostanza, alcune volte forma una specie di canale scavato nello 
spessore delle parti molli e dello scheletro osseo, come se una porzione della vòlta 
fosse stata staccata collo stampo. 

3° Divisione a guisa di cortine. — Quando si è prodotta una perforazione 
in vicinanza del margine libero del velo, o d’un pilastro, e progredendo, ne rag¬ 
giunge e divide il margine libero, oppure allorché un’incisione profonda del margine 
libero raggiunge una perforazione, il velo del palato si trova diviso in due lembi 
ondeggianti, che tendono ad allontanarsi l’un dall’altro, come due cortine. 

Il velo, così profondamente diviso, non è più suscettibile di riprendere i ca¬ 
ratteri normali; l’allontanamento che i muscoli tendono a produrre, qui, come 
nelle divisioni congenite, si esagera sotto l’influenza della retrazione cicatriziale, 
e l’istmo delle fauci presenta, invece della forma regolare che gli è propria, la 
forma di un triangolo acuto; tutto il margine è costituito da una linea fibrosa, e 
spesso è ricoperta da cicatrici più o meno profonde. 


(1) Georges Homolle, Des scrofulides graves de la muqueuse bucco-pliaryngienne. Paris 1875. 

10. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 


146 


Malattie dei seni frontali 


li. Aderenze anormali. — Le aderenze del pilastro o del velo con la parete 
posteriore della faringe, si osservano frequentemente (lupus, sifìlide). Il pilastro 
aderente è per lo più spostato all’interno, resta così messa in evidenza la loggia ton¬ 
sillare ; però può darsi invece che questa resti nascosta dietro il pilastro anteriore. 

Il velo, fondendosi colla parete posteriore della faringe, resta come tenda tesa 
trasversalmente dall’avanti aU’indietro ; tra questo e la parete posteriore non resta 
che un orifìzio, il cui diametro può non oltrepassare quello d’una penna d’oca, 
d’un ferro da calza od anche completamente mancare; le fosse nasali allora, 
non hanno più comunicazione colla faringe (1). 

Non crediamo di insistere sulla dannosa influenza che queste aderenze così 
estese esercitano sull 'udito, su \V olfatto, sulla respirazione e sulla voce. 

La stafilorafia può rimediare alcune di queste infermità; sarà pure possibile 
qualche volta togliere le aderenze del velo colla parete posteriore della faringe (a) ; 
però malgrado questi tentativi operatorii, il timbro della voce è perduto per sempre. 

Queste operazioni non devono mai essere tentate prima della completa cica¬ 
trizzazione delle ulcerazioni. 


P A Pi, TE QUARTA 

MALATTIE DEI SENI 


Tratteremo delle affezioni del seno frontale, del seno sfenoidale e del seno 
mascellare. 


CAPITOLO I. 

Malattie dei seni frontali. 

Sono forme rare: Dezeimeris(2), Bouyer (3), Duplay (4), E. Berger (5), P. Martin (6), 
hanno coi loro lavori, creata la patologia dei seni frontali. Studieremo le lesioni 
traumatiche, le raccolte liquide, le fistole ed i tumori del seno frontale. 


(1) IL Paul di Breslau, Ardi. f. Min. Chir., t. VII, p. 119, e Ardi. gén. de mcd., 1865; 
Isambbbt, Soc. méd. des hóp ., 1871, Mem., pag. 107; Fougères, Tesi di Parigi, 1871, n. 37; 
G. Homolle, loc. cit. 

(a) [In due casi da me osservati di aderenze cicatriziali complete del palato alla parete po¬ 
steriore della faringe consecutive a sifilide terziaria mi fu possibile di distaccare completamente 
il velo; mi servii di un coltello bottonuto bitagliente e ripiegato ad angolo retto (I. D.)]. 

(2) Dezeimeris, Obs. sur les mal. des sinus frontaux; V Espcrience, t. I, p. 567, 573, e t. IV, 
p. 401, 413. 

(3) Bouyer, Essais sur la pathologie des sinus frontaux. Tesi di Parigi, 1859. 

(4) Duplay, Path. externe, t. Ili, p. 877. 

(5) E. Berger, loc. cit. 

(6) P. Martin, Contribution à l’étude des tumeurs des sinus frontaux. Paris 1888. 



Lesioni traumatiche dei seni frontali 


147 


I. 

LESIONI TRAUMATICHE DEI SENI FRONTALI 

FERITE — CONTUSIONI — FRATTURE 

Riproduciamo dal Duplay la descrizione di queste lesioni traumatiche: “ Le 
ferite dei seni frontali possono essere prodotte da / strumenti pungenti, taglienti o 
contundenti. Raramente una caduta sulla fronte determina una frattura limitata 
alle pareti del seno. 

“ Le ferite con {strumenti pungenti o taglienti, che interessano solo la parete 
anteriore dei seni frontali, non presentano in genere alcuna gravila; la riunione 
dei margini si fa rapidamente, senza lasciare traccie. Però può accadere che l’aria 
contenuta nelle fosse nasali, esca dall’apertura ossea, durante le espirazioni forzate, 
ed impedisca la cicatrizzazione, sia determinando un enfisema più o meno esteso, 
se la ferita dei tegumenti è stretta, obliqua o sinuosa; sia mantenendo uno scolo 
di pus, che mantiene aperto un tragitto fistoloso. 

“ Finalmente, l’agente vulnerante può, dopo d’aver perforata la parete anteriore 
del seno, ledere la parete posteriore e penetrare nella cavità cranica. 

“ Questo genere di ferite va compreso nella categoria delle fratture del cranio 
e delle ferite dell’encefalo. 

Gli strumenti contundenti, possono produrre nei seni frontali svariate lesioni. 
Alcune volte, resta intatta la pelle e la parete anteriore del seno ò fratturata, 
come in un caso descritto da Dupuytren (1). Secondo Foyer, potrebbe anche darsi 
che i tegumenti si lacerino, la parete anteriore del seno venga fratturata, e la 
mucosa resti intatta. Il più delle volte però questa è anch’essa lesa, ed il seno 
comunica più o meno ampiamente con l’esterno. 

“ In quest’ultimo caso, l’aria ad ogni espirazione forzata, esce dalla ferita, e se il 
tragitto è sinuoso, non è rara la comparsa di un enfisema della faccia. Altre volte 
i prodotti delle secrezioni della mucosa nasale, sotto l’influenza dell’aria esterna, 
si alterano; si ha in tal caso uno scolo, più o meno abbondante, di liquido muco¬ 
purulento. Alcune volte (Quesnay) (2), questo liquido, a causa del suo colore e 
della sua consistenza, venne scambiato con sostanza cerebrale. In fine venne 
osservata la mucosa ispessita, rigonfia, sporgente all’esterno (3). 

La diagnosi di frattura del seno frontale, allorché i tegumenti sono lesi, è 
facile; nel caso contrario, il segno patognomonico è dato dalla produzione d’un 
pneumatocele che aumenta, allorché l’ammalato si soffia il naso, e che si riconosce 
facilmente dal crepitìo caratteristico dell’enfisema. Sebbene possa interessare il 
constatare se la parete posteriore del seno sia alterata, conviene però il più delle 
volte astenersi da ogni ricerca al riguardo, e regolarci come nelle fratture e nelle 
ferite penetranti del cranio. 

(1) Le^ons de clinique chirurgicale, t. II, p. 216. 

(2) Mémoire sur les plaies du cerveau; Meni, de VAcad. de Chir ., t. I. 

(3) Rizet, Recueil de Mém. de méd. milit., novembre 1867, p. 409. 


148 


Malattie dei seni frontali 


“ Le ferite e le fratture della parete anteriore del seno frontale, di raro sono 
gravi. L’enfisema che sopravviene alcune volte, è quasi mai così esteso da pro¬ 
durre disturbi notevoli; la guarigione però può essere ritardata dalla produzione 
d’una fistola. Finalmente, queste lesioni sono talora complicate dalla presenza di 
corpi estranei. 

“ Nella maggior parte dei casi, il chirurgo deve limitarsi ad estrarre le scheggie 
ed i corpi estranei, se ve ne sono, poi riavvicinare lassamente i margini della 
ferita, facendo attorno a questa una leggera compressione, per evitare l’enfisema 
o per limitarlo, se si è già formato. Allorché esiste una depressione della parete 
anteriore del seno, si può tentare di rialzare i frammenti con un elevatore od 
una spatola. Non si deve ricorrere all’applicazione d’una corona di trapano che 
nei casi di depressione notevole che non si può vincere coi mezzi semplici „ (1). 

II. 

CORPI ESTRANEI 

“ I corpi estranei dei seni frontali possono provenire dalfesterno o svilupparsi 
nella cavità stessa dei seni. Si citano, infatti, alcune osservazioni di calcoli dei seni 
frontali, troppo rare e troppo incomplete per meritare una descrizione minuta. 

“ Tra i corpi provenienti dall’esterno gli uni sono inerti, gli altri sono insetti, 
per lo più larve, penetrate dalle fosse nasali fino nei seni frontali. Abbiamo già 
descritto le alterazioni prodotte da questi corpi estranei animati; è quindi inutile 
ritornarvi. 

“ I corpi estranei non animati, penetrano per lo più nei seni frontali da una 
ferita o da una frattura della parete anteriore, alcune volte entrano dalla parete 
orbitaria, come nel caso citato da Mackenzie (2), d’un generale francese colpito 
a Waterloo da una palla, che dopo d’avergli lacerato l’occhio, traversò la parte 
superiore ed interna dell’orbita e si arrestò nei seni frontali. 

“ I corpi estranei penetrati accidentalmente nei seni frontali, sono di natura 
diversa; il più delle volte trattasi di pezzetti di punte di spade, di fioretto, di 
coltello, ecc., oppure di proiettili lanciati con esplosivi. Non di rado succede che 
questi corpi restino fìssi solidamente nell’ima o nell’altra parete del seno, senza 
determinare gravi lesioni. Una giovinetta, di cui parla Haller (3), avrebbe tenuto 
per nove mesi la punta d’un fuso in uno dei seni frontali, e Larrey (4) ricordò 
un caso, nel quale una punta di freccia restò nei seni quattordici anni. 

“ In altri casi, il corpo estraneo, dopo d’aver perforata la parete anteriore del 
seno, cade nella cavità di questo, dove resta senza aderenza; si trovano nei diversi 
trattati di ferite causate con armi da fuoco, parecchi di questi esempi. Final¬ 
mente, può darsi che il corpo estraneo prima impiantato nell’una o nell’altra 
parete si stacchi e diventi libero nella cavità del seno. È ricordato nei Bulletins 

(1) Duplay, Pathologie exter., p. 878 e 879. 

(2) Traité pratique des maladies de l’oeil. Trad. fran§. par Warlomont et Testelin, 4* édit., 
t. I, p. 27. 

(3) Opuscules path.; Observation III. 

(4) Mémoires et campagnes, t. IV, p. 89. 


Corpi estranei 


149 


de la Société anatomique dell’anno 1862, un fatto osservato nella sezione del 
professor Gosselin, di una palla, che prima era impiantata nella parete posteriore 
del seno frontale e che in seguito a suppurazione si staccò e si portò nella parte 
più declive del seno, dal quale fu possibile estrarla. 

La penetrazione di un corpo estraneo nel seno frontale, dà quasi sempre ori¬ 
gine ad infiammazione suppurativa, che spesso provoca in seguito l’espulsione del 
corpo stesso, sia attraverso alla parete anteriore, sia per altra via. Alcune volte 
l’eliminazione può farsi spontaneamente, senza manifestazioni infiammatorie, per¬ 
chè il corpo estraneo determina un’usura dell’anello osseo che lo circonda. 

Per esempio, nel caso sopra citato di Mackenzie, la palla rimase dodici anni 
nel seno senza produrre alcun disturbo, finché il ferito una notte si svegliò con 
la sensazione di un corpo nella gola, e tosto vomitò la palla „. 

Diagnosi. — Allorché la ferita è recente, basta esplorare con una sonda od 
uno specillo per riconoscere la presenza d’un corpo estraneo. Però siccome non 
si può essere a priori sicuri che la parete posteriore del seno non sia pur essa 
lesa, bisogna, in quest’esplorazione, procedere con molte precauzioni. Se la lesione 
data da lungo tempo, la diagnosi è molto più difficile. Quantunque anche le ferite 
semplici possano dar origine a fìstole, però la persistenza di queste, unita ai dati 
anamnestici, dovrà farci supporre ed indurci alla ricerca del corpo estraneo. 

Prognosi. — I corpi estranei fìssi nella parete anteriore, o liberi nella cavità 
del seno, costituiscono sempre un fatto grave, benché si sieno citati casi in cui 
vennero tollerati lungamente. È inutile fare osservare che la prognosi è molto 
grave, allorché il corpo estraneo si trova impiantato entro alla parete posteriore. 
In questo caso possono prodursi le conseguenze che si hanno ordinariamente nelle 
ferite del cranio. 

Cura. — “ Ogni qualvolta si potrà riconoscere la presenza di un corpo estra¬ 
neo, si dovrà procedere all’estrazione, allargando, se si può, l’apertura esterna, 
con una corona di trapano. Fatta l’estrazione, la lesione si riduce ad una ferita 
semplice e dev’essere curata come tale. Invece, nel caso in cui la diagnosi è 
incerta, a meno che si abbiano fenomeni gravi, conviene astenersi da qualsiasi 
intervento chirurgico, e aspettare, per agire, nuove indicazioni, poiché il corpo 
estraneo può consecutivamente spostarsi e diventare accessibile „ (1). 

III. 

RACCOLTE LIQUIDE NEL SENO FRONTALE 

In questo capitolo comprenderemo: L’empiema o I’ascesso, e 1’idropisia del 

SENO FRONTALE. 

1° EMPIEMA DEI SENI FRONTALI 

La suppurazione del seno frontale può dipendere: 1° da una lesione ossea; 
2° da una alterazione della mucosa del seno. 


(1) Duplay, Pathologie externe, p. 879 e 880. 


150 


Malattie dei seni frontali 


Le lesioni ossee avvengono in seguito ad una causa locale (traumatismo), o 
generale (tubercolosi, sifilide). Su 42 casi di suppurazione del seno frontale, riuniti 
da Martin nella sua tesi, soltanto in 11 è indicata la causa dell’affezione, la quale 
è rappresentata 6 volte da un traumatismo, 5 volte dalla sifilide. 

L 'infiammazione della mucosa del seno è sempre secondaria, alcune volte ò 
dovuta a propagazione di processi flogistici partiti dalla mucosa nasale, altre volte 
è occasionata dalla presenza irritante d'un tumore (polipi, osteomi, ecc.). 

Le secrezioni normali della mucosa, possono accumularsi nel seno frontale, 
dando poi luogo secondariamente a fatti suppurativi; si ha così l'idropisia del 
seno frontale , trasformata in empiema; il più delle volte ci sfuggono le cause di 
questa trasformazione. 

I fenomeni di suppurazione del seno frontale possono avere un decorso acuto 
o cronico; questi ascessi cronici , dipendono in gran parte dalla sifilide o dalla 
tubercolosi. 



Sintomi. — Durante il primo periodo non si osservano che disturbi funzio¬ 
nali; l’ammalato accusa dolori sordi, gravativi alla radice del naso, poi alla fronte; 
questo dolore, che si esacerba durante l’esperienza forzata che si fa soffiando il 
naso, induce a credere che si tratti di accessi nevralgici. 

Tali fenomeni sono accompagnati da scolo nasale mucoso, muco-purulento, o 

purulento, questa esagerata secrezione ha 
luogo solo quando persiste la permeabilità 
del canale fronto-nasale. Dolori in punto 
fisso e scolo muco-purulento possono essere 
i soli due sintomi dell’ascesso frontale. 

Spesso il canale del seno frontale si 
oblitera ; il pus s’accumula nell’interno del 
seno e lo dilata progressivamente; allora 
appare una deformazione, una tumefazione, 
che costituisce la caratteristica di questo 
secondo stadio dell’evoluzione dell’ascesso. 

La tumefazione ha una sede particolare, 
che generalmente corrisponde all’ angolo 
interno dell’orbita, e produce un impedi¬ 
mento nei movimenti dell’occhio. In un caso 
osservato da Soelberg Wells, e citato da 
Duplay, “ v’era un’esoftalmia molto pro¬ 
nunciata, senza disturbi visivi. L’occhio era 
deviato in basso ed in fuori; il margine 
superiore della cornea era allo stesso livello del margine libero della palpebra 
inferiore della parte sana, in modo da produrre una deformità molto evidente della 
faccia, come lo dimostra la figura „ (fig. 332). La compressione del globo oculare 
può condurre alla perdita totale della vista (Richet in Duplay). 

Non appena si è manifestata la tumefazione in corrispondenza del seno si ha alla 
palpazione una sensazione di durezza; più tardi la parete ossea si assottiglia, e si 


Fig. 332. — Ascesso del seno frontale, deformità 

(Soelberg Wells). 







Raccolte liquide del seno frontale 


151 


può, comprimendola con un dito, percepire una fluttuazione oscura ed un crepitìo 
pergamenaceo dovuto alla flessibilità del guscio osseo. 

Finalmente, dopo un periodo talora di mesi talora di anni, il pus perfora la parete 
e cola in varie direzioni. Il più delle volte cade nelle fosse nasali, donde ò espulso 
durante lo sternuto e mentre il paziente si soffia il naso. 

Può però farsi un passaggio nella regione sopracigliare, sulla linea mediana, 
in vicinanza dell 'angolo interno dell’orbita , od anche deW angolo supero-esterno del¬ 
l’orbita , a seconda della diversa ampiezza delle cavità dei seni nei vari individui 
(Panas) (1). L’ascesso, in questo caso, simula un’affezione infiammatoria dell’orbita. 

Il pus può diffondersi nel tessuto cellulare dell’orbita, nel cranio attraverso alla 
parete posteriore del seno. Dezeimeris citò alcuni casi di queste complicazioni, che 
vanno annoverate tra le più gravi. 

2° CISTI DEI SENI FRONTALI - IDROPISIA CISTICA 

Sotto tal nome, si intende un accumulo di liquido non purulento, nell’interno della 
cavità del seno. Questo liquido, ora è il prodotto della secrezione ghiandolare, ora 
ò costituito da sangue; in casi eccezionali, si tratta di liquido idatico; quindi po¬ 
trebbero considerarsi le cisti ghiandolari, le cisti ematiche e le cisti idatiche. 

La raccolta liquida ghiandolare, si forma in due differenti maniere; talora, 
come dicono i Tedeschi, vi è un accumulo di mucosità, cioè dei prodotti normali 
delle secrezioni; per ciò, basta che il condotto del seno frontale venga otturato 
da secreti vischiosi ( corizza, ozena, neoplasma ), od obliterato da un tessuto di 
cicatrice (ferita, guarigione d’un ascesso) ; altre volte invece si tratta d’una vera cisti 
sviluppata a spese d’una delle numerose glandole del seno, il cui condotto d’escre¬ 
zione è obliterato. 

Le cisti ghiandolari non sono frequenti, e Martin, nella sua tesi, non potè riunirne 
che 10 casi. 

Gli ematomi del seno o cisti ematiche, succedono ai traumatismi. Steiner, Larrey, 
ne citarono esempi incontestabili. 

Le cisti idatiche osservate da Langenbeck, Robert Keate, ecc., sono già state 
studiate coi tumori cranici (V. Voi. Ili, parte 2 a , p. 152), quindi non ritorneremo 
su tale argomento. 

Le differenti varietà di raccolte liquide hanno una sintomatologia quasi identica, 
la quale non differisce da quella dell’empiema, che per la mancanza dei fenomeni 
infiammatorii iniziali, per la poca intensità del dolore e per il lento decorso. 

Ci pare impossibile di spingere la diagnosi sino a riconoscere di quale genere 
di raccolta si tratti, tutt’al più, si potrebbe ricordare che, nelle cisti da riten¬ 
zione, al principio esce dal naso una quantità abbastanza grande di muco ; ri¬ 
cordiamo pure, che le cisti ematiche finora osservate, sono state prodotte da un 
traumatismo. 

In questi casi si è autorizzati di fare, a scopo diagnostico, una puntura esplorativa. 


(1) Panas, Considérations cliniques sur les abcès des sinus frontaux, pouvant simuler des lésions 
indépendantes de la cavitò orbitaire (Soc. opth., 8 maggio 1890). 


152 


Malattie dei seni frontali 


Cura delle raccolte liquide. — La cura è identica, tanto se si tratta di 
un empiema del seno, o d’uriidropisia cistica; consiste nel dare esito alla raccolta 
liquida. 

L’apertura del seno può farsi: a) dalle vie naturali; b) dalla regione frontale 
mediana. 

Abbiamo già parlato del cateterismo del seno frontale ; con uno specillo acuto, 
sufficientemente resistente, è possibile, aiutandoci con la rinoscopia, di perforare 
il seno frontale. Questa via nasale conviene alle idropisie del seno ed alle raccolte 
suppurate diagnosticate dal principio, e che sono accompagnate solo da una 
leggera dilatazione del seno frontale. 

riapertura del seno dalla via frontale mediana, col trapano o col coltello, con¬ 
viene nel caso in cui la cavità sia dilatata o perforata, oppure quando l’ascesso 
sta per aprirsi all’esterno; l’apertura dev’esser larga, tale da permettere l’intro¬ 
duzione d’un cucchiaio destinato a modificare la superfìcie delle pareti dell’ascesso 
ed il passaggio di zaffi di garza con cui si medicherà fino a guarigione completa, 
non essendo rare le recidive. 

In casi particolari si può modificare il processo operatorio; così Soelberg Wells, 
dopo l’apertura dell’ascesso, introdusse un dito nel seno, un altro nella narice cor¬ 
rispondente e, constatando non essere separati che da una semplice lamina ossea, 
la perforò con un trequarti, nella parte più declive, ed introdusse un tubo di dre¬ 
naggio dal seno fino nella fossa nasale corrispondente, del quale si servì per iniezioni 
detersive, ed ottenne in breve una completa guarigione (Duplay). 

Duplay ricorda che Riberi, per facilitare il deflusso del pus d’un ascesso orbi¬ 
tale, sfondò la lamina quadrata dell’etmoide nella sua parte più declive in modo 
da dare esito al liquido dell’ascesso nelle fosse nasali. 

Panas, in un caso d’empiema del seno frontale, non guarito- con una apertura 
orbitale, trapanò la parete anteriore frontale del seno, cateterizzò il seno dall’in¬ 
fundibolo con un cateterismo dall’ago al basso, retrogrado, per mezzo di un ca¬ 
tetere speciale, ricurvo di Gollin. Stabilì inoltre un drenaggio dalla apertura frontale 
alla narice corrispondente (1). 


IV. 

FISTOLE DEL SENO FRONTALE 

Si distinguono in fistole traumatiche e fistole spontanee. 

Le fistole traumatiche possono succedere alle ferite, alle fratture, ed ai corpi 
estranei della regione frontale. 

Le fistole spontanee, si sviluppano in seguito ad una lesione ossea, d’origine 
tubercolare o sifilitica; esse possono anche essere sintomatiche ri un tumore pri¬ 
mitivamente sviluppato nel seno, e che dopo d’aver perforata una delle pareti, 
compare all’esterno. 


(1) A. Guillemain, Arch. cl'opht., gennaio 1891 (in corso di pubblicazione): Abcès des sinus 
frontaux etc., 



Fistole del seno frontale 


153 


Una rarissima varietà di fistola succede alla rottura spontanea del seno, e può 
essere accompagnata dalla varietà frontale del pneumatocele del cranio (caso di 
Jarjavay) (V. Voi. Ili, parte 2 a , p. 158). 

La sede di queste fìstole è mediana o laterale, e corrisponde in quest’ultimo caso 
alla parete interna od al margine superiore dell’orbita. La sede in corrispondenza 

angolo supero-esterno dell'orbita, costituisce la differenza tra le fistole del seno 
e le fistole dovute ad un’affezione dell’orbita, le quali sono orbito-malari (Panas). 

Sintomi. — L’apertura che forma l’orifizio esterno della fistola è depressa, 
aderisce ad infundibulo all’osso coi suoi margini, e lascia colare un liquido muco¬ 
purulento più o meno abbondante. 

La fuga di gas dalla fìstola ne è il segno patognomonico ; l’uscita dell’aria, infatti, 
dimostra la comunicazione con le fosse nasali. Se questa è larga, l’aria esce ad 
ogni movimento forzato d’espirazione, e specialmente mentre l’ammalato si soffia 
il naso; in altri casi in cui l'aria non esce facilmente, si vede uscire dalla fistola 
un liquido misto a bolle d’aria. 

Però non bisogna contare assolutamente su questo segno, poiché la ristrettezza 
del tragitto fistoloso, il suo percorso tortuoso, e finalmente l’ obliterazione dell’in¬ 
fundibolo possono opporsi all’uscita dell’aria dal naso. 

In questi casi, la sede particolare della fìstola, il cateterismo con una sonda 
che penetra nel seno, servono per la diagnosi. 

E poiché ogni fistola è sintomatica, conviene sempre ricercarne la causa prima ; 
abbiamo già detto dell’origine di queste fìstole, ci dispensiamo quindi di darne 
maggiori particolari. 

Cura. — Duplay ha formulato nettamente tutte le indicazioni terapeutiche: 
“ Si preverrà, dice, la formazione d una fìstola traumatica del seno frontale, to¬ 
gliendo il corpo estraneo, le scheggie, poi facendo combaciare i margini della ferita, e 
mantenendovi su un’accurata compressione. Se, malgrado questi mezzi, si forma una 
fìstola, non si può far altro che praticare un’operazione autoplastica per obliterarla. 

“ Nelle fistole spontanee, la cura è più complessa. Bisogna dapprima ottenere 
la guarigione della malattia che determinò la fistola. Se si tratta d’una perforazione 
dovuta alla necrosi sifilitica della parete del seno, si dovrà prescrivere una cura 
specifica, e basterà alcune volte questo mezzo, unito a ripetute iniezioni nasali, 
per produrre la guarigione, come ci accadde in un caso di fistola del seno frontale 
d’origine sifilitica. 

“ Se la persistenza dell’apertura anormale è dovuta all’obliterazione dell’orifizio, 
che fa comunicare il seno frontale colle fosse nasali, non si dovrà esitare a creare 
una via artificiale ai prodotti accumulati nel seno, ed a stabilire un drenaggio 
permanente onde possano in seguito penetrare nel naso, perforando la lamina 
cribrosa dell’etmoide. Questo mezzo basta spesso per produrre gradatamente il 
restringimento e la cicatrizzazione della fistola esterna. 

“ Finalmente, dopo d’aver constatato che la persistenza di quest’ultima non è 
dovuta nè all’alterazione dell’osso, nè alla presenza d’un corpo estraneo, nè ad 
una ritenzione del liquido per mancanza di comunicazione con le cavità nasali, 






154 


Malattie dei seni frontali 


il chirurgo non avrà altro mezzo, per obliterare la fistola, che quello di cruentarne 

i margini e riunirli ; se l'apertura è troppo larga, potrà colmare la perdita di sostanza 
con un lembo autoplastico „ (1). 


V. 

TUMORI DEL SENO FRONTALE 

Non considereremo le neoformazioni secondarie, le quali, nate nelle fosse nasali, 
o nelle regioni vicine al seno, mandano in esso dei prolungamenti. 

Ci limiteremo quindi a trattare dei tumori primitivi del seno. Gli autori classici 
descrivono i tumori idatici, i polipi, gli osteomi. 

Le cisti idatiche (V. Cranio, Voi. Ili, parte 2 a , p. 152) e gli osteomi (V. Osteomi 

delle fosse nasali e dei seni) essendo già stati studiati, non ci resta che a parlare 
dei polipi. 


POLIPI (SARCOMI 0 FIBRO-SARCOMI) DEL SENO FRONTALE 

La descrizione dei polipi del seno frontale è basata su un piccolo numero di 
osservazioni, poiché Duplay non ne ammette che sette pia o meno autentiche, e 
Martin nella sua tesi del 1888 non ne raccolse che 10 casi. 

Però queste osservazioni sono antiche (2), senza esame istologico. La loro de¬ 
scrizione clinica è sempre la stessa; si tratta di tumori multipli, perforanti del 
seno, i quali mandavano dei prolungamenti nelle fosse nasali, nelV orbita, nel cranio, 
producendo esoftalmia e sintomi cerebrali, seguiti da morte. 

Si possono forse con ragione considerare questi neoplasmi quali polipi, cioè 
tumori benigni? Siccome d’altra parte noi possediamo uno o due esami istologici 
di fibro-sarcomi del seno (3), la cui evoluzione clinica si rassomiglia a quella attribuita 
ai polipi, per una specie d’induzione, si è autorizzati a pensare che la maggior 
parte dei tumori descritti col nome di polipi fibrosi o mucosi, primitivi del seno 
frontale, non fossero altro che sarcomi o fibrosarcomi (4). 

Si ignora completamente 1 eziologia di questi tumori; Vinfluenza del traumatismo, 
però, sembra certa nel caso di Meyer. 

(1) Duplay, Pathol. externe, t. Ili, p. 885 e 886. 

(2) La prima di queste osservazioni appartiene a Levret (1725); la più recente, venne pub¬ 
blicata nel 1858 da Caron du Villard; in quest’ultimo caso, il paziente era un negro di Cuba. 

(3) Nel caso descritto da Martin nella sua tesi (p. 32) si tratta di fibro-sarcoma del seno 
frontale (a cellule fusiformi) asportato da Meyer, ed il cui esame istologico venne fatto da Berger. 
Il tumore piriforme, della grossezza d’un uovo di gallina, era formato da un gran numero di 
prominenze divise da depressioni ; apparentemente s’era sviluppato alle spese del periostio della 
parete inferiore del seno. In questo fibroma, che in alcuni punti cominciava a trasformarsi in 
sarcoma a cellule fusiformi, si trovavano delle parti ossee (resti del setto osseo dell’orbita com¬ 
pletamente scomparso), del tessuto grasso (dell’orbita), e del tessuto muscolare, non facenti parte 
del tumore, ma esportati con esso durante l’operazione. 

(4) Birch-Hirschfeld dice che nelle cavità accessorie delle fosse nasali, i fibromi, gli encon¬ 
dromi ed i sarcomi, si osservano più spesso dei polipi mucosi. Koenig parla di carcinoma dei seni 
frontali, ma nessuno di questi autori, dice Martin, cita i casi sui quali sono basate tali opinioni. 



Tumori del seno frontale 


155 


Sintomi. — I tre periodi assegnati all’evoluzione dei tumori del seno frontale, 
si ritrovano in queste neoplasie. L’affezione, il più delle volte, non si rivela che 
quando la neoproduzione comincia a distendere il seno. Alla distensione del seno 
succede rapidamente la sua perforazione; ma mentre le raccolte liquide e gli 
osteomi spingono le pareti ossee, le usurano, le perforano, senza lar corpo con 
esse, il fibro-sarcoma invade Fosso, sostituendosi ad esso. In quest ultimo peiiodo, 
si osserva un tumore di consistenza fibrosa, con superfìcie liscia, immobile nella 
sua inserzione, aderente o no alla pelle, secondo che si esamina in un epoca più o 
meno avanzata della sua evoluzione. 

In qualunque periodo si palpi questo tumore, non si determina crepitazione 
papiracea (Martin, p. 29). 

Del resto i sintomi variano, secondo la direzione che prende il tumore; se si 
sviluppa dalla parte delVorbita, produce Yesoftalmia, spingendo rocchio in basso 
ed in fuori. Si ha tumefazione anteriore e mediana, allorché il tumore fa promi¬ 
nenza in avanti. Sopravvengono disturbi di compressione cerebrale, allorché il 
tumore perfora la parete posteriore del seno e manda propaggini nella cavita 

cranica. 

Diagnosi. — La diagnosi di neoplasia primitiva è sempre molto difficile. 

La compressione, la dilatazione e la perforazione del seno frontale, sono infatti 
i tre punti anatomo-patologici e clinici di tutte le produzioni liquide, solide ed 

anche gassose di questa cavità. 

L’osservazione di alcuni particolari permette di distinguere questi tumori dalle 
cisti e dagli osteomi. 

Le cisti e gli osteomi sollevano la parete del seno, l’assottigliano, l’usurano 
finché la perforano, ma è sempre possibile ritrovare la crepitazione papiracea; i 
tumori di cui parliamo, distruggono la parete, la sostituiscono, e quando questa è 
sparita, non possono più lasciar rilevare al dito quello scricchiolìo particolare, che 

caratterizza la crepitazione papiracea. 

Mentre che le collezioni liquide sono fluttuanti e gli osteomi sono d una durezza 
caratteristica, i fibro-sarcomi sono d’una consistenza fibrosa; il loro decorso piu 
rapido è finalmente un ultimo carattere, che non si deve mai dimenticare. 

Prognosi. — La prognosi è grave, a cagione della facilissima recidiva di 
questi tumori. 

Cura. — Consiste nell’ablazione del tumore. Si deve intervenire senza ritardo, 

essendo l’estirpazione più facile, se fatta nei primi periodi. 

È indispensabile aprire largamente il seno dalla parete anteriore, in modo da 

poter estirpare completamente la neoplasia. 


156 


Malattie del seno sfenoidale 


CAPITOLO II. 

Malattie del seno sfenoidale. 

Emilio Berger (1), ebbe il merito di far conoscere i sintomi delle malattie del 
seno sfenoidale: prima dei suoi lavori questa parte della rinologia era compieta- 
mente inesplorata, ed alcuni autori ritenevano che non fosse mai possibile di dia- 
gnosticare le alterazioni di questa regione. I sintomi delle affezioni del seno sfe¬ 
noidale, essendo dovuti ai suoi rapporti anatomici col canale del nervo ottico (2), col 

seno cavernoso e colla base del cranio, ecc., è indispensabile il ricordare alcune 
particolarità anatomiche di questo seno. 

Anatomia. — Il seno sfenoidale, dice Berger, è limitato in avanti dal meato 
nasale superiore e medio, inoltre la sua parete anteriore lateralmente corrisponde 
alle cellule etmoidali posteriori. La parete inferiore del seno sfenoidale corri¬ 
sponde alla cavità naso-faringea. La sella turcica della base del cranio forma la 
paiete superiore del seno sfenoidale; la parete laterale del seno corrisponde alla 
cavità media del cranio. Sulla parete laterale è scavato un solco che si porta in 
alto, in a\anti e in dentro; in questo solco, detto cavernoso, decorre il seno omo¬ 
nimo. La parte antero-superiore della parete laterale separa il seno sfenoidale dal 

canale del nervo ottico. La parete posteriore del seno è formata dal corpo del¬ 
l’occipitale. 

La parete anteriore (ossicini di Bertin) è sempre molto sottile. Se il seno 

sfenoidale è ben sviluppato, si hanno cavità pneumatiche, che si propagano nelle 

grandi e nelle piccole ali, nelle apofìsi clinoidi anteriori e posteriori, nel corpo 

dell’occipitale e nelle apofìsi pterigoidee. Un setto mediano divide il seno sfenoidale 
in due parti. 

Noi studieremo: 1° Le lesioni traumatiche del corpo dello sfemide; 2° la carie 
e la necrosi del corpo dello sf emide; 3° V empiema, le fistole; 4° i tumori. 

LESIONI TRAUMATICHE DEL CORPO DELLO SFENOIDE 

Le fratture del corpo dello sfenoide, possono, secondo Berger (loc. cit., p. 57) 
produrre i seguenti sintomi: 

1° Nelle lesioni della parete superiore del seno sfenoidale si osserva uno scolo 
continuo di liquido cerebro-spinale ; 

2° La rottura d’un pezzo del corpo dello sfenoide, può produrre lacerazione 
della carotide interna, entro al seno cavernoso e produrre l’esoftalmia pulsante (3); 

(1) Berger und Tyrman, Die Kranklieiten der Keilbeinhòle und des Siebbeinlabyrinthes, etc., 
Wiesbaden 1886. 

(2) Em. Berger, La chirurgie du sinus sphénoidal. Tesi di dott. Parigi, 1890. 

(3) Noi rimandiamo all’eccellente tesi di Delens (De l’anévrysme de l’artère carotide externe 
et du sinus caverneux, Paris 1875). 



Malattie del seno sfenoidale 


157 


3° Quando la frattura si estende al canale del nervo ottico, si ha compressione 
od anche alterazione del nervo ottico nel punto in cui passa in questo canale, e 
quindi amaurosi; 

4° Se la fenditura si continua fino al foro ovale o rotondo, allora si produce 
anestesia della seconda e della terza branca del trigemino. In alcuni casi può pure 
aversi contemporaneamente una lacerazione od una ferita d’altri nervi cerebrali. 

CARIE E NECROSI DEL CORPO DELLO SFENOIDE 

Nella maggior parte dei casi, la carie di quest’osso è prodotta dalla sifilide, 
più di rado dalla tubercolosi. 

La carie e la necrosi del corpo dello sfemide possono, secondo Berger (1) 
(loc. cit., p. 35), produrre i seguenti sintomi: 

1° Cecità subitanea mono-laterale, unitamente a flemmone. Le autopsie dimo¬ 
strarono che la cecità è data dalla compressione del nervo nel canale ottico, com¬ 
pressione prodotta dalla tumefazione delle guaine (perinevrite). 

Ricordiamo in proposito le interessanti osservazioni di Horner, Panas, Post, 
Reinhardt e Braun. In ogni caso, tranne in quello di Post, l’esito della malattia 
fu una meningite. 

2° Il distacco lento di alcune parti del corpo dello sfenoide, senza che si 
abbiano alterazioni oculari. 

In questo, come nel caso precedente, la morte è prodotta da meningite. 

3° L’eliminazione d’una gran parte del corpo dello sfenoide pel naso (Baratoux); 

4° Emorragia mortale dovuta a perforazione della parete ossea, che separa il 
seno cavernoso dal seno sfenoidale (Scholz); 

5° L’ascesso retro-faringeo; 

6° La trombosi del seno cavernoso, con trombosi dell’arteria oftalmica, causata 
dalla trombosi del seno circolare della sella turcica (Blachez, Lloyd) ; 

7° La perforazione della base del corpo dello sfenoide senz’altro sintomo (Stòrk). 

EMPIEMA DEL SENO SFENOIDALE - FISTOLE 

La prima osservazione di trapanazione ( per via nasale) del seno sfenoidale, 
per un empiema, è dovuta a Schaeffer (di Danzica); Ruault (2) nel 1887 (un caso), 
Heryng (3) (5 casi), Rolland (di Monreale) (4), Quénu (5), Trousseau e Moure (6) 
osservarono pure casi analoghi. 

Eziologia. — Le cause di questa suppurazione sono ancora oscure; proba¬ 
bilmente si tratta di un’infezione, dovuta ad una corizza acuta o cronica, o secon¬ 
daria ad un intervento settico, quale ablazione di polipi (caso di Ruault). 

(1) Berger (Émile), Les symptòmes des maladies du sinus sphénoidal (Società francese di 
otologia e di laringologia, 27 aprile 1887). 

(2) Ruault, Sur un cas d’empyème du sinus sphénoidal; Archives de laryngologie et de 
rhinologie, giugno 1890, p. 137. 

(3) IIeryng, Congresso internazionale d’otologia e di laringologia. Parigi, 1889. 

(4) Rolland (di Monreale), Congresso internazionale d’otologia e di laringologia. Parigi 1889. 

(5) Quénu, Società di Chirurgia, ottobre 1890. 

(6) Comunicazione a Berger (Y. lavoro di Ruault, p. 149). 



158 


Malattie del seno sfenoidale 


Le infezioni generali, come la febbre tifoidea (V. Berger), la morva , la dif¬ 
terite potrebbero ancora essere punto di partenza d’un’alterazione della membrana 
mucosa del seno sfenoidale e d’una suppurazione. 

In tutti questi casi, l’infezione si localizza dapprima nella fossa nasale e si 
propaga in seguito verso la cavità pneumatica. 

Una causa ben determinata è la carie e la necrosi del corpo dello sfemide (osser¬ 
vazione di Quénu). 

L'idropisia del seno sfenoidale può infine complicarsi con suppurazione. 

Sintomi. — Sono stati molto ben studiati da Berger (1): 

1° La cefalalgia, si manifesta con caratteri variabili, ora colpisce una delle 
branche del trigemino (sopra- o sotto-orbitale) (2), ora è diffusa, sorda, profonda, 
gravati va; nell’ammalato di Ruault, era accompagnata da sensazioni di battiti, da 
rumori soggettivi, da fischi, che l’ammalato diceva sentire, dai due orecchi, nel 
mezzo del capo. 

2° Lacrimazione. E un fatto frequentissimo che accompagna gli stati irri¬ 
tativi della membrana mucosa del naso, e la propagazione di flogosi alle mucose 
vicine. Basta strappare un pelo dal naso, per produrre la lacrimazione dalla stessa 
parte. Se una metà del seno sfenoidale è colpita, la lacrimazione si localizza dalla 
parte colpita ; 

3° La fotofobia; 

4° La chiusura dell*apertura palpebrale o blefarospasmo, dalla parte affetta, 
sono fenomeni riflessi, che Berger riscontrò in alcuni casi; 

5° Disturbi oculari. — Consistono in perinevrite o nevrite ottica. Berger le 
spiega con la presenza di alterazioni nella parete, che esiste tra il seno sfenoidale 
ed il canale ottico. 

L’ammalato di Ruault si lagnava di scotomi passeggieri, allorché era in piedi, 
o camminava: gli accadeva spesso di veder dinanzi a lui dei punti neri mobili, 
specialmente davanti rocchio destro, che gli facevano perdere Vequilibrio, e lo obbli¬ 
gavano a cercare un punto di appoggio. 

Un sintomo molto importante, è Vesistenza d’uno scolo purulento o sieroso dal 
seno sfenoidale. Questo liquido può scendere nella gola, dando al paziente un 
senso di fetore. Colla rinoscopia posteriore, ripetuta parecchie volte in varie ore 
del giorno, si può scoprire la sede del pus. Con questo metodo d’esame, serven¬ 
dosi dell’uncino di Voltolini, Ruault potè vedere da una delle parti (a destra) il 
cornetto superiore ricoperto di pus spesso, giallastro, e Yiatus, aperto al disopra 
di esso, ripieno di liquido patologico, da! quale erano pure ricoperte le regioni 
sottostanti. 

Questi segni oggettivi, uniti ai disturbi funzionali già enumerali, permettono, 
dopo essersi assicurati àe\Yintegrità del seno frontale e del mascellare ( colla illu¬ 
di) La chirurgie du sinus sphénoìdal. Tesi di Parigi, 1890, p. 23. 

(2) La localizzazione al nervo sotto-orbitale, può far supporre un ascesso del seno mascellare; 
ciò accadde a Roux, il quale riconobbe, all’autopsia, la sede sfenoidale dell’ascesso; come pure 
la nevralgia sotto-orbitale può simulare un accesso di febbre malarica ribelle alla cura ordinaria 
di questa malattia (Berger). 


Malattie del seno sfenoidale 


159 


imitazione per trasparenza delle cavità della faccia), di sospettare o di riconoscere 
una suppurazione del seno sfenoidale. 

Nel periodo delle fìstole, dopo l’apertura spontanea dell’ascesso, coll’esplorazione 
del tragitto si può arrivare fin entro al seno sfenoidale ammalato. Tale era il caso 
di Quénu. 

Le alterazioni ossee e la suppurazione possono propagarsi alle meningi, tanto 
più facilmente quando esistono nella parete superiore del seno sfenoidale dei punti 
in cui la sostanza ossea manca, come osservò Zuckerkandl. Per questa disposizione 
anatomica morì un ammalato curato da Demarquay. 


Terapia. — Appena è accertata la diagnosi, bisogna dar esito al pus, colla 
trapanazione del seno sfenoidale. 

Tre sono le vie proposte per praticare l’apertura del seno : la via naso-faringea, 
Xorbitale e la nasale. 

La via naso-faringea indicata da Shech (di Monaco), è difficile, esige l’uso di 
strumenti piegati ad angolo, poco comodi a maneggiare ; espone alla perforazione 
del cranio; è così poco pratica che fino ad ora nessuno la seguì. 

La via orbitale può praticarsi: a) attraverso alle piccole ali dello sfemide; 
b) attraverso alle cellule etmoidali. 

Nel caso di carie della parete interna dell'orbita e di tragitto fistoloso, aprentesi 
in questo punto, sarà possibile alcune volte, con uno specillo, di penetrare attraverso 
le ossa fino nel seno sfenoidale (caso di Post citato da Berger). 

L 'operazione attraverso alle cellule etmoidali, praticata da John Bergli (1) (di 
Stoccolma), esige come atto preliminare, Xenucleazione del globo dell’occhio ; dopo 
denudazione della parte posteriore della lamina papiracea, Bergli escise un pezzo 
d’un centimetro quadrato di questa lamina; poscia attraverso le cellule etmoidali 
posteriori, così aperte, introdusse uno scalpello stretto diretto alfindietro, indentro ed 
un po’ in basso ; dopo alcuni colpi leggerissimi la parete anteriore del seno sfenoi¬ 
dale venne aperta; si ebbe immediatamente un abbondante scolo di pus. 

Tale operazione non è conveniente che nei casi estremi, in cui la vista ò perduta 
irrevocabilmente, e nei quali la conservazione del globo oculare presenta dei pe¬ 
ricoli, e vi è una carie od una necrosi evidente della parete interna dell’orbita. 

La via nasale è di elezione. 

Abbiamo già indicata (V. Sonda mento delle cavità nasali accessorie, p. 9) la 
possibilità di raggiungere la parete anteriore del seno sfenoidale, passando pel 
meato medio delle fosse nasali. L’esame rinoscopico, alcune volte, permette pure 
di riconoscere nel meato superiore il condotto del seno sfenoidale. 

La trapanazione del seno, attraverso alla parete anteriore, è il più delle volte 
facilitata dall’alterazione ossea (osteite). 

Questo metodo che Zuckerkandl ha per il primo preconizzato, venne applicato 
con successo, alcune volte, da Schaeffer, Buault, Heryng, Bollami, ecc. 

Alcuni ostacoli, per vedere e raggiungere il seno, possono provenire dalla 
presenza di polipi, dal Xipertrofia della mucosa, dalla prominenza anteriore del 

(1) John Bergii, Trepanation vou cavitas ossis sphenoides durch orbita nach enucleatio bulbi; 
Centralblatt , 1886, p. 589. 



160 


Malattie del seno sfenoidale 


cornetto mediano; così Ruault dovette praticare una serie d’operazioni preliminari 
(distruzione della mucosa col galvano-cauterio, ablazione col concotomo (fìg. 333) 
della parte anteriore del cornetto mediano), prima di poter operare sulla parete 
anteriore del seno sfenoidale. 

Venne eseguita la trapanazione con varii istrumenti. Ruault dapprima provò 

di penetrare nel seno con un 
cauterio galvanico, senza però 
riuscirvi ; si servì allora d’una 
piccola sonda d’acciaio, ta¬ 
gliata a punta, alla sua estre¬ 
mità. Rolland fece l’apertura 
per mezzo di un perforatore, 
messo in movimento da un 
motore elettrico. 

Heryng praticò il raschia¬ 
mento del seno con un cuc¬ 
chiaio tagliente. 

Fig. 333. — Concotomo di Ruault^per togliere dei pezzi Una Varietà del metodo 

di cartilagine. 

nasale è il seguente processo 
adottato da Quénu (1). Invece di raggiungere il seno per la via anteriore naturale, 
questo eminente chirurgo approfittò d’una fìstola apertasi, lungo il setto nasale, 
nel mezzo del lobulo nasale, per giungere fino al seno. Egli così descrive il suo 
metodo operatorio: “ Feci un’incisione, partendo dalle parti laterali del naso, se¬ 
guendo l’ala di esso, fino al sotto-setto; rovesciai il naso ed incisi la pituitaria 
sul setto; guidandomi con uno specillo introdotto dall'orifizio fistolare, arrivai col 
dito fino alla lesione ossea, che aveva sede alla estremità della lamina perpen¬ 
dicolare, e per conseguenza sulla parte interna del seno sfenoidale; esportai col 
cucchiaio alcune particelle ossee cariate, e collocai un drenaggio che attraversando 
l’incisione della pituitaria, s’apriva nella narice; l’orifìzio del lobulo fu raschiato 
e suturato. Per qualche tempo l’ammalato ebbe uno scolo di pus dalla narice 
sinistra, che diminuì a poco a poco finché cessò completamente e fu possibile 
togliere il drenaggio ; residuò una leggera stenosi della narice di nessuna importanza „. 

La cura post-operatoria, che è sempre lunga, consiste in lavature delle fosse 
nasali con diverse soluzioni antisettiche ; vi si può aggiungere l’uso dei topici, delle 
insufflazioni di polveri, ecc. 

TUMORI DEL SENO SFENOIDALE 

Tra i tumori del seno sfenoidale, raccolti da Rerger, è descritto un solo caso 
congenito ( encondroma, Lawson), gli altri s’erano sviluppati durante la vita extra- 
uterina. 

In quest’ultima categoria sono compresi alcuni casi di tumori poli posi, sette casi 
d’osteomi (inoltre un certo numero d 'osteomi della parete del seno), un caso di 
sarcoma (Behring-Wicherkiewicz) ed un caso di carcinoma (Albert). 



(1) Qoénu, Bull, de la Soc. de Chir., seduta del 15 ottobre 1890. 


Malattie del seno sfenoidale 


161 


Oltre a questi tumori primitivi, Berger classìfica i tumori secondarii, che partiti 
dalle vicinanze del seno sfenoidale, si propagano nella cavità del seno. I tumori 
poli posi della cavità naso-faringea, possono produrre l’ulcerazione della parete 
inferiore del seno, e penetrare nella sua cavità (Michaux, Garling, Simon), il tumore 
può in fine svilupparsi nelle cellule etmoidali (Chiari), e propagarsi nel seno sfe¬ 
noidale, ecc. 

Stando ai sintomi clinici, si possono, con Berger (loc. cit., p. 37), distinguere 
nei tumori del seno sfenoidale i seguenti periodi: 

“ Primo periodo. — Il tumore è limitato alle pareti del seno sfenoidale. Non 
vi sono sintomi soggettivi o cefalalgia. 

“ Secondo periodo. — Il tumore, crescendo, allarga il seno sfenoidale, producendo 
l’atrofia delle sue pareti e la compressione degli organi vicini. La compressione 
può estendersi ad uno od anche ai due nervi ottici, e produrre Vatrofia del nervo 
ottico da una o dalle due parti. In alcuni casi non si osserva amaurosi, durante 
l’evoluzione del tumore. Queste differenze sono prodotte dalla variabilità nello 
spessore della parete situata tra il canale ottico ed il seno sfenoidale. Se questa 
parete è molto spessa da una o dalle due parti, il tumore è arrestato in questa 
direzione. In un sol caso, la compressione si estese fino alla carotide esterna, pro¬ 
ducendo nel suo decorso trombosi. 

“ Terzo periodo. — Il tumore perfora le pareti del seno sfenoidale, e si pro¬ 
paga verso le cavità vicine. Il tumore penetra nella cavità naso-faringea, nelle 
fosse nasali, nelle cellule etmoidali e ne\Yorbita. L'epoca in cui il tumore può 
penetrare nella cavità cranica è variabilissima. Tale penetrazione può verificarsi 
senz’essere accompagnata da alcun sintomo soggettivo, come si osserva nei tumori 
a sviluppo lento, oppure può esser caratterizzata da cefalalgia violentissima (Lucke). 
Col progredire della malattia entrano in scena i fenomeni epilettiformi. Se il 
tumore cresce rapidamente, segue tosto la morte per meningite o per un ascesso 

cerebrale. 

“ Quarto periodo. — Nei tumori maligni si osserva, prima della comparsa dei 
fenomeni meningei, lo sviluppo di metastasi nei diversi organi. 

“ Questa divisione del decorso d’un tumore del seno sfenoidale, in quattro 
periodi, ha un certo valore pratico; convien però notare che questi periodi non 
sono sempre così ben limitati „. 

Berger, nella sua raccolta di osservazioni sui tumori sfenoidali, trovò 23 casi 
in cui le alterazioni del corpo dello sfenoide avevano prodotta la cecità. 

Coll’esame del fondo dell’occhio, si era constatata la nevrite o l'atrofia del 

nervo ottico. 

In un certo numero di casi, il tumore s’era propagato nel canale del nervo 
ottico, producendo dapprima il restringimento di questo canale, ed in seguito inva¬ 
dendolo, in modo che il nervo ottico era separato in due parti; una intra-orbitale 
ed una intra-cranica. La neoformazione può anche propagarsi alla fessura sfenoidale 
e produrre la paralisi dei muscoli dell’occhio. 


11. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



162 


Malattie del seno mascellare 


CAPITOLO III. 

Malattie del seno mascellare. 

Descriveremo le lesioni traumatiche del seno mascellare, e quindi le alterazioni 
infiammatorie e le neoplasie. 


I. 

LESIONI TRAUMATICHE DEL SENO MASCELLARE 

lo _ FERITE — CONTUSIONI — FRATTURE 

Le ferite penetranti nel seno mascellare possono essere prodotte da strumenti 
pungenti, taglienti o contundenti e da proiettili d’armi da fuoco. 

Tali ferite s’accompagnano ad una soluzione di continuo dei tegumenti, ad una 
frattura della parete ed a versamento di sangue nella cavità del seno. 

La lesione può restare limitata al seno (tale è il caso citato da Béclard, nel 
quale la punta ferrata d’un ombrello penetrò direttamente nell’antro d’Igmoro), 
oppure, interessare anche le parti vicine al seno. 

Le fratture della parete anteriore del seno, generalmente sono comminutive ed 
a frammenti depressi ; un versamento sanguigno, la penetrazione di corpi estranei, 
la suppurazione, la necrosi delle pareti e fìstole, costituiscono le complicazioni 
immediate o tardive delle fratture. 

L’enfisema è un sintomo frequente, ma non costante, di queste fratture (1). 

La tumefazione della faccia nasconde la deformazione ; conviene quindi cercare 
la depressione dei frammenti che si rileva coll’esame digitale, fatto dal vestibolo 
della bocca. 

La terapia consiste nello evacuare il sangue effuso nel seno, estrarre i corpi 
estranei che può contenere e risollevare i frammenti depressi con una pinza od 
una spatola. 

2° — VERSAMENTI SANGUIGNI 

Il sangue contenuto nel seno mascellare può provenire dalle sue pareti o dalle 
fosse nasali. Nel primo caso rematoma è dovuto a contusione della guancia, od a 
frattura. I versamenti sanguigni del seno, che succedono ad epistassi, son dati dalla 
penetrazione del sangue nell’ antro d’Igmoro ; dopo il tamponamento delle fosse 
nasali, il sangue può facilmente forzare l’orifizio naturale del seno e rifluire nella 

sua cavità. 

Gli ematomi traumatici sono rari; vennero perfino negati da certi autori. Però 
Giraldès, Duplay accettano come autentiche le osservazioni di Knorz, Jourdain, 
Dupuytren, Velpeau. 

(1) Desprès, attribuisce un gran valore all’enfisema, che dopo i traumi della faccia compare 
dapprima nel mezzo della palpebra inferiore; l’aria verrebbe, in questi casi, dal seno mascellare, 
attraverso alla frattura della parete superiore (Gaz. des hóp ., 1889, p. 585). 


Lesioni traumatiche del seno mascellare 


163 


Non tutti i fatti riferiti però si possono considerare come provati; e le osser¬ 
vazioni di Bermond (1), di Boissarie (2), si devono annoverare tra i casi dubbi. 

L’ammalato di Bermond aveva, 20 anni prima, ricevuto un colpo violento alla 
faccia, presentava una tumefazione considerevole della guancia e del palato; da 
un’incisione fatta da questo lato erano usciti 1000 gr. di sangue quasi liquido. 

11 paziente osservato da Boissarie, presentava tutti i segni d’un tumore del 
seno mascellare, ma non aveva subito alcun traumatismo. Fatta l’incisione uscì una 
grandissima quantità di sangue, e l’emorragia si riprodusse per parecchi giorni. 

Quale può essere l’interpretazione di questi fatti anormali? Si deve ammet¬ 
tere che nel caso di Bermond si producesse un’emorragia all’atto dell’incisione? 
Boissarie ritenne che il suo ammalato fosse affetto da una cisti del seno, dalle 
cui pareti molto vascolari ebbe origine l’emorragia. 

Un caso personale ci obbliga ad ammettere, in alcuni casi, una terza inter¬ 
pretazione ; una donna di 72 anni, aveva una cisti sanguigna del seno mascellare ; 
fluttuazione evidente, tumore molle livido e sporgente nel vestibolo della bocca, ecc. 
L’incisione diede esito ad una gran quantità di sangue e ad una piccola quantità di 
materia analoga a sostanza cerebrale. Una grave emorragia, la quale non cedette 
che al tamponamento, si produsse appena fatta l’incisione; l'andamento della ma¬ 
lattia dimostrò più tardi che si trattava di tumore maligno, teleangiectasico della 
parete del seno. 

In un ammalato di Dupuytren non esisteva forse un tumore della faccia ed 
esoftalmo? Non parlano forse i classici di dolori in corrispondenza del mascellare 
superiore, di sviluppo d’un tumore, o di accrescimento di quello che s’era mani¬ 
festato dapprincipio? Tale modo di decorso della malattia è molto diverso da quello 
dell’ematoma. 

Per tali considerazioni ci pare prudente di aspettare ancora altri fatti, ben osser¬ 
vati, prima di ammettere l’esistenza di ematomi non traumatici del seno mascellare. 
La cura è identica a quella degli ascessi del seno mascellare. 

3° — CORPI ESTRANEI 

Corpi estranei, i più disparati, vennero riscontrati nel seno mascellare. Si trovarono 
in questa cavità: una palla (Desprès). un chiodo lanciato con arma da fuoco (Bor- 
denave), lamine ossee necrosate, materie alimentari, batufoli d’ovatta, tubi da dre¬ 
naggio (osservazione dell’autore), Varmatura della punta di un ombrello (Béclard), 
un dente spintovi da tentativi di strappamento, una cannula introdotta da un 
alveolo, si osservarono pure vermi ; Laugoui parla di calcoli, formatisi spontanea¬ 
mente nell’interno del seno mascellare. 

La via di penetrazione di questi corpi è diversa ; gli uni, quelli che si accom¬ 
pagnano ad un traumatismo, penetrano per una perforazione accidentale, attra¬ 
verso alla faccia molare del seno. 

Per la via dentale (ablazione del secondo molare), penetrarono i denti, le 
materie alimentari, e le sostanze (ovatta, drenaggi) applicate a scopo terapeutico. 


(1) Bermond, Bull. méd. de Bordeaux , nov. 1840. In Gaz. méd 1841, p. 253, t. IX. 

(2) Boissarie, Soc. de Chir., 1879. 


1(54 


Malattie del seno mascellare 


L’ammalato osservato dall’autore alla Gharité, nella sezione Trélat, aveva da più 
di 25 anni un pezzo di drenaggio dimenticato nella cavità del seno. 

Per le vie naturali s’introducono le larve, i lombrici, trovati all’autopsia dadiversi 
autori, e che durante la vita non avevano prodotto alcun fenomeno infiammatorio. 

I corpi estranei del seno possono essere, come si disse, tollerati lungamente 
senza produrre alcun disturbo, però nella maggior parte dei casi producono una 
suppurazione del seno mascellare, accompagnata da fìstola persistente. 

Converrà quindi praticare l’esplorazione delle fìstole del seno mascellare collo 
specillo, ricercare tutti i dati anamnestici, e, se non si trova alcuna delle cause 
abituali, sarà logica la supposizione di corpo estraneo. L’esame, coll’illuminazione 
per trasparenza delle cavità della faccia, potrà essere utilissimo per confermare 
la diagnosi. 

La cura consiste nell’estrazione del corpo straniero, praticata mediante un’ampia 
breccia fatta sulla parete malare. Rimosso con apposite pinze il corpo estraneo, 
la guarigione si ottiene rapidamente e con poca fatica. (V. Cura degli empiemi 
del mascellare). 


IL 

ALTERAZIONI INFIAMMATORIE E NEOPLASIE DEL SENO MASCELLARE 

1° INFIAMMAZIONE ED ASCESSO DEL SENO MASCELLARE 

La conoscenza di questi ascessi è antichissima, poiché nel 1765, all’Accademia 
reale di Chirurgia, Allouel rivendicava a suo padre il merito della priorità della 
terapia di questi ascessi, che egli curava fìn dal 1739 con iniezioni entro alla cavità 
del seno, aperto artificialmente dalla parete nasale. 

In quest’ultimo decennio la patologia del seno mascellare fu oggetto di studi 
accurati. I numerosi lavori pubblicati su questo argomento vennero discussi in 
un’eccellente rivista critica del dottore Lue, negli Archivi di Laringologia e di 
Cinologia (t. II, n. 3, p. 145 e n. 4 p. 204) (1). 

Considerazioni anatomiche. — Per quanto sia vero che fra i differenti 
seni mascellari “ si trovano tipi molto diversi l’uno dall’altro, tanto che è impossibile 
di valutare a priori, in un caso determinato, quale sia la capacità d’un seno, e 
fino a dove s’estendano i suoi vari diverticoli „ (Lue, loc. cit.), tuttavia non sarà 
inutile il ricordare alcune disposizioni anatomiche, le quali ci spiegano la pato¬ 
genesi e le varietà cliniche, e ci possono servire di guida nella terapia delle sup¬ 
purazioni di questa cavità. 

(1) V. ancora: Zuckerkandl, Normale und pathologische Anatomie der Nasenhòhle und ihrer 
pneumatischen Anhànge. Vienna 1882. — Ziem (di Danzica), Ueber Bedeutnng und Behandlung 
der Naseneiterungen; Monatschrift fin' Olirenheilkunde , 1886, n. 2 e 3. — Ziem, Ueber die Bezi- 
chuzwischen Nasen und Zalenkennkrankheiten; Monatschrift fiir Ohrenheiìkunde , 1885, p. 372. 

— Killian (di Worms), Beitrag zur Lehre zum Empyem der Highmorshoh; Monatschrift far 
Ohrenheilkunde , 1887, p. 277 e 321. — B. Frankel, Berliner klinische Wochenschrift, 1887, p. 273. 

— Bayer (di Bruxelles), Deutsche med. Wochenschrift , 1889, n. 10. — Hartmann, Deutsche med. 
Wocheìischrift, 1889, n. 10. — Duplay, Pathologie externe, t. Ili, p. 856. — Moldenhauer, 
loc. cit., p. 204. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


165 

Lo spessore delle pareti è alcune volte tanto considerevole, che la cavità del 
seno è ridotta al minimum, e che le radici dei due primi molari, che fra tutti i 
denti sono quelli più vicini alla cavità del seno, ne restano separate da uno strato 
di tessuto spugnoso. 

Per questa disposizione, diminuisce la lunghezza dei prolungamenti apofisari 
del seno (1). 

Le varietà del seno spazioso, a pareti sottili, ci presentano interesse maggiore 
di quella dei seni ridotti, a pareti spesse. Poiché i diverticoli e soprattutto quello 
alveolare assumono uno sviluppo considerevole. “ Il seno, allora, non ha verso il 
margine alveolare altre pareti, che quelle degli alveoli d’un dato numero di denti, 
dai grossi molari fino al canino, incluso; quando si osserva tale varietà di seno, 
si vedono gli alveoli sporgenti nell’interno dell’antro, a guisa di piccoli rialzi; alcune 
volte manca la parete alveolare di alcune radici, e queste penetrano allora diret¬ 
tamente nella cavità del seno „ (Lue, loc. cit.). 

I tronchi nervosi destinati alla radice dei denti decorrono in canali, i quali sono 
indicati da un rialzo della superfìcie interna del seno, come una cresta ; la parete 
più vicina alla cavità dell’antro, può anche mancare, ed allora il nervo si trova 
ricoperto solo dalla membrana fibro-mucosa del seno (Zuckerkandl). 

È importante il determinare la sede deH’orifizio di comunicazione del seno 
mascellare colle fosse nasali, le sue dimensioni e la facilità colla quale si può 
esplorare (V. Anatomia, p. 5, fìg. 272). 

Zuckerkandl misurò le varie dimensioni dell’ostio mascellare. Il più piccolo os¬ 
servato, era arrotondato e misurava soltanto 3 millim. di diametro, il più grande 
misurava 19 millim. di lunghezza e 5 millim. di larghezza. Nella maggior parte 
dei casi, la lunghezza variava da 7 ad 11 millim., e la larghezza dai 2 ai 6 millim. 

Due disposizioni sono sfavorevoli allo scolo naturale e spontaneo dei liquidi 
accumulati nel seno; dapprima la posizione deU’orifìzio di comunicazione, che è 
molto vicino alla vòlta del seno; in secondo luogo, la posizione di detto orifìzio 
al fondo d’uno stretto solco formato dalla mucosa, che può gonfiarsi, ed il cui 
labbro inferiore si rialza moltissimo, sorpassando spesso il livello della parete 
superiore del seno. 

L’orifizio è solo accessibile dall’alto al basso, e dall’indietro in avanti; si na¬ 
sconde per tal modo al nostro esame, ed il cornetto mediano costituisce un ostacolo 
al cateterismo (p. 7, fìg. 274). 

II secondo orifizio od ostium accessorio di Giraldès, è più piccolo (grano di 
miglio, lente), ma è situato in condizioni più favorevoli per lo scolo dei liquidi; 
disgraziatamente la sua esistenza non è costante, pare sia dovuta ad un processo 
di atrofìa, che si riscontra nelle persone d’età avanzata (Giraldès). Quando manca 
quest’orifìzio, la mucosa della regione corrispondente presenta un’estrema sottigliezza. 

(1) Zuckerkandl (loc. cit.) descrive cinque diverticoli. L 'inferiore o alveolare , incavato nel 
margine inferiore dell’osso; il palatino che è costituito dal prolungamento della cavità dell’antro 
nell’intervallo delle due lamine dell’apofisi palatina del mascellare; il sotto-orbitale corrispondente 
all’apofisi ascendente; il zigomatico che è dato dal prolungamento del seno nell’apofisi di tal nome, 
e separato dal precedente da una cresta che corrisponde al canale osseo del nervo sotto-orbitale ; 
finalmente, il prolungamento posteriore , incavato nello spessore delPapofisi orbitale dell’osso palatino. 


1GG 


Malattie del seno mascellare 


Per tale ragione Zuckerkandl propose d’utilizzare questa particolarità, facendo di 
questa regione il punto d’elezione per l’apertura artificiale del seno dal meato 
mediano. 

.Anatomia patologica. — Poco si conosce di preciso delle alterazioni che 
accompagnano gli ascessi del seno mascellare ; la difficoltà di poter eseguire esami 
anatomo-patologici e la mancanza di esami diretti, ci spiegano questa deficienza 
di cognizioni ; si può ammettere, teoricamente, uno stato catarrale della mucosa ed 
una infiltrazione edematosa, la suppurazione, il rammollimento parziale (Zucker¬ 
kandl). Ma allorché si tratta di spiegare la cronicità della malattia, la resistenza 
alla terapia, si sente la mancanza di dati precisi. Aguilhon ammette in questi 
casi ribelli uri alterazione dello strato periostico, e la produzione di sequestri; ma 
come fa notare Lue (loc. citato, p. 211), queste lesioni non vennero osservate da 
altri autori. 

Eziologia e patogenesi. — Le infiammazioni nasali e le affezioni dentali 
hanno gran parte nella patogenesi degli ascessi del seno : di raro le osteiti del ma¬ 
scellare si trasmettono al seno. 

L’infiammazione del seno d’origine dentaria, consecutiva ad una periostite alveolo- 
dentaria, è dovuta al propagarsi del processo della carie (Gruet, Lue). Gli è dal 
primo grosso molare, e meno spesso dal secondo, che la carie si comunica al 
seno. TJriosteite suppurata del mascellare, consecutiva ad un traumatismo (con 
frattura dei due incisivi mediani), si estese in un caso del Gruet, fino al seno. 
Il propagarsi della carie dei due primi molari cariati al seno è facile perchè una 
distanza minima separa le radici di questi denti dall’antro d’Igmoro. 

Le infezioni nasali possono per ragione di continuità di tessuto della mucosa 
delle fosse nasali e del seno, trasmettersi a questa cavità. Una corizza acuta, 
semplice o sintomatica di influenza (1) può provocare una suppurazione fetida del 
seno. Una degenerazione poliposa della mucosa del meato medio (2) indica spesso 
(6 volte su 25, Bayer), (su ‘/ 3 dei casi, Hartmann), e favorisce (3) la propagazione 
infiammatoria dall’una all’altra di queste cavità (Bayer di Bruxelles, loc. cit.). 
Hartmann, Krieg (Wurtemb. med. Correspondenzblatt , n. 34, 1888, Lue, loc. cit.). 

Fra le cause rare di suppurazione secondaria dell’antro d’Igmoro, non si deve 
dimenticare la sifìlide (Hermet, Journal de méd ., 17 febbraio 1889), le operazioni sulla 
faccia (Langenbeck, due casi di resezione del nervo orbitale), ed i traumatismi della 
regione facciale (Bayer (di Praga), Centralblatt far Laryngol., 1887, p. 233). 

(1) Caso d’un ammalato di provincia operato daH’autore. 

(2) In uno degli ammalati, operato al Lariboisière dal dottor Gougheneim, la diagnosi d’ascesso 
del seno venne facilitata dalla presenza di piccoli polipi del meato mediano, raggruppati intorno 
all’orifizio dell’antro d’Igmoro. 

(3) Queste produzioni infiammatorie sono di due specie : consisterebbero talora in granulazioni 
semplici , ed allora possono accompagnare le infiammazioni del seno, d'origine dentaria (le gra¬ 
nulazioni in questo caso non sono altro che il prodotto dell’irritazione della mucosa pituitaria, 
nella vicinanza dell’orifizio del seno). Altra volta si tratta di veri polipi, che per il loro sviluppo 
producono l’obliterazione del seno mascellare, e secondariamente la suppurazione del seno. Tale è 
l’interpretazione ingegnosa di Lue. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


ir ,7 


Sintomi. — Per lungo tempo si ritenne che gli ascessi del seno mascellare 
si manifestassero con un dolore molare, irradiantesi in diversi punti, con gonfiezza 
della guancia, con assottigliamento papiraceo della parete ossea, seguito da pedo- 
razione della lamina stessa e da apertura fistolosa, con scolo fetido ed intermittente 
dall’orifizio anteriore della fossa nasale corrispondente, che fuoresce in quantità 
maggiore, allorché l’ammalato piega la testa in basso, oppure si corica sulla parte 
opposta del corpo. 

Ora (grazie a nuove ricerche rinologiche), questo quadro clinico dev’essere 
modificato, e Lue, nel suo importante lavoro, ebbe il merito di dimostrare che 
bisognava trasformare questa sintomatologia, far entrare nel quadro clinico certe 
affezioni, considerate finora come di origine differente, ed eliminare, invece, certi 
fenomeni che non si possono considerare quali conseguenza di suppurazione semplice 
del seno. 

Studieremo analiticamente, come fece Lue, i sintomi detti classici degli ascessi 
del seno mascellare. 

a) Dolore. — Il dolore molare è rarissimo (1). Lue, non lo notò che 3 volte, 
su 11 ammalati; Ziem, 2 volte su 20. Il dolore frontale e sopra-orbitale sarebbe 
invece più frequente. 

Uno degli operati dall’autore, visitato pure da Ruault, si lagnava d’una nevralgia 
sotto-orbitale, e di dolori lancinanti nel labbro superiore dalla parte affetta. 

h) Gonfiezza della guancia. — Questo sintomo è dei meno certi, poiché Lue e 
Ziem non lo riscontrarono. Hartmann notò, nella metà dei suoi 32 casi, una certa 
sporgenza del seno, ma essa colpiva non la parete anteriore, ma la parete interna 
o nasale del seno. Perciò Lue tende “ a far derivare da cisti dentarie infiammate 
secondariamente, i fatti di suppurazione del seno, seguiti da proiezione e da assot¬ 
tigliamento della parete ossea anteriore „. Infine Lue fa notare “ che, se si aspetta 
la produzione d’una tumefazione dolente della regione ammalata, per esser auto¬ 
rizzati a far diagnosi d’un ascesso del seno mascellare, si corre pericolo di lasciar 

passare inosservati un gran numero di casi 

c) Scolo fetido dalla narice corrispondente. — È questo un sintomo di grande 
importanza, caratteristico della malattia. Lo scolo si produce allorché l'ammalato 
si soffia il naso, od allorché inclina la testa in basso ed avanti. La secrezione è 
costituita da liquido verdastro o giallastro, sieroso o purulento, e spesso misto 
a piccole masse giallastre, caseose (2), che per Lue sono patognomoniche 

dell’affezione. 

Solo di rado il pus cade nella faringe per l’orifizio posteriore delle fosse nasali, 
per l’inclinazione normale del pavimento di queste cavità in basso ed in dietro, 

e la sua posizione declive durante il sonno (Killian). 

Gli ammalati sono molestati ad intermittenze, da un odore, il cui fetore ricorda 

quello di fogna o di pesce putrefatto. 

(1) Per Killian, il dolore malare non esiste che nei casi in cui il dente cariato, punto di 
partenza degli accidenti, è ancora dolente. 

(2) La corizza, detta caseosa, è per Lue caratteristica dell’ascesso del seno; egli non l’osservò 
che in simili casi, e in un ammalato colpito da estesi processi distruttivi, d’origine sifilitica 

(V. Corizza caseosa, pag. 85). 


168 


Malattie del seno mascellare 


Il processo può non limitarsi al seno mascellare, e propagarsi al seno frontale 
ed alle cellule etmoidali. 

Tale propagazione al seno frontale può farsi in due modi: 1° per propagazione 
diretta, cioè l’infezione segue l’infundibolo e penetra nel seno frontale; 2° per 
ritenzione del liquido nel seno stesso; la sporgenza della parete interna dell’antro 
d’Igmoro, dovuta al liquido racchiuso nel seno mascellare, insieme alla tumefa¬ 
zione della mucosa nasale, determinerebbe spesso (Hartmann, loc. cit.) l’ostruzione 
dell infundibolo, impedendo così il libero scolo delle secrezioni del seno frontale. 

Krieg insistè sulla frequenza della propagazione dell’ infiammazione alle cellule 
etmoidali. Su 23 casi di suppurazione del seno mascellare, osservò 4 volte la pro¬ 
pagazione diretta dell’infezione alle cellule etmoidali. Quanto alle propagazioni 
lontane, sulle quali Ziem richiamò l’attenzione (1), quali: flemmone peritonsillare, 
orbitale, irite, cheratite ulcerosa, otite media, suppurata, pericondrite laringea, noi 
le considereremo come dovute al cattivo stato di nutrizione generale che favorì 
lo sviluppo della carie dentaria. 

Diagnosi. — I sintomi enumerati sono abbastanza caratteristici e ci impediscono 
di confondere una suppurazione del seno mascellare, con Yozena (fetore inconsciente, 
cavità nasali anormalmente spaziose, atrofia dei cornetti inferiori, croste verdastre, ecc.), 
o colle lesioni sifilitiche terziarie (infiammazioni gommose, ulcerazioni, perforazioni 
del setto, sequestri profondi ricoperti da ammassi caseosi). 

Ma allorché il quadro sintomatico è spurio e si riduce ad un catarro nasale, 
ad una semplice nevralgia, non è facile saper scoprire {'ascesso del seno. Allora 
un attento esame dei denti, e soprattutto del primo e del secondo molare, l’esistenza 
d’una striscia di pus (2) sul setto o sulla concavità del cornetto inferiore, la pre¬ 
senza di granulazioni polipose sul meato medio, permetteranno di sospettare, con 
ragione, una raccolta purulenta del seno mascellare. 

Il cateterismo del seno dal suo orifìzio naturale, fatto con una sonda ricoperta 
di ovatta ed estratta sporca di pus, non lascierà alcun dubbio sull’esistenza del- 
l’empiema. 

Un mezzo prezioso di diagnosi è l’illuminazione delle cavità della faccia per 
mezzo di lampadine elettriche, con cui risultano evidenti le differenze di spessore 
di pareti e contenuto tra il seno malato ed il sano. 

Sono per ciò inutili le punture esploratrici praticate, sia in corrispondenza del 
iatus naturale (Bresgen di Francoforte sul Meno), sia nel meato inferiore (Schmidt), 
sia nell’intervallo dei due piccoli molari (rispettando i denti), col processo di Ziem. 

Prognosi. — I casi acuti, recenti, dovuti a corizza, guariscono spontanea¬ 
mente, o cedono ad una cura appropriata ; ma, se la mucosa del seno ha, per la 
lunga durata della malattia, subite notevoli modificazioni nella sua struttura, 


(1) Ziem, Zur Entfernung der Peritonsillitis; Moncitsclir. fur Ohrenheilkunde, 1888, p. 233. 

(2) Lo scolo del pus può esser favorito da speciali posizioni della testa, da sforzi nel soffiare 
il naso, e dall’uso di joduro di potassio (Ziem), che esagera momentaneamente la secrezione nasale, 
e quella della mucosa del seno. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


169 

la cura ò lenta, difficile, spesso interrotta da esacerbazioni ; una lavatura mal fatta, 
un’ostruzione dell’orifizio della cannula a permanenza, espongono il paziente alla 
ricomparsa dei dolori locali, della febbre e della suppurazione nasale. 


Cura. — Dare esito al pus, in modo continuo, impedire la sua riproduzione, 
ecco le indicazioni della cura (1). 

Per penetrare nel seno mascellare, si possono seguire due vie: la via nasale 


e la via hocco-dentaria. 

Via nasale. — Storck e Hartmann proposero di penetrare nel seno dal suo 
orifizio naturale; se quest’orifizio è troppo stretto, Schiffers non esita ad allar¬ 
garlo con un’incisione. Questa via nasale anatomica presenta il grande inconve¬ 
niente di penetrare nel seno nella parte superiore in un punto lontano dalla parte 
declive. 


Mikulicz (di Cracovia) per evitare l’apertura artificiale del seno in un punto 
troppo alto, pratica l’apertura del seno perforando la parete in corrispondenza del 
meato inferiore, con un trequarti speciale, leggermente ricurvo alla sua estremità. 

Weinlechner e Schmiegelow (Kopenhagen, 1888) adottarono questo metodo. 

Questo processo non è sempre applicabile, come ad esempio nei casi in cui il 
cornetto inferiore riempie il meato inferiore. Ziem trova pure che con questo processo 
si espongono i pazienti ad emorragie gravi. 


La via hocco-dentaria (2), proposta da Cooper, presenta realmente i maggiori 
vantaggi: declività completa dell’orifizio, possibilità d’una lavatura in tutta la cavità 
del seno (poiché il liquido penetrando dalla cannula posta a dimora esce dall’ori- 
fìzio naturale e dalla fossa nasale), facilità pel paziente di proseguire da sé stesso 


la cura. 

Alcune delle obbiezioni fatte a questo metodo, non reggono all’esame. Il sacri¬ 
fizio di un dente è cosa di poco momento, quando si tratta di guarire un’affezione 
molesta, senza contare che 23 volte su 24 (Krieg) questo dente è cariato e fu il 
punto di partenza della malattia. 

Si potrebbe temere lo sviluppo di nuovi fatti infettivi nel seno per contiguità 
colla apertura boccale, se tutta la terapia di quest’affezione non si basasse sulle 
lavature antisettiche, ripetute parecchie volte al giorno. 

Noi pertanto consigliamo nel maggior numero dei casi questo metodo di cura, 
riservando lo scucchiaiamento del seno ai casi cronici e ribelli. 

L’operazione per la via dentaria comprende parecchi tempi: 

a) Estrazione del primo o del secondo molare ; b) Perforazione del seno passando 
per una delle cavità alveolari; c) Introduzione d’una cannula di metallo e lavature 

della cavità. 


(1) La lavatura della cavità del seno, grazie a posizioni speciali del capo, per produrre il 
deflusso del pus pel proprio peso (senza alcuna operazione preliminare), secondo il processo di 
.Telenffy (di Budapest), ci pare giusto teoricamente, però insufficiente; questo mezzo, d’altronde, 
non è applicabile nei casi d’orifizio ristretto, od obliterato dalla tumefazione della mucosa. 

(2) Desault apriva il seno dalla fossa canina; questo processo, che, secondo Ziem, espone al 
pericolo di commozione cerebrale [! (D. G.)], è oggigiorno generalmente abbandonato; conviene 
però in casi rari e speciali (Corizza caseosa). 



170 


Malattie del seno mascellare 


L’anestesia cloroformica non è indispensabile per questi differenti tempi del¬ 
l’operazione; non s’impiegherà che in casi speciali, allorché sarà imposta dal- 
l’ammalato. Difatti, colla cocaina per iniezione , prima dell’estrazione del dente, 
o per pennellazione mediante un piccolo batufolo d’ovatta introdotto nella cavità 
alveolare, dopo l’estrazione, si renderà sopportabilissima Xestrazione del dente e 
la perforazione del seno. 

La perforazione del seno si fa penetrando attraverso una delle cavità alveolari 
più esterne; il perforatore sarà diretto obliquamente in alto e in dietro , si agirà 
per pressione lentamente, con un perforatore semplice od un trequarti a manovella. 

Si sente che l’istrumento è penetrato nel seno (1) quando cessa la resistenza 
e diviene mobile la punta del perforatore; se ne introduce quindi uno d’un maggior 
diametro, in modo da poter introdurre nella apertura una grossa cannula. Su 
questa precauzione è utile insistere, poiché è indispensabile l’avere un orifizio di 
comunicazione ampio. 

Questa cannula lasciata a permanenza permette di fare delle iniezioni parecchie 
volte al giorno, con liquidi antisettici. 

La cannula dovrà lasciarsi per lungo tempo, cioè finché siano scomparsi affatto 
i dolori, lo scolo del pus ed il fetore. 

2° FISTOLE 

Gli autori del Compendium dividono le fìstole del seno mascellare in : A) fistole 
cutanee; B) fistole boccali che si suddividono in fistole alveolari, gengivali, palatine. 

Le fistole cutanee si fanno strada attraverso ai tegumenti della faccia, si aprono 
più o meno in alto sulla guancia, talvolta in corrispondenza della palpebra 
inferiore. 

La fistola può essere unica, non è però raro il caso di osservare contempo¬ 
raneamente parecchie fìstole, cutanee, alveolari o palatine. Maigrot, citato da 
Bordenave, curò un ammalato nel quale s’era aperto contemporaneamente un 
ascesso sulla guancia con orifizi multipli, e sul margine alveolare fra due denti 
tra i quali si aveva una piccola apertura, che da tre mesi dava esito a pus. 

Il lume della fìstola è in rapporto colla causa che la produsse; quelle che 
succedono all’eliminazione di sequestri, ad interventi operatorii, o che sono con¬ 
secutive a ferite fatte con armi da fuoco, hanno dimensioni molto estese. 

Eziologia. — Eziologicamente le fistole possono dividersi in: fistole trauma¬ 
tiche (fratture, ferite con armi da fuoco, corpi estranei, estrazioni di denti), fistole 
spontanee ( ascessi , necrosi delle pareti) e fistole chirurgiche, o postoperatorie. 

Sintomi. — Caratteri importanti di queste fìstole sono: a) il passaggio del- 
Varia dal tragitto fistoloso quando l’ammalato si soffia il naso, sternuta, ecc., e 
b) il deflusso dalle fosse nasali dei liquidi iniettati entro alla fistola. 

(1) Per le disposizioni anatomiche accennate, sulle quali è inutile ritornare, la perforazione 
riesce per lo più facilmente; esige più tempo allorché l’alveolo ed il seno sono separati da uno 
spessore abbastanza grande del tessuto osseo. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


171 


La sede di queste fistole alveolari , in corrispondenza della fossa canina, della 
volta palatina, in breve nella regione del seno, ne indicano l’origine. Il fetore del 
pus, la sua abbondanza, costituiscono caratteri incerti. 

Oltre alle fistole evidenti del seno mascellare, vi sono pure fistole non sempre 
facilmente diagnosticabili. Allorché la fistola s’apre fuori della regione del seno, 
allorché l’obliterazione dell’orifizio nasale del seno impedisce la penetrazione del¬ 
l’aria ed il deflusso dei liquidi iniettati, allorché il tragitto della fìstola è irrego¬ 
lare, sinuoso, è diffìcile il riconoscere il punto di partenza della suppurazione ; 
una periostite alveolo-dentaria consecutiva alla carie dentaria, una tubercolosi 
ossea del mascellare superiore, possono indurci in errore ; allora un attento esame, 
con uno specillo, dei tragitti fistolosi, lo sbrigliamento, la presenza dei punti dolorosi 
o gonfi, l’integrità del sistema dentario, l’illuminazione delle cavità della faccia, ci 
permettono di arrivare a scoprire la vera causa della suppurazione. 

Decorso. — Prognosi. — Queste fistole persistono, finché non viene rimossa 
la causa ; possono talora verificarsi delle guarigioni apparenti ; con ragione i classici 
fanno notare che le fìstole situate in un punto declive, quelle che si vuotano 
bene, hanno tendenza a chiudersi ; ma tale occlusione non è che temporanea, e 
non tardano a svilupparsi nuovi fenomeni di ritenzione (1). 

Le fistole chirurgiche sono caratterizzate dalia facilità a chiudersi rapidamente; 
per tal ragione converrà in genere farle ampie, non solo per impedire una chiu¬ 
sura spontanea coi noti disturbi consecutivi, ma soprattutto affine di poter agire 
per una via larga, di facile accesso sulla causa prima della malattia. 

Ricorderemo ancora che un tragitto fistoloso cutaneo costituisce una defor¬ 
mità, che può lasciar traccie abbastanza evidenti ; è questa una delle ragioni per 
la quale noi preferiremo sempre la via boccale alla facciale, nella cura degli 
ascessi del seno mascellare. 

Cura. — Aprire la cavità del seno, togliere la causa della malattia, indi appro¬ 
fittare della via creata a questo modo per modificare la mucosa del seno, tali sono 
le indicazioni fondamentali della cura. 

Abbiamo insistito lungamente, a proposito della cura degli ascessi del seno 
mascellare, sull’apertura di questa cavità dall’alveolo o dalla parete anteriore, non 
è quindi più necessario ritornarvi. Assicurato un abbondante scolo del pus coll’aper¬ 
tura del seno, i tragitti fistolosi si chiudono spontaneamente, od in seguito ad 
iniezioni detersive, od a cauterizzazioni (nitrato d’argento) (Astier); alcune volte 
sarà utile grattare il tragitto fistoloso col cucchiaio, e stabilire in un punto declive 
della cavità boccale una contro-apertura che assicuri lo scolo del pus. 

I processi impiegati con successo da Bertrandi, da Bérard, sono applicabili in 

questi casi. 

Bertrandi (2), in un ammalato che aveva una fìstola sul margine orbitale del¬ 
l’osso mascellare, introdusse, dal tragitto fistoloso, un perforatore lungo e stretto, 
portandolo perpendicolarmente fino sulla superficie palatina di quest osso, contro 


(1) Desprès, Soc. de Chip., aprile 1888. 

(2) Bordenave, loc. cit., 18* osservazione. 



Malattie del seno mascellare 


172 

il quale egli aveva applicate fortemente due dita della mano sinistra, e lo perforò 
fra i due denti molari posteriori. L’ammalato guarì. 

A. Bérard, per convertire una fistola della guancia in fistola boccale, fece passare 
una sonda scanalata dalla guancia nel seno; e girando in basso la scanalatura, 
facendo scorrere il bisturi entro alla scanalatura della sonda fece un’incisione pe¬ 
netrante nella cavità boccale dalla quale introdusse un grosso filo di piombo, di 
cui un’estremità, ricurva ad uncino, penetrava profondamente nel seno, l’altra, 
lasciata nella bocca, venne fissata ad un dente molare. 

Allorché la cura riesce a mantenere un facile deflusso del pus, e venne rimossa 
la causa prima della malattia, la fistola in generale guarisce rapidamente ; occorre 
anche sorvegliare l’apertura artificiale e ritardare quanto è necessario la sua obli¬ 
terazione troppo rapida. 

Però vi sono casi, in cui i margini delle fistole, sia boccali che cutanee, divenuti 
callosi non tendono a riunirsi; allora bisogna ricorrere ad operazioni autopla¬ 
stiche : esse sono indicate per impedire la penetrazione degli alimenti nella cavità 
del seno, e correggere le deformità. 

In due casi di fistole, Quénu fece con buon risultato un’ operazione autoplastica 
mediante due lembi, l’uno gengivo-palatino, l’altro labiale, addossati con la loro 
superfìcie cruentata, e mantenuti tesi come un velo, da un filo legato attorno a 
due denti tra i quali si trovava l’orifìzio fistoloso (Soc. de Chir., 1888, p. 266). 

3° CISTI MUCOSE DEL SENO MASCELLARE 

Nel seno mascellare si formano delle raccolte di liquido, il quale per le sue 
qualità fisiche e chimiche, ricorda il muco. Furono emesse due teorie, per spiegare 
queste raccolte di muco nell’antro d’Igmoro. 

Secondo Jourdain e Deleschamps, si tratta d’una vera idropisia del seno, 
dovuta all'obliterazione del suo orifìzio normale. Alcuni fatti pare confermino 
queste vedute; così in un caso di Verneuil (Soc. de Chir., 1852), il seno mascellare 
era ripieno completamente d’un liquido vischioso, filante, densissimo, molto aderente 
alla mucosa, senza traccia di pareti cistiche ; si aveva in altre parole una ritenzione 
di muco nella cavità stessa del seno (1). ' 

Secondo un’opinione generalmente adottata dopo le ricerche di Giraldès (2) e 
di Marchant (3), questi accumuli di liquido sono dovuti alla dilatazione cistica 
d’una delle glandole del seno, per obliterazione del suo condotto escretore. Questo 
concetto patogenetico si basa sulV anatomia, la quale dimostra l’esistenza nella 
mucosa del seno di numerose glandole a grappolo, e sulle autopsie che permisero 
a Giraldès di constatare la frequenza delle dilatazioni cistiche di queste glandole. 

Anatomia patologica. — Distingueremo con Giraldès due varietà di cisti: 
le cisti miliari, formate dalla dilatazione d’una parte periferica del canale escretore; 

(1) Nel caso citato, non v’era obliterazione dell’orifizio del seno ; l’ipersecrezione della mucosa 
del seno, secondo Verneuil, era dovuta ad un’irritazione, causata dall’evoluzione del dente della 
sapienza. 

(2) Giraldès, Recherches sur les kystes muqueux du sinus maxillaire. Parigi 18G0. 

(3) Marciiant, Sur les kystes du sinus maxillaire. Strasbourg 18G8. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


173 


esse sono trasparenti, hanno il volume d’un grano di miglio e sono ripiene d'una 
sostanza spessa, che rassomiglia a quella del cristallino ; le altre, più considerevoli, 
sono costituite dalla dilatazione di tutto il corpo follicolare, e per numero, volume 
e colore non hanno nulla di costante. Alcune volle si trova una sola cisti voluminosa, 
altre volte se ne trovano parecchie, venti e più ; le une trasparenti, le altre più o 
meno opache secondo la natura variabilissima del liquido che contengono. 

Le loro pareti generalmente sono sottili, più o meno vascolarizzate, ricoperte 
dalla mucosa, alcune volte alterata e fungosa. Il contenuto della cisti è ordina¬ 
riamente vischioso, filante, trasparente, molto rassomigliante al muco segregato 
normalmente dalla mucosa, alcune volte è più spesso, opaco e variamente colorato. 
Globuli sanguigni alterati, granuli di grasso, cellule granulose, ammassi epiteliali, 
e soprattutto una gran quantità di 
cristalli di colesterina: tali sono gli 
elementi che ci permette di riconoscere 
l’esame microscopico (Duplay, t. Ili, 
p. 864). A causa del loro accrescimento 
eccentrico, queste cisti finiscono per 
riempiere il seno mascellare e disten¬ 
derlo; la moltiplicità di queste cisti 
facilita la diagnosi anatomica. 

Sintomi. — Non sono apprezza¬ 
bili, se non allorquando la raccolta 
liquida è sufficientemente ampia da 
dilatare il seno, giacché nel periodo 
iniziale i dolori, che si irradiano ai 
denti od al nervo sotto-orbitale, non permettono di stabilire con certezza la diagnosi. 

Nel periodo di distensione del seno, la cisti può spostare una sola parete 
(caso più frequente) o simultaneamente tutte le parti limitanti lo scheletro del 
seno. Se la parete anteriore cede, compare una tumefazione sulla guancia; il 
sollevamento del pavimento dell’orbita e l’esoftalmia son dovuti allo spostamento 
della parete superiore ; allorché la cisti sposta la parete inferiore, si osserva l’ab¬ 
bassamento della vòlta palatina, l’allargamento dell’arcata dentale e la caduta dei 
denti. Quando infine il liquido agisce in special modo sulla parete interna del seno, 
si produce una deviazione del naso ed una ostruzione della narice. 

Tutti questi sintomi, tutte queste deformazioni si manifestano contemporanea¬ 
mente o con leggiere varianti, allorché lo sforzo eccentrico della cisti agisce su 
tutte o su parecchie delle pareti del seno. 

Tale distensione del seno non è possibile che in seguito all’assottigliamento, 
alla trasformazione in sottile lamina ossea, poco resistente di una o di diverse pareti; 
per tal modo il tumore dapprima arrotondato, liscio, duro, diventa a poco a poco 
elastico, depressibile ; in questo periodo è possibile riscontrare \& sensazione papi¬ 
racea. Finalmente, in un ultimo periodo il tumore riassorbe la parete ossea, diventa 
sotto-cutaneo o sotto-mucoso senza invadere in alcun modo i tegumenti; si ha 
allora una evidente fluttuazione. 



Fig. 334. — Sezione trasversale del seno mascellare. 
A, li, C. Cisti ghiandolari (Giraldès). 





174 


Malattie del seno mascellare 


Duplay fa notare che in queste affezioni, non si osserva mai lagrimazione o 
tumore lagrimale, al contrario di ciò che si verifica nei tumori solidi del seno, nei 
quali tali fenomeni si hanno frequentemente, a cagione della compressione che 
esercitano sul canale nasale. 

Diagnosi. — Le cisti del seno mascellare non si possono diagnosticare che 
allorquando la depressibilità e la fluttuazione le rendono evidenti. Occorrendo si 
può pure ricorrere ad una puntura esplorativa. 

La diagnosi differenziale tra cisti e neoplasma in via di rammollimento è difficile ; 
ci accadde di veder commettere tale errore; ma se si tien conto dell’uà (le cisti 
appaiono in età giovanile, mentre i neoplasmi si hanno di preferenza nell’età avan¬ 
zata), de\Y accresci mento rapido del tumore , della colorazione violacea dei tegumenti 
e del rammollimento delle ossa, invase dal neoplasma e non solo assottigliate per 
distensione, è possibile giungere a precise conclusioni diagnostiche: quando inciso 
il tumore si ha fuoriuscita di sostanza encefaloide ed emorragia abbondante, restan 
tolti tutti i dubbii che potevano farci scambiare una cisti con un neoplasma in via 
di rammollimento. 

L’illuminazione delle cavità della faccia può anche in questi casi essere un 
ottimo mezzo di diagnosi. 

Cura. — Consiste: 1° nell’aprire largamente il seno mascellare, nel punto in 
cui le sue pareti fanno sporgenza nella fossa canina, rispettando i tegumenti, o 
dall’alveolo; 2° nell’evacuazione del contenuto della cisti e nel raschiamento della 
parete con un piccolo cucchiaio, in modo da aprire le piccole cisti in via di sviluppo ; 
3° nelle iniezioni antisettiche nell’interno della cavità, finché la mucosa sia rige¬ 
nerata; si lascia poscia chiudere spontaneamente l’orifìzio del seno mascellare, o si 
favorisce tale chiusura con uno dei mezzi da noi indicati (Vedasi fistole del seno 
mascellare). 


4° TUMORI DEL SENO MASCELLARE 

Considereremo in questo capitolo solo i tumori che si sviluppano primitivamente 
nel seno mascellare, prendendo origine o dalle parti ossee o dalla mucosa. 

Avendo già trattato degli osteomi, non ci resta a descrivere che i polipi mucosi , 
i fibromi, gli encondromi, gli epiteliomi, i sarcomi ed altri tumori maligni. 

Ci esporremmo a ripetizioni, qualora volessimo dare una descrizione clinica d’o¬ 
gnuna di queste varietà; perciò, imitando Duplay, tratteremo della sintomatologia 
generale dei tumori solidi del seno mascellare. 

Polipi mucosi. — Luschka richiamò l’attenzione sull’esistenza nel seno mascellare 
di polipi rassomiglianti in tutto ai mixomi delle fosse nasali. Essi possono sfiancare 
la parete anteriore del seno e deformare la guancia ; il più delle volte però pene¬ 
trano nella fossa nasale, insinuandosi attraverso all’apertura normale del seno; 
non bisogna confondere questi mixomi con le piccole masse polipose che risiedono 
attorno a questo stesso orifìzio, e che come si disse sono sintomatiche d una 
suppurazione dell’antro d’Igmoro. 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


175 


Polipi fibrosi. — Non esiste se non un piccolo numero di esempi autentici di 
fibromi (1): sono tumori lisci, arrotondati o lobulati, la cui trama fibrosa presenta 
alcune volte una considerevole vascolarità, un vero tessuto cavernoso. In un fatto 
di Demarquay, esaminato da Ranvier, il tumore aveva subita una vera calcificazione 
al suo centro. 

Questi tumori, che sono proprii dell’età adulta, hanno una gran tendenza a far 
prominenza nella fossa nasale ed anche a distruggere le pareti del seno. 

Encondromi. — Sono rarissimi. Considerando la loro struttura istologica, vennero 
osservati Vencondroma puro (se ne conosce un solo caso), i tumori misti, come 
Vosteocondroma (Dolbeau, Trclat), ed il fibro-condroma (Giraldès). 

I tumori cartilaginei si osservano negli 
individui giovani; il loro decorso è lento, il 
volume mediocre, benché possano raggiun¬ 
gere proporzioni considerevoli ; così un tumore 
tolto da Gensoul aveva 7 pollici di diametro. 

Epiteliomi. — Si originano dalla mucosa 
del seno; sono tumori d’aspetto papillare, 
molto vascolarizzati, che distendono il seno, 
perforano spesso il margine alveolare, dal 
quale sporgono dopo d’aver determinata la 
caduta dei denti. 

Gli epiteliomi primitivi sono rarissimi, se 
si paragonano agli epiteliomi secondari, i 
quali, partiti dalle regioni vicine, invadono 
consecutivamente il seno mascellare; in una 
interessante Memoria sulle cisti del mascellare 
(Bevue de Chir., giugno-luglio 1888), Albarran 
studiò tutte le varietà d’epitelioma secondario ( Epith . kystique adamantin), e trattò 
delle difficoltà che si incontrano per distinguerli dai tumori originatisi primitiva¬ 
mente nell’antro d’Igmoro. 

Sarcomi. — Benché molti di questi tumori appartengano alla categoria dei 
tumori del mascellare superiore, non è meno vero ch’essi talora hanno origine dalla 
mucosa o dal periostio che tappezza la cavità del seno; questi sarcomi possono 
assumere tutte le forme istologiche conosciute. 

Tumori maligni. — Con questo nome intendiamo i tumori caratterizzati 
clinicamente dal decorso rapido, dalia distruzione del tessuto osseo , dall 7 ulcerazione 
ed invasione dei tegumenti, dalla rapida estensione ai ganglii e metastasi viscerali ; 
essi rientrano nella classe dei cancri encefaloidi o colloidi, ed appaiono special- 
mente nelle persone d’età avanzata. 11 dolore, lo sfacelo, e la caduta dei denti, 
sono sintomi frequenti, ma non costanti ; noi abbiamo attualmente in cura una 
donna di 62 anni, nella quale si sviluppò, in due mesi, un tumore encefaloide del 


(1) Queste affezioni sarebbero frequenti nelle Indie. O’Siiaughnessy, in Duplay, 



Fig. 335. — Dilatazione enorme del seno 
mascellare prodotta da un fibroma calcifi¬ 
cato (Museo Dupuytren). 



170 


Malattie del seno mascellare 


seno mascellare sinistro, grosso come un uovo, senza produrre alcun disturbo, 
tranne quello risultante dalla prominenza del tumore nella fossa nasale sinistra 
(otturazione nasale), e sulla vòlta palatina; esso sporge nella cavità boccale in corri¬ 
spondenza del margine alveolare, a guisa di tumore cistico violaceo ; la vòlta ossea 
del palato è talmente rammollita da lasciarsi deprimere come un foglio sottile di 
cartone. — Inciso questo tumore, uscì una sostanza encefaloidea e si ebbe un’e¬ 
morragia boccale e nasale gravissima ; dopo l’incisione fu possibile constatare che 
le pareti limitanti dell’antro erano in parte distrutte. 



Sintomatologia generale dei tumori solidi del seno mascellare. 

— Secondo l’esempio di Duplay, divideremo il decorso dei tumori del seno mascel¬ 
lare in tre periodi. 

Nel primo periodo, detto latente, nessun sintomo ci indica lo sviluppo del tumore ; 
giacche non possiamo attribuire alcun valore al dolore, che si presenta tanto in 


Fig. 336. — Deformazione della guancia prodotta 
da un tumore del seno mascellare (Duplay). 


certi tumori maligni, quanto, come già si 
disse, nei semplici ascessi del seno. 

Dopo un certo tempo la neoproduzione 
riempie la cavità del seno e produce dei 
fenomeni di vicinanza che caratterizzano 
il secondo periodo ; il paziente accusa dap¬ 
prima un senso di molestia, di pesantezza 
persistente nella regione del seno; più tardi 
compaiono le deformazioni della guancia, 
dell’occhio, l’otturazione delle fosse nasali, 
la compressione del canale lacrimo-nasale 
e la lacrimazione; esaminando la bocca 
si constata la mobilità o la caduta dei denti 
corrispondenti al margine alveolare del 
seno colpito (fig. 33G). 

Nel terzo periodo, il tumore dopo d’aver 
spostato le pareti ossee, invade le cavità 
vicine, e sporge al difuori del seno. 

Il tumore allora, seguendo liberamente 
il suo sviluppo, produce, sia una gonfiezza 
della fossa canina, sia esoftalmia o meglio 


una sporgenza dell’occhio in avanti con compressione del nervo ottico, sia un’ostru¬ 
zione delle narici, con epistassi, sia un abbassamento od una perforazione della 
vòlta palatina. I denti cadono, e dal fondo dell’alveolo escono propaggini del tumore ; 
giunti a questo punto la neoplasia può estendersi tanto allo indietro, da com¬ 
primere la tromba e alterare la funzione uditiva. Può anche perforare la base 
del cranio (fig. 335), e produrre una meningo-encefalite mortale. 

Giunti al loro ultimo periodo, i tumori del seno, ulcerati e sanguinanti, produ¬ 
cono uno scolo sanioso e fetido ; le funzioni del naso e della bocca sono impedite. 
Le vene che decorrono sulla guancia si dilatano e diventano varicose; la com¬ 
messura labiale viene stirata in alto ed in fuori; una parte più o meno estesa 


Alterazioni infiammatorie e neoplasie del seno mascellare 


177 


della faccia perde la sua sensibilità ed i suoi movimenti (distruzione dei filamenti 
nervosi sotto-orbitali e facciali) ; finalmente i tegumenti rossi, lucenti, si ulcerano. 


Diagnosi. — Per lungo tempo si credette essere impossibile il riconoscere 
un tumore del seno mascellare; oggigiorno, mediante f ili'inumazione per traspa¬ 
renza delle cavità della faccia, è possibile come fece Ruault (1), in un caso di 
osteoma (operato da Monod), diagnosticare sin dal loro inizio le neoplasie dell’antro 
d’Igmoro. 

Il clinico, in presenza d’un tumore della regione del seno mascellare, deve risol¬ 
vere queste tre questioni: 1° Se il tumore ha realmente la sua sede nel seno; 
2° Se è liquido o solido ; 3° In quest’ultimo caso, qual’è la sua natura. Noi ripro¬ 
durremo quanto dice Duplay sulla soluzione di questo problema clinico. 

* 

“ 1° Il tumore ha realmente la sua sede nel seno? 2° E liquido o solido? 3° in 
quest’ultimo caso qual’è la sua natura? 

“ 1° Nella scienza, esistono esempi di tumori della faringe, delle fosse nasali, ecc., 
che penetrati nell’antro d’Igmoro, vennero scambiati con tumori del seno (2). Reci¬ 
procamente si videro dei fibromi peduncolati del seno mandar prolungamenti nella 
- cavità nasale e simulare un polipo del naso ; in un caso di Warren, di un tumore 
della palpebra inferiore, in apparenza indipendente, si trattava d’un prolungamento 
d’un fibroma del seno (3). 

“ Per evitare questi errori, si ricorrerà ai dati anamnestici ed in special modo 
ad un attento esame ed all’accurata palpazione delle cavità vicine del seno: fosse 
nasali, bocca, faringe. Inoltre, il tumore, verrà esaminato con molta cura, per 
rendersi conto della sua mobilità, del suo volume, dei suoi limiti; in una parola, 
ci si sforzerà con ripetute ed attente ricerche di riconoscere esattamente il punto 
d’impianto. 

“ 2° I tumori liquidi del seno, cisti od ascessi, nella maggior parte dei casi 
sono facilmente distinguibili dai tumori solidi; per i primi esiste un segno vera¬ 
mente patogenico, cioè la fluttuazione chiara ed evidente, che non si deve con¬ 
fondere con quella falsa fluttuazione, che dànno certi tumori encefaloidi rammolliti 
e ricoperti d’una capsula ossea sottile e depressibile. La fluttuazione dovrà ricer¬ 
carsi in diversi punti del tumore, cioè sulla guancia, sulla gengiva e sulla vòlta 
palatina, giacché la sua esistenza evitò spesso gravi errori di diagnosi od inutili 
operazioni, inducendo il chirurgo, il quale già credeva di aver a che fare con un 
tumore solido, di resecare inopportunamente il mascellare superiore. Quando 
manca la fluttuazione, i dati anamnestici, il decorso della malattia, il dolore ini¬ 
ziale, lo scolo del pus da un’apertura accidentale o dall’orifìzio normale del seno, 
finalmente, in caso di dubbio, l’illuminazione della cavità del seno, la puntura 
esploratrice serviranno a chiarire la diagnosi. 


(1) Ruault, Comunicazione orale. 

(2) Venne osservata, dall’autore, una cisti dentaria del seno mascellare; l’esame istologico 
fatto da Albarran dimostrò che si trattava d’una cisti ad epitelio pavimentoso, sviluppatasi nella 
cavità del seno, con spostamento eccentrico delle sue pareti e con propaggini nelle cavità 
nasali (Soc. Anat., 25 gennaio 1889). 

(3) Giraldès, Malattie del seno mascellare, p. 45. 

12. — Tr. di Olir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



178 


Malattie del seno mascellare 


“ 3° La distinzione di uno dall’altro dei varii tumori solidi, presenta difficoltà 
ben maggiori : solo usando la massima cautela, e tenendo conto di tutte le circo¬ 
stanze, si potrà diagnosticare la natura della neoplasia, se non con certezza com¬ 
pleta, almeno con molta probabilità. 

“ I caratteri fìsici del tumore hanno un’importanza capitale; la durezza del¬ 
l’esostosi non permetterà di confonderla coi fibromi e cogli encondromi, i quali 
hanno un’elasticità propria, ed ancor meno col lipoma, che però è rarissimo, se 
pur esiste un lipoma proprio del seno. 

“ I sarcomi ed i cancri pel loro decorso rapido, e per la loro tendenza ad inva¬ 
dere le parti vicine, si distinguono dagli altri tumori, che possono in un dato 
periodo avere con essi qualche rassomiglianza, ma che nel successivo sviluppo 
rispettano maggiormente le parti vicine. 

“ Non sarà inutile tener conto dell’età dell’ammalato ; difatti abbiamo già visto 
che i tumori cartilaginei ed ossei sono malattie speciali dell’età giovanile. Final¬ 
mente non s'ometterà d’osservare lo stato generale, che non tarda ad alterarsi 
in caso di cancro, mentre resta lungamente stazionario se si tratta d’un tumore 
d’altra natura. 

“ Malgrado ciò, lo ripetiamo, la diagnosi dei tumori del seno non è facile, il 
dubbio è possibile in molte circostanze, ed è appunto per tale fatto che alcuni 
chirurghi consigliano di pungere il tumore con il trequarti esploratore di Kùss e 
di sottomettere all’esame microscopico la sostanza così estratta „. 


Prognosi. — “I tumori solidi del seno mascellare sono sempre di prognosi 
riservata, perchè, il più delle volte, non possono guarire senza l’intervento [chirur¬ 
gico e senza un’operazione più o meno grave. È varia la gravità secondo la natura 
del tumore; crediamo inutile il ritornare sulla distinzione fra i tumori benigni e 
maligni 

Cura. — La cura è esclusivamente chirurgica, e varia secondo la differente 
natura dei tumori solidi del seno mascellare. Ma, prima d’entrare in maggiori 
particolari, ci pare utile indicare, in modo generale, quando ed in qual momento 
bisogna agire, e quando conviene astenersene, in una parola dare le indicazioni 
e contro-indicazioni dell’intervento. 

Se si tratta di un tumore benigno, il cui sviluppo, è, come si sa, molto lento, 
raramente sarà indicato un pronto intervento; e fintantoché il tumore non sarà 
tanto voluminoso da dar disturbi all’ammalato, o da determinare fenomeni di 
compressione sugli organi vicini, converrà preferibilmente aspettare, senza però 
prolungar troppo quest’aspettativa, la quale non avrebbe in tale caso altro risultato 
che quello di preparare al chirurgo maggiori difficoltà e di esporre il malato a 
gravi pericoli. 

Questo vale specialmente per i tumori ossei sviluppatisi nella mucosa del seno, 
la cui enucleazione sarà tanto meno laboriosa quanto meno il tumore avrà avuto 
tempo di incastonarsi nella cavità, nella quale si è sviluppato. Se invece si tratta 
d’un tumore maligno e specialmente d’un cancro a decorso rapido ed invadente, 
sarà conveniente operarlo fin dal suo inizio, prima ch’esso abbia preso uno svi- 


Note del Traduttore 


179 


luppo considerevole ed alterale le parti vicine. Alcune volte però, anche in questi 
casi, il volume del tumore non costituirebbe un’assoluta contro-indicazione all’ope¬ 
razione, se la salute dell’ammalato non fosse già compromessa gravemente. Noi 
crediamo che il chirurgo deve astenersi solo quando esistono segni non dubbi di 
cachessia cancerosa ed infiltrazione dei ganglii sotto-mascellari e cervicali; nel 
caso cioè in cui il processo ha un’estensione tale che non vi è certezza di poterne 
raggiungere i limiti (Duplay). 

I diversi processi operatorii applicabili ai tumori solidi del seno mascellare 
sono: la cauterizzazione , Yescisione, Yestirpazione e la resezione parziale o totale 
del mascellare superiore. 



NOTA V 

La luce solare è ancora oggidì la migliore per gli esami rino-laringoscopici, 
siccome però non si può sempre avere a disposizione, così viene sostituita dalla luce 
elettrica, che, dopo la solare, presenta maggiori vantaggi. Ricorderò brevemente un 
mio riflettore elettrico, del quale da tempo mi servo per gli esami e per le operazioni 
nelle retrofosse e nella laringe. 

Esso consta di uno specchio metallico parabolico di 8 cin. di diametro, di 5 cm. 
di distanza focale, nel quale il centro di figura corrisponde non già al centro dello 
specchio, ma ad un centimetro al di sotto del suo margine superiore nel punto A 
(vedasi figura). Nel mezzo (/?), che si trova a 3 cm. sotto il punto A , il quale rap¬ 
presenta il centro di figura del riflettore 
parabolico, vi è un foro di 4 min. di diametro. 

Questo riflettore si distingue dagli ordinarli 
in uso nella laringoscopia per ciò, che invece 
di essere sferico concavo, è parabolico, e pel 
fatto che il centro B e il centro di figura A 
dello specchio, dal quale ò tolto il riflettore, 
non coincidono. Dal margine superiore parte 
una asticina di ebanite la quale si porta in 
avanti orizzontalmente per la lunghezza di 
5 cm. ; alla sua estremità libera si fissa la 
lampada. Un piccolo riflettore, che si può 
alzare od abbassare a volontà, collocato vicino 
alla lampadina, serve ad impedire la disper¬ 
sione dei raggi luminosi, il suo fuoco e la 
sua distanza dalla lampada sono calcolati in 
modo, da rimandare sul fuoco dello specchio 
parabolico dove vi è la lampada, quei raggi luminosi che senza di esso andrebbero 
dispersi. L’apparecchio è unito con una cerniera mobile in tutte le direzioni ad una 



Riflettore elettrico per l’oto-rino-laringoscopia 1 
del dott. Ignazio Dionisio. 




180 


Note del Traduttore 


benda colla quale si fissa al capo e si colloca in modo che il foro B sia situato 
davanti ad un occhio, il quale si trova così al centro dei raggi luminosi, e non 
viene abbagliato da luce della lampadina. 

Riassumendo : 1° si hanno in questo riflettore le stesse condizioni ottiche degli 
ordinari specchi da laringoscopia, cioè rocchio si trova al centro del fascio lumi¬ 
noso ; 2° i raggi luminosi, partendo dalla lampada, che è al fuoco dello specchio 
parabolico, vengono riflessi in parte paralleli ; d’onde ne risulta che il fascio luminoso 
proiettato su uno schermo, dà un’immagine luminosa, che al centro è omogenea, 
intensa e brillante; 3° la lampada essendo distante dal riflettore, ancorché si riscaldi 
fortemente, non dà noie di sorta all’osservatore. 

NOTA 2 a 

Nell’istrumento di Duplay come in altri analoghi di Stoerk e Baxt, sono riuniti 
lo specchietto rinoscopico e l’uncino palatino; io pensai di formare dell’abbassa-lingua 
e dell’uncino un apparecchio solo, che potesse essere agevolmente tenuto in una sola 
mano, e che durante gli atti operativi potesse affidarsi al paziente stesso, o ad un 
aiuto, lasciando così all’operatore entrambe le mani libere. 

Esso consta (vedasi figura), di un’asta metallica (^4), leggermente appiattita, la 
quale per una delle sue estremità si inserisce ad angolo retto su di un manico di 
legno (Z?). L’altra estremità libera si divide in due branche sottili (C C), che dopo 

essersi per un certo tratto dirette 
orizzontalmente all’esterno si ri¬ 
piegano in alto, poi nuovamente 
all’ indentro fino a congiungersi 
tra di loro. 

Si ha così un rettangolo metal¬ 
lico di mm. 30 di larghezza e 20 
mm. di altezza, il quale è fisso nel 
mezzo del suo margine inferiore 
all’estremità libera dell’asta me¬ 
tallica A, in modo che il piano sul 
quale si trovano il rettangolo e il 
piano dell’asta formano tra di loro 
un angolo ottuso. Dal margine 
superiore del rettangolo si innalza 
un pezzo di metallo Z), analogo 
alla parte ricurva dell’uncino fene¬ 
strato di Voltolini, largo mm. 15, 
alto idem e leggermente concavo 
in avanti ; sullo stesso punto nel 
quale è inserito il pezzo Z), è pure 
saldato un altro pezzo E, lungo mm. 15, largo idem, il quale si porta orizzontalmente 
in avanti ed ha, ai suoi due margini, due alette che, ripiegandosi leggermente in alto, 
formano una incavatura identica a quella che si trova sulla parte orizzontale dell’uncino 
di Voltolini e serve, come vedremo, a sostenere l’ugola. La parte I)E forma un 
uncino, di cui D è destinato ad essere introdotto dietro il velo mobile ed a tirarlo in 
avanti; E , poi, è destinato a sostenere l’ugola, la quale non potrà cadere nè a destra 
nè a sinistra, essendone impedita dalle due alette che si trovano ai margini di E. 



Abbassa-lingua ed uncino palatino 
del dott. Ignazio Dionisio. 



Note del Traduttore 


181 


Ecco il modo d’introdurre ristrumento. Fatta aprire ampiamente la bocca al 
paziente e depressa per un momento la lingua col manico di uno specchietto laringeo, 
tenendo l’apparecchio impugnato pel manico B , si introduce la parte CODE nella 
bocca in modo che il piano del rettangolo di cui CC formano due lati e la parte D, 
siano paralleli alla superficie linguale; appena D arriva quasi a contatto della parete 
posteriore della faringe, abbassando il manico B, si fa passare la parte D tra il velo 
mobile e la superfìcie posteriore della faringe, e si porta il rettangolo metallico C C 
da un piano orizzontale in un piano quasi verticale. Tirando poi in avanti l’istru- 
mento, D incontra il velo mobile, che vien portato pur esso in avanti, E incontra 
l’ugola che viene sollevata ed impedita di cadere a destra o sinistra dalle due alette 
che si trovano ai margini, il lato superiore del rettangolo CC è in contatto col 
margine libero del velo mobile, i margini laterali C e C si trovano vicino alle due 
tonsille in contatto quasi coi due pilastri anteriori ; il margine inferiore del rettangolo 
e l’asta A poggiano sulla superfìcie dorsale della lingua e la tengono depressa. 

Il medico tiene fermo colla mano sinistra l’istrumento pel manico B, proietta nella 
cavità per mezzo dello specchio frontale la luce e coll’altra mano introduce lo spec¬ 
chietto rinoscopico facendolo passare per lo spazio rettangolare CC; ottiene così 
l’immagine della cavità faringo-nasale. 

Quando si tratta di operare, essendo necessario avere entrambe le mani libere, 
una per lo specchietto, l’altra per l’istrumento chirurgico, si può affidare al paziente 
stesso la cura di tener fermo l’apparecchio. 

NOTA 3 a 

SULLA TERAPIA DELLE RINORRAGIE 

Sono tutt’altro che lievi le molestie, alle quali si sottopongono i pazienti nel tampo¬ 
namento delle retrofosse colla sonda di Bellocq. Un inconveniente grave per l’ammalato 
è dato dall’ostacolata respirazione nasale da entrambe le narici, poiché, in genere, il 
tampone che occlude l’apertura di una coana, sporge oltre il setto ed impedisce anche 
nell’altra la libera circolazione dell’aria. Il tamponamento delle retrofosse non è solo 
molesto, ma può anche, in certi casi, esporre il paziente a pericoli tutt’altro che leggieri. 
Furono descritti casi in cui si ebbero alterazioni gravi, quali: otiti medie con mastoiditi, 
pioemia, gangrena della faccia, tetano e risipole, in seguito al tamponamento delle 
retrofosse col metodo di Bellocq. 

Da molto tempo si è cercato di sostituire a questo un mezzo più semplice, meno 
doloroso e scevro dei pericoli accennati. Da I. P. Frank, da Saint-Ange, Kiichenmeister, 
Closset, Englisch, Raineri Antoni, furono proposti strumenti consistenti in un sacco 
d’intestino di porco (I. P. Frank) o di gomma, i quali introdotti nel naso e gonfiati 
con aria od acqua occludono l’apertura nasale anteriore e posteriore. Tali strumenti 
molto logici non ebbero finora una grande applicazione pratica, forse perchè i singoli 
autori si limitarono ad idearli, senza applicarli su vasta scala, e senza introdurvi quelle 
piccole modificazioni che solo una lunga esperienza può suggerire. 

Quattro anni or sono, esperimentai nelle emorragie nasali una cannula tampone, 
analoga a quella tracheale di Trendelenburg, consistente in un sottile tubo di metallo 
ravvolto in una camicia di gomma fissata a tenuta ermetica alle due estremità della can¬ 
nula. Introducendola nella cavità nasale e gonfiando con aria o liquidi il sacco di gomma, 
si otturano le aperture nasali anteriore e posteriore, e si lascia libero il passaggio 
dell’aria attraverso alla cannula. Le numerose esperienze che io ho potuto fare in 
questo periodo di tempo e le comunicazioni avute da parecchi colleghi ( 16 ), i quali 



182 


« 


Note del Traduttore 


adottarono l’apparecchio accennato, mi convinsero sempre più dei vantaggi che offre 
il tamponamento con sacelli di gomma, di fronte a quello praticato coll’antico metodo 
della sonda di Bellocq, e della necessità d’insistere su questo tema. Perfezionai l’istru- 
mento, onde renderlo di più facile e sicura applicazione. 

Descriverò brevemente il nuovo tampone, esponendo in seguito la ragione delle 
modificazioni apportatevi : 

Ksso si compone di un sacco di gomma a sezione ellittica, più ampio nella parte 
anteriore A , fìg. 1 e 2, ristretto nel mezzo Z?, fig. 1, e nuovamente dilatato nella 

parte posteriore, la quale comu- 
Bg.l. nica all’esterno pel tubetto E , 

fig. 2. Le pareti del sacco sono 
più sottili in avanti A , fig. 1 
e 2, più spesse nella porzione 
mediana B , fìg. 1 e posteriore. 
Pel tubo E , fìg. 2, penetra 
entro al tampone una cannula 
sottile di metallo F, fig. 2; 
sulla porzione di detta cannula sporgente al di fuori del tubo E , fìg. 2, si innesta 
un tubo di gomma C, fìg. 2 a pareti molto spesse, il quale vien spinto fino a rico¬ 
prire il tubetto E , mantenendone 

le pareti aderenti a tenuta ermetica Ite. 2. 

contro la cannula. 

Per introdurrequestostrumento 
si attorciglia la porzione anteriore 
del sacco A, fig. 1, 2, 3, attorno 
alla cannula, si aspira colla bocca 
l’aria dal tubo C e lo si chiude 
colla morsetta a, fìg. 7. Essendosi 
così prodotta una notevole rarefa¬ 
zione dell aria nell’interno, le pareti vengono mantenute dalla pressione atmosferica 
attorcigliate ed accollate alla cannulla^, fig. 3. La porzione anteriore deH’istrumento A, 






fìg. 3, ha quindi un diametro più piccolo di quello di 
una ordinaria sonda di Bellocq. Disinfettato l’apparecchio 
ed untolo con pomata od olio antisettico, s’introduce la 
punta A , fig. 3, nella narice, si spinge ristrumento finche 
l’estremità A sia penetrata nella coana nasale, fig. 4. 
Si toglie la morsetta dal tubo C e si inietta colla pera di 
gomma, fig. 6, liquido od aria in detto tubo; il sacco di 
gomma dilatandosi chiude ermeticamente l’orifìzio nasale 



posteriore, fig. 5 e l’apertura della narice, fìg. 4; non conviene però iniettare una 


quantità di liquido o di aria maggiore di quella contenuta nella pera ; si applica 











Note del Traduttore 


183 


nuovamente la morsetta sul tubo C e, per maggior sicurezza, lo si ottura con un ottu¬ 
ratore b , fìg. 7, ed //, fìg. 1, 2. 

Dopo un periodo che varia da 1 a 12 ore circa, si diminuisce a poco a poco la pressione 
del tampone, facendo uscire l’aria od il liquido dal tubo C. Si lascia ancora per maggior 
sicurezza per 1 o 2 ore ristrumento vuoto nelle cavità nasali, e, se l’emorragia non 
accenna a riprodursi, si estrae. Quando lo si tiene a lungo inattivo, è utile tenerne 
leggermente distese le pareti, soffiando colla bocca un poco di aria nel tubo C, fig. 1, 2, 3, 
e chiudendolo in seguito con l'otturatore b , fìg. 7 ed //, fìg. 1, 2. 


Fi g • 5 



Fig 6 



Tig.Z 


I vantaggi di questo tampone sono i seguenti: 

1° La cannula di metallo è molto sottile e serve solo per 
dare rigidezza al sacco di gomma e per introdurvi il liquido, 
non per la respirazione ; il sacco di gomma abbastanza resi¬ 
stente ha un volume relativamente piccolo, quindi più facilmente riesce a penetrare 



nelle coane; 

2° Il tubo C ha uno spessore notevole, resta per ciò evitato l’inconveniente del¬ 
l’adesione delle pareti, dopo una lunga compressione esercitata dalle branche della 

morsetta &, fig. 7 ; . 

3° L’otturatore ò, fig. 7, garantisce una chiusura ermetica, anche quando si 

gonfi l’apparecchio con aria; 

4° Il sacco di gomma è molto stretto nella porzione mediana onde evitare un inutile 
compressione sulla mucosa della cavità nasale, e renderlo più facilmente tollerato. 


NOTA 4 a 

A complemento dei dati statistici sulla tubercolosi nasale, ricordati dall’Autore, 
credo non inopportuno aggiungere tre casi da me osservati di tubercolosi primitiva 
del naso, senza lesioni apparenti di natura tubercolare in altre parti del corpo. 

Nel primo trattavasi di neoformazione tubercolare impiantata sul pavimento delle 
cavità nasali, in corrispondenza del punto di congiunzione del setto colle apofisi pa¬ 
latine del mascellare; tale tumore era, per così dire, incastrato in una enorme per¬ 
forazione del setto ed occludeva completamente le due coane. Esportato coll’ansa e 
con pinze per le vie naturali, recidivò dopo 2 anni circa, raggiungendo proporzioni 
molto maggiori di prima. Onde procedere ad un’estirpazione completa della neoplasia 
dovetti esportare buona parte del setto osseo, col quale la neoplasia tubercolare ave\ a 

aderenze intime. . 

Gli altri due casi osservati non sono così interessanti, essendo analoghi a parecchi 

già descritti fin ora. In entrambi si trattava di forma tubercolare ulcerosa, estesa 



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Note del Traduttore 


alla mucosa dei cornetti e del setto, con ulcerazioni e granulazioni tubercolari. Adottai 
come mezzo di cura il raschiamento, le cauterizzazioni con acido lattico e le insuf- 
ilazioni di jodoformio con buon esito in un caso, e pochissimo vantaggio nell’altro. 


NOTA 5 a 

SUI DIVERSI METODI DI CURA DELLE DEVIAZIONI DEL SETTO 

1° — RADDRIZZAMENTO GRADUALE 0 RAPIDO DEL SETTO 

Boyer (1) propose da tempo il cosidetto bendaggio pel naso storto, destinato a 
tenerlo raddrizzato. — Questo bendaggio è molto incomodo; se può modificare la 
deformità apparente non agisce però nelle alterazioni situate profondamente nelle 
coane. — Michel (2) consigliò di far esercitare allo ammalato una compressione sul 
lato opposto a quello della deviazione molte volte (50-100 volte) nel corso della giornata. 
— In tal modo si possono ottenere buoni risultati, ma solo nei casi di incurvatura 
della parte anteriore della cartilagine, non complicati da soverchio inspessimento. 

Venne pure esperimentata la dilatazione graduale della coana ristretta per mezzo 
di pezzi di laminaria, spugna preparata, sonde di metallo; questi metodi molto lenti, 
dolorosi e poco efficaci caddero in disuso. — Massei (3) pel primo propose ed espe¬ 
rimento le doccie di aria compressa fatte con apparecchi Waldemburg della durata 
di 5 minuti circa parecchie volte al giorno. — Tale mezzo terapeutico applicato con 
successo da Boucher (4) e Massucci (5) ha su quello di Michel il vantaggio di 
agire anche sulle parti profonde e di servire come cura del catarro cronico della 
mucosa, che tanto spesso va unito alle deviazioni del setto. — Il metodo delle doccie 
di aria può essere coadiuvato da quello di Michel e dall’introdurre entro la narice 
stenosata durante la notte un tampone di garza o di ovatta, che esercita una com¬ 
pressione continua in senso opposto alla parte deviata. 

Il raddrizzamento forzato del setto è dovuto ad Adams (6) ; quest’autore, servendosi 
di una robusta pinza a branche piane, schiaccia il setto e lo riduce forzatamente sulla 
linea mediana, poscia, estratte le pinze, introduce nelle due cavità nasali un compressore 
fatto da due lamine metalliche avvicinate l’una all’altra, che mantengono il setto 
nella posizione voluta; dopo alcuni giorni (2 o 3) toglie il compressore e vi sosti¬ 
tuisce due placche di avorio che fa portare per un certo tempo al paziente, onde mante¬ 
nere il risultato ottenuto. — Jurasz (7) per evitare l’inconveniente di dover drizzare 
il setto colla pinza e poi estrarla, sostituendovi il compressore, ideò una pinza, nella 
quale le due branche destinate ad essere introdotte nelle fosse nasali ed a schiacciare 
il setto si possono distaccare dal resto della pinza; l’operazione è identica a quella di 
Adams, solo che appena ridotto forzatamente il setto, invece di togliere le branche 
della pinza e sostituirvi il compressore, si lasciano in sito e vengono fissate l’una 
all’altra con una vite, quindi distaccate dal resto della pinza. 

(1) Rosenthal, Les déformations de la cloison du nez, etc. Paris 1888. 

(2) Die Krankheit der Nasen. Berlino 1876. 

(3) Patologia e terap. della faringe, ecc. Vallardi, Milano. 

(4) Arch. int. di Laringologia, 1888, n. 1. 

(5) Giorn. int. di scienze mediche , 1881, a. 3°. 

(6) Brit. med. Journ., 2 ottobre 1875. 

(7) Beri. Jclin. Woch., 1882, n. 4. 



Note del Traduttore 


185 


Jurasz come Adams lascia per tre giorni il compressore, poi lo toglie e vi sosti¬ 
tuisce le placche di avorio, che fa tenere per alcune ore della giornata, certe volte 
tutto il giorno, finché il setto si sia completamente consolidato. — Delstanche (I) 
applica una pinza analoga, colla sola differenza che le branche destinate a mantenere 
il setto nella posizione mediana sono ricoperte di uno strato di gomma elastica. — 
Appena ottenuto il raddrizzamento, egli prende con guttaperca rammollita il modello 
del naso, e dopo tre giorni, tolto il compressore, applica il modello di guttaperca 
indurito, onde mantenere il dosso del naso nella posizione voluta fino a consolida¬ 
mento completo del setto. — Questo modello se evita che il naso riacquisti la posi¬ 
zione viziata, dopo tolto il compressore, non impedisce al setto di incurvarsi nuova¬ 
mente nell’interno e di riprodurre la stenosi. — Cozzolino (2) modificò ristrumento 
di Jurasz rendendo ineguali le branche della pinza, che poi restano nelle coane, come 
compressori; egli fece più lunga la branca che sta sulla parte concava del setto, più 
corta quella che sta dal lato convesso (3). — Questi metodi sono molto dolorosi ; 
la cura consecutiva è lunga; spesso producono una reazione infiammatoria intensa, 
qualche volta necrosi della cartilagine. — Data la difficoltà di disinfettare la cavità 
nasale, specialmente dopo applicato il compressore, e data la reazione infiammatoria 
e le lesioni della mucosa, non è facile guarentirsi sufficientemente contro le compli¬ 
cazioni date da processi infettivi, ad esempio erisipelatosi. Inoltre conviene notare 
che tali metodi sono razionali solo quando si abbia una incurvatura semplice non 
complicata da inspessimento notevole; difatti determinandosi una frattura del setto 
si ha la formazione di un callo osseo e quindi un aumento nello spessore del setto, 
per ciò si corre pericolo di trovare dopo l’operazione il setto sulla linea mediana, ma 
di non aver migliorata la stenosi od anche di averla resa più grave. 

2° - METODI CRUENTI 

I. — INCISIONE DEL SETTO E FISSAZIONE IN POSIZIONE CORRETTA 

I primi due processi di Roberts e Van der Poel, dei quali darò succintamente 
la descrizione, sono applicabili ai casi di incurvatura della cartilagine e deviazione 
della punta del naso, talora in deviazioni della parte ossea unitamente a quella della 
porzione cartilaginea. — Roberts (4) introduce un coltello nella narice ristretta, 
perfora il setto cartilagineo nella sua parte superiore e posteriore, fa una lunga 
incisione dall’alto al basso ed in avanti: mobilizzata così la cartilagine, la perfora 
con un ago, facendolo entrare dalla narice non ristretta in modo da trafiggere tutta 
la parte anteriore superiore della cartilagine resa mobile dalla incisione ; impiantando 
poi la punta dell’ago entro alla parte posteriore del setto, fissa la cartilagine nella 
voluta posizione. — Van der Poel (5) fa l’incisione del setto cartilagineo, invece 
che dall’alto al basso ed in avanti, solo dall’alto al basso dietro la parte deviata; 
con un ago dalla narice non ristretta perfora la cartilagine nella parte situata avanti 
all’incisione, la punta dell’ago, uscendo dalla parte opposta, penetra attraverso il foro 
di una piccola placca metallica appiattita applicata contro la concavità del setto, 
poscia con un opportuno movimento fa penetrare nuovamente la punta dell’ago 

(1) Anna.1. des màladies de Voreille , etc., n. 9, 1885. 

(2) Morgagni , 1886. 

(3) Wien klin. Wocli., 1890, 27, 29, 30, 31. 

(4) Réthi, Wien. klin. Woch ., 1890, p. 579. 

(5) Int. Centrali), f. Laryng ., etc.... von Semon, 1887, p. 162. 


18G 


Note del Traduttore 


attraverso la parte posteriore del setto al di là della incisione e lo fa uscire dalla 
parte opposta; per tal modo viene raddrizzata la punta del naso, e la parte deviata 
del setto vien fissata in posizione corretta. — Boecker (1) si serve per incidere il 
setto di un congegno costituito da una pinza robusta articolata a guisa di forcipe, 
le cui branche sono l’una appiattita con una fessura nel mezzo, l’altra a forma di 
coltello; chiudendo la pinza il coltello penetra nella fessura dell’altra branca; si 
introduce la parte piatta nella narice stenosata, quella tagliente nella narice libera, 
chiudendole con forza si fa una incisione lineare del setto. — Boeker, fatte diverse 
incisioni nelle parti più deviate, raddrizza il setto con un’altra pinza e col dito. — 
Iiope (2) con una pinza speciale fa molti fori in corrispondenza della parte deviata, 
la raddrizza in seguito colla pinza di Adams e la fìssa in tale posizione. Walsham (3) 
distacca la mucosa dalla cartilagine, fa su questa diverse incisioni a forma stellata, 
avendo cura di rispettare la mucosa dal lato opposto; resa cosi malleabile la parte 
deviata la raddrizza e applica un apparecchio contentivo fatto da due pezzi di caout- 
chouc indurito. — Un metodo simile a quello di Walsham venne molto tempo prima 
praticato da Bolton (4) il quale, senza preoccuparsi della mucosa, faceva varie inci¬ 
sioni sul setto, in modo da aver otto triangoli convergenti per i loro apici, fratturava 
alla base ognuno di questi triangoli senza distaccarli ; raddrizzava quindi il setto e 
lo manteneva fisso fino a cicatrizzazione completa. — Réthi (5) in modo analogo 
fa quattro incisioni convergenti in un punto, raddrizza con una spatola il setto, intro¬ 
duce quindi un tubo di gomma ravvolto da garza per impedire il ritorno alla posi¬ 
zione viziata. — Clinton Dent (6) in un caso di deviazione della cartilagine a sinistra 
eseguì l’operazione di Rouge, incidendo la mucosa in corrispondenza della apertura 
labio-gengivale, per questa via incise la cartilagine deviata e la fissò in posizione 
corretta con punti di sutura. 

II. — ESCISIONE DELLA. PARTE PROMINENTE DEL SETTO 
CON 0 SENZA CONSECUTIVO RADDRIZZAMENTO 

a) Col coltello. — Dieffenbach (7), il primo che si occupò della terapia di queste 
alterazioni,incideva la prominenza del setto e la esportava. — In modo quasi identico 
si condussero Heylen (8) e Rosei* (9). — Anche Blandin (IO) e Demarquay (11) adot¬ 
tarono questo metodo, solo che, invece di passare dalla apertura della narice, onde 
aver più libero il campo operatorio, praticarono un’incisione profonda sul dorso del 
naso, in modo da mettere allo scoperto la cartilagine, incisero ed esportarono la 
parte sporgente, suturarono quindi i margini della incisione sul dorso del naso. — 
Chassaignac (12) propose e praticò fin dal 1851 la resezione sottomucosa della carti¬ 
lagine quadrangolare deviata; fatto un taglio parallelo al sottosetto dalla parte della 

(1) Beri. klin. Woch ., 1886, n. 21. 

(2) Neiv-York med. Ree., 26 gennaio 1888. 

(8) Lancet , 1882, p. 481. 

(4) Ricuemond, Med. Journ., 1868, p. 241. 

(5) Opera citata. 

(6) Lancet , 28 giugno 1890. 

(7) Die Op. Chir ., 1845, Bd. I. 

(8) Gaz. medie., 1847, p. 810. 

(9) Handbuch der anat. Chir., 1875. 

(10) Riciiet (Trait. prat. d’anat. chir.). 

(11) Gaz. des hòpit., 1859, p. 470. 

(12) Gaz. des lwpit., 1851, p. 421. 



Note del Traduttore 


187 


curvatura, distaccata e spinta in alto con una spatola la mucosa, egli incise in vari 
punti la cartilagine, esportò tutta la parte prominente, raddrizzato il setto e rimessa 
a posto la mucosa, introdusse dalla parte operata una spugna conica, onde mantenere 
il setto nella posizione regolare. — Moldenhauer (1), onde aprirsi una via per 
esportare le parti deviate, non si limita, come Blandii! e Demarquay, alla incisione 
dorsale del naso, ma la prolunga lungo la piega naso-labiale. — Petersen (2) pratico 
varie volte la resezione sotto-pericondrica di un pezzo della cartilagine; egli incide 
dalle due parti la mucosa, la distacca e la solleva, esporta quanto crede opportuno 
della cartilagine, poscia rimette a posto i due lembi della mucosa, e li unisce con 
sutura. 

b) Esportazione della parte prominente collo scalpello. — Heymann (3), Hart¬ 
mann (3), Schotz (3), Duplay, Berger (4), si servirono di questo mezzo per esportare, 
le parti deviate del setto, sia cartilaginee, sia ossee. — Bresgen (5), lo adotta solo 
per le deviazioni ossee. — Schotz propose uno scalpello speciale, col quale ò possibile 
escidere dalPindietro in avanti la parte ossea e cartilaginea. — Heymann dopo di aver 
esportato collo scalpello le parti sporgenti del setto, lo frattura e lo rimette in posi¬ 
zione mediana. — Se il suo spessore è ridotto convenientemente, e d i Ilici le che esso 



ritorni nella posizione viziata. 

c) Resezione colla sega della porzione sporgente. — Quando una parte del setto 
è inspessita e sporge verso l’esterno a forma gobba, oppure 
vi è una spina ossea e cartilaginea prominente si riesce molto 
bene colle seghe di Bosworth (6) a rimuovere la prominenza; 
si può segare la sporgenza dall’alto al basso, oppure dal basso 
in alto, onde evitare che il sangue colando offuschi il campo 
operatorio. — Questo mezzo riesce opportuno in ispecial modo 
nelle spine ossee, che a guisa di ponte, partendo dal setto, 
molte volte poco o nulla deviato, si portano allo esterno fino 
a contatto colla mucosa dei turbinati. 

d) Escisione delle creste del setto con forbici o pinze 
osteotome. — Questo metodo è applicabile solo alle spine 

ossee e cartilaginee, aventi una base non troppo larga; per ,a 

alcune sporgenze riesce molto pratica la pinza osteotoma di ^^o^oifa^egi 6 8Ì PUÒ 
B. Frsenkel (7). In alcuni casi io adottai un processo il quale 

riesce utile quando si tratti di deviazioni del setto situate molto in avanti, e un 

notevole inspessimento della parte deviata. 

Invece di resecare la prominenza osteo-cartilaginea in modo da sostituire una 
superfìcie piana alla superfìcie convessa del setto (\. fìg. 1), delimito mediante 
due tagli fatti a tutto spessore nel setto un cuneo, avente l’apice verso la superficie 
diritta del setto e la base verso la superfìcie ricurva (V. fìg. 2), afferro con una 
pinza robusta il pezzo cuneiforme cosi limitato dalle due incisioni, lo fratturo nei 
punti ancora aderenti e lo esporto. Per tal modo resta scavata nello spessore del setto 


(1) Die Krankli. der Nasenliohlen, etc., 1886. 

(2) Beri. Min. Wocli 1883, 22. 

(3) Beri. Tdin. Wocli., 1886, 20, 21. 

(4) Bull, de la Soc. de Chir. di Parigi, 1884, t. 10, p. 390. 

(5) Krank. d. Nase, etc., 1891. 

(6) Med. Record., 295, 1887. 

(7) Congresso internazionale di Berlino. Seduta 27 luglio 1890. 



188 


Note del Traduttore 


una solcatura (V. fig. 2), e resta di molto ampliato il lume della cavità nasale 
stenosata. Per eseguire le due incisioni accennate mi servo di una forbice a branche 
lunghe taglienti solo nella parte anteriore (fig. 3). Introduco una branca nella coana 
non stenosata, 1 altra nella coana ristretta al disotto della deviazione del setto, chiudendo 
la forbice incido secondo la linea b (V. fig. 2), portando labranca della forbice che 
si trova nella coana più stretta al disopra della deviazione, mentre l’altra branca sta 
nel punto di prima, faccio l’incisione secondo la linea c (V. fig. 2). Dovendosi con 


Pig. 2. Setto inspessito e de¬ 
viato. Le linee c e b delimi¬ 
tano la porzione cuneiforme 
di setto che vien escisa col 
metodo del dott. I. Dionisio. 

questo metodo incidere il setto a tutto spessore, 
resta una perforazione lineare, che nei casi da 
me operati si chiuse spontaneamente dopo 
alcuni giorni. 

e) Limatura della parte sporgente . — 

Sandmann (1) si serve di lime per rimuovere 
gli inspessimenti del setto cartilagineo e osseo; quelle per la cartilagine sono più 
grosse, più fine quelle per le sporgenze ossee. — Egli colle lime esporta mucosa, 
cartilagine, osso, fino che viene a rimuovere la stenosi, ed avere una superficie piana, 
dove prima vi era la convessità. 

f) Processo di Jarvis (2). — Consiste nel trafiggere con un ago, dall’avanti 
all’indietro, tutta la parte curva e sporgente del setto e nello schiacciarlo e distaccarlo 
con una pinza speciale; onde evitare una perforazione si deve procurare nel trafiggere 
coll’ago la sporgenza del setto di rispettare la mucosa dal lato opposto della deviazione. 

g) Distruzione della parte sporgente ossea e cartilaginea col trapano. — Gli 
Americani pei primi ebbero l’idea di servirsi del trapano per distruggere le spor¬ 
genze ossee e cartilaginee del setto. — Essi si servono per tale scopo di finissimi 
trapani, costrutti in maniera da potersi introdurre col controllo della rinoscopia 
anteriore nella cavità nasale; tali trapani sono dotati di un movimento rotativo rapi¬ 
dissimo, che viene generato da un mptore elettrico (Jarvis) (3), oppure da una macchina 
a pedale analoga a quella del trapano dei dentisti, Curtis (4), Bronner (5); il mo¬ 


ti) Deut. med. Woch., 9, 1891. 

(2) Arch. of Laryng., 1882, e Cong. Berlino, 1890. 

(3) Nero-York med. Ree., 9 aprile 1887. 

(4) Netv-Yorh med. Ree., 28 maggio 1887. 

(5) Lancet, 26 luglio 1890 e Journ. of Laryng., 7, 1890. 




Fig. 3. 






Note del Traduttore 


189 


vimento vien trasmesso da una molla flessibile ritorta a spirale. J. Wrigt (1) usa il 
perforatore per scavare un canale dall’avanti all*indietro e poi finisce l’operazione, 
introducendo in questo canale la sega di Bossworth, o meglio una sega elettrica, e 
distacca la prominenza dall’alto in basso e poi viceversa; altri si servono del trapano 
o drill elettrico per distruggere tutta la sporgenza ossea. — Sullo stesso principio 
dei perforatori americani è basato il trapano di cui si serve il D r Astier (2) per 
distruggere non solo le prominenze del setto, ma anche le ipertrofìe della mucosa. 

h) Perforazione del setto nel punto culminante della deviazione. — Proposta 
dapprima da Blandin (3), venne in seguito eseguita da Rupprecht (4) il quale, come 
Blandin, ideò un perforatore basato sul principio degli istrumenti usati dai controllori 
ferroviari per perforare i biglietti. — Roser (5) invece di esportare un grosso pezzo 
preferisce fare diverse perforazioni più piccole una vicina all’altra sul punto piu 
deviato del setto. 


3° - DISTRUZIONE DELLE PARTI SPORGENTI CON MEZZI INCRUENTI 

I. — GALVANOCAUSTICA 

Venne raccomandata vivamente da Voltolini (6); nelle deviazioni del setto carti¬ 
lagineo egli distruggeva col cauterio la parte prominente, onde ottenere che forman¬ 
dosi la cicatrice si avesse una retrazione capace di raddrizzare 1’incurvatura (?); nelle 
asimmetrie delle parti ossee egli si limitava a cauterizzare i cornetti nei punti in 
cui erano a contatto col setto deviato. — Venne pure adottato il coltello galvanico 
per escidere le prominenze del setto osseo. 

II. — CAUSTICI CHIMICI 

Bresgen (7) propose l’acido cromico puro o in soluzioni concentrate per le devia¬ 
zioni cartilaginee; per quelle ossee egli si serve dello scalpello, talora però prima le 
cauterizza con acido cromico per rendere l’osso meno duro e poterlo facilmente esportare 
collo scalpello. 


III. — ELETTROLISI 

La corrente galvanica, già da tempo adoperata come caustico termico e chimico 
nelle varie parti del corpo e nel naso, venne da Miot (8) adoperata come caustico 
chimico per distruggere gli inspessimenti e le deviazioni del setto. — I buoni 
risultati da lui ottenuti vennero confermati da Garel (9), Moure (IO), Botey (11), 

(1) Neiv-YorTc med. Bec., 11 gennaio 1890. 

(2) Ann. des malad. de Voreille , etc ., n. 10, 1890. 

(3) Comp. de Chir. pratique, t. 3, p. 33. 

(4) Wiener Jclin. Woch., 1868, p. 1, 157. 

(5) Beri, lclin. Woch., 1880, n. 45. 

(6) Die Krankheiten der Nase, etc.... 1888. 

(7) Wien med. Presse , 1887, n. 7 e 8. 

(8) Bevue de Laryngologie , maggio 1888. 

(9) Compt. rend., ecc. Cong. int. Laryng., 1889. 

(10) Cong. int. Berlino, 1890 e Arch. ital. Laring., ottobre 1890. 

(11) Archivos int. de Laryngologia , 1891, 8, 9. 



190 


Note del Traduttore 


L. Thilly (L), I. Rosenthal (2). — Si adoperano ordinariamente agili di platino o di 
acciaio, i quali vengono impiantati nella parte prominente. L’intensità della corrente 
varia da 15 a 40 m. a. ; la durata delle sedute è in media di 15 minuti. 


4° — CURA DELLE STENOSI NASALI DA DEVIAZIONE DEL SETTO 
ESPORTANDO I CORNETTI 0 DILATANDO FORZATAMENTE LE CAVITÀ NASALI 

Delavan e John N. Mackenzie (3) propongono, nei casi di gravi deviazioni con 
notevole stenosi, di non preoccuparsi del setto, ma di limitarsi a creare un passaggio 
esportando in parte o in tutto il cornetto inferiore. 

Hewtson (4) ebbe l’idea di allargare forzatamente le cavità nasali. — Il dilatatore 
che egli propose è costituito da una pinza robustissima, le cui branche vengono in¬ 
trodotte entro cavità nasali; chiudendo la pinza, le branche si portano all’esterno e ne 
allargano forzatamente i diametri delle fosse nasali. — Si ha in tal modo schiac¬ 
ciamento dei cornetti e talora frattura delle ossa della parete esterna, fatti che 
stando agli autori, i quali esperimentarono la dilatazione forzata, non darebbero luogo 
a complicazioni di qualche importanza. — W. Hill (5) si serve di un dilatatore a 
branche parallele che vengono introdotte nelle due cavità nasali e divaricandosi paral¬ 
lelamente spingono allo infuori le pareti esterne. — Scanes-Spicer, Lennon Browne e 
Arwin (6) hanno essi pure ottenuto con tale metodo buoni successi in casi, nei quali 
con altri sistemi di cura si aveva avuto risultato incompleto. 

Scelta del processo operatorio. — Dobbiamo, nel dare la preferenza ad 
un metodo piuttosto che ad un altro, considerare il genere di deformità, cioè sem¬ 
plice o complicata da inspessimento, ossea o cartilaginea, l’età ed il coraggio del 
paziente, infine le circostanze speciali, le quali a volte ci impongono i processi ra¬ 
pidi piuttosto che quelli lenti. — In genere negli individui inferiori ai 10 anni, 
a meno che si tratti di deformazioni molto notevoli, non sono raccomandabili i pro¬ 
cessi cruenti nell’interno del naso, perchè di difficile esecuzione e perchè non essendo 
abbastanza progredito lo sviluppo scheletrico è facile che la deformità si riproduca 
nuovamente in seguito. — Il metodo di Michel per la correzione della deviazione della 
punta del naso e quello dell’aria compressa di Massei sono utili specialmente quando 
l’ossificazione del setto non è ancora completa; sono applicabili il primo alle devia¬ 
zioni della parte cartilaginea, il secondo a quelle di tutto il setto, quando non siano 
accompagnate da notevole inspessimento. — Hanno il vantaggio di esser incruenti, 
e quindi bene accetti a molte persone restìe allo intervento chirurgico; servono sia 
per combattere la stenosi, sia per correggere la posizione anormale del dorso nasale. 
— Nelle incurvature comprendenti il setto cartilagineo e quello osseo con deviazione 
del dorso nasale, senza che però si abbia inspessimento troppo forte, è indicata la 
semplice correzione ortopedica, secondo Adams e Jurasz, oppure in alcuni casi le inci¬ 
sioni lineari semplici, secondo i metodi citati. — Se vi è notevole inspessimento, ai 
mezzi ortopedici conviene far precedere qualcuno dei processi cruenti, coi quali si 

(1) Tesi di Lione, novembre 1890. 

(2) Des déformat. de la cloison, ecc. Tesi di Parigi, 1888. 

(3) New England. med. Monthly, 1885. 

(4) Lermon Browne, Trattato, p. 552. 

(5) Congresso medico britannico, 1890. Sez. Laringol. Seduta 31 luglio. 

(6) Ivi. 



Note del Traduttore 


191 


esporta parte della porzione inspessita. — Nella semplice posizione obliqua della carti¬ 
lagine con setto osseo quasi diritto, è indicato il processo di Roberts e Van der Poel, 
oppure quello di Cliton-Dent. Nelle deviazioni leggiere ossee e cartilaginee, con alto 
grado di inspessimento, senza posizione asimmetrica del dorso nasale, oppure quando, 
anche essendovi il naso storto, si vuole solo rimediare alla stenosi e non alla cosmesi, 
si può adottare qualcuno dei numerosi processi cruenti, coi quali si incide col coltello 
o collo scalpello, si resecano colla sega, con pinze osteotome, si limano o si perforano 
con trapani le zone inspessite; come pure si può ricorrere ai metodi più lenti della 
galvanocaustica e della elettrolisi indicati per gli inspessimenti non ossei. — Le 
semplici spine ossee, specialmente se collocate in zone non molto alte e profonde, si 
escidono bene colle pinze osteotome, colla sega, e collo scalpello. — La perforazione 
del setto non è un mezzo di cura radicale, ma un palliativo; data una cavità ristretta 
dalla convessità del setto in modo da ostruire il passaggio dell’aria, se si fa un foro 
avanti al punto deviato, l’ammalato dopo l’operazione ha la sensazione di chi respira 
liberamente da entrambe le parti, in realtà l’aria passa sempre per quella sola parte 
che già funzionava prima dell’atto operativo, cioè entra da due narici per procedere 
poi per una cavità sola; mentre prima il paziente respirava per una sola narice e una 
sola cavità nasale, dopo respira per due narici, ma sempre per una sola fossa nasale. 
— Nelle deviazioni sigmoidee nel senso antero-posteriore con restringimento delle 
due cavità può riuscire utile la perforazione del setto tra la prima e la seconda cur¬ 
vatura ; in questi casi l’aria dopo la perforazione entra dalla narice opposta alla 
deviazione anteriore del setto, poi attraverso alla perforazione passa nell’altra fossa 
nasale, la quale posteriormente è molto allargata. 

NOTA 6 a 

NEVROSI NASALI 

Il naso venne in questi ultimi anni molto spesso incriminato nella produzione 
delle nevrosi. Quest’organo, che preoccupava poco i medici del principio del secolo, 
e meritava appena la considerazione dei chirurghi, per l'estirpazione di polipi, per 
frenarne le emorragie, o per ricostruirlo con lembi di cute, quando era in parte o 
totalmente distrutto, va acquistando oggidì un posto importante nella nevropatologia. 

In un periodo di tempo relativamente breve, si sono moltiplicate le pubblicazioni 
sull’asma nasale; vennero osservate nevralgie di uno o più rami del trigemino, 
cefalee (emicranie, dolori occipitali, frontali, parietali), vertigini, accessi epiletti- 
formi, tosse, paraestesie faringee e laringee, blefaro-spasmo, morbo di Basedow, 
cardiopalmo nervoso, stenocardia, crampi facciali, dispepsia, vomiti, aprosessia, ed 
enuresi notturna quali conseguenze di alterazioni naso-faringee. Dopo le prime os¬ 
servazioni di questo genere si ebbe un periodo di esagerato entusiasmo, nel quale 
si volle ad ogni costo trovare nel naso la causa di fatti nervosi, che con esso non 
avevano rapporti di sorta. Le numerose disillusioni provate, non tardarono a far 
nascere una corrente contraria, e ben presto la teoria delle nevrosi nasali venne 
screditata. Per fortuna, se si condannarono le esagerazioni, restarono però alcune 
verità e molte osservazioni accurate furono accettate anche dai più scettici nella 
questione; lo studio delle nevrosi nasali continua oggi, se non colla stessa celerità 
degli anni passati, certamente con maggiore profitto, essendo possibile, ora che 
non si hanno più nè entusiasti, nè scettici, considerare le cose con maggiore calma 
e discernere il vero dall’esagerato. 



192 


Note del Traduttore 


Riassumerò in poche parole quanto si conosce di positivo sull’argomento : 

1° Nella mucosa naso-faringea può trovarsi la causa principale di alterazioni 
funzionali del sistema nervoso di varia natura, più frequente fra tutte l’asma, la 
cui origine nasale in alcuni casi è ormai ammessa da tutti. 

2° Le lesioni della mucosa sclineideriana, che vennero riconosciute capaci di pro¬ 
durre lo sviluppo di nevrosi, sono tra le più comuni : polipi, deviazioni del setto, 
ipertrofìe polipose, catarri cronici, e tumefazioni abnormi del tessuto cavernoso; 
esse si sviluppano in molti individui senza dar luogo a fatti nervosi riflessi di alcuna 
specie. 

3° Oltre all’alterazione locale è necessaria una speciale predisposizione del 
sistema nervoso, perchè i fenomeni riflessi possano manifestarsi. 

4° Il modo di produzione di questi fatti non è sempre chiaro in ogni singolo caso. 
Alcune volte l’insorgere dei fenomeni morbosi pare in diretto rapporto colla stenosi 
nasale, or temporanea, or permanente, dovuta ai polipi, alle ipertrofie, alle devia¬ 
zioni del setto, ecc. Altre volte il prodursi della nevrosi sembra dovuto all’irri¬ 

tazione di uno o più punti della mucosa pel contatto di questa col setto o coi polipi. 
In certi casi, infine, la causa dovrebbe ricercarsi nell’eccessiva tumefazione del tes¬ 
suto cavernoso o tessuto erettile, che si trova al disotto della mucosa nasale. 

NOTA 7 a 

Non sempre sono necessari atti operativi estesi (resezione temporanea di ossa 
facciali, ecc.) per guarire i fibromi naso-faringei; 
oggidì, grazie a progressi nella tecnica rinologica, 
tali tumori si possono talvolta esportare per le vie 
naturali ; ricorderò, ad esempio, un caso da me 
osservato di fibroma naso-faringeo inserito sulla 
parete superiore della faringe, ed occupante le 
retrofosse, fìg. a, che estirpai coll’ansa galvanica 
introdotta dalla coana di destra, cauterizzando 
in seguito col cauterio galvanico il punto di im¬ 
pianto della neoplasia. Da alcuni, questi tumori 
vennero curati con successo colla elettrolisi. 




Dott. A. ÓNODI 

Docente di Rino-laringologia nell'Università di Budapest 


LE 

CAVITÀ NASALI 

E I SENI ANNESSI 

DIMOSTRATI MERCÈ TAGLI ANATOMICI, IN DODICI TAVOLE 


Traduzione italiana del Prof. F. MASSEI 

dell’Università di Napoli. 


13 — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 


194 


IL TRADUTTORE A CHI LEGGE 


Lo studio delle malattie delle cavità nasali e dei seni annessi ha, in questi ultimi anni 
acquistato vaste proporzioni, e l’interesse è andato di anno in anno crescendo. Ma, come del 
resto in generale avviene, non è possibile vagliare adeguatamente i processi patologici di 
queste sedi, senza una solida base anatomica. 

Le cavità nasali ed i seni annessi hanno, d’altronde, tale estensione, ed i rapporti dei 
loro dotti e degli orifizi sono cosi interessanti, che non è possibile contentarsi di una sem¬ 
plice descrizione: convien vedere, toccare con mano, acquistare una sicura convinzione. 

li doti. 0nodi, tanto forte negli studi anatomici, appassionato cultore di rinologia paziente 
ed esperio preparatore, dopo lungo ed indefesso lavoro è riuscito a compendiare in 

12 tavole, l'anatomia minuta delle cavità nasali e dei seni annessi, con una precisione davvero 
invidiabile. 

. Q uesl ° alleante, perciò, più die utile, si può dire indispensabile agli studenti, prezioso per 
gli specialisti, ond’è che sincera lode merita l’editore, il quale, affrontando non lievi spese, 
ha reso ai medici ed agli studenti un reale servigio. 


Napoli, novembre 1893. 


Prof. F. Massei. 


PROEMIO DELL’AUTORE 


In vista della grande importanza pratica delle cavità nasali e dei seni annessi, a me ò 
sembrato utile cosa ammanire delle tavole che riproducessero una serie di preparati ana¬ 
tomici, guardando le quali fosse facile orientarsi sui rapporti topografici di codeste cavità. 
Ond’è ch’io ho avuto cura di presentare principalmente quei tagli, che mettono innanzi 
agli occhi degli specialisti, nonché dei medici e degli studenti, nel modo più rispondente ai 
bisogni, i rapporti delle dette cavità con gli organi limitrofi (occhi ed orecchi); di maniera 

che uno sguardo alle tavole fosse sufficiente a far bene vedere la struttura delle cavità ed i 
loro rapporti. 

Le singole cavità aperte secondo (agli fatti in diverse direzioni, e rilevali fotograficamente, 
riproducono nel modo più fedele i preparati, i quali sono siati eseguiti negli istituti di questa 
Università, coi professori G. V. Mihaikovics e L. v. Thanhoffer; sicché mi sento in 

dovere, in questo luogo, di esprimere le mie più sentite grazie a questi rispettabili maestri per 
la loro amichevole cooperazione. 


Le tavole sono accompagnate da brevissimi schiarimenti redatti dal punto di vista anatomo- 

topografico, dacché mi riservo una più estesa trattazione dal punto di vista pratico, in un 
prossimo trattato di Rinologia. 

Le fotografie sono state fatte nell’opificio del signor P. Kalmàr di Budapest e le incisioni 
in quello del signor F. X. Matolony di Vienna. 


Budapest, marzo 1893. 


Dottor Ónodi. 



SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 



É " L setto nasale divide le cavità del naso in due parti, separate l’ima dall'altra, le 

. 

quali sono congiunte al cavo naso-laringeo mediante le coane. 

»*\ 

La cavità nasale lia quattro pareti. L 'inferiore, o pavimento, è fatta dal palato duro, 
ch’è formato dall’apofisi palatina del mascellare e dalla lamella orizzontale dell’osso 
palatino. La larghezza del pavimento varia tra 12 e 15 inni. Dietro all’orifizio delle 
narici, a circa 2 cent., proprio in prossimità del setto, si trova, nei due lati un canale 
osseo, il canale incisivo, nel quale la mucosa si approfonda e da cui partono vasi e 
nervi destinati al palato duro. Posteriormente, il pavimento delle cavità nasali, forma 
la parete inferiore delle coane, e si continua nel palato molle. 

La tavola X mostra la parete nasale inferiore (p i ) per tutta la sua superficie, 
essendo stati tolti i cornetti inferiori; in prossimità del setto si vede chiaramente il 


canale incisivo (c /). 

Le tavole VI e VII mostrano il pavimento delle cavità nasali (p d) in un taglio 
verticale. Nella tavola III con uno spaccato si può vedere l’intera parete nasale inferiore 
ed il palato duro (p d) che passa in quello molle (?<)• 

La parete interna della cavità nasale è costituita da un setto che consta d’ima parte 
ossea e di una cartilaginea. La prima è fatta dall’unione del vomere con la lamina 
perpendicolare dell’etmoide. Sul setto, a circa V 2 cent, al disopra del canale incisivo, 
si trovano vestigie dell’organo di Jacobsohn, sotto forma d’un canalicolo che ter¬ 
mina a fondo cieco, lungo alcuni millimetri, talora sotto forma d’un solco o di una 


elevazione. 

La mucosa nasale nella maggior parte dei casi si presenta asimmetrica. Per lo 
più, la porzione cartilaginea presenta grandi o piccole inflessioni. In generale, tanto le 
deviazioni, quanto le diverse sporgenze più o meno accentuate, più o meno lineari od 
unciniformi, si estendono sino ai % anteriori del setto. In dietro, questo tramezzo 
separa, nella linea mediana, le coane, ed in questo punto non si sogliono verificare 
asimmetrie. 


13* _ Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 


196 


La tavola V mostra, in un taglio longitudinale, il terzo posteriore del setto ( s ) 
con un bordo concavo acuto sulla linea mediana, senza asimmetria. La tavola Vili 
illustra, in un taglio frontale d’un poppante, una piccola deflessione del setto (s). 
Nel taglio frontale della tavola VI, si vede una piccola cresta del setto incurvato; 
questa stessa asimmetria in maggiori proporzioni è dimostrata dal taglio frontale della 
tavola VII. La tavola IX mostra, in un taglio trasversale, un incurvamento più piccolo 
del setto (s) e la tavola XI, egualmente in una sezione trasversale, una più accentuata 
deflessione ed una cresta del setto medesimo (s). La tavola XII illustra il rapporto 
del setto (s) con le coane ed il cavo naso-faringeo (c nph). 

La parete superiore della cavità nasale è configurata ad arco, più accentuatamente 
il tratto anteriore, meno il tratto medio. Il tratto anteriore è costituito dall’osso nasale 
e dal frontale. La vera vòlta della cavità nasale è il tratto mediano, orizzontale, fatto 
dalla sottile lamina cribrata deH’etmoide; la parete anteriore dello sfenoide costituisce 
la parte discendente e più posteriore di questa vòlta. La parte più angusta della vòlta 
della cavità nasale, quella fatta dalla larghezza della lamina cribrata, misura d’ordinario 
2-3 millimetri. 

Nei tagli frontali, come mostrano le tavole VI, VII e Vili, si può guardare l’an¬ 
gusta e sottile vòlta della cavità nasale ed il rapporto con la cavità del cranio. La 
tavola III ci fa vedere, in un taglio sagittale, il cammino arcuato della parete nasale 
superiore, la parte anteriore ascendente, la mediana orizzontale e la posteriore 
discendente. 

La parete esterna della cavità nasale è la più importante e nel contempo la più 
complicata. Essa è costituita dal mascellare, dalla lamina ascendente dell’osso palatino 
e dalla lamina pterigoidea interna. Con questa parete sono congiunti i turbinati, il 
cornetto inferiore, medio e superiore, che appartengono all’etmoide. Dei tre cornetti, 
l’inferiore è il più grande; la sua lunghezza varia tra 25-40 millimetri, la larghezza 
tra 5-6 millimetri. Il turbinato medio è più breve e talora possiede al suo estremo 
anteriore una cavità a forma di vescicola. 


Fra i turbinati decorrono i corrispondenti meati, l’inferiore, il medio e il superiore, 
l’ampiezza dei quali è in rapporto della grandezza e prominenza dei cornetti. 

I singoli meati stanno in diretto rapporto con i seni annessi alle cavità nasali. 
Nella parte anteriore del meato inferiore, sbocca il canale lag rimale, il cui orifizio 
si può vedere dopo aver allontanato il cornetto inferiore. 

La forma di questo orifizio è differente, ora rotonda, ora ovale, per lo più a mo’ 
d’una fenditura tagliata obliquamente in avanti. Il canale lagrimale decorre sulla 
parete esterna della cavità nasale, tra il meato medio ed il seno mascellare, obliqua¬ 
mente in giù, e sbocca al disotto del cornetto inferiore. 

Le varie configurazioni del meato medio non si possono osservare se non dopo 
aver rimosso il turbinato medio. Allora si presenta allo sguardo una fenditura oblunga, 
di forma semilunare, il cosidetto hiatus semilunaris , il quale sta in intimo rapporto 



197 


con le cavità annesse ed è fatto dalla bulla ethmoidealis , il processo uncinato e le parti 
ossee contigue. Questa fenditura semihinare ha diametro diverso, è più larga nel fondo. 
Nel suo tratto più anteriore sbocca il seno frontale e lì vicino le cellule etmoidali 
anteriori, mentre nell’estremo posteriore si apre d’ordinario il seno mascellare. Di 
questo, talora, nel meato medio si trova un’apertura accessoria. 

Nel meato superiore sboccano le cellule etmoidali posteriori. 

La tavola II mostra, guardata in superficie, la parete esterna della cavità nasale. 
Si possono ivi vedere i cornetti (c t, c m, c s ) coi loro tre meati (in i, m m, m s) ed 
il rapporto del meato inferiore (mi) con la tromba di Eustachio (t). Meglio riesce 
vedere i meati sopra i tagli frontali. La tavola Vili (taglio eseguito in un poppante) 
e la tavola VI (taglio eseguito in un adulto) illustrano questo rapporto tra i turbinati 

(c i, c m, c s) ed i meati (m i, in m , m s). 

La tavola VI ci mostra, in un taglio frontale, Vhiatus semilunaris nei suoi rapporti 
col seno mascellare (i). La tavola IX ci offre, in un taglio trasversale, la parete esterna 
della cavità nasale, lo spaccato del canale lagrimale (d l) e l’orifizio del seno mascel¬ 
lare (o in). Inoltre si può bene vedere il rapporto del cornetto medio (c m) e del supe¬ 
riore (cs) con la parete esterna della cavità nasale e quello spazio a mo’ di vescicola 
nell’estremità anteriore del cornetto medio (cm). La tavola XI ci fa vedere, in un 
taglio trasversale, il rapporto del cornetto inferiore con la parete esterna, la vòlta del 
meato inferiore e l’orifìzio rotondo del canale lagrimale (d l). Il taglio sagittale della 
tavola III ci presenta in superficie, dopo aver allontanato il turbinato medio, la parete 
esterna della cavità nasale, Yhiatus semilunaris (h), la bulla ethmoidealis (b), l’orifizio 
delle cellule etmoidali anteriori (c e), quello del seno mascellare (o in ), quello delle 
cellule etmoidali posteriori, il meato superiore (in s), il cornetto inferiore (c i\ il meato 
inferiore (in ?'), ed i suoi rapporti con la tuba Eustachiana (t). 

La tavola IV illustra il meato inferiore e medio (in /, m in) aperti lateralmente, 
la superficie laterale del cornetto inferiore e medio (c i, c in), lo sbocco del seno frontale 

(sf) nel meato medio (in in). 

La tavola V ci offre allo sguardo il canale lagrimale (d l) lungo il suo cammino, 
con l’orifizio che si apre nel meato inferiore (m i), nonché le facce laterali e le estremità 
posteriori dei tre cornetti (c i, c in , c s). 

Fra le cavità accessorie, Vantro d'fflginoro (seno mascellare) è il più grande; esso 
è compreso nel mascellare superiore. La parete superiore di questo seno rappresenta 
in pari tempo quella inferiore del cavo orbitario ; la parete inferiore poi è formata 
dalle corrispondenti parti del palato duro con il processo alveolare del mascellare 
superiore; la parete posteriore è fatta dal corpo del mascellare superiore ed è sca¬ 
vata; l’anteriore rappresenta la superficie facciale del mascellare e, d’ordinario, si 
assottiglia fortemente là ove corrisponde alla fossa canina; la parete interna e con¬ 
vessa ed è fatta dalla parete esterna della cavità nasale, in alcuni punti manca ed e 
sostituita dalla mucosa. La parete superiore è più debole dell’interna, sulla quale esiste 


198 


1 orifizio di comunicazione che ha differente grandezza (ostium maxillcirè). La cavità 
può avere molteplici sinuosità. 

La tavola I ci presenta, sopra un cranio, i rapporti topografici del seno mascellare 
(s m). Questo è aperto mercè l’ablazione d’una parte della parete anteriore e poste¬ 
riore. Si può vedere la parete interna con la sua apertura, ed oltre alle già ricordate 
pareti, il rapporto di quella sottilissima superiore con la cavità orbitaria. La tavola X 
mostra, in un taglio trasversale, la parete interna, anteriore e posteriore del seno 
mascellare (sm), ed oltre a queste, in superficie, il pavimento della cavità. Nella 
tavola IX si può osservare, in un taglio trasversale, la parete anteriore, posteriore ed 
interna del seno mascellare (s m), nonché il rapporto della parete interna con il canale 
lagrimale (d l), con il meato medio (ni in) ed il cornetto medio (c in). Si vedono pure 
gli sbocchi (o in) del seno mascellare nel meato medio (in m) e le singole sinuosità 
della cavità. 11 taglio trasversale della tavola XI ci offre allo sguardo la vòlta del seno 
mascellare (s in), la sua parete anteriore, posteriore ed interna ed il rapporto di questa 
ultima con il turbinato inferiore (c i) ed il canale lagrimale (d l). In un taglio frontale, 
la tavola VII ci presenta una parte del seno mascellare (s in), mentre la tavola VI ci 
fa vedere, parimenti in un taglio frontale, il seno mascellare (s m) con lesue pareti, 
ma specialmente il rapporto della parete interna con i cornetti inferiore e medio 
(c i , c in) e coi meati inferiore e medio (m i, in in). Dall’altro lato si può vedere il rap¬ 
porto del seno mascellare (sm) col meato medio (min). 

Il seno frontale (sinus frontalis), la posizione del quale ordinariamente corrisponde 
all’iride, presenta, nella sua estensione, grandi oscillazioni. 

Il seno frontale si può estendere nell’osso frontale in sopra, lateralmente e poste¬ 
riormente. Posteriormente lo può, in grado così rilevante che la parete superiore della 
cavità orbitaria viene divisa in due lamelle dal seno frontale. Altre volte la cavità può 
essere molto piccola, ovvero mancare del tutto, senza dire che spesso è asimmetrica. 
Il seno frontale si restringe tra le cellule etmoidali e sbocca nel meato medio verso 
la parte anteriore deWhiatus semilunaris già descritto. 

La tavola I ci mostra, sul cranio, i seni frontali (sf) aperti anteriormente. La 
tavola VI ci fa vedere, in un taglio frontale, i due seni frontali (sf) fra le lamelle 
della parete superiore del cavo orbitario, nonché i rapporti con questo (o) e le cellule 
etmoidali (c e). Il taglio frontale della tavola VII ci mostra parimenti, da un lato, il seno 
frontale (sf) fra le lamelle della parete superiore della cavità orbitaria. 

La tavola III, presenta in un taglio longitudinale, i rapporti del seno frontale (sf) 
con la cavità del cranio ed il meato medio (min). La tavola V mostra, parimenti 
in taglio longitudinale, il rapporto del seno frontale (sf) con le cellule etmoidali 
anteriori (c e). 

Il taglio longitudinale della tavola IV illustra la topografia del seno frontale (sf), 
aperto di lato, i suoi rapporti con le cellule etmoidali anteriori (c e), il suo cammino 
e lo sbocco nel meato medio (in in). 



190 


La cavità sfenoidale ( seno sfenoidale ) è posta nel corpo dello sfenoide e la sua 
apertura, la quale può essere di differente grandezza, sta sulla sua sottile parete 
anteriore. L’apertura corrisponde d’ordinario al disopra del centro della parete ante¬ 
riore del seno sfenoidale, qualche millimetro sotto la vòlta della cavità nasale. I seni 
sfenoidali presentano anche una asimmetria nella loro estensione. 

La tavola IX ci presenta, in un taglio trasversale, i seni sfenoidali (s s), i loro 
rapporti con la cavità nasale, con la carotide nel suo corso intracranico (c), la cavità 
cranica ed il cervello. Il taglio longitudinale della tavola III ci mostra il seno sfe¬ 
noidale (s s) in sito. La tavola V mostra lo stesso seno sfenoidale (s s) in un taglio 
longitudinale, e contemporaneamente in qual modo viene formata la parte posteriore 
discendente della vòlta della cavità nasale, dalla parete anteriore del seno sfenoidale. 

Le cellule etmoidali (cellulae ethmoidales) del pari che il sistema cavitario del¬ 
l’etmoide, sono allogate tra la cavità nasale ed orbitaria. La maggior parte della parete 
interna di questa è formata dalla lamella che in fuori chiude le cellule etmoidali ( lamina 
papyracea ); con la lamella che chiude internamente le cellule etmoidali separandole 
dalla cavità nasale, stanno in rapporto i cornetti medii e superiori. Le cellule etmoidali 
guadagnano in estensione da avanti in dietro e dall’alto in basso. Le cellule etmoidali 
anteriori sboccano, mediante parecchie aperture, nel meato medio, una delle quali 
si trova nel segmento anteriore &e\Y hiatus semilunaris; le posteriori sboccano nel 
meato superiore. 

La tavola I ci mostra sul cranio il rapporto delle cellule etmoidali {ce) con la 
parete interna della cavità orbitaria. La tavola IV illustra, in un taglio longitudinale, 
le cellule etmoidali {c e) ed i loro rapporti col seno frontale (s f). Il taglio longitu¬ 
dinale della tavola V mostra il rapporto delle cellule etmoidali ( c e) coi cornetti medio 
e superiore ( cm , cs). Nel taglio longitudinale della tavola III si può vedere lo sbocco 
delle cellule etmoidali (ce) anteriori e posteriori nel meato medio (m m) e nel 
superiore (w's). Il taglio frontale della tavola VI illustra il rapporto delle cellule 
etmoidali {c e) con l’occhio (o), la cavità nasale ed il meato medio (in m). 



m 


TAVOLA I 



Questa figura illustra il rapporto della cavità orbitaria con la nasale ed i seni annessi. Una 
parte della parete orbitaria superiore ed inferiore è asportata, a fine di lasciar vedere la maggior 
parte delle cellule etmoidali, che costituiscono la parete orbitale interna. Le cellule etmoidali "sono 
aperte, ma conservati i setti intermedii; parimente sono aperti i seni frontali ed il mascellare. 


s. f. Seno frontale. 

/. Fossa del sacco lagrimale. 
c. e. Cellule etmoidali anteriori e posteriori. 
s. m. Seno mascellare. 
c. n. Cavità nasale. 



I 



Taglio sagittale. 


in. i. Meato nasale inferiore, 
c. i. Cornetto inferiore. 
in. m. Meato medio. 
c. in. Cornetto medio. 
m.s. Meato superiore. 
c.s. Cornetto superiore. 
p. d. Palato duro. 
p. in. Palato molle. 

t. Apertura della tromba d’Eustaeliio 


















TAVOLA III 



Taglio sagi Itale. 

E slato tolto il cornetto medio; i seni frontale, etmoidale e mascellare sono aperti. 


m.i. Meato inferiore. 
c.i. Cornetto inferiore, 
c. m. Bordo del cornetto medio 
asportato. 

o.m. Apertura del seno ma¬ 
scellare. 

h. Hiatus semilunaris. 

'j Bulla ethmoidealis. 


o. e. Apertura delle cellule 
etmoidali anteriori. 

s. f. Seno frontale. 
c.e. Cellule etmoidali poste¬ 
riori. 

s.s. Seno sfenoidale. 
c. s. Cornetto superiore. 
m. s. Meato superiore. 


c. Cervello. 

t. Apertura della tuba Eu- 

stachiana. 

c. nph. Cavo naso-faringeo. 
p. d. Palato duro. 

u. Ugola. 

I. Lingua. 
































203 


TAVOLA IV 


c e 



Taglio sagittale. 

La parete esterna è asportata, mentre sono aperti lateralmente i meati, 

le cellule etmoidali ed il seno frontale. 


р. d. Palato duro. 
m. i. Meato inferiore. 

с. i. Cornetto inferiore, 
c. m. Cornetto medio. 
m. m. Meato medio. 

c. e. Cellule etmoidali. 
s.f. Seno frontale nei suoi rapporti 
topografici, con la sua apertura 
nel meato medio. 





m s 
c m 


s 

m m 


Taglio sagittale . 

» 

E stala tolta la parete esterna della cavità nasale ed aperto longitudinalmente il canale lagrimale. 

р. d. Palato duro. 

in. i. Meato inferiore. 

с. i. Cornetto inferiore. 
m. in. Meato medio. 

c. m. Cornetto medio. 
m. s. Meato superiore. 

c. s. Cornetto superiore. 

d. I. Canale lagrimale. 
s. f. Seno frontale. 

c. e. Cellule etmoidali anteriori e posteriori (c. e.j). 
s. s. Seno sfenoidale. 









205 


TAYOLA VI 


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S 3 I 


s. Setto nasale. 

р. d. Palato duro. 
in. i. Meato inferiore. 

с. i. Cornetto inferiore. 
in. in. Meato medio. 
c.m. Cornetto medio. 


Taglio frontale. 

c.e. Cellule etmoidali. i. Infundibolo con la cavità 

s. f. Seno frontale. del seno mascellare. 

f. Processo falciforme d. ni. /. Lingua, 
c. Crista galli. /'• Hiatus semilunaris. 

o. Occhio. p.s. Parete superiore della ca¬ 

vità nasale. 

















TAVOLA VII 


5 

S ìli 


Taglio frontale nel terzo anteriore della cavità nasale. 


р. d. Palato duro. 

с. i. Cornetto inferiore. 
m.i. Meato inferiore. 

c. m. Cornetto medio. 
m. m. Meato medio. 

s. Setto nasale incurvato, con una 
cresta molto pronunziata. 


s. m. Seno mascellare. 
s. f. Seno frontale. 
o. Occhio, 
c. Cervello. 

f. Processo falciforme d. ni 
l. Lingua. 



































































































































207 


TAVOLA VII! 



Taglio fronl al e di un poppante. 

c. i. Cornetto inferiore. 
m.i. Meato inferiore. 
c.m. Cornetto medio. 
m.m. Meato medio. 
c.s. Cornetto supcriore. 
m. s. Meato superiore. 
c.e. Cellule etmoidali. 
o. Cavità orbitaria. 
s. Setto nasale incurvato. 






TAVOLA IX 




Taglio trasversale 


Canale lacrimale. 

Sbocco del seno mascellare 
Cornetto superiore. 

Seno sfenoidale. 

Carotide cerebrale. 


s. Setto nasale alquanto incurvato, 
m. Cornetto medio; uno dei quali, 
all’estremo anteriore, presenta 
una cavità a forma di vesci- 


















‘209 


TAVOLA X 



Taglio trasversale, 
s. Setto nasale. 

s. in. Pavimento del seno mascellare. 
c. i. Canale incisivo. 
i. Parete inferiore della cavità nasale. 





210 


TAVOLA XI 



in m 


c m 


Taglio trasversale. 


s. Setto nasale incurvato. 

c. i. Cornetto inferiore. 

d. I. Sbocco del canale lagriinale. 
s. m. Vòlta del seno mascellare. 
c.m. Cornetto medio. 

m. in. Meato medio. 














Cavila naso-faringea e faringea , aperte da dietro 


. nph. Vòlta della cavità naso-faringea. 
ph. Parete faringea. 

/. Apertura della tromba d’Eustachio 
s. Setto nasale, 
c. m. Cornetto medio. 
m.m. Meato medio. 
v.m. Palato molle. 




















Del Dott. SIMONE DUPLAY 

PROFESSORE ALLA FACOLTÀ DI MEDICINA DI PARIGI — MEMBRO DELL’ACCADEMIA DI MEDICINA 

Traduzione del Prof. G. GRADENIGO 

PROFESSORE INCARICATO PER LA OTO-RINOLOGIA ALLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO 
DIRETTORE DELLA CLINICA OTO-RINOLOGICA ALL'OSPEDALE MAGGIORE DI S. GIOVANNI, E DELLA SEZIONE OTOJATRICA 

AL POLICLINICO GENERALE 


CAPITOLO I. 

Malattie dell’organo dell’udito. 

Storia e bibliografia. — Lo studio serio e veramente scientifico delle ma¬ 
lattie dell’orecchio è di data recente ; per convincersene, basta gettare un rapido 
sguardo sulle differenti fasi attraverso alle quali è passata Votologia o, come si 
dice ancora al giorno d’oggi, Yotojatria, prima di prendere, vicino s\Y oftalmologia, 
il posto che essa avrebbe dovuto occupare da lungo tempo. 

Le conoscenze, d’altronde assai incomplete, degli antichi erano limitate alle 
malattie del condotto uditivo esterno, e fu dimenticato ben presto il saggio consiglio 
dato altrevòlte da Gelso, di sottomettere l’organo malato ad un esame attento, 
per determinare la natura delle lesioni e per combatterle con una terapia razio¬ 
nale. Da ciò, quei principii empirici di trattamento che da Galeno si sono trasmessi 
fino a questi ultimi anni. Ancora al giorno d’oggi, malgrado i perfezionamenti 
apportati ai metodi d’esplorazione, si vedono dei pratici intraprendere il tratta¬ 
mento delle malattie dell’orecchio e prescrivere sovente i rimedii più energici, 
senza aver tentato con un esame preliminare di stabilire una diagnosi. 

Bisogna arrivare fino a Fabrizio fidano (1646) per vedere l’otologia rientrare 
nella via dell’osservazione diretta. Inventando lo speculimi auris, Fabrizio rese un 
servizio segnalato alla scienza ; ma la sua parte fu tuttavia abbastanza ristretta, ed 
egli s’arrestò allo studio delle malattie del condotto uditivo esterno. 

Alcuni anni più tardi, le ricerche anatomiche così notevoli di Duverney sopra 
l’organo dell’udito, sembrarono dover inaugurare un’èra nuova (a). Difatti, non 

(a) [Fra le discipline mediche fu dapprima l’anatomia quella che liberò l’otologia dai legami 
del misticismo. Un vero studio scientifico delle malattie dell’orecchio s’iniziò difatti nella seconda 
metà del secolo xvi, soprattutto per opera dei grandi anatomici italiani, che in superba, inin¬ 
terrotta serie, da Berengario da Carpi (morto 1550) e Vesalio (1514 a 1564) fino a Fabrizio 
da Acquapendente (1537 a 1619), tramandarono ai posteri in linguaggio classico le loro grandiose 
scoperte. Come nota il Meyer ( Handbuch d. Olirenheilk. von Schwartze , voi. II, pag. 869), è 
specialmente il Valsalva quello che più contribuì allora alla conoscenza dell’anatomia e patologia 
dell’organo dell’udito. Nessun otologo dovrebbe trascurare di leggere la sua opera: De aure 
fiumana , per la quale egli confessa di aver lavorato 16 anni e sezionato oltre a 1000 teste (Trad.)]. 

14. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



214 


Malattie dell’organo dell’udito 


solamente Duverney descrisse con una esattezza sconosciuta fino allora l’apparecchio 
uditivo allo stato normale, ma ancora egli segnalò per il primo un certo numero 
di lesioni patologiche del condotto uditivo, della membrana del timpano, dell’o¬ 
recchio medio ed anche del labirinto. Sebbene il suo esempio sia stato seguito 
da alcuni medici anatomici, come Vieussens, Valsalva, Gassebohm, Wepfer, Willis, 
P. Hoffmann, ecc., le ricerche anatomo-patologiche furono ben presto abbandonate, 
e la loro importanza restò disconosciuta fino a questi ultimi anni. 

Al principio del xvm secolo, una scoperta quasi interamente dovuta al caso 
venne ad apportare alla terapia delle malattie dell’orecchio un impulso inatteso; 
voglio parlare del cateterismo della tromba d’Eustachio, immaginato da Guyot, 
maestro di posta a Versailles, e che doveva più tardi costituire uno dei più pre¬ 
ziosi mezzi di diagnosi e di trattamento per le malattie dell’organó dell’udito. 
Però questa scoperta rimase lungamente sterile, e dovette ancora passare un pe¬ 
riodo abbastanza lungo di anni prima che lo studio dell’otologia facesse sensibili 
progressi, malgrado alcuni lavori pubblicati in Inghilterra e in Francia da Gleland, 
Curtis, Saunders, Desmonceaux, Saissy, ecc. 

La prima opera che tratta in modo metodico le malattie degli orecchi è dovuta 
ad Itard, medico dell’Istituto dei sordo-muti a Parigi. Questo autore ha il merito 
d’aver perfezionato i mezzi d’esplorazione, e d’aver così forniti gli elementi per 
una diagnosi anatomica; egli ha inoltre contribuito, almeno in parte, a fare 
scomparire tutti quei trattamenti empirici dei quali si aveva conservata la tradizione, 
ed a fare sostituire loro una terapia più razionale. Tuttavia, malgrado le qualità 
pregevoli di questo libro, non vi si trovano che delle nozioni molto imperfette 
sull’anatomia patologica e sul rapporto che esiste fra le lesioni e i disturbi funzionali. 

La via tracciata da Itard fu subito seguita; alcuni medici francesi e stranieri, 
specialmente dedicatisi al trattamento delle malattie dell’orecchio, pubblicarono 
delle opere su questo argomento, come i Trattati di Triquet e di Bonnafont in 
Francia, di Lincke e di Kramer in Germania. Ma questi diversi lavori, superiori 
a quello di Itard per un’osservazione più rigorosa dei sintomi, peccano tutti del 
medesimo difetto, l’assenza di base anatomica e fisiologica, senza la quale la pre¬ 
cisione delle diagnosi e delle indicazioni terapeutiche non possono esistere. Così, 
malgrado questa ricchezza relativa della letteratura, l’otologia trascurata nelle 
scuole, e quasi completamente passata sotto silenzio nei libri di chirurgia, sembrava 
dover restare nelle mani di qualche medico una specialità senza avvenire scientifico. 

Un immenso progresso fu compiuto in questi trenta ultimi anni, e, bisogna 
ben confessarlo, i lavori che hanno contribuito dippiù a rialzare scientifica¬ 
mente e moralmente l’otologia ci sono venuti dall’Inghilterra e dalla Germania. 
Wilde, Toynbee, Tròltsch, Politzer, Schwartze, Gruber, Moos, Voltolini devono 
essere citati in prima fila; perchè grazie alle loro ricerche anatomiche, fisiologiche, 
e patologiche, lo studio delle malattie dell’orecchio è definitivamente entrato in 
una fase scientifica e tende ogni giorno ad accrescere i suoi progressi (a). L’impulso 


(a) [In Italia, dove pure s’era iniziato, come fu detto, coi lavori anatomici, lo studio scientifico 
dell’otologia, bisogna venire fino alla seconda metà del secolo presente per incontrare pochi cul¬ 
tori, i quali però presero parte importante al rigoglioso movimento scientifico che neH’intervallo 



Malattie dell’organo dell’udito 


215 


dato in questi ultimi tempi a questo ramo dell’arte, l’importanza che vi si annette, 
sono tali che sono pubblicate in Francia ed all’estero molte Riviste periodiche, che 
trattano specialmente questo soggetto (1). 

In un’epoca anteriore, io aveva cercato di volgarizzare fra noi i più importanti 
dei lavori stranieri, allora completamente ignorati in Francia, nella speranza di 
risvegliare l’interesse e di provocare le ricerche. Sono contento di riconoscere al 
giorno d’oggi che lo studio delle malattie dell’orecchio è divenuto, da parte dei 
chirurghi istruiti, oggetto di seria attenzione. 

Duverney, Trai té de Porgane de l’ouie. Parigi 1683. — Valsalva, Tractatus de aure humana. 
Ginevra 1716. — Desmonceaux, Traité des maladies des yeux et des oreilles. Parigi 1786. — 
Curtis, A Treatise on thè Physiology and Diseases of thè Ear. Londra 1818. — Saissy, Essai 
sur les maladies de l’oreille. Parigi 1827. — Saunders, The Anatomy and Diseases of thè Ear, 
3 a ediz. Londra 1829. — Wright, On thè Yarieties of Deafness and Diseases of thè Ear. 
Londra 1829. — Lincee, Handbuch der Ohrenheilkunde. Lipsia 1837. — Itard, Traité des 
maladies de l’oreille et de l’audition, 2 a ediz. Parigi 1842. — Kramer, Traité des maladies de 
l’oreille, trad. frane, di Menière. Parigi 1848. — Wilde, Praticai Ohservations on Aural Surgery. 
Londra 1853. — Triquet, Traité pratique des maladies de l’oreille. Parigi 1857. — Legons 
cliniques. Parigi 1863 e 1866. — Bonnafont, Traité des maladies de l’oreille. Parigi 1860 e 1863. — 
Moos, Klinik der Ohrenkrankheiten. Vienna 1866. — Toynbee, The Diseases of thè Ear, 2 ,v ediz. 
Londra 1868, trad. frane. Parigi 1874. — Tròltsch, Traité des maladies dell’oreille, trad. frane. 
Parigi 1870. — Schwartze, Riickblick auf die Leistungen im Gebiete der Otiatrik wàhrend dem 
letzten Decennium. Schmid?s Jahrbùcher , CXYI, p. 248, 341, e CXVIII, p. 329. — S. Duplay, 
Examen des travaux récents sur l’anatomie, la physiologie et la pathologie de l’oreille; Arcliives 
génér. de Mcd., 1863, voi. li, p. 327, 576. — Sur quelques recherches nouvelles en otiatrique. 
Arcliives , 1866, voi. II, p. 337, 723, e 1867, voi. I, p. 460. — Roosa, Treatise on thè Diseases 
of thè Ear. New York 1880. — Urbantschitscii, Traité des maladies des oreilles, trad. frane, 
di Calmettes. Parigi 1881. — De Rossi, Le malattie dell’orecchio. Genova 1871. — Miot et 


si era determinato da prima in Francia con Duverney, Itard, Deleau, quindi in Inghilterra, 
con Toynbee, Wilde, e da ultimo in Germania, con Kramer. Tra questi italiani vanno ricordati 
Bargellini, Fabrizi, Sapolini, Bartolozzi e Cerutti. Negli ultimi tempi il progresso dell’otologia 
in Italia, soprattutto col sussidio della rinologia, fu molto notevole; l’insegnamento univer¬ 
sitario iniziato dal De Rossi a Roma (1870) fu esteso quindi a iorino (Novaro 1878, G. Grade- 
nigo 1889), a Pavia (Longlii 1883), a Napoli (Cozzolino 1883), a Firenze (Grazzi 1883) (Trad.)]. 

(1) Queste sono, per non citare che Le più importanti: Tròltsch, Politzer e Schwartze, 
Arcliiv fiir Ohrenheilkunde. Wurzburg, Lipsia. — Ivnapp e Moos, Zeitschrift fiir Ohrenheilkunde e 
Archiv of Otologie. Wiesbaden. — Gouguenheim, Annales des maladies des oreilles , du nez et du 
lamjnx. Paris. — Moure, Revue de Larijngologie , ^Otologie , ecc. Bordeaux. [In questi ultimi anni 
il numero dei periodici che vengono pubblicati riguardo alle specialità oto-laringologiche si è 
molto accresciuto, cosicché riuscirebbe assai lunga la loro enumerazione completa. Per l’estero 
oltre i sopra segnalati ricordiamo la Monatschrift fiir Ohrenheilkunde, fondata da Voltolini e da 
Weber-Liel ed ora continuata da Gruber Rudinger e Schròtter; la Revue de Rhinologie, Otologie 
et Larijngologie di Natier, gli Arcliives internationales de Larijngologie et Rhinologie di Ruault e 
Lue, gli Arcliives internationales de Rhinologie, Larijngologie, Otologie di Botey, ecc. Anche in Italia 
il numero dei periodici che concernono l’otologia e le specialità affini è venuto aumentando 
notevolmente in questi ultimi anni; ricorderemo tra altri \\ Bollettino delle malattie dell'orecchio, 
della gola e del naso di Grazzi, gli Archivi italiani di Laringologia di Massei, la Rassegna critica 
internazionale delle malattie del naso, gola e orecchio di Masugci e finalmente VArchivio italiano 
di Otologia , Rinologia e Laringologia di De Rossi e Gradenigo. Questo ultimo periodico iniziò la 
sua pubblicazione nel 1893, e si propone di riuscire per l’Italia quello che il classico Archiv fiir 
Ohrenheilkunde è per la Germania (Trad.)]. 


216 


Malattie dell’organo dell’udito 


Baratoux, Trai té théorique et pratique des maladies des oreilles. Parigi 1884. — Politzer, Traité 
des maladies des oreilles, trad. frane, di A. Joly. Parigi 1884. — Gellé, Précis des maladies des 
oreilles. Parigi 1885. — Hartmann, Les maladies de l’oreille,trad. frane, di Potiquet. Parigi 1890 (a). 

Nello studio delle malattie dell’orecchio noi seguiremo l’ordine anatomico ge¬ 
neralmente adottato dagli autori che hanno scritto sull’argomento, cioè descriveremo 
successivamente: le malattie dell’orecchio esterno (padiglione, condotto uditivo, 
membrana del timpano); quelle dell’orecchio medio (cassa del timpano, tromba 
d’Eustachio, apofisi mastoidea); quelle dell’orecchio interno. 

Ma, avanti di cominciare questo studio, è indispensabile di descrivere una volta 
per tutte, i diversi metodi d’esplorazione che il chirurgo deve mettere in uso per 
stabilire la diagnosi delle malattie dell’orecchio. 

ESPLORAZIONE DELL’ORECCHIO — OTOSCOPIA 

L’esame completo dell’apparecchio uditivo comprende: I. L’esplorazione del 
condotto uditivo esterno e della membrana del timpano; II. L’esplorazione del¬ 
l’orecchio medio e della tromba d’Eustachio; ILI. L’esplorazione dello stato della 
funzione uditiva. 

I. Esplorazione del condotto uditivo esterno e della membrana del timpano. — 
In questa esplorazione, il chirurgo deve proporsi, in primo luogo, di raddrizzare 
e di dilatare il condotto ; in secondo luogo, di concentrare nella sua cavità la più 
grande quantità di luce possibile. 

Ognuno sa che si perviene a raddrizzare presso a poco completamente la cur¬ 
vatura del canale, stirando fortemente il padiglione dell’orecchio in alto e all’indietro, 
e che si dilata nel medesimo tempo il meato, respingendo il trago in avanti. 

(a) [Oltre ai Trattati sopra segnalati vanno ricordati i seguenti pubblicati più recentemente: 
Bing, Vorlesungen iiber Ohrenheilkunde, Vienna 1890. — Kirchner, Ilandbuch der Ohrenheilkunde, 
Berlino 1890. — Roiirer, Lehrbuch der Ohrenheilkunde, Lipsia e Vienna 1891. — Politzer, 
Zergliederung des menschlichen Gehòrsorgan, Stoccarda 1889 (contiene una dettagliata descri¬ 
zione della tecnica per l’esame macro- e microscopico dell’organo dell’udito). — Steinbrùgge, Die 
pathologische Anatomie des Gehòrsorganes (fa parte del Trattato di anatomia patologica di Orth, 
Berlino 1891). — Gomperz, Fathologische Ilistologie des Gehororganes (fa parte del Trattato di 
Weichselbaum, sulPistologia patologica, Lipsia e Vienna 1892). — Jacobson, Lehrbuch der Ohren¬ 
heilkunde, Lipsia 1893. — Hermet, Legons sur les maladies de l’oreille, Parigi 1892. — Miot 
et Baratoux, Traité théorique et pratique des maladies de l’oreille et du nez, Parigi 1884 a 1894. 
— Haug, Die Krankheiten des Ohres, Vienna e Lipsia 1893. — Va fatta speciale menzione del 
grande Handbuch der Ohrenheilkunde pubblicato recentemente (Lipsia, Vogel, 2 volumi) da 
Schwartze, colla collaborazione di 24 professori, il quale è l’espressione più grandiosa di quanto 
si è conquistato dall’otologia negli ultimi trent’anni, e nel quale così lo studioso come il pratico 
potranno trovare in qualunque evenienza valido aiuto ed autorevole consiglio. Per l’Italia vanno 
citati oltre al ricordato Manuale di De Rossi, del quale si pubblicò una edizione ampliata 
nel 1878, il Manuale di Grazzi (Firenze 1886), ed il recente Manuale di Ferreri (Francesco 
Vallardi, 1894), nel quale è fatta larga parte alla letteratura italiana anche più moderna e che 
rispecchia fedelmente la scuola clinica di Roma. Poiché l’otologia è strettamente legata alla 
rino- e faringologia, non sani inutile l’indicazione di qualche recente trattato sulle malattie delle 
prime vie aeree: Schech, Die Krankheiten der Mundhòhle, des Rachens, und der Nase, Lipsia e 
Vienna 1890. — Zarniko, Die Krankheiten der Nase, Berlino 1894. — Sciimidt, Die Krankheiten 
der oberen Luftwege, Berlino 1894 (Trad.)]. 



Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


217 


Quando il condotto uditivo è naturalmente largo e non presenta che una in¬ 
flessione leggera, è possibile, esaminandolo nel modo detto più sopra e ad una 
viva luce, di vederlo in totalità ed altresì di scorgere una grande parte della 
membrana del timpano. Ma spesso, per la ristrettezza del canale e la sua cur¬ 
vatura accentuata, la vista non può penetrare abbastanza profondamente, ed è 

necessario ricorrere ad un istrumento speciale. 

Da Fabrizio Ildano in poi si adopera a tale scopo uno speculo, conosciuto 
sotto il nome di speculum auris. Senza parlare delle diverse modificazioni che gli 
si sono fatte subire, dirò soltanto che al giorno d’oggi se ne adoperano due specie, 

10 speculo bivalve e lo speculo a tubo pieno. Si è molto discussa, specialmente in 
questi ultimi tempi, la questione dei vantaggi e degli inconvenienti di ciascuno di 
questi istrumenti. Credo inutile di far note qui queste discussioni, perchè la que¬ 
stione è per me già giudicata, e la superiorità dello speculo pieno 
mi sembra incontrastabile. La forma del tubo non è tuttavia indif¬ 
ferente. Perciò lo speculo di Toynbee è quello che mi pare riunisca 
i maggiori vantaggi. Questo istrumento (fìg. 233) consiste in un 
tubo d’argento pulito, a pareti sottili, duna lunghezza di 4 cent., 
evasato largamente alla sua estremità esterna, e la cui estremità 
interna presenta una sezione ovale, in modo da potersi accomodare 
alla forma del condotto uditivo. È necessario avere a propria dispo¬ 
sizione tre o quattro speculi di diametro differente, che si prestino 
in tutti i casi che possono presentarsi. Per introdurre lo speculo, il 
chirurgo seduto vicino aH’ammalato stira con una mano in alto ed 
in dietro il padiglione dell’orecchio, mentre coll altra mano introduce speculo di Toynbee, 
nel meato la piccola estremità dello speculo, avendo cura che il 

maggior diametro di questo sia posto verticalmente. Lo speculo viene allora spinto 
delicatamente, poi di mano in mano che esso penetra, viene inclinato leggeimente 
all’indietro, nel medesimo tempo che, con un quarto di rotazione, il grande asse 
dello strumento diviene orizzontale, da verticale che era prima. Si sa infatti, che 

11 condotto uditivo presenta la sezione d’un’elisse, il di cui maggior diametro è 
verticale nella porzione cartilaginea ed orizzontale nella porzione ossea (a). 



(a) [Oggi si impiegano esclusivamente speculi pieni , di varia forma. Contrariamente all opi¬ 
nione dell’Autore i modelli più usitati sono quelli di Tròltsch di forma 
cilindrica, con estremità esterna leggermente allargata ad imbuto. La sezione 
ovale del lume è più di disturbo, che di utilità nel maneggio del piccolo 
strumento, così pure l’allargamento ad imbuto della estremità esterna non 
conferisce affatto alle qualità ottiche dello strumento, anzi, se lo speculo è 
costrutto di metallo lucente, i riflessi luminosi ai quali detto orlo dà luogo 
disturbano la vista delle parti profonde. Politzer, il cui modello di speculo 
(fig. 233 a) si avvicina molto a quello di Tròltsch, ne ha fatti costruire in 
caoutchouc indurito ; questi hanno il vantaggio di non causare al paziente 
nell’applicazione quel senso disaggradevole di freddo che provocano gli speculi 
metallici e di non alterarsi quando si impiegano soluzioni caustiche per 
cauterizzazione dell’orecchio ; hanno però lo svantaggio di non poter venir 
sterilizzati coll’acqua bollente e di esser fragili. Per questi motivi gli speculi 
metallici devono avere la preferenza. Oltre agli speculi di Tròltsch vanno ricordati per il loro 



Fig. 233 a. 
Speculo di Politzer. 




218 


Malattie dell’organo dell’udito 


Niente di più facile che l’applicazione dello speculum auris, la quale, fatta con 
cura, non deve determinare il più piccolo dolore. Io raccomanderei solamente al 
chirurgo una attenzione particolare nell’esame del condotto uditivo nei bambini. 
L’assenza della porzione ossea del condotto, od almeno il suo piccolo sviluppo, 
esporrebbe a ferire la membrana del timpano con l’estremità dello speculo, se 
questo fosse introdotto senza circospezione. 

Diversi mezzi possono essere impiegati per rischiarare le parti profonde del 
condotto uditivo esterno. Taluni pratici si accontentano della luce del sole; altri 
si servono della luce artificiale; certuni fanno cadere direttamente i raggi luminosi 
nel condotto uditivo, mentre altri fanno uso di specchi riflettori; infine si sono 
immaginati, per rischiarare il fondo del condotto uditivo, alcuni apparecchi più 
o meno complicati, che sono stati chiamati otoscopi; questi sono gli strumenti 
di Bonnafont, di Voltolini, di Garrigou-Desarènes, di Brunton, ecc. Questi diversi 
istrumenti, che qui non posso descrivere, hanno il grave inconveniente di essere 
per lo più complicati e d’un prezzo abbastanza elevato; essi non mi sembrano 
d’altronde presentare vantaggi molto rilevanti, nè una grande superiorità su altri 
procedimenti molto più semplici. 

La luce del sole è sicuramente il miglior modo d’illuminazione ; disgraziatamente 
è impossibile contarvi sempre. In mancanza di raggi solari, si può accontentarsi 
di esporre il soggetto alla luce viva del giorno; ma questo mezzo è sovente 
insufficiente. Così bisogna abituarsi a praticare l’esame del condotto uditivo e della 
membrana del timpano alla luce artificiale, come quella d’una buona lampada 
a moderatore (a). 

frequente impiego quelli di Wilde (fig. 233 b) di forma conica e quelli di Lucae (fig. 233 c), 
questi ultimi tagliati obliquamente in corrispondenza alla piccola estremità (Trad.)]. 

(a) [La luce più appropriata per l’esame della membrana timpanica è la luce naturale dif¬ 
fusa del cielo, meglio quando venga riflessa da nuvole bianche, perchè essa non altera il colore 


Fig. 233 b. — Speculo di Wilde. Fig. 233 c. — Speculo di Lucae. 

delle singole parti in esame. La luce solare può venire usata in casi speciali, quando si abbia 
bisogno di un’illuminazione assai intensa, purché si abbia cura di adoperare per riflettore uno 
specchio piano, anziché l’ordinario specchio concavo. Quella che si avvicina di più, per la con¬ 
servazione dei colori, alla luce naturale è la elettrica, raccomandata specialmente da Zaufal 
(Arch. f. Ohr., XVI, pag. 188, 1886) e da Hedinger (Deut. med. Woch ., 1879, n. 7). In questi 
ultimi tempi ha trovato molta diffusione tra gli specialisti la luce a gas colla reticella incan¬ 
descente di Auer, la quale dà una luce abbastanza bianca, relativamente poco calore, ed è 
attualmente molto usata nelle abitazioni anche in Italia (Trad.)]. 





















Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


219 


D’altronde che si ricorra alla luce diffusa del giorno od alla luce artificiale, io 
consiglio piuttosto che far cadere direttamente i raggi luminosi nella cavità dello 
speculo, di concentrare questi raggi col mezzo d’uno specchio riflettore leggermente 
concavo, di 12 o 15 centimetri di fuoco, perforato al centro, e suscettibile di esser 
montato sopra un manico a mano o di venir fissato sopra una armatura che si 
applica all’angolo d’una tavola. Ma si ha vantaggio servendosi dello specchio ad 
occhiale che ho suggerito per la rinoscopia; perchè con un po’ d’abitudine si 



Fig. 235. — Esplorazione dell’orecchio colla luce riflessa. 


perviene agevolmente a dirigere la luce, seguendo gli spostamenti della testa del 
malato, ed inoltre si conserva il libero uso delle due mani. La figura 235 mostra 
la posizione rispettiva del paziente e del chirurgo nel metodo d’esplorazione che 

io consiglio (a). 

Aggiungerò infine che, con questo procedimento è facile unire ad un’illuminazione 
perfetta il benefìcio d’un ingrandimento delle parti, interponendo una piccola lente 
di 4 o 5 centimetri di fuoco, a livello dell’apertura esterna dello speculo. 

È inutile insistere lungamente nell’esplorazione del condotto uditivo propriamente 
detto. Allo stato normale, le sue pareti sono formate d’un rivestimento cutaneo, 
di colore biancastro, e leggermente roseo verso le parti profonde. Spesso esse 
sono spalmate d’uno strato di cerume, di colore e di consistenza variabili, ma la 


(a) [Per la fissazione dello specchio riflettore al capo del chirurgo furono proposti parecchi 
metodi, tra i quali il più diffuso, perchè più comodo in pratica, è quello della benda frontale. 
L’armatura ad occhiale ha l’inconveniente di esercitare una compressione assai disaggradevole 
sul dorso del naso. Recentemente, per portare il riflettore fu proposto un anello chiuso di gomma 
indurita, da collocarsi orizzontalmente sul capo e l’impiego dell’alluminio per montare lo specchio. 
L’intero apparecchio pesa solo 125 grammi (Bergeat, Archiv fur Laryngologie und Rhinologie , 
I voi., fascicolo III, pag. 388, 1894). Apparecchi d’ingrandimento per l’immagine timpanica 
furono proposti tra gli altri da Trautmann, Voltolini, Auerbach, Weber-Liel, Czapski; appa¬ 
recchi per l’ispezione binoculare da De Rossi, Eysell, Berthold e Clar, in generale però sono 

poco pratici (Trad.)]. 


220 


Malattie dell’organo dell’udito 


cui abbondanza disturba qualche volta l’esame. Così è regola, anche in assenza 

di qualunque secrezione anormale, di fare, precedentemente all’introduzione dello 
speculo, una grande iniezione con dell’acqua tepida (a). 

Quando lo speculo è arrivato in prossimità al fondo del- condotto, apparisce 

la membrana del timpano. Qualche volta, specialmente quando il canale è molto 

ristretto e precedentemente curvato, non si può scoprire che la parte anteriore 

della membrana; ma, di solito, è facile esplorarne la totalità, sia ch’essa si presenti 

direttamente all estremità dello speculo o che sia necessario inclinare leggermente 
lo strumento in differenti direzioni. 

L esame della membrana del timpano offre una grande importanza, perchè 
permette di riconoscere non solamente le lesioni proprie a questa membrana ma 
ancora un certo numero d’alterazioni che risiedono nell’interno della cassa. Ora, 

come per giudicare dello stato patologico d’un organo, è 
indispensabile conoscerne esattamente lo stato normale, credo 
utile descrivere con dettaglio l’aspetto sotto il quale apparisce 
la membrana del timpano in un individuo sano (fig. 236). 

La membrana del timpano ha la forma d’un piccolo 
diaframma, otturante esattamente il fondo del condotto 
uditivo esterno, obliquamente diretto dall’alto al basso e 
dal di fuori all’indentro. Causa questa obliquità, essa forma 
colla parete inferiore del condotto un angolo acuto, con la 
parete superiore un angolo ottuso, abbastanza variabile, ma che misura in media 
140 gradi. Oltre queste obliquità, la membrana timpanica presenta una curvatura 
piu o meno manifesta ; essa è concava verso l’esterno e convessa verso la cassa. 

grado di curvatura è indicato dalla direzione del manico del martello. Questo 

(1 e 2) apparisce sotto la forma d’una linea bianco-giallastra, stesa dal polo 

superiore fino al di là del centro del timpano, e divide questa membrana in due 

meta, 1 una anteriore, l’altra posteriore, delle quali la seconda è un po’ più grande 

della prima. All’origine superiore del manico del martello, si scorge una piccola 

prominenza (3) che è rivolta verso il condotto uditivo e che è formata dall’apofisi 

esterna del martello. Il punto più concavo della membrana del timpano corrisponde 

all estremità del manico del martello, generalmente un po’ allargata, ed ha ricevuto 

. nome ombilico del timpano (umbo). In grazia della curvatura della membrana 

timpanica, il manico del martello è, in condizioni normali, diretto verso l’interno 

della cassa, e si comprende che tutte le volte che la membrana del timpano 

diverrà piu convessa in dentro, il manico del martello s’inclinerà ancor più nello 

stesso senso, e apparirà raccorciato, mentre l’apofisi esterna di quest’osso formerà 

una prominenza più accentuata; si produrrà l’inverso quando la convessità della 
membrana diminuirà. 

La membrana del timpano presenta un colore argenteo, chiaro brillante, analogo 
a quello d ella perla; essa è pellucida, ma non trasparente. Così si può sovente 

{a) [Le iniezioni di acqua nel condotto uditivo esterno non si devono fare se non per necessità, 
con dolcezza e con cautele asettiche: devesi sempre tener presente che per l’azione meccanica 
e lavacro la membrana timpanica si inietta e perde facilmente della sua lucentezza. Spesso l’uso 
prudente di pinzette e portacotone può dispensarci dal praticare iniezioni di pulizia (Tiiad.)]. 



Fig. 236. — Membrana del 
timpano normale (orecchio 
destro). 


Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


221 


distinguere al suo riflesso giallastro la parete interna della cassa, e più sovente 
ancora l’apofisi verticale dell’incudine (4) che apparisce al di dietro del manico 
del martello, come una linea opaca parallela a questo. 

Questa traslucidità della membrana spiega come le alterazioni diverse della 
cassa possano modificare la colorazione normale della membrana, indipendentemente 
dalle modificazioni di colore che risultano da alterazioni diverse del suo tessuto 


proprio. 

Quando si esamina il timpano ad una viva luce, si scorge alla sua parte 
anteriore ed inferiore una macchia brillante, conosciuta sotto il nome di triangolo 
luminoso (5). Questo riflesso luminoso presenta, difatti, la forma di un triangolo 
equilatero, la di cui base di */ 3 millimetro corrisponde al margine timpanico, e 
l’apice all’umbo, un po’ in avanti ed al disotto dell'estremità del manico del 
martello. Importa conoscere esattamente i caratteri di questo triangolo luminoso, 
perchè i cambiamenti nel suo splendore, nella sua forma, nelle sue dimensioni o 
nella sua situazione, indicano delle condizioni patologiche della membrana medesima 
o della cassa. 

Infine, un ultimo punto ad esaminare nell’esplorazione della membrana del 
timpano è il grado d’elasticità e di mobilità di cui essa è fornita. Il cateterismo 
del timpano, coll’aiuto di uno stiletto, lodato da alcuni autori, non può fornire a 
questo riguardo alcun indizio, e deve essere assolutamente proscritto come inutile 
e soventi anche pericoloso. Noi vedremo ben presto con quali metodi indiretti 
si può assicurarsi della mobilità della membrana timpanica; dobbiamo solamente 
segnalare qui un mezzo che può rendere buoni servigi per riconoscere il grado 
di mobilità della membrana timpanica. Siegle (di Stoccarda) (1) ha consigliato 
l’impiego del piccolo apparecchio seguente, ch’egli designa col nome di speculo 
pneumatico. Questo è uno speculo tubulare la di cui superficie esterna è rivestita 
di caoutchouc vulcanisato, e la cui estremità evasata è tagliata obliquamente 
e chiusa ermeticamente da una lastra di vetro. Dall’uno dei lati del tubo si 
distacca ad angolo retto una piccola appendice sulla quale può fissarsi un tubo 
in caoutchouc. Mentre si rischiara e si esamina nel solito modo la membrana 
del timpano, se si esercita un’aspirazione col mezzo dell’estremità libera del tubo 
in caoutchouc tenuta nella bocca, diminuendo la pressione nel condotto uditivo, 
la membrana del timpano diventa convessa all’esterno, gli ossicini girano su loro 
stessi e il riflesso luminoso s’allarga. Quando si cessi l’aspirazione le parti ritor¬ 
nano nel loro stato normale. Al contrario, se si soffia nel tubo, la pressione nel 
condotto aumenta e la membrana si deprime in dentro (a). 

II. Esplorazione dell’orecchio medio e della tromba d’Eustachio. — Si è visto 
che l’esame diretto della membrana del timpano permette di riconoscere un certo 
numero di lesioni della cassa. Grazie alla traslucidità di questa membrana, la sua 
colorazione resta modificata da quella delle parti profonde. Così, quando la mucosa 
della cassa è iniettata fortemente, il timpano presenta una tinta rosso-pallida; e 


(1) Der pneumatiche Ohrtrichter; Deutsche KliniJc, 1864, n. 37. 

(a) [L’aspirazione e la compressione dell’aria nel condotto uditivo esterno per mezzo dello 
speculo di Siegle si sogliono adesso eseguire mediante una pera di gomma (Tkad.)]. 


222 


Malattie dell’organo dell’udito 

diviene giallastro, grigiastro, quando esso ricopre una collezione muco-purulenta 

od un essudato in via di disorganizzazione. La direzione del manico del martello, 

la forma, le dimensioni del triangolo luminoso, resistenza di punti luminosi anormali’ 

forniscono degli indizi utili sulle alterazioni della cassa ed indicano sovente, conm 

vedremo piu innanzi, la presenza di depositi, di essudati, di briglie alla faccia 
interna del timpano. 

Si capisce infine, che, nel caso in cui la membrana timpanica sia perforata 
largamente, si può esplorare direttamente l’interno della cassa con l’aiuto dello 
speculo e vedere direttamente la maggior parte della sua parete interna. 

Dopo aver raccolti sullo stato della cassa gli indizi che può fornire l’esame 
diretto della membrana del timpano, restano ancora da impiegarsi diversi mezzi 
che si riferiscono più particolarmente alla tromba d’Eustachio. 

Di questi ultimi, basta ricordare la rinoscopici posteriore, di cui si parlò suffi¬ 
cientemente, trattando le malattie delle fosse nasali. Questo metodo d’esplorazione 
può rendere dei grandi servigi per la diagnosi delle malattie dell’orecchio, indicando 
lo stato dell’apertura faringea delle trombe e delle parti confinanti. Può ancora 

servire a facilitare 1 impiego di altri processi esplorativi, ed in particolare, del 
cateterismo della tromba. 

Un punto dei più essenziali nell’esame dell’apparecchio uditivo è di determinare 

se k tromba è permeabile all’aria, ciò che costituisce, come si sa, lo stato normale 

e fisiologico. Due serie di mezzi devono esser messi in opera per arrivare a questo 

fine ; i priori hanno per effetto di provocare l’entrata o l’uscita dell’aria attraverso 

la tromba d’Eustachio; i secondi permettono di riconoscere che l’aria circola in 

realtà nell orecchio medio. Esaminiamo queste due serie di mezzi che si completano 
a vicenda. 

A. Mezzi atti a provocare la circolazione delVaria nell’orecchio medio. — Si 
può provocare la circolazione dell’aria nella tromba coll’aiuto di diversi procedimenti 
che comprendono: a) il metodo di Toynbee; b) il metodo di Vaisalva; c) il metodo 
di Politzer; d) il cateterismo della tromba d’Eustachio. 

a) Il metodo di Toynbee è il solo che determina il passaggio dell’aria attraverso 
la tromba dall interno all’esterno. Consiste nel fare eseguire al malato un movimento 
di deglutizione, colla bocca ed il naso chiusi ermeticamente. In queste condizioni, 
difatti, al momento in cui s’opera la deglutizione, si produce una tendenza al vuoto 
nella cavità naso-faringea, nel medesimo tempo che l’orificio faringeo delle trombe 
si allarga sotto l’influenza dei muscoli elevatori del velo palatino ; l’aria contenuta 
nella cassa fugge allora per il condotto tubario. Questo metodo che Toynbee a 
torto ha voluto sostituire a tutti gli altri è tutt’altro che esatto. Tuttavia, essendo 
d una esecuzione facilissima, non v’è alcun inconveniente nell’impiegarlo, a condizione 
però che i risultati che fornisce sieno controllati. 

b) Il processo di Vaisalva, come quelli che ci restano a descrivere, ha per 
iscopo di determinare il passaggio dell’aria attraverso la tromba, dall’esterno 
all intei no. Ecco come lo si pratica: dopo una profonda inspirazione, il soggetto 
chiude ermeticamente la bocca e le narici e fa un movimento espiratorio forzato. 
L’aria compressa nella cavità naso-faringea penetra nella tromba d’Eustachio, e 
se questa è libera, nella cavità timpanica. 



Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


Questo metodo, già superiore al precedente, è tuttavia ancora molto imperfetto. 
È sovente impraticabile coi bambini e cogli ammalati poco intelligenti, che non 
possono arrivare ad eseguirlo convenientemente; non è esatto in questo senso 
che, anche in certi casi in cui la tromba è perfettamente libera, l’aria non penetra 
nella cassa del timpano; infine, il processo di Valsalva determina sempre una 
congestione del capo, che in certi individui non è libera da inconvenienti. 

c) Il metodo di Politzer presenta sui precedenti una superiorità incontestabile. 
S’eseguisce nella maniera seguente: S’introduce un tubo in una delle narici, ad 
una profondità di 2 o 3 centimetri, poi, colle narici chiuse ermeticamente, si soffia 
dell’aria nel tubo al momento preciso in cui l’ammalato compie un movimento di 
deglutizione. In queste condizioni difatti, la cavità naso-faringea si trova esatta¬ 
mente chiusa in avanti dalla chiusura delle narici, in dietro dall’elevazione del velo 
palatino, che si produce nell’atto della deglutizione. L’aria soffiata si trova dunque 
compressa in una cavità chiusa e tende a penetrare nella tromba d’Eustachio, i 
cui orifici sono inoltre dilatati al momento della deglutizione. 

Ritorniamo ora su alcuni dettagli d’esecuzione del metodo di 
Politzer. Si ha vantaggio usando d’un tubo che riempia esatta¬ 
mente la narice, in modo che la più leggera pressione basti ad 
otturarla, e che l’aria non possa fuggirsene. Io impiego a questo 
scopo un piccolo tubo. (fìg. 237) in caoutchouc, in corno, od in 
metallo, la cui estremità evasata ha esattamente la forma della 
narice. È utile averne a propria disposizione di diverse grandezze. 

Questi stessi tubi possono egualmente servire per fare delle irri¬ 
gazioni nasali. 

Riguardo al modo d’insufflazione, si può servirsi d’un pallone Fl fnsufflarionS b L- 
in caoutchouc, analogo a quello che s’impiega per dare la doccia sale ' 
d’aria col mezzo della sonda, e che noi descriveremo un po’ più avanti; ma si 
ottiene un effetto molto più sicuro e più energico con la pompa a compressione 
(V. fig. 241) che permette di mandare una doccia d’aria d’una gran forza (a). 

Quando si abbia a fare con un malato intelligente, basta raccomandargli di 
ingoiare la saliva al momento esatto in cui glielo si comanda; ma affinchè il 
movimento di deglutizione si compia bene, è preferibile di far prendere al malato 
una sorsata d’acqua ch’egli terrà nella bocca e non la ingoierà che all’ordine del 
chirurgo. È in questo momento che si manda la doccia d’aria, e con un po’ 
d’abitudine, si perviene facilmente a far coincidere i due tempi dell’operazione. 

Io ho insistito apposta sull’esecuzione del metodo di Politzer, perchè rende 
ogni giorno dei grandi servigi, sia nella diagnosi, sia nella terapia delle malattie 
dell’orecchio. Per altro gli si rimprovera, con ragione, di non poter essere applicato 
isolatamente ad un solo orecchio, ciò che, in certi casi, può offrir degli inconve¬ 
nienti più o meno gravi. D’altronde, bisogna ben riconoscerlo, il processo di Politzer 
resta di molto inferiore al cateterismo della tromba d’Eustachio, sia come mezzo 
di diagnosi, sia come mezzo terapeutico. 



(a) [La forma dell’estremità nasale del tubo impiegato per il processo di Politzer varia molto 
a seconda degli autori. Per parte mia trovo raccomandabile quella stessa proposta da Politzer, 




m 


Malattie dell’organo dell’udito 


d) Il 



Fig. 238. 
Sonda d'Itard. 


cateterismo della tromba d’Eustachio costituisce di certo il processo più 
perfetto d’esplorazione dell’orecchio medio. La prima idea ne risale 
a Guyot, maestro di posta a Versailles, che essendo colpito da sordità, 
e avendo studiato la struttura dell’orecchio, riuscì a farsi delle iniezioni 
nella tromba d’Eustachio e ricuperò l’udito. 

Il metodo impiegato da Guyot, e comunicato nel 1724 all’Acca¬ 
demia delle Scienze, consisteva nell’introdurre una sonda curvata a 
gomito dietro il velo palatino, passando attraverso la bocca. Questa ope¬ 
razione ottenne in Francia una accoglienza poco favorevole. Alcuni anni 
più tardi però tale processo operativo ricevette una importante modi¬ 
ficazione, e Gleland propose d’introdurre la sonda passando attraverso 
le narici. Da quest’epoca, e grazie soprattutto ai lavori di Itard e di 
Deleau, il cateterismo per la via nasale fu solo adottato. 

Per praticare questa operazione si adopera di solito una sonda in 
argento (fig. 238), d’una lunghezza presso a poco di 16 centimetri, il 
cui becco ricurvo presenta un piccolo rigonfiamento smusso, e la cui 
estremità opposta, leggermente evasata, è munita d’un anello destinato 
ad indicare la situazione del becco dello strumento. È utile avere a 
propria disposizione parecchie sonde di curvatura e di diametro varia¬ 
bili. Quella che conviene nella maggiore parte dei casi presenta un 
diametro da 2 millimetri '/, a 3 millimetri. Generalmente si ha van¬ 
taggio nel servirsi d’una sonda a diametro largo ed a curvatura prò- 
nunciata. 

Si sono impiegate anche delle sonde flessibili in gomma, che s’intro¬ 
ducono munite d’uno specillo all’interno che le sostenga ; ma, sebbene 
alcuni specialisti ne abbiano raccomandato l’uso, io le considero come 


di molto inferiori alle sonde metalliche. Infine, in questi ultimi anni si sono 


che consiste in un corto catetere di gomma indurita o di metallo (quest’ultimo facilmente ste- 



Fig. 237 a. — Metodo di Politzer. 

rilizzabile coll’ebollizione) riunito alla cannula della pera ad aria per mezzo di un corto tubo 
di gomma elastica (vedasi fig. 237 a). La pompa a compressione raffigurata dall’A. non viene 


Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 

costruite delle sonde in caoutchouc indurite, che, ad una elasticità abbastanza 
grande aggiungono per altro una resistenza sufficiente per poter essere introdotte 
senza lo specillo che le sostenga. La loro fragilità è l’inconveniente più serio che 

esse presentino (a). 

Molti processi diversi sono stati preconizzati per il cateterismo della tromba 
d’Eustachio. Questo non è luogo di enumerarli tutti e ancor meno di ricercare 
a quale autore debba esserne attribuita l’invenzione, perchè ogni specialista 
delle malattie dell’orecchio potrebbe rivendicare un metodo particolare. Io mi 
limiterò ad indicare il seguente, che mi pare il più sicuro ed il più pratico e 
che è, per così dire, una combina¬ 
zione dei processi di Triquet e di 
Kramer (fig. 239). 

Il malato è seduto, colla testa 
appoggiata sulla spalliera d’una seg¬ 
giola o sostenuta da un .aiuto, ed il 
chirurgo introduce nella narice il 
becco della sonda, tenendo la con¬ 
cavità della curvatura diretta in 
basso A. Nel medesimo tempo che 
egli spinge delicatamente la sonda 

dall’avanti all’indietro, egli eleva gra¬ 
datamente la mano, in modo da dare all’istrumento una direzione orizzontale A f , 
e, con un movimento delle dita, gli fa eseguire un quarto di rotazione che porta il 
suo becco all’infuori. In seguito a questa triplice manovra, la sonda ha attraversata 
la cavità delle narici ed è penetrata nel meato inferiore delle fosse nasali, ove essa si 



Fig. 239. — Cateterismo della tromba d’Eustachio. 


oggi generalmente più usata; in effetto la forza che si ottiene col pallone è più che sufficiente 
allo scopo, e perciò sono giustificate le parole di Bùrkner (Grande Manuale di Schwartze, I voi., 
1892, pag. 035), che se qualche medico adopera ancora tale pompa per il metodo di Politzer 
lo fa soprattutto per imporsi ai profani con un apparecchio complicato (Trad.)]. 

(a) (La sonda conica di Itard raffigurata dall’A. venne generalmente sostituita oggi con 
cateteri cilindrici e più corti. Anche questi sono costruiti in argento o in gomma indurita; questi 
ultimi, piuttostochè per la loro fragilità, non dovendo lo strumento essere impiegato mai con 
forza sono inferiori a quelli metallici per la difficoltà d’una sicura disinfezione. L’anello indice 



Fig. 238 a. — Catetere per la tromba d'Eustachio 


è collocato, non come nella figura 238 dal lato della convessità della curva, ma dal lato della 
concavità (fig. 238 a). Corradi ha proposto (Biv. Veti, di Scienze mediche , 1887) anche cateteri 

coll’estremità ad angolo di CO gradi, invece che curvati. 

Senza negare che per l’esecuzione del cateterismo possa tornare opportuno che il paziente 
sieda su una seggiola ad alta spalliera o che abbia la testa mantenuta da un assistente, va 
notato che nella pratica quanto minori preparativi si fanno per il piccolo atto operativo tanto 
più tranquillo resta il paziente (Trad.)]. 










226 


Malattie dell’organo dell’udito 


pone m modo che il becco corrisponde al disotto del cornetto inferiore. E quello 
difatti un punto di reperto importante, perchè basta far scivolare dolcemente la 
sonda nella scannellatura formata dal cornetto inferiore, fino a che la sensazione 

una resistenza vinta indica che il becco della sonda ha oltrepassato l’estremità 
posteriore del cornetto e si è impigliato nel padiglione della tromba B, che trovasi 
come si sa, alcuni millimetri dietro l’estremità del cornetto inferiore. Al momento in 
cui il becco della sonda penetra nella tromba, si deve avvicinare al setto l’estremità 
esterna dello strumento, ciò che fa penetrare di più l’altra estremità nel padi¬ 
glione allargato della tromba. In questo momento la direzione dell’ istrumento è 
tale che l’anello che si trova all’estremità esterna guarda l’orecchio della parte 
opposta. [V. Appendice al presente Capitolo , nota l a ]. 

Avverrà sovente a quelli che praticano perla prima volta il cateterismo della 
tromba d Eustachio di oltrepassare l’apertura tubaria senza penetrarvi. Il becco 
dello strumento cade allora nella fossetta di Rosenmùller, escavazione abbastanza 
profonda che si trova dietro l’orifìcio della tromba. Si può tanto meglio supporre 
d essere penetrato in questa, perchè la sonda mostra presso a poco esattamente 
la stessa direzione che quando è ben messa. Noi vedremo ben presto con quali 
mezzi si può accertare che la sonda è introdotta nella tromba. Ma, oltre a questi 
mezzi, c’è un piccolo artifìcio che permette di riconoscere nei casi di dubbio, se 
il becco della sonda è nella tromba o nella fossa di Rosenmùller. Rasta liberare 
1 estremità dello strumento con un movimento d’un quarto di circolo che porta 
la sua concavità in basso, e poi spingerlo leggermente all’indietro. Se esso era 
realmente nella tromba, percorre un tragitto da 8 a 15 millimetri prima di incon¬ 
trare la parete posteriore della faringe (atlante e colonna vertebrale); se esso 
occupava la fossetta di Rosenmùller, non può esser spinto più profondamente ed 
urta immediatamente la parete. Ecco una indicazione che mi sembra utilissima, 
anche per i chirurghi che hanno l’abitudine del cateterismo, e che può servire di 
secondo punto di reperto quando il primo ha fallito. Quando, dunque, il becco 
della sonda ha incontrata la parete posteriore della faringe, si tira a sè l’istrumento 
pei una estensione da 10 a 15 millimetri, poi elevando leggermente la sua estremità 
esterna, gli si imprime colle dita un movimento di rotazione dall’indentro alfinfuori, 
che poita il suo becco in alto ed in fuori e lo fa penetrare nell’orificio tubario. 

Il cateterismo della tromba d Eustachio può incontrare diversi ostacoli o 
generare alcuni accidenti che bisogna conoscere. 

Gli ostacoli provengono ora dai vizi di conformazione così frequenti delle fosse 
nasali, come: ristrettezza del meato inferiore, deviazione del setto, ecc., ora da 
lesioni patologiche, come ispessimento parziale della pituitaria, polipi, tumori, ecc. 
In questi casi è utile esplorare le fosse nasali collo speculimi nasi ed il rinoscopio, 
pei rendersi conto esattamente della natura e della sede dell’ostacolo. La rino- 
scopia potrebbe offrire in queste condizioni dei grandissimi servigi, permettendo 
di diligere il becco della sonda e di farlo penetrare nell’orifizio tubario. Disgra¬ 
ziatamente è molto diffìcile combinare insieme le due operazioni, causa l’intolle¬ 
ranza degli ammalati (a). 


(a) [Questo non si può ripetere quando si impieghino gli strumenti moderni di rinoscopia(TRAD.)]. 



Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


227 


In generale, con molta delicatezza e pazienza, si perviene a girare l’ostacolo 
ed a far penetrare la sonda. Si capisce, d’altronde, che non vi sieno regole fìsse 
per questi casi anormali di cui può solo trionfare la grande abitudine operativa. 

Tuttavia, si presentano dei casi in cui il passaggio della sonda è compieta- 
mente impossibile. Allora non si ha che la risorsa d’introdurla per l’altra fossa 
nasale, o di ricorrere al metodo di Guyot, cioè farla penetrare per la bocca. Il 
cateterismo della tromba d’Eustachio per la narice opposta è un’operazione abba¬ 
stanza difficile. Si adopera a questo scopo una sonda a becco lungo ed a forte 
curvatura, che si fa scivolare lungo il setto fino al margine posteriore del vomere; 
poi, girando d’un quarto di cerchio il becco della sonda, lo si dirige verso l’ori¬ 
ficio della tromba, dalla parte opposta. È inutile dire che questa manovra sarebbe 
facilitata singolarmente dall’applicazione del rinoscopio, od anche dall’introduzione 
del dito dietro il velo palatino. Se il passaggio del catetere fosse riconosciuto 
impossibile per l’una e l’altra narice, si sarebbe costretti ad introdurre la sonda 
per la bocca, metodo che esige un istrumento speciale, e che del resto è assai 
difettoso (a). 

Il cateterismo della tromba d’Eustachio deve essere appena doloroso; per 
altro, in certi soggetti molto irritabili determina uno spasmo della faringe che 
disturba l’introduzione della sonda nell’orifizio tubario o che la rimuove quando 
è già introdotta. Bisogna allora invitare l’ammalato ad aprire la bocca ed a 
respirare largamente. Se lo spasmo colpisce specialmente il velo palatino e solleva 
il becco della sonda, bisogna, al contrario, fare chiudere la bocca e far respirare per 
il naso. Si potrebbe con vantaggio, in questi casi, prima dell’introduzione della 
sonda, far passare nelle fòsse nasali e sulla faringe un pennello inzuppato in una 
soluzione di cocaina al i / 9a . 

10 non parlerò della lacrimazione, dell’epistassi, che sovente succedono al 
cateterismo anche il più ben fatto e che sono senza importanza. Non è però così 
d’un accidente di cui tutta la responsabilità incombe al chirurgo, e che consiste 
nella trasmissione della sifìlide con un istrumento sporco. È probabile che da che 
si pratica il cateterismo della tromba d’Eustachio, questo accidente sia già avve¬ 
nuto senza essersene accorti. Ma, una ventina d’anni fa, l’attenzione del corpo 
medico è stata attirata frequentemente su questo modo d’inoculazione della sifilide, 
di cui uno specialista sembrava essersi riservato il monopolio. Così noi non 
sapremo mai raccomandare abbastanza di mantenere gli istrumenti che servono 
al cateterismo nella più grande pulizia. 

11 cateterismo della tromba d’Eustachio, come fu descritto più sopra, non 
fornirebbe alcuna indicazione per la diagnosi, se non fosse completato da un ope¬ 
razione ulteriore. Difatti, il becco della sonda non penetra al di là del padiglione 


(a) [Il cateterismo della tromba dalla narice opposta proposto dapprima da Deleau ( Revue 
viéd ., 1837) e più tardi raccomandato dal nostro Cerruti (Gaz. med. Ital. degli Stati Sardi , 1858; 
Osservatore , ottobre 1874, Lettera al Dott. Bargellini 1885) quale un procedimento da usarsi 
generalmente per evitare al malato l’incomodo d’uua doppia introduzione del catetere, deve 
riguardarsi come operazione relativamente facile. Su questo argomento sarà sempre letta con 
profitto l’importante Monografia di Cerruti ( Atti della Reale Accademia di Medicina, Torino, 

voi. IV) (Trad.)]. 




m 


Malattie dell’organo dell’udito 


della tromba e s’impegna appena nell’apertura di questo condotto. Bisogna 
adunque servirsi della sonda una volta messa per fare penetrare nella tromba 
degli strumenti più piccoli, oppure per iniettarvi dell’aria. Nessuno mette più in 
dubbio oggigiorno la possibilità d’introdurre una candeletta molto fine attraverso 
la tromba d Eustachio e di farla scivolare fin nella cassa. Si adoperano a questo 
scopo delle piccole corde di budello o delle candelette finissime di gomma o di 
balena, che variano da */ a millimetro ad 1 millimetro e */ 2 di diametro. 

È facile convincersi che in un soggetto sano queste candelette attraversano 
tutta l’estensione della tromba e penetrano nella cassa; il malato prova una 
sensazione particolare e sa distinguere molto bene l’impressione prodotta dalla 
sonda nella gola e nell’ orecchio ; inoltre, l’esame della membrana del timpano 
permette sovente di scorgere l’estremità della candeletta dietro la membrana. 
Infine, ripetendo l’esperienza sul cadavere, si vede che una candeletta filiforme, 
spinta delicatamente attraverso la tromba, penetra nella cassa, passando sotto il 
muscolo tensore del timpano, cammina lungo la faccia interna della membrana 
timpanica, incrocia il manico del martello e il lungo ramo dell’incudine, e penetra, 
nelle cellule mastoidee presso l’articolazione dell’incudine e della staffa. 

L’introduzione delle candelette filiformi nella tromba d’Eustachio permette 
adunque di riconoscere se il condotto è libero o se esiste un qualche ostacolo 
nel suo tragitto. Tuttavia, essendo questo un modo d’esplorazione abbastanza 
delicato, non consiglierei di ricorrervi a prima giunta. D’altronde questo costituisce 
piuttosto un mezzo terapeutico, ed io avrò a riparlarne più tardi, nell’occasione 
delle malattie della tromba. 

Il cateterismo della tromba d’Eustachio rende soprattutto dei grandi servigi 
per la diagnosi, permettendo di far penetrare l’aria nell’orecchio medio in una 
maniera molto più diretta che in alcun altro processo descritto precedentemente 
(metodi di Valsalva e di Politzer). 

Quando la sonda è introdotta e mantenuta applicata al setto con un dito, il 
chirurgo può soffiare dell’aria sia colla propria bocca, sia con un pallone, sia 
colla pompa a compressione. 

L’insufflazione colla bocca è tediosa al chirurgo e può non piacere al malato. 
Non conviene ricorrervi che in mancanza d’altro istrumento, ed è preferibile 
impiegare il pallone o la pompa a compressione. 

Il pallone di cui ci serviamo abitualmente (fig. 240) ha la forma d’una pera di 
caoutchouc, munita d’una armatura di metallo, di corno o d’avorio, che termina 
con un imbuto conico A , destinato ad essere introdotto nella estremità allargata 
della sonda. Alla parte diametralmente opposta si trova un piccolo orifìcio B sul 
quale si applica il pollice, al momento in cui si comprime il pallone nella mano. 
Subito dopo aver fatta la compressione, basta levare il dito perchè l’aria riempia 
di nuovo il pallone. Si può allora inviare una nuova doccia, e così di seguito. 

La pompa a compressione, rappresentata nella figura 241, si compone d’una 
pompa premente A che comprime l’aria in un vasto recipiente B, da cui parte 
un tubo di uscita munito d’un rubinetto C, e terminato da un imbuto conico che 
s’introduce nell’estremità della sonda messa a posto. 

Per facilitare la somministrazione della doccia d’aria, io ho fatto adattare 



Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


sull imbuto terminale un secondo rubinetto che si manovra con un solo dito. Si 
capisce che essendo l’imbuto messo nella sonda, ed essendo il rubinetto C aperto, 


B 



Fig. 240. — Pallone per soffiare. Fig. 241. — Pompa a compressione. 


basta aprire o chiudere alternativamente il rubinetto D per inviare delle piccole 
colonne d’aria (a). 

(a) [La pompa a compressione non è oggi generalmente più usata per l’insufflazione. In 
quella vece si adopera il pallone di gomma, anche senza il 
piccolo orificio B indicato nella figura; le dimensioni del¬ 
l’appendice A sono più piccole di circa 2 / 3 e tali da favorire 
una facile introduzione di questa nell’estremità allargata del 
catetere (fig. 240 a). Lucae (Deutsche Klin., 18G6, n. 8) 
propose un doppio pallone. Schwartze (Arch. f. Olir., XXVI, 
pag. 240, 1888) adopera un apparecchio ad insufflazione che 
si manovra col piede; Lucae più recentemente (Arch. f. Olir., 

XX, pag. 161, 1884) raccomandò un apparecchio per com¬ 
pressione dell’aria, messo in azione da forza idraulica. Mal¬ 
grado però questi strumenti il semplice pallone di gomma 
è quello che nella pratica offre maggiori vantaggi. 

Negli ultimi tempi furono da varii autori proposte delle 
capsule di disiufezione attraverso alle quali passa l’aria 
prima di venir insufflata. Chiunque sa come la quantità dei 
germi patogeni contenuti nell’aria è affatto trascurabile in 
confronto a quella dei germi esistenti nelle cavità rino- 
faringee e tubo-timpaniche, soprattutto se tali cavità offrano 
alterazioni patologiche, può comprendere come il concetto 
pel quale furono proposte tali capsule debba riguardarsi 

come assolutamente erroneo (Trad.)J. Pallone per il cateterismo. 



15. — Tr. di Chir., IV, p. 2“ — Malattie delle regioni. 




















































































































































230 


Malattie dell’organo dell’udito 


Le insufflazioni d’aria nella cassa, coll’aiuto del cateterismo, sono state accusate 
di produrre diversi accidenti. L’enfisema del collo può sopravvenire quando esiste 
qualche soluzione di continuità della mucosa, sia spontanea, sia causata dal becco 
della sonda ; l’aria soffiata penetra allora nel tessuto congiuntivo sottomucoso ed 
invade il collo. Sebbene questo accidente spaventi molto gli ammalati, perchè 
determina della gonfiezza, dei disturbi nella deglutizione e qualche volta anche 
nella respirazione, non presenta per sè stesso alcuna gravità, e non lascia più 
alcuna traccia dopo ventiquattro ore. È inutile dire che bisogna cessare immediata¬ 
mente qualunque insufflazione e ritirare il catetere, appena riconosciuta 1’esistenza 
dell’enfisema. 

Un accidente molto più grave sarebbe la rottura della membrana del timpano, 
determinata da una pressione troppo violenta dall’indentro all’infuori. Questo 
accidente, che si dice sia avvenuto qualche volta, deve essere estremamente 
raro, ed esige in ogni modo, per accadere, una violenza eccessiva da parte del 
chirurgo, ed uno stato patologico precedente della membrana. Intanto bisogna 
tener conto di questa eventualità, e, per evitarla, fare le prime insufflazioni con 
una certa precauzione. Sotto questo riguardo, l’impiego del pallone, che permette 
di graduare la compressione dell’aria, deve essere preferito a quello della pompa 
premente. 

Il cateterismo della tromba d’Eustachio, combinato colle insufflazioni d’aria, 
presenta una doppia utilità, diagnostica e terapeutica. Non devo occuparmi, per 
il momento, che della sua importanza dal punto di vista della diagnosi. A questo 
riguardo, esso è assai superiore agli altri processi che sono stati descritti pre¬ 
cedentemente (processi di Toynbee, di Vaisalva, di Politzer), e costituisce il 
mezzo d’esplorazione della tromba e della cassa più perfetto e più diretto. Per¬ 
mette difatti di riconoscere se la tromba e la cassa sono permeabili all’aria, se 
la membrana del timpano e la catena degli ossicini godono della loro normale 
mobilità, e se la tromba e la cassa contengono prodotti di secrezione, ecc. Ma per 
ottenere questi indizi non basta insufflare dell’aria nella cassa, bisogna ancora 
ricorrere ad altri mezzi complementari, che ci restano a descrivere. 

B. Mezzi atti a riconoscere che Varia circola nell’orecchio medio. — L’aria che 
penetra nell’orecchio medio, o che ne esce per la via della tromba d’Eustachio, 
determina dei cambiamenti di pressione nella cassa, i quali si manifestano con 
movimenti della membrana del timpano e della catena degli ossicini, e possono 
essere avvertiti dal malato o direttamente dal chirurgo. Da ciò risultano due sorta 
di indizi, di cui gli uni sono forniti dai malati e gli altri sono raccolti dal chirurgo 
medesimo. 

Quando la pressione intratimpanica è bruscamente modificata, sia per l’uscita 
(processo di Toynbee), sia per l’entrata (processo di Vaisalva, di Politzer, cateterismo 
seguito da insufflazione) d’una certa quantità d’aria, il soggetto in esperienza prova 
nell’orecchio una sensazione di pienezza, sovente accompagnata da un piccolo 
scricchiolìo particolare. Ma in molti ammalati, e principalmente nei bambini, è 
assolutamente impossibile fidarsi di questo modo d’investigazione, che d’altronde 
indica al più se l’aria penetra o no nell’orecchio medio. Bisogna adunque ricorrere 
ad altri procedimenti più esatti e più perfetti. Questi comprendono: a) Vesplora- 


Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


231 


zione della membrana del timpano; b) Y otoscopia manometrica ; c) Y ascoltazione 
dell 7 orecchio. 

a) Esplorazione della membrana del timpano. — Ho già detto, parlando del¬ 
l’esame della membrana del timpano, che è possibile distinguere i movimenti di 
questa membrana, e in tal modo apprezzare i cambiamenti di pressione intra- 
timpanica. Difatti, se mentre si esamina con attenzione la membrana del timpano, 
si aumenta bruscamente la pressione dell’aria contenuta nella cassa, con uno dei 
metodi conosciuti, si riconosce che la membrana intera si porta aH’infuori; il 
manico del martello, spostandosi nello stesso senso, apparisce più lungo; la sua 
apofisi esterna diviene meno sporgente; infine il triangolo luminoso si allarga. 
Qualche volta, per altro, lo spostamento è ineguale, la curvatura della membrana 
è più forte in avanti o all’indietro, e si vede apparire verso il suo margine poste¬ 
riore un largo riflesso luminoso a contorni mal definiti. 

Se al contrario si determina una rarefazione delfaria contenuta nella cassa 
(processo Toynbee), portandosi la membrana del timpano alfindentro, il manico 
del martello diviene più obliquo, la sua piccola apofisi esterna forma, in vici¬ 
nanza del polo superiore, una sporgenza anormale; infine il triangolo luminoso 
s’allunga e si ristringe. 

E inutile aggiungere che questi diversi cambiamenti nell’aspetto della membrana 
non sono che passeggeri, e che si producono e spariscono sotto gli occhi del 
chirurgo. 

L’esplorazione della membrana del timpano, fatta nelle condizioni di cui parlo, 
fornisce adunque delle utili indicazioni sul grado di mobilità della membrana e 
della catena degli ossicini. 

b) Otoscopia manometrica. — Politzer, il primo (1861), ha avuto l’idea di stu¬ 
diare coll’aiuto del manometro le variazioni della pressione intratimpanica. Questo 
metodo, perfezionato da Lucae (1) e P. Alien (2), consiste nell'impiego d’un tubo 
ad U da 1 millimetro e 7 2 a 2 millimetri di diametro, il quale contiene un indice 
di liquido colorato; un ramo del tubo, più lungo dell’altro, è ricurvato alla sua 
estremità, munita d’un tappo conico di sughero o di caoutchouc per assicurare 
la chiusura ermetica del condotto. Questo piccolo apparecchio è fissato su una 
tavoletta che gli dà solidità e ne facilita il maneggio, e sulla quale sono segnate 
delle graduazioni di */ 4 di millimetro, che permettono di valutare le minime varia¬ 
zioni dell’indice. 

Essendo introdotta la lunga estremità dell’istrumento nel condotto uditivo, si 
capisce che ogni movimento impresso alla membrana del timpano, la quale agisce 
sulla colonna d’aria contenuta nel condotto uditivo, deve far oscillare l’indice mano¬ 
metrico. Se la membrana è spinta all’infuori (aumento di pressione intratimpanica), 
l’indice s’abbassa nel ramo auricolare e s‘ innalza nell’altro ramo ; questa si chiama 
oscillazione positiva. Se al contrario, la membrana del timpano s incurva all in¬ 
dentro (diminuzione di pressione intratimpanica), l’indice s’eleva nel ramo auricolare 
e discende nel ramo esterno; questa si chiama un’oscillazione negativa. 


(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde, 1864, II, p. 102. 

(2) The Lancet , 1869. 







Malattie dell’organo dell’udito 


Sebbene l’otoscopia manometrica possa sicuramente fornire delle nozioni im¬ 
portanti sul grado di mobilità della membrana timpanica e sullo stato di per¬ 
meabilità delle trombe, bisogna convenire che questo modo d'investigazione è 
delicato ed esige una grande attenzione da parte dell’osservatore. Così, se il ramo 
auricolare non è penetrato abbastanza profondamente, i movimenti del mascellare 
inferiore modificano lo stato di pressione del condotto uditivo esterno ed imprimono 
delle oscillazioni all’indice manometrico. Il più piccolo movimento trasmesso allo 
strumento agisce nella stessa maniera. 

c) Ascoltazione dell’orecchio. — L’ascoltazione dell’orecchio costituisce essen¬ 
zialmente il miglior mezzo che noi possediamo per assicurarci dello stato della 
tromba e della cassa. La sua importanza, già presentita da Laennec (1), fu messa 
fuori di dubbio da Deleau padre, e tutti si accordano oggigiorno nel riconoscere 
l’utilità di questo modo d’esplorazione, che consiste nell’ascoltare l’orecchio del 
malato nel momento in cui l’aria circola nella tromba e nella cassa. 



Fig. 242. — Tubo di ascoltazione di Toynbee. 


I rumori che si producono allora possono essere percepiti dal chirurgo, sia 
applicando il suo orecchio su quello del malato, sia servendosi d’uno stetoscopio 
ordinario applicato sull’apofìsi mastoidea o sul padiglione, sia infine facendo uso 
d’un istrumento speciale, al quale Toynbee ha dato il nome di otoscopio. Questo 
istrumento (fig. 242) si compone d’un tubo in caoutchouc lungo da 70 ad 80 
centimetri, terminato a ciascuna estremità da un’oliva di corno, di cui l’una è 
posta nell’orecchio del malato e l’altra nell’orecchio del chirurgo. Lo strumento, 
una volta messo in sito, deve rimanervi da solo, e bisogna evitare qualunque 
contatto col tubo intermediario, ciò che darebbe luogo a rumori anormali (a). 

Quando coll’aiuto dell’otoscopio, si ascolta l’orecchio d’un individuo sano, al 
momento in cui egli ingoia la saliva, col naso e la bocca chiusi (processo di 
Toynbee), si sente un leggero rumore di scricchiolìo, prodotto dalla membrana del 
timpano. Questa esperienza indica solamente che la tromba è libera e permeabile 
all’aria, e Toynbee ha avuto torto di voler sostituire questo modo d’esplorazione 
ad altri molto più perfetti. Difatti, perchè l’ascoltazione dell’orecchio fornisca dei 
risultati veramente completi, bisogna praticarla al momento in cui si fa penetrare 
dell’aria nella cassa con uno dei processi descritti precedentemente. 

(1) Traité d'auscultation medicale. Parigi, 1837, 4 a ediz., t. Ili, p. 535. 

(a) [È consigliabile di seguire la recente proposta di Jacobson (Manuale citato, pag. 49) di 
denominare l’impropriamente detto otoscopio col nome di tubo d'ascoltazione. Le olive che co¬ 
stituiscono le estremità di detto tubo devono essere di differente colore o formate di differente 
materia, perchè il medico possa usare sempre la stessa per sè. Del resto s’intende che anche 
l’oliva destinata ai malati deve venire prima dell’uso accuratamente disinfettata (Trad.)]. 


Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


233 


L’insufflazione coll’aiuto del cateterismo della tromba è sicuramente il più 
perfetto di questi processi, e deve essere preferito al metodo di Vaisalva, sovente 
mal eseguito dal malato, ed a quello di Politzer, che per lo scopo in questione 
presenta l’inconveniente di determinare nella faringe, al momento della deglutizione, 
dei rumori che mascherano quelli che avvengono nell’orecchio. 



Fig. 243. — Ascoltazione dell’orecchio. 


Si può dunque dire, riassumendo, che per fare l’esame completo della tromba 
e della cassa, si deve ricorrere al cateterismo della tromba, seguito da insufflazione 
d’aria attraverso la sonda, e all’ascoltazione simultanea dell’orecchio. Ecco come 
si praticherà questo esame: quando l’otoscopio è messo in posto, una estremità 
nell’orecchio del malato, l’altra in quello del chirurgo, questi introduce la sonda, e 
quando l’istrumento è penetrato nella tromba, la fìssa solidamente in questa 
situazione, applicando con un dito la sua estremità esterna contro il setto. Poi, 
quando l’imbuto terminale del pallone è penetrato nella parte allargata dalla sonda, 
il chirurgo comprime bruscamente il pallone, e spinge così una doccia d aria che 
rinnova quanto spesso è necessario per stabilire la diagnosi. La figura 243 mostra 
la situazione del chirurgo e dell’ammalato durante questa esplorazione. 

Quando un getto d’aria penetra nell’orecchio d’un individuo sano, il chirurgo 
percepisce con l’otoscopio un rumore particolare, che Deleau paiagona a quello 
che produce la pioggia cadendo sulle foglie d’un albero, e che ha chiamato 
rumore di pioggia. Questo paragone mi pare mediocremente indovinato, perchè 
il rumore che si percepisce rassomiglia piuttosto ad un rumore di valvola, o come 
Tròltsch lo designa, ad un rumore di soffio. Si potrà dunque chiamarlo coll uno 
o coll’altro di tali nomi. Questo rumore arriva attraverso il tubo di ascoltazione 

fino all’orecchio dell’osservatore e sembra vicinissimo. 

Tale è lo stato normale; e si capisce che devono prodursi delle modificazioni 
importanti, secondo il grado di permeabilità della tromba, secondo lo stato di 



234 


Malattie dell’organo dell’udito 


secchezza o d’umidità della mucosa tubaria e timpanica, secondo che la membrana 
del timpano è intatta o perforata, ispessita o immobilizzata, ecc. 

Non è nostro intendimento l’indicare qui le modificazioni che può subire il 
rumore normalmente percepito coll’ascoltazione dell’orecchio; nell’occasione delle 
diverse malattie della tromba e della cassa del timpano noi le indicheremo per 
dedurne una serie di segni diagnostici. 

III. Esplorazione dello stato della funzione uditiva. — Lo scopo che ci propo¬ 
niamo in questa esplorazione è di determinare se le onde sonore si trasmettono 
normalmente attraverso alle differenti parti dell’apparecchio uditivo. Le indicazioni 
possono essere fornite dal malato o raccolte direttamente dal chirurgo. 

Si può valutare fino ad un certo punto lo stato della funzione uditiva secondo 
la distanza alla quale il paziente percepisce il suono della voce, e secondo lo sforzo 
necessario, perchè egli possa intendere la parola ; ma questo mezzo che è presso 
a poco impossibile a regolare conviene solamente per un esame superficiale (a). 

Si sono immaginati diversi istrumenti destinati a fornire degli indizi più rigorosi; 
tali sono : il fonometro di Lucae, gli acumetri di Itard, di Kessel, di Politzer, e più 
recentemente gli audiometri o sonometri di Hartmann, di Hughes, di Boudet di 
Parigi, di Baratoux, ecc. Mi limito ad indicare questi istrumenti, dei quali si troverà 
la descrizione nei trattati speciali. Nella pratica usuale, si potrà perfettamente 
accontentarsi dell 'orologio e del diapason per esplorare il grado di acuità uditiva. 

Qualunque orologio da tasca può servire a questo uso ; ma è utile che quello 

che si impiega abbia un tic tac netto e metallico ; gli orologi a cilindro od a perno 

» 

convengono meglio sotto questo rapporto, che l’orologio ad àncora. E necessario 
anche, per fare delle osservazioni esatte, di determinare, con una serie di esperienze 
preliminari, a quale distanza l’orologio di cui ci si serve cessa di essere percepito. 

Dopo ciò, per apprezzare il grado di sensibilità uditiva nel malato, essendo 
l’orologio prima tenuto lontano alla distanza massima della portata uditiva, lo 
si avvicina gradatamente fino a che il malato ne percepisce distintamente il tic 
tac. Cofi’aiuto d’un nastro metrico, si può allora valutare in cifre la distanza della 
portata uditiva. 

Questo processo è preferibile a quello che è generalmente adottato e che con¬ 
siste prima nell’applicare l’orologio contro l’orecchio, e nell’allontanarlo in seguito, 
finché cessa d’essere inteso. Il malato difatti, conservando il ricordo dell’impres¬ 
sione ricevuta, accusa quasi sempre una sensazione uditiva prolungata, e fornisce 
così degli indizi inesatti. Una precauzione buona a prendersi consiste ancora nel 
far chiudere gli occhi al malato durante l’osservazione [V. Appendice al presente 
Capitolo, nota 2 a J. 

Il diapason può sostituire l’orologio nell’esame della funzione uditiva, e si deve 
anche dire che l’uso di questo istrumento è in certi casi indispensabile, perchè 
l’esplorazione sia affatto completa. Bisogna avere a propria disposizione dei dia¬ 
pason accordati a differenti toni ; perchè non basta determinare a quale distanza 
il suono viene percepito, ma bisogna ancora assicurarsi se dei suoni, corrispondenti 


(a) [In quella vece è ormai concordemente ammesso che la voce afona costituisce in pratica 
il migliore degli acumetri (Trad.)]. 


Esplorazione dell’orecchio — Otoscopia 


235 


a differenti altezze o ad un numero conosciuto di vibrazioni, sieno egualmente 
intesi dal malato. Così si vedrà che certe sordità esistono solamente per i suoni 
elevati o per i suoni bassi ; quindi è facile comprendere che non si può apprezzare 
il grado di certe sordità parziali, se non coll’aiuto di diapason di differenti altezze. 

Del resto il diapason s’impiega generalmente nella stessa maniera che l’orologio, 
cioè quando lo strumento è messo in vibrazione, sia allontanando bruscamente 
le sue branche, sia battendolo su un oggetto resistente, si misura a quale distanza 

massima dall’orecchio il suono è percepito. 

L’esplorazione della sensibilità uditiva può ancora farsi col mezzo dell’orologio 
e del diapason, con un processo differente, che consiste nel ricercare fino a qual 
grado i suoni di questi istrumenti sono trasmessi all’orecchio interno coll’inter¬ 
mediario delle ossa del cranio. Questo modo d’esplorazione, che Bonnafont ha 
in modo speciale raccomandato, è stato molto studiato in questi ultimi tempi e 
perfezionato considerevolmente, sebbene non abbia forse ancora dato tutto ciò 

che si era in diritto d’attendere. 

Per comprendere il partito che si può ricavare dallo studio del modo di trasmis¬ 
sione delle onde sonore attraverso le ossa del cranio dal doppio punto di vista della 
diagnosi e della prognosi delle malattie delle orecchie, è necessario ricordare certi 
dati fisiologici che devono servire di punto di partenza a questo genere di ricerche. 

Quando un corpo sonoro è messo in contatto colle ossa del cranio, una pai te 
delle vibrazioni è trasmessa direttamente all’espansione terminale del nervo uditivo 
a mezzo dello scheletro, ma un’altra parte non arriva all’orecchio interno che dopo 
essere passata dalle ossa del cranio alla membrana del timpano e agli ossicini. 
Questo fatto è stato dimostrato esperimentalmente da Lucae (1) e da Pohtzer (2). 

Un altro fatto, egualmente stabilito dall’esperienza, è che si intende molto 
meglio il suono d’un orologio da tasca o d’un diapason applicato sur un punto 
del cranio, quando si chiudono leggermente i condotti uditivi. Se non si chiude 

che un solo orecchio lo si sentirà meglio da questo. . 

Tale fatto, singolare in apparenza, è stato spiegato in molti modi diversi ; ma ci 

accordiamo generalmente nell’attribuire il rinforzamento del suono a ciò : che le 
onde sonore trasmesse per le ossa del cranio alla membrana del timpano ed agli 
ossicini si dirigono parte verso l’orecchio interno, parte verso l’esterno ; queste 
ultime cercano di fuggire, ma incontrano un ostacolo e si riflettono verso 1 orecchio 

interno, producendo così un rinforzamento di suono. 

La conclusione pratica dei due fatti precedenti è che tutte le volte che 1 apparec¬ 
chio conduttore del suono non si trova nello stato normale, ed oppone un ostacolo 
alla trasmissione delle onde sonore, così dal di fuori all’indentro, che dall m en ro 
all’infuori, le vibrazioni trasmesse per le ossa del cranio dovranno essere raddoppiate 
e produrre un’impressione più forte sull’espansione del nervo acustico Quando 
dunque, in un malato colpito da sordità il suono del diapason applicato su 
vertice è molto meglio percepito dalla parte affetta, se la sordità è unilaterale, o 
dalla parte più malata, se è bilaterale, ma d’ineguale intensità, si può concludere 


(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde , I, p. 304. 

(2) lbid., I, pp. 59 e 318. 








Malattie dell’organo dell’udito 


che il labirinto è intatto e che l’affezione risiede in uno dei punti dell’apparecchio 

conduttore del suono (condotto uditivo, membrana del timpano, cassa) Se al 

contrario, ,1 soggetto intende meglio il diapason dalla parte sana o dalla parte 

la meno malata, si può affermare, fino ad un certo punto, che la sensibilità del 

nervo acustico è lesa, e che esiste una affezione labirintica sia primitiva, sia 

secondaria. La possibilità di apporsi al vero aumenta ancora se la chiusura' del 

condotto col dito, invece d’accrescere la sensazione uditiva dalla parte malata ne 
diminuisce l’intensità. 

Questo metodo d’esplorazione offre, come vedremo, una grande importanza 
dal punto di vista della diagnosi e soprattutto della prognosi delle malattie della 
cassa del timpano; ma ha l’inconveniente d’esigere il concorso intelligente degli 
ammalati, che rendano conto più o meno esattamente delle loro sensazioni. Cosi 
si e cercato di sostituirgli un altro modo d’esame che permetta al chirurgo di 
apprezzare da lui stesso il grado di trasmissione delle onde sonore attraverso 

l’orecchio del soggetto in esperienza. Soprattutto a 
Politzer (di Vienna) va attribuito il merito di questo 
nuovo metodo, che è stato per lui la sorgente di alcune 
osservazioni interessanti. Si adopera un tubo d’ascolta¬ 
zione a tre rami (fig. 244) ; le estremità A e B sono poste 
negli orecchi del malato e la estremità G nell’orecchio 
del chirurgo. Se allora si applica sul vertice del malato 
un diapason che si ha precedentemente fatto vibrare, 
una parte delle vibrazioni trasmesse per le ossa del 
cranio agli orecchi del malato fugge attraverso i con¬ 
dotti uditivi, poi attraverso i rami dell’otoscopio perviene 
con l’intermediario del terzo ramo all’orecchio del chi- 
ìurgo. Basta comprimere alternativamente ciascun ramo 
dell’otoscopio per apprezzare isolatamente i suoni che 
escono da ciascun orecchio e giudicare della differenza 

eh’essi presentano nella loro intensità e nella loro 
nitidezza. 

Infine, Lucae (1) ha immaginato più recentemente 
un altro metodo d’esame, basato sul fatto che le onde 
sonore, cadenti sopra una membrana tesa, non l’attra¬ 
versano interamente, ma sono in parte riflesse e che 
Fìg. 244. — TiibO'^rasooitazione qlle sta riflessione varia secondo il grado di tensione 

della membrana. Questo metodo, che consiste nel ricer¬ 
care in quale misura le vibrazioni d’un diapason dirette nel condotto uditivo, 
sono riflesse dalla membrana del timpano verso l’orecchio dell’osservatore, esige 

. lmpieg0 d ’ un apparecchio speciale al quale l’autore dà il nome di otoscopio 

interferente.. Non crediamo necessario di entrare nei dettagli di questo processo 

1 esplorazione, la cui utilità pratica non ci sembra ancora sufficientemente 
dimostrata. 



(1) Archiv fur Olirenheilkunde , III, p. 186. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


237 


I. 

MALATTIE DEL PADIGLIONE DELL’ORECCHIO 

ARTICOLO I. 

LESIONI TRAUMATICHE DEL PADIGLIONE DELL’ORECCHIO 

1° CONTUSIONI 

Le contusioni del padiglione dell’orecchio non sono rare in seguito a cadute 
od a colpi applicati sulle parti laterali della testa. Nell’uno e nell’altro caso il 
padiglione si trova preso fra l’agente contundente ed il piano osseo resistente 
che gli è fornito dalle regioni temporale e mastoidea. 

Queste contusioni s’accompagnano sovente ad echimosi e qualche volta a 
spandimenti sanguigni. In certi casi eccezionali, la violenza esterna non limita 
la sua azione alle parti molli e determina la rottura della cartilagine. Questa 
si produce tanto più facilmente quanto più forte è la contusione, e quanto più 
la cartilagine ha perduta della propria elasticità ed è diventata fragile, sia per 
causa dell’età avanzata o sia in seguito ad uno stato patologico. In questa ultima 
condizione si è vista la rottura della cartilagine determinata da un violento 
schiaffo. 

Le contusioni del padiglione dell’orecchio reclamano l’impiego di topici sol¬ 
venti ordinarii. Se vi è rottura di cartilagine, si potrà mantenere il padiglione 
applicato sulle parti laterali del cranio con una semplice benda od una cuffia 
guernita di ovatta. In un caso riportato da Jarjavay (1), i frammenti cartilaginei 
non si riunirono, od almeno restarono mobili, di modo che si potevano piegare 
l’uno sull’altro come i fogli d’un libro. 

Prima di terminare quanto concerne le contusioni del padiglione dell orecchio, 
dobbiamo segnalare una forma particolare di traumatismo che consiste in contu¬ 
sioni, compressioni, stiramenti ripetuti, quali si osservano negli atleti, nei lottatori 

od in certi alienati. 

La ripetizione delle pressioni e degli sfregamenti, aggiunta senza dubbio alla 
congestione di tutte le parti della faccia durante gli sforzi, ha per conseguenza 
di produrre una specie d’ipertrofia del tessuto cellulare sottocutaneo, che si tra¬ 
duce nello sviluppo esagerato di tutto l’orecchio, nell’arrossamento e nell ispessi¬ 
mento della pelle. In queste condizioni non è raro vedere, sotto 1 influenza d un 
traumatismo anche leggero, la pelle distaccarsi dalla cartilagine sotto giacente e 
formarsi una bozza sanguigna. Descriveremo più tardi questa affezione sotto il 

nome d'ematoma del padiglione. 

2° FERITE 

a) Le ferite prodotte da istrumenti pungenti non offrono in generale alcuna 
gravità. La moda ha anche consacrato nelle donne il costume di perforare il lobulo 


(1) Anatomie chirurgicale, t. I, p. 525. 


238 


Malattie dell’organo dell’udito 


per sospendervi degli orecchini. Questa operazione si pratica d’ordinario coll’aiuto 
d’un punteruolo acutissimo spinto attraverso il lobulo precedentemente appoggiato 
su un tappo. È talmente tollerata che si affida generalmente alla mano del gioiel¬ 
liere; per altro bisogna sapere che, in certi soggetti linfatici, dalla pelle fina e 
delicata, la piccola operazione di cui si tratta può essere l’origine d’accidenti 
abbastanza gravi, sviluppati sul padiglione e capaci anche d’invadere il viso. 
Triquet ha insistito con ragione su questo fatto ed ha citato delle osservazioni 
d’infiammazioni eresipelatose, eczematose, sopravvenute in seguito alla perforazione 
del lobulo. Il chirurgo consultato sull’opportunità di questa operazione dovrà 
dunque proscriverla nei soggetti scrofolosi, linfatici o manifestamente erpetici (a). 

b) Le ferite prodotte da istrumenti taglienti presentano molte varietà. 

Quando la soluzione di continuità non interessa il margine libero del padiglione, 

essa si comporta come una ferita semplice e guarisce senza lasciare deformità, 
purché si abbia la cura di riunire i suoi margini, sia con alcuni punti di sutura, 
sia con alcune striscie di taffetà gommato. 

In altre circostanze, quando la soluzione di continuità interessa il margine 
libero in uno o due punti contemporaneamente, essa stacca un lembo più o meno 
esteso che non è unito al padiglione che per mezzo d’un peduncolo. In queste 
condizioni, e qualunque sia la forma del lembo e del peduncolo, si deve tentare 
di riunire il più esattamente possibile le parti divise coll’aiuto d’una sutura com¬ 
prendente la pelle e la cartilagine ; perchè se la riunione manca qualche volta, e 
se il lembo colpito da cancrena si separa e casca consecutivamente, sicché ne risulta 
una deformità più o meno considerevole, si conosce invece un certo numero di 
casi nei quali le parti rimesse a posto si sono esattamente attaccate in modo 
che la forma del padiglione è stata conservata. Bérenger-Féraud (1) ha riuniti 
sette casi nei quali il padiglione dell’orecchio, che non restava più attaccato che 
con un sottile peduncolo, ha potuto essere riappiccicato con buon successo. 

Infine può darsi che una porzione più o meno considerevole del padiglione si 
trovi interamente separata. Le probabilità di riunione sono molto limitate; per 
altro, se si considera la deformità che risulta fatalmente da una simile perdita 
di sostanza, si deve ancora tentare di riapplicare la parte divisa e di metterla a 
posto esattamente coll’aiuto di punti di sutura. Questa pratica è stata qualche 
volta coronata da buon successo, e Béranger-Féraud ne ha riferiti quattro casi 
che paiono autentici. 

c) Le ferite contuse dànno luogo alle stesse considerazioni e reclamano i mede¬ 
simi mezzi di trattamento. Esse s’accompagnano, più di frequente che le precedenti, 
alle perdite di sostanza, che si possono riparare, quando non sono molto consi¬ 
derevoli, cruentando i margini irregolari e saldandoli coll’aiuto di punti di sutura. 
Nélaton ha riunito, dopo la caduta delle escare, le due metà d’un orecchio diviso 
da una palla, ed il risultato fu talmente perfetto che la deformità riuscì appena 
sensibile. 


(a) [Le regole dell’asepsi seguite per la piccola operazione in discorso varranno meglio 
che altro a prevenire gli accidenti segnalati dall’A. (Trad.)]. 

(1) Gaz. des hópit., 1860, nn. 71 e 72. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


239 


ARTICOLO II. 

LESIONI VITALI ED ORGANICHE DEL PADIGLIONE DELL’ORECCHIO 


1° INFIAMMAZIONI 


a) La risipola del padiglione dell’orecchio non è rara e succede qualche volta 
alle ferite ed alle contusioni di questo organo ; più di spesso essa complica certe 
infiammazioni croniche dell’orecchio esterno, quali l’eritema, 1 eczema, 1 impetigine. 
Talora la risipola resta limitata al padiglione, tal’altra invade consecutivamente 
la faccia ed il cuoio capelluto. In altri casi, al contrario, la risipola prima sviluppata 
alla faccia od al cuoio capelluto s’estende al padiglione. La malattia si presenta 


coi suoi caratteri abituali; la gonfiezza, soprattutto marcata alla superficie inteina 
e sui margini del padiglione, in ragione della rilassatezza del tessuto cellulare 
sottocutaneo, acquista delle proporzioni considerevoli, ciò che dà luogo ad una 
deformità caratteristica. La pelle è rossa, lucente ; i dolori sono tensivi lancinanti. 
Esistono inoltre dei fenomeni generali più o meno gravi, secondo che la risipola 
resta limitata al padiglione od occupa nel medesimo tempo una parte della faccia 

e del cuoio capelluto. 

È abbastanza raro che l’infiammazione diventi flemmonosa e che si sviluppino 
degli ascessi sottocutanei. Ph. Boyer (1) riporta un fatto nel quale un vasto 
ascesso del padiglione aveva prodotto la necrosi di tutta la cartilagine. 

La cura non presenta alcuna indicazione particolare (a). 


b) Eritema. — L’eritema del padiglione non è raro e si osserva di preferenza 
nei soggetti giovani, linfatici e scrofolosi. Esso riconosce qualche volta per causa 
' determinante un leggiero traumatismo, quale la perforazione del lobulo dell orecchio, 
ma il più sovente si sviluppa sotto l’influenza del freddo e dell umidità; così lo 
si vede principalmente in inverno ; una volta sviluppata, la malattia può persistere 
per lungo tempo con tenacia, e può presentare di tratto in tratto dei periodi d acuzie 

e di remissione. 


Sintomatologia. — Nella forma leggera l’eritema dell’orecchio consiste in 
una gonfiezza superficiale, diffusa, con rossore leggero delle differenti parti che 
formano il padiglione, e più particolarmente del lobulo, delle pieghe dell elice, 
dell’antelice e del trago. Questo stato s’unisce ad una sensazione di prurito che 
obbliga gli ammalati a grattarsi, soprattutto quando si espongono al calore. 

In una forma più grave, il rossore delle parti è più manifesto; può anche dar 
posto ad una tinta violacea, nerastra. La gonfiezza è sempre considerevole; le 
pieghe ed i solchi che dànno forma al padiglione sono cancellate, e l’orecchio 


(1) Traité des maladies chirurgicales, t. V, pag. 6. 

(a) [Hessler {Ardi. f. 0., 1888, 26) descrisse recentemente una forma particolarmente grave 
di otite esterna ex-infectione che per i caratteri clinici è intermedia tra la risipola e la forun¬ 
colosi diffusa della conca e delle pareti del condotto uditivo esterno (Trad.)J. 


240 


Malattie dell’organo dell’udito 


prende 1 apparenza d una massa informe che venne paragonata ad un pomodoro. 
Non tardano ad apparire delle larghe flictene, riempite di sierosità brunastra o 
nerastra, e quando il liquido ch’esse contengono n’è uscito non è raro trovare 
il derma ulcerato. Qualche volta anche si vedono apparire, vicino alle vescichette, 
delle piccole placche cancrenose, la cui caduta diviene anche l’origine di ulcera¬ 
zioni che, nei soggetti scrofolosi, si mostrano estremamente ribelli, guadagnano 

le parti profonde, e possono estendersi nel condotto uditivo esterno e fino alla 
membrana timpanica. 

In questi casi, la suppurazione è icorosa, fetida ; delle croste, le quali vengono 
sempre staccate dal malato col grattare, si formano alla superfìcie delle ulcerazioni, 
e la malattia tende a perpetuarsi indefinitamente. 

Quando l’eritema assume questa forma grave, i malati accusano una sensazione 
di calore, di bruciore, di prurito, un dolore più o meno vivo, che qualche volta 
impedisce completamente il sonno e s’accompagna di sovente a battiti, a ronzìi, ed 
anche, se la malattia s estende al condotto uditivo, ad una sordità più o meno forte. 
Può darsi che la malattia scompaia spontaneamente, soprattutto all’epoca 

della pubertà; ma in molti casi persiste molto lungamente e si mostra ribelle al 
trattamento. 


Cura. — Essa comprende l’uso di mezzi interni ed esterni. 

Siccome l’eritema dell’orecchio riconosce sovente per causa la diatesi scrofolosa, 
è necessario prescrivere un trattamento proprio a combattere lo stato generale. 
L olio di fegato di merluzzo, lo jodio, gli joduri, la buona igiene saranno partico¬ 
larmente indicati. Nelle giovanette si dovrà cercare di stabilire la comparsa delle 
menstruazioni, o regolarizzare il loro ritorno, perchè è frequente vedere lo stato locale 
emendarsi considerevolmente quando i periodi menstruali sieno bene stabiliti. 

La cura locale comprende differenti mezzi. Nei casi leggieri, le applicazioni di 
compresse imbevute d’alcool, le fomentazioni tepide col balsamo di Fioravanti, il 
glicerolato di borato di soda (4 grammi per 30 grammi) saranno utili partico¬ 
larmente. 

Quando esistono dei violenti dolori con gonfiezza considerevole può essere 
vantaggioso applicare alcune sanguisughe dietro l’orecchio o praticare alcune 
moschettature alla superfìcie del padiglione. Nei casi gravi, nei quali esistono 
delle ulcerazioni rivestite di croste, è necessario applicare per qualche tempo dei 
cataplasmi di fecola; poi, quando le croste saranno cadute, si toccheranno le 
superficie ulcerate colla tintura di benzoino, d’aloe, o meglio ancora col percloruro 
di ferro. Si praticheranno parecchie volte al giorno delle lavature coll’alcool ed il 
vino aromatico, e nell’inter vallo si avrà cura di ricoprire le parti con un pannolino 
fino spalmato di vaselina, di glicerina o d’una pomata leggermente eccitante (a). 

c) Eczema. — L’eczema del padiglione dell’orecchio è molto frequente. Come 
le altre infiammazioni può limitarsi al padiglione o estendersi nello stesso tempo 


(a) [È superfluo 1’aggiungere che anche per la cura della otite esterna da infezione il trat¬ 
tamento antisettico umido deve tenere il primo posto (Trad.)]. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


241 


sia alla faccia e al cuoio capelluto, sia al condotto uditivo esterno ed alla cassa 
del timpano. 

Ritornerò più tardi sull’otite scrofolosa propriamente detta, e mi accontenterò 
di descrivere qui brevemente l’eczema limitato al padiglione. La malattia può 
rivestire la forma acuta o cronica; essa è unilaterale o bilaterale. 

La forma acuta s’osserva frequentemente negli individui dei due sessi di tutte 
le età; la forma cronica è soprattutto comune nei bambini scrofolosi, nelle 
ragazze mal regolate e nelle donne all’epoca della menopausa. 

L’eczema acuto si presenta cogli stessi caratteri che nelle altre parti del corpo ; 
rossore e gonfiezza della pelle, con produzione di piccole vesciche serrate le une 
alle altre, e che lasciano fuggire alla loro rottura un liquido tenue, qualche volta 
rossastro, che sovente si concreta sotto forma di croste più o meno spesse (eczema 
impetiginoso). Con questi sintomi locali, i malati accusano una sensazione di calore 
bruciante, di tensione dolorosa; qualche volta esiste movimento febbrile. 

In certi casi la malattia, dopo una durata di alcuni giorni e sotto l’influenza 
d’un trattamento conveniente, guarisce del tutto; ma sovente essa persiste più o 
meno a lungo, passando allo stato cronico. Assume allora abbastanza spesso la 
forma impetiginosa, cioè il padiglione restando gonfio e rosso è inoltre ricoperto 
in certi punti di croste gialle, o giallo-brunastre, umide, sotto le quali si trova il 
derma esulcerato facilmente sanguinante. In altri casi, si osserva una forma 
squamosa ; vicino alle piaghe umide, si incontra una secrezione epidermica esagerata. 
In questa forma, principalmente, non è raro vedere delle escoriazioni e delle 
screpolature profonde della pelle, dalle quali esce una suppurazione abbastanza 
abbondante. Queste screpolature si mostrano soprattutto all'angolo d’inserzione 

del padiglione. 

Qualunque sia la forma della malattia, essa può guadagnare la totalità del 
padiglione e coincide allora abitualmente con lesioni simili del cuoio capelluto; 
ma non è raro di vedere la malattia localizzata a qualche parte del padiglione, 
come al punto d’inserzione di questo sull’apofisi mastoidea, al solco dell elice, a 
livello del lobulo. In questo ultimo caso il punto di partenza è sovente la perfo¬ 
razione del lobulo per orecchini. 

L’eczema cronico del padiglione dell’orecchio è una malattia assai tenace, molto 
incomoda per il prurito e la sensazione di dolore cocente che determina. Inoltre 
quando persiste per lungo tempo, essa è seguita da una deformità del padiglione 
che risulta dall’ispessimento della pelle. Le sporgenze e le depressioni si cancel¬ 
lano più o meno completamente, ed il padiglione dell orecchio è trasformato in un 
organo informe, sgraziato. Infine la malattia può propagarsi nel condotto uditivo 

e determinare i sintomi dell’otite. 

Cura. — Nell’eczema acuto localizzato del padiglione dell orecchio la pi ima 
indicazione è di sottrarre la pelle al contatto dell’aria. Vi si perviene spolverando le 
parti malate con polvere d’amido o di riso ; delle compresse imbevute d’una soluzione 
astringente tepida (solfato di zinco, estratto di saturno diluito, ecc.) convengono 
più particolarmente per calmare il bruciore ed il prurito. Alcuni lassativi, delle 
bevande diluenti, una nutrizione poco eccitante completano il trattamento. 


m 


Malattie dell’organo dell’udito 


Nella forma cronica bisogna aver cura di far cadere tutte le croste, coll’aiuto 
di cataplasmi di fecola, di suffumigi emollienti. Quando l’orecchio è sbarazzato da 
queste croste, lo si lava con qualche soluzione astringente, e lo si asperge accura¬ 
tamente d una sostanza inerte o d’una polvere composta o leggermente eccitante. 
Le pomate ed i corpi grassi riescono spesso male e servono al più a rammollire 
i prodotti disseccati di secrezione. 11 glicerolato all’ossido di zinco produce sovente 
dei buoni effetti e calma il prurito. Quando l’eczema resiste a questo semplice 
trattamento, è necessario ricorrere ad alcuni topici sostitutivi, come il catrame, 
l’olio di cade, il cinabro, ecc., che si applicano direttamente o incorporandoli in 
una pomata. Nei casi ribelli, le doccie fredde col polverizzatore, ripetute parecchie 
volte al giorno, sono qualche volta molto utili. Bisogna aver cura di chiudere il 
condotto uditivo con un piccolo fiocco di cotone imbevuto d’olio. 

Infine, mentre si impiegano questi mezzi locali, non si dovrà trascurare l’uso 
dei rimedi generali, come le preparazioni d’arsenico, di zolfo, ecc., che si ammi¬ 
nistreranno secondo le regole ordinarie (a). 

2° TUMORI 

I tumori del padiglione dell’orecchio non sono molto comuni. Ve ne sono che 
non meritano che una semplice menzione; tali sono le cisti sebacee, che non 
offrono niente di particolare. Descriveremo solamente i tumori sanguigni od 
otoematomi, i tumori fibrosi, i tumori erettili, il cancro ed i depositi gottosi. 

a) Tumori sanguigni. Otoematomi. — Si designano sotto i nomi di otoematomi, 
Rematoceli, o Rematomi del padiglione dell’orecchio certi tumori liquidi costituiti 
da uno spandimento di sangue tra il pericondrio e la cartilagine del padiglione 
dell’orecchio. Questa affezione, che non è conosciuta che da alcuni anni, è stata 
l’oggetto di numerosi lavori, così in Francia come all’estero. Ne indicheremo 
solamente i principali: 

Merland, Des tumeurs du pavillon de l’oreille cliez les aliénés. Tesi inaug. di Parigi, 1853. 

— A. Foville, Recherches sur les tumeurs sanguines du pavillon de l’oreille chez les aliénés; 
Gaz. hebd ., 1859, pp. 450, 459. — Pii. Kuhn, De l’hématome du pavillon de l’oreille. Tesi di 
Strasburgo, 1864. — Gudden e Will, Ueber Othasmatom; SchmidVs Jahrbiicher , Voi. CXXI, 
p. 230, 1864. — Castelain, De l’hématome du pavillon de l’oreille. Bull. méd. du nord de la 
Trance , gennaio e febbraio 1870. — Claverie, De l’hématome du pavillon de l’oreille. Tesi di 
Parigi, 1870 ( b ). 

Eziologia. — L’ematoma del padiglione dell’orecchio si incontra abbastanza 
frequentemente negli alienati e principalmente nei dementi paralitici. È molto più 

(a) [La cura dell’eczema dell’orecchio non si differenzia affatto da quella che si impiega per 
gli eczemi delle altre parti del corpo, segnatamente della testa (Trad.)]. 

(b) [Oltre ai lavori indicati meritano di esser ricordati i seguenti: 

Wirchow, Die krankhaften Geschwulste, Voi. I, 1873. — Haupt, Dissertation Wiirtzburg, 1867. 

— Schwartze, A. f. 0., II, 1867. — Jung, Z. f. Psych ., 1861. — Steinbrììgge, Z. f. 0., IX, 1880. 

— Trautmann, A. f. 0., VII, 1873. — Schwabach, Deutsche Med. Wochens., 1885. — Frankel, 
Virchoiv's Arch ., XCV, 1884. — De Rossi, Resoconto 1887-88, Roma, Pallotta, pag. 9 (Trad.)]. 


243 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


comune nell’uomo che nella donna; così, in G2 casi, Kuhn ha notati 52 uomini 
e solamente 10 donne. 

Non si è ancora stabilita la vera causa di questa singolare affezione; gli uni 
pensano che lo spandimento sanguigno è sempre determinato dall’azione delle 
violenze fatte agli orecchi, sia dal malato stesso, sia dalle persone che gli sono 
intorno; gli altri non esitano ad ammettere che lo spandimento sanguigno è 
spontaneo e consecutivo ai disturbi della circolazione del capo negli alienati e ad 

alterazioni preesistenti nella struttura del padiglione dell’orecchio. 

La prima opinione si basa sul fatto, che si osservano alle volte dei veri 
ematomi somiglianti in tutto a quelli che si incontrano negli alienati, in persone 
di mente sana. Jarjavay (1) ha per il primo fatti conoscere, sotto il nome di 
ematoceli del padiglione, dei tumori sanguigni sviluppati alla parte superiore della 
conca nei lottatori e pugillatori di professione. In questi casi è evidente che il 
tumore sanguigno ha per causa le contusioni e gli sfregamenti del padiglione 
dell’orecchio ; ed io ho detto altrove che la ripetizione di queste violenze, aggiunta 
alla congestione abituale della faccia durante gli sforzi, ha per effetto di deter¬ 
minare una forma speciale d’ipertrofìa e di congestione cronica del padiglione. 
Si capisce da ciò che, in queste condizioni, una causa meccanica abbastanza 


leggera possa determinare uno spandimento di sangue. 

È così anche per l’otoematoma che si riscontra negli alienati? Io penso, che 
esistano difatti delle grandi analogie fra le due varietà di tumori. È così che, nei 
lottatori, l’otoematoma esige per prodursi la preesistenza di alterazioni nella 
struttura del padiglione, alterazioni che riconoscono per causa gli sfregamenti, le 
contusioni, gli stiramenti dell’organo ; è così anche, che negli alienati sembra esi¬ 
stere qualche lesione precedente dei tessuti che formano il padiglione dell’orecchio. 
Virchow (2) e L. Meyer (3) hanno difatti riconosciuto uno stato di rammollimento 
precedente, una degenerazione encondromatosa ed una iperplasia del padiglione 
dell’orecchio che diminuiscono la sua elasticità e favoriscono le squarciature e 
gli spandimenti sanguigni. Di più Hartmann (4) ha mostrato che si formano, 
sotto Tinfluenza del rammollimento della cartilagine, delle cavità cistiche, appiattite, 
di volume variabile, situate nello spessore stesso della cartilagine o fra questa ed 
il pericondrio, le quali molto verosimilmente hanno una qualche importanza nella 
patogenesi dell’otoematoma, per cui basterà un traumatismo leggero per produrre 

uno spandimento sanguigno nell’interno delle cavita preformate. 

Ma se lo sviluppo di queste lesioni preesistenti si spiega molto bene nei lot¬ 
tatori e deve essere riportato alla contusione cronica, si può domandarsi se e la 
stessa cosa per gli alienati, e se queste lesioni sono dovute a delle violenze esercitate 
da loro stessi o dalle persone che li circondano ? E abbastanza difficile risolvere 
la questione od almeno essa mi pare suscettibile di due soluzioni. In alcuni casi 
è permesso di restare nel dubbio relativamente all’azione di violenze esterne, e si 


(1) Anatomie chirurgicale, t. I, p. 521. 

(2) Traité des tumeurs, trad. frang., t. I, p. 1321. . ,. , 

(3) Die patholog. Gewebsveranderung des Ohrknorpels und deren Bez.ehungen sur Ohrblut- 

geschwulst ; Virchow's Ardi., 1865, XXXIII, p. 457. 

(4) Ueber Cystenbildung ia der Ohrmuschel ; Zeitsdmft fur Ohrenhedlcun.de, XIX. 


244 


Malattie dell’organo dell’udito 


può, dietro l’esempio di alcuni autori, ammettere che l’ematoma del padiglione 
si è sviluppato in seguito a sfregamenti, a contusioni dell’orecchio. Ma d’altra 
patte si possedono dei fatti numerosi nei quali il traumatismo deve essere asso¬ 
lutamente escluso. Si è condotti forzatamente a concludere che, in certi casi, le 
lesioni anatomiche che precedono costantemente la formazione dell’ematoma del 
padiglione dell’orecchio si siano sviluppate sotto l’influenza della malattia cerc¬ 
hiale, che determina senza dubbio dei disturbi nella circolazione e nella nutri¬ 
zione del padiglione. Una osservazione curiosa fatta da Brown-Séquard appoggia 
questa opinione. Questo fisiologo difatti, in una comunicazione all’Accademia di 
Medicina, il 16 marzo 1869, ha rimarcato che su due cavie che presentavano 
lesioni dei corpi restiformi, si videro svilupparsi delle emorragie sotto la pelle 
del padiglione dell’orecchio, ed io ho sentito dallo stesso autore che, in tutte le 
sue esperienze, egli ha costantemente ottenuto lo stesso risultato. In certi casi, 
la lesione dei corpi restiformi avrebbe determinata anche la cancrena del¬ 
l’orecchio. Più recentemente Mathias Duval, Laborde e Gellé (1) hanno notato, 
dopo la sezione della parte inferiore del pavimento del 4° ventricolo, l’appa¬ 
rizione di disturbi circolatorii e la produzione di emorragie, non solamente nel 
padiglione, ma ancora nell’orecchio medio e nello stesso labirinto. A queste 
lesioni emorragiche succedevano più tardi e molto rapidamente la suppurazione e 
la distruzione. 

Queste interessanti osservazioni pare dimostrino che le lesioni di certe parti 
dei centri nervosi causano dei disturbi considerevoli nella circolazione e nella 
nutrizione del padiglione dell’orecchio e che negli individui colpiti da affezioni 
cerebrali si possono sviluppare, all’infuori di qualunque azione meccanica, certe 
alterazioni di struttura del padiglione che predispongono agli spandimenti di 
sangue sia spontaneamente, sia sotto l’influenza d’una violenza esterna affatto 
insignificante. 

Sintomatologia. — L’ematoma del padiglione risiede abitualmente nella 
cavità dell’elice. Sebbene più frequente in generale dalla parte sinistra negli alienati, 
può risiedere a destra ed anche occupare contemporaneamente le due orecchie. 

Dapprincipio si osserva una tumefazione generale dell’orecchio, che diviene nello 
stesso tempo rosso o bluastro, lucente, caldo e dolente, ciò che indica un leggero 
grado d infiammazione e spiega come in un certo periodo della malattia si abbia 
potuto dare a questa il nome di eresinola deli?orecchio. 

Fin dal primo giorno il tumore propriamente detto può raggiungere il suo 
sviluppo completo, riempire tutta l’escavazione della conca e mettersi a livello 
dell’orlo dell’elice. In altri casi, la collezione del liquido, prima limitata alla 
fossetta scafoidea dell’antelice, si estende a poco a poco ed invade la totalità 
del padiglione. Qualunque sia il suo modo di sviluppo, il tumore presenta una 
fluttuazione manifesta, soprattutto al centro; sulle parti periferiche la fluttuazione 
diventa più incerta. Non è raro percepirvi qualche volta una leggera crepitazione. 


(1) Société de Biologie, 1877-1878. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 245 

Se si apre questa specie di tumore, lo si trova costituito in parte da una 
sierosità viscosa, sanguinolenta, inodora, in parte da sangue nero e coagulato. Le 
pareti della cavità sono formate, per una parte, 
dal pericondrio e dalla pelle, per l’altra parte dalla 
superficie esterna della cartilagine, che presenta 
delle alterazioni particolari preesistenti. Vi si rico¬ 
noscono dei punti di rammollimento situati paral¬ 
lelamente alla superficie, e che distaccano così dei 
frammenti cartilaginei che aderiscono al pericondrio. 

L’otoematoma abbandonato a sè stesso può 
suppurare, ciò che costituisce un caso assai raro. 

Qualche volta il tumore s’apre spontaneamente, 
e lascia uscire un liquido siero-sanguinolento, poi 
finisce col guarire senza suppurazione. Sovente il 
sangue versato subisce un lavoro di riassorbimento 
lento, le superfìci tornano ad aderire ; ma in causa 
delle alterazioni di struttura della cartilagine, la 
guarigione si accompagna sempre a deformazioni 
caratteristiche del padiglione dell’orecchio. Le parti molli, il pericondrio in par¬ 
ticolare, s’ispessiscono, e, a misura che l’adesione si effettua, si vede prodursi una 
contrazione della cicatrice che causa una specie di raggrinzamento del padiglione 
nella sua altezza e nella sua larghezza. 

Può darsi che lo spandimento abbia luogo contemporaneamente sulle due 
faccie della cartilagine dell’orecchio; questo ultimo, privato dei suoi mezzi di nutri¬ 
zione, si mortifica e si elimina, e ne risulta una deformazione tale che l’orecchio 
diviene irriconoscibile. Nella Memoria di Gastelain si trova una osservazione di 
questa rara forma di otoematoma. 

La cura dell’oto ematom a è delle più semplici e deve limitarsi a facilitare il 
riassorbimento del sangue col mezzo di alcune compresse risolutive. Quando per 
altro il tumore è molto voluminoso, si può abbreviare la durata della malattia 
praticando alcune punture, in maniera da evacuare la più grande quantità possibile 
di liquido. Preferiamo questa cura a quella che consiste nell’incidere largamente 
il tumore e farlo suppurare (a). 

(a) [Quando il versamento è notevole una larga spaccatura eseguita con cautele asettiche 
ed eventualmente seguita da iniezioni nella cavità di soluzioni leggermente irritanti può dare 
buoni risultati. Anche il massaggio opportunamente praticato per facilitare il riassorbimento dei 
piccoli versamenti viene lodato da Meyek ( A. f. 0 ., XVI, 1880) e da V eil ( Monat . /. 0., 1881). 

Meritano speciale menzione le raccolte sierose impropriamente designate da alcuni autori 
col nome di cisti. Si deve considerare ormai come dimostrato che dette raccolte possono attri¬ 
buirsi sia ad esiti di otoematoma, sia ad esiti di pericondrite purulenta, sia finalmente ad una 
pericondrite sierosa primitiva. Vedansi in proposito per ulteriori ragguagli le pubblicazioni di 
Hartmann (Z. f. 0., voi. XIX) e la recente mia , dove si trovano altresì indicazioni bibliogra¬ 
fiche (Sopra un caso di pericondrite sierosa simmetrica dei due padiglioni dell’orecchio; Archivio 

Ital. d'Otologia , I, 57). 

Tra le affezioni del padiglione, alle quali l’A. non accenna, merita di essere ricordata la 

Iti. — Tv. di Chir., IV, p. 2» — Malattie delle regioni. 



Fig. 245. — Ematoma del padiglione 
dell’orecchio. 




Malattie dell’organo dell’udito 


m 

b) Tumori erettili. — Sebbene rari, i tumori erettili dell’ orecchio sono stati 
osservati qualche volta, sia sotto forma di tumori venosi, sia sotto forma di tumori 
arteriosi. 

I tumori erettili o venosi si presentano piuttosto come delle macchie estese ed 
abbastanza superficiali, costituendo così una deformità sovente irrimediabile, e 
contro la quale si possono tuttavia applicare i mezzi che sono stati indicati in 
occasione dei tumori erettili in generale. 

Quanto ai tumori erettili arteriosi, talora essi sono nettamente localizzati in 
un punto del padiglione dell’orecchio, talora essi si complicano con una dilata¬ 
zione varicosa delle arterie vicine, cioè con varici arteriose del cranio. 

Nel primo caso li si può combattere con uno dei processi che sono stati 
descritti altrove, ed in ragione dell’isolamento del padiglione, l’esportazione è 
particolarmente indicata ed è stata praticata con successo. 

Quando esistono nello stesso tempo delle varici arteriose del cuoio capelluto, 
la cura è molto più difficile, perchè si conoscono l’incertezza dei successi ed i 
pericoli dell’intervento chirurgico in questo caso. Tuttavia Golles, citato da Wilde, 
ha praticata la legatura dell'arteria auricolare posteriore per un tumore erettile 
dell’orecchio, complicato da varici arteriose, e, in due casi gravissimi, citati dagli 
autori del Compendium, nei quali esisteva una dilatazione di tutte le arterie 
auricolari ed il tumore era la sede di emorragie, si è dovuto far ricorso alla 
legatura della carotide primitiva. In uno di questi fatti, dovuto al dottore Mussey, 
non essendo bastata la legatura della carotide primitiva della parte malata ad 
arrestare le emorragie, il chirurgo si decise dopo alcune settimane a legare la 
carotide primitiva dell’altra parte. Il malato guarì. 

c) Tumori fibrosi. — È raro incontrare tumori fibrosi nella porzione cartilaginea 
del padiglione dell’orecchio. Triquet (1) ha osservato tuttavia un tumore di questa 


gangrena del padiglione, che venne osservata dopo grave malattia d’infezione, oppure primiti¬ 
vamente senza cause costituzionali speciali. Casi di gangrena simmetrica spontanea furono descritti 
da Urkantschitsch ( Società dei Medici. Vienna, 30 maggio 1890) e da Peroni e Gradenigo 
(Archivio Ital. di Otologia , II, pag. 235). 

Le ustioni e le congelazioni del padiglione non presentano note speciali in confronto a quanto 
s’osserva nelle altre parti del corpo. Altrettanto dicasi dell’erpete del padiglione, delle lesioni 
sifilitiche e delle affezioni cutanee che sogliono essere comuni alla cute di altre parti del corpo 
{Lichen nìber, pitiriasi, psoriasi, comedoni). 

Il lupus può colpire il padiglione sia primitivamente, sia per diffusione dalle parti vicine 
malate del viso. Quantunque se ne possano osservare tutte le varietà, la più frequente è data 
dalla formazione di noduli con lenta esfogliazione {lupus exfoliativus). 

Riguardo alle nevrosi del padiglione si può notare che l’anestesia o l’iperestesia cutanea 
accompagna di frequente le localizzazioni dell’isterismo nell’organo dell’udito; Féré e Ualton 
avevano anzi ammesso un rapporto costante, nell’isterismo, tra la insensibilità della cute del pa¬ 
diglione e del condotto uditivo esterno e la anestesia acustica dell’orecchio corrispondente. 
Osservazioni cliniche di Lichtwitz (Les anésth. hystér., etc. Paris 1887) e mie {Archivio Ital. 
di Otologia, III, 2° fase.; Giorn. della E. Accad. di Medicina, 1874, nn. 11 e 12) dimostrano 
invece che l’associazione fra l’anestesia sensoriale e la sensitiva dell’orecchio, se è frequente, 
non è affatto fenomeno costante in detta nevrosi (Trad.)J. 

(1) Traité pratique des maladies de l’oreille, p. 147. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


247 


natura, del volume d’un mezzo uovo, sorto nella parete posteriore del padiglione, 
che si trovava così spinta fortemente in avanti (fìg. 246). L’esportazione fu seguita 
da una rapida guarigione, ed il padiglione riprese la sua posizione normale. 

Sotto il nome di fibromi o di tumori fibrosi del lobulo dell’orecchio, si sono 
descritte delle vegetazioni rotonde e dure, qualchevolta molto voluminose, che 
si sviluppano lungo le cicatrici provocate dall’uso degli orecchini. Ma se tra questi 
tumori gli uni sono dei veri fibromi, gli altri sembrano piuttosto doversi classificare 
fra i cheloidi cicatriciali. Dolbeau (1) ha presentato alla Società di Chirurgia due 
osservazioni di tumori del lobulo dell’orecchio, il primo dei quali è un esempio di 
fibroma, mentre il secondo somiglia piuttosto ad un cheloide cicatriciale. 

Secondo 0. Saint-Vel (2), i tumori fibrosi del lobulo dell’orecchio sarebbero 
molto frequenti nei negri, e sembrerebbero svilupparsi sotto l’influenza dell’irritazione 
prodotta dagli enormi e pesanti orecchini, che stiracchiano e fendono anche il lobulo. 



Fi". 246. — Tumori fibrosi del padiglione 
dell’orecchio (Triquct). 



Fig. 247. — Tumori fibrosi del lobulo 
dell’orecchio. 


Oucsti tumori hanno una evoluzione sempre molto lenta ; impiegano dei mesi, 
anche degli anni ad acquistare il volume d’un uovo di piccione, d una noce. Sono 
soventi multipli e mostrano una simmetria perfetta da ciascuna parte. La loio 
diagnosi è facile; tuttavia si ha potuto confonderli con le cisti sebacee, affezioni 
molto rare, di cui Moos (3) ha riportato una osservazione. La durezza del tumore 
non lascerebbe alcun dubbio su questo punto e d’altronde l’esportazione riesce 

opportuna nei due casi. 

La cura consiste, difatti, nel praticare l’escisione del tumore, che bisogna fare 
più completa che è possibile per evitare recidive. Queste sono molto frequenti, 
e Saint-Vel ha sempre visto nei negri questi tumori ripullulare lentamente sul 
posto dopo una prima ed anche una seconda esportazione, ciò che lascia suppone 
che si trattasse di cheloidi, affezione molto frequente nella razza negra. 


(1) Société de Chirurgie, G gennaio e 24 febbraio 1S69. 

(2) Maladies des régions intertropicales, p. 475. 

(3) Klinik der Olirenheilkunde, p. Gl. 




248 


Malattie dell’organo dell’udito 


d) Tumori calcari. — Si incontrano molto sovente nei gottosi dei depositi 
d’acido urico nel padiglione dell’orecchio. Secondo Garrod, che ha segnalato il 
fatto, la formazione di questi depositi sarebbe, di tutti i sintomi esterni della gotta, 
quello che mancherebbe il meno sovente. 

Queste concrezioni, generalmente multiple, occupano soprattutto il margine 
superiore dell’elice. Il loro volume può oltrepassare quello d’un pisello. Abitualmente 
non dolenti, divengono qualche volta la sede d’una irritazione passeggera al 
momento d’un attacco di gotta. 

Se questi piccoli tumori divenissero incomodi per il loro volume o per l’irri¬ 
tazione che determinano, sarebbe possibile sbarazzarne il malato con una escisione. 

e) Cancro. — Il cancro del padiglione dell’orecchio sembrerebbe abbastanza 
raro, ove si giudicasse dal silenzio serbato dagli autori. In questi ultimi anni, 
tuttavia, l’attenzione è stata attirata su questo soggetto da alcuni fatti pubblicati 
da Velpeau (1), Demarquay (2), Bouisson (3) (di Montpellier), Sédillot (4) ; Treillet (5) 
nella sua tesi ne ha riunite 11 osservazioni. Ordinariamente è il cancroide che si 
osserva sul padiglione dell’orecchio ; talora questo è invaso dalla propagazione 
d’una lesione della stessa natura risiedente nelle vicinanze, come nella regione 
parotidea; talora la malattia si sviluppa primitivamente in un punto del padiglione. 

Là, come altrove, il cancroide comincia generalmente sotto forma di piccoli 
sollevamenti varicosi, duri e resistenti, che il malato irrita coll’unghia, e che finiscono 
col rammollirsi ed ulcerarsi, distruggendo più o meno rapidamente tutti i tessuti 
del padiglione, compresa la fibro-cartilagine. 

Il professore Bouisson ha visto il cancroide succedere ad un eczema cronico di 
lunga durata, accompagnato da numerose fessure che erano divenute il punto di 
partenza di ulceri a margini duri e che presentavano tutti i caratteri del cancroide. 

L’andamento della malattia sembra essere qualche volta rapidissimo. Sédillot ha 
citato un caso nel quale la totalità del padiglione era stata distrutta in meno di 
tre settimane; il condotto uditivo stava per essere invaso, quando il chirurgo si 
affrettò ad arrestare il male, cauterizzando a parecchie riprese, col ferro rovente, le 
parti ulcerate. Io ho osservato all’ospedale Beaujon un malato nel quale il cancroide 
sviluppatosi sul lobulo aveva distrutto in alcuni mesi la totalità dell’orecchio esterno 
e le parti vicine, dando origine ad una enorme ulcerazione, il cui fondo era formato 
dalle ossa del cranio denudate e necrotiche. L’articolazione temporo-mascellare 
era aperta largamente. 

Si possono incontrare sul padiglione dell’ orecchio altre varietà di cancro ? 
E difficile pronunciarsi a questo riguardo, in ragione del piccolo numero di fatti 
conosciuti. 

Il tumore osservato da Velpeau aveva il volume d’una avellana; era consistente, 
carnoso, ulcerato alla superfìcie, mobile sulle parti profonde. Lo si aveva diggià 

(1) Gaz. des hóp ., 1864, n. 27. 

(2) Ibid. t 1869, n. 114. 

(3) De l’amputation du pavillon de l’óreille; Montpellier medicai , giugno e agosto 1869. 

(4) Académie des Sciences, 25 giugno 1869. 

(5) Treillet, Tesi di Parigi, 1882. 


Malattie del padiglione dell’orecchio 


249 


esportato, ma s’era rapidamente riprodotto. Velpeau diagnosticò un tumore canceroso 
contenente probabilmente del tessuto fìbro-plastico e degli elementi di cancro 
encefaloide. 

A quale forma si devono riferire i tumori osservati dal dottore Campbell (1) e 
che, abbastanza frequenti fra gli abitanti della vallata del Nipal, si incontrerebbero 
soprattutto negli individui affetti da gozzo? 11 dottore Campbell ha operato due 
di questi tumori; essi stiravano fortemente il padiglione in basso, ricoprivano il 
meato uditivo e disturbavano molto l’udizione. Erano ineguali, carnosi, ed il loro 
tessuto rassomigliava a quello del sarcoma. 

Qualunque sia la natura di questi tumori, appena riconosciuto il loro carattere di 
malignità, il chirurgo deve intervenire rapidamente per prevenire la loro estensione. 

La cauterizzazione, l’escisione, la legatura, possono essere impiegate secondo 
i casi. Bouisson ha insistito sul manuale operativo dell’ amputazione parziale o 
totale del padiglione dell’orecchio, che egli preferisce, nei casi di cancroide, agli 
altri processi di distruzione (a). 


ARTICOLO III. 

VIZI DI CONFORMAZIONE E DEFORMITÀ DEL PADIGLIONE DELL’ORECCHIO 

Le deformità congenite ed acquisite del padiglione dell’orecchio non sono molto 
rare. Le une sono interamente al disopra delle risorse 
dell’arte; le altre, al contrario, sono suscettibili di 
essere corrette ed interessano più particolarmente 
il chirurgo. 

a) Le deformità per eccesso di sviluppo, conge¬ 
nite od acquisite, affettano talora la totalità, talora 
una parte solamente dell’organo. 

Si ha qualche volta segnalato uno sviluppo tal¬ 
mente esagerato del padiglione da costituire una 
deformità delle più moleste. Secondo un fatto ripor¬ 
tato dal dottore Di Martino (2), sembra che l’arte 
possa intervenire con successo. Nel suo caso difatti 
(fig. 248), il chirurgo levò alla parte posteriore del 
padiglione un lembo triangolare, poi riunì colla 
sutura le incisioni A e B, e corresse la deformità. 

L’escisione converrebbe perfettamente se si trattasse dello sviluppo eccessivo 


(1) Citato da Demarquay {Gaz. des hóp ., 1869, n. 114). 

(a) [Vedasi a proposito del cancro del padiglione una Rivista sintetica di Gherardo Ferreri 
pubblicata nell ’Archivio Italiano di Otologia , fase. II, pag. 214, dove si contengono, oltre ad una 
ricca casuistica e a numerose contribuzioni originali, anche estese indicazioni bibliografiche. E 
superfluo poi il notare che nel trattamento dei neoplasmi maligni del padiglione sono da usarsi 
gli stessi procedimenti operativi, che la chirurgia moderna consiglia per i neoplasmi maligni di 

altre parti dell’organismo (Trad.)]. 

(2) Triqcet, Maladies des oreilles, p. 140. 



Fig. 248. — Operazione in un caso di 
deformità per eccesso di sviluppo del 
padiglione (Di Martino). 



250 


Malattie dell’organo dell’udito 


di una parte del padiglione. L'anomalia si porta allora più generalmente sul lobulo 
che può offrire una lunghezza smisurata. Boyer avendo avuto a trattare un giovane 
nel quale il lobulo, sviluppato anormalmente, si prolungava sulla gota in modo 
disaggradevole, ne fece l’escisione con le forbici e tolse la deformità (a). 

b) Le deformità per difetto sono più comuni che le precedenti. 

L’assenza congenita del padiglione dell’orecchio è stata qualchevolta osservata. 
Quando essa non coincide con altri vizi di conformazione dell'organo dell’udito, 
non sembrano risultarne dei grandi disturbi nell’esercizio della funzione uditiva. 
Si può dire egualmente della distruzione totale del padiglione in seguito a bru¬ 
ciature, a piaghe, a cancrene. Nell’uno e nell’altro caso, la deformità deve essere 
riguardata come incurabile, e può solamente essere mascherata con certi apparecchi 
protetici, che sostituiscono il padiglione assente. 

Ma se la perdita di sostanza non interessa che una parte del padiglione, 
qualunque sia la causa e la sede della deformità, si può sperare di correggere 
qualchevolta quest’ultima con un'operazione autoplastica, prendendo in prestito un 
lembo di forma e di dimensioni convenienti sulla tempia, o sulla regione mastoidea. 
Il lembo dissecato è in seguito fissato a livello della perdita di sostanza prece¬ 
dentemente cruentata; poi, quando la riunione è avvenuta, si distacca il lembo 
restato aderente al cranio. Sebbene questa operazione sia stata consigliata da 
Dieffenbach, io penso ch’essa raramente fornisca dei buoni risultati. 

c) Le deformità per alterazioni di forma della conca sono molto frequenti. La 
maggior parte non costituiscono che delle varietà individuali senza importanza. 
Segnalerò una disposizione viziosa del trago e dell’antitrago, che sono attaccati 
l’uno all’altro e chiudono ermeticamente il meato uditivo, in modo da disturbare 
l’entrata delle onde sonore. L’escisione dell’una o dell’altra di queste parti od anche 
delle due ad un tempo è stata consigliata da Boyer. In mancanza d’operazioni, si 
potrà ovviare al disturbo dell’udizione, mantenendo l’apertura del meato dilatata 
col mezzo d’un piccolo tubo introdotto nel condotto. 

d) Le deformità per aderenze viziose del padiglione con le parti laterali del 
cranio, che si osservano qualchevolta in seguito a piaghe, a bruciature mal curate, 
possono essere corrette con la divisione di queste aderenze e coll’impedire che si 
riproducano, sia sorvegliando con attenzione la cicatrizzazione, sia interponendo un 
lembo autoplastico sulla superfìcie sanguinante del cranio. 

é) Fra i vizi di conformazione del padiglione, bisogna segnalare resistenza di 
fistole congenite di cui Betz (1) (di Heilbronn) ha riportato un esempio. In una 

(a) [Sul trattamento operativo delle più frequenti anomalie di conformazione del padiglione avvi 
ormai una estesa letteratura: ricorderò i lavori di Knapp {Trans, of thè Am. otol. Society, II, 1879); 
Ely ( Zeitsch. f. Olir., XI, 1882); Stetter {Ardi. f. Olir., XXI, p. 92); Monks {Boston med. Journ ., 
1891); Kiesselbàch {Archiv f. Olir., XXX, p. 127; Ayres {Zeit. f. Olir., XI, p. 95); Sciiwartze 
{Ardi. f. Olir., XXIX, 273) ; Cocheril {Reme de Laryngol., d'Otolog., etc., 1895, nn. 3 e 4) (Trad.)]. 

(1) SchmidVs Jalirbiiclier, 18G4, CXXI, p. 344. 



Malattie del padiglione dell’orecchio 


251 


fanciulla di dieci anni, esisteva sul lobulo dell’orecchio sinistro una apertura 
fistolosa che conduceva in un tragitto lungo 2 millimetri, orizzontalmente diretto 
in dietro della cartilagine della conca, fra questa e la pelle, terminandosi a fondo 
cieco. Le pareti erano indurite, di modo che attraverso la pelle si sentiva un 
cordone dello spessore d’un ago. L’apertura fistolosa era abitualmente ricoperta 

da una crosta. 

Betz considera con ragione questa anomalia come risultante da un disturbo 
nell’occlusione della prima branchia che si chiude alla parte media e torma così due 
aperture, di cui la superiore dà origine al condotto uditivo esterno e di cui l’inferiore 
sparisce ben tosto. La persistenza di questa ultima sarebbe l’origine della fistola (a). 


(a) [Il capitolo sulle anomalie di sviluppo e di conformazione del padiglione ha oramai una 
ricchissima letteratura, così embriologica come teratologica e clinica. Le anomalie di conforma¬ 
zione furono poi in modo speciale studiate in questi ultimi tempi nel riguardo medico-legale, 
costituendo esse una delle più frequenti stigmate di degenerazione per i criminali e per i pazzi. 
Malgrado le conclusioni in contrario di Lahkois (Archives d'Anthr apologie cuminelle, t. II, 
1887 pag 33G) si può affermare che le conclusioni della scuola italiana, la quale riguarda le 
niù gravi tra le anomalie del padiglione come di carattere degenerativo, furono confermate dalle 
ricerche più recenti di Binoer (Archi» f. Psych., Voi. XX, 1887, fase. Il), di G. Gbìdekigo 
(Giornale delVAccad. di Med. di Torino, 1889-90, Il sordomuto 1891 e Archiv f. 0. 1891), d. 
Vali (Alla Wiener med. ZeUung, 17 marzo 1891), ecc. Le anomalie di conformazione del padi¬ 
glione si riscontrano nei pazzi e nei delinquenti con una frequenza molto maggiore che negl, 
individui normali; inoltre mentre in questi ultimi prevalgono anomalie di lieve momento, nei 

pazzi e nei delinquenti si riscontrano malformazioni di molta gravita. 

Riguardo alla cosidetta fistula auris-congenita, mentre rimando il lettore ad una mia mono¬ 
grafia in argomento (Ardi. f. 0., 1892, pag. 298), mi limito a notare che detta fistola non deve 
riferirsi ad una imperfetta chiusura della prima fessura branchiale, come erroneamente dapprima 
si credeva e come ripete l’A. ; ma ad anomalie nei processi secondari di sviluppo del padiglione 
(Vedansi in proposito i lavori di His (Congresso Otologico Interi!, di Basilea 1884 e di G. Gra- 
denigo, Archivio per le scienze med., voi. XII, n. 12). La fistola poi descritta da Betze riferita 
dall'A non è affatto un esempio dell’anomalia in parola, perchè la vera posizione della fistula 
auris, o della fossetta che spesso la sostituisce, si trova 3 o 4 mm. al davanti della porzione 
ascendente dell’elice, o su detta porzione stessa. Ricorderò qui le piu frequenti tra le anomalie 
che si possono distinguere nel padiglione secondo una mia classificazione: 

a) Anomalie del padiglione in totalità. 

lo Asimmetria del padiglione - II» eterotopia - III» aderenza del padiglione alla super¬ 
ficie laterale della testa - IV» orecchio prominente o ad ansa (anomalia frequente che richiamo 
in modo speciale l’attenzione degli antropologi, e la cui genesi è particolarmente illustrata dal¬ 
l’embriologia) - V» obliquità del padiglione - VI» anomalie di curvatura - VII» anomalie 

di dimensione. 

b) Anomalie delle singole parti del padiglione. 

I» Elice. — Da notarsi la punta così detta di satiro ben diversa dal cosidetto tubercolo di 
Darwin; inoltre la mancanza parziale o totale della ripiegatura dell’elice, l’appiattimento a guisa 

di nastro gcc» 

II» Antelice — Da notarsi la sua sporgenza maggiore in confronto all’elice (orecchio di 
Wildermuth), la sua mancanza completa o la mancanza isolata del crus superine, la sua ade¬ 
renza all’elice, la comparsa d’un terzo crus o di rilevatezze che possono interpretarsi come 

antelici accessorii (Gradekigo, Zeitsch. f. Ohr., 1891, Voi. XXI). 

Ili» Lobo - Si possono riconoscere un eccessivo sviluppo, una completa mancanza, anomalie 

d’inserzione, fessura congenita del lobo. Anomalie di minore frequenza ed importanza sono 

descritte per il trago, l’antitrago, per la cavità del padiglione, ecc 

Si deve ricordare altresì il valore che può avere la misura del padiglione nella identificazione 



252 


Malattie dell’organo dell’udito 


IL 

MALATTIE DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO 

ARTICOLO I. 

LESIONI TRAUMATICHE DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO 

1° FERITE — FRATTURE 

E raro che un corpo vulnerante che agisca sulla regione dell’orecchio o penetri 
nel condotto uditivo esterno, limiti la sua azione e non produca delle lesioni 
complesse, che si estendono sovente fino alla base del cranio. Qualchevolta, 
tuttavia, 1 inti oduzione mal destra dello speculo, o di istrumenti diversi destinati 
all’estrazione dei corpi stranieri determina sulla pelle del condotto uditivo delle 
soluzioni di continuità, che possono dar luogo ad uno scolo di sangue e divenire 
l’origine d’una otite esterna. 

Se si vogliono ricordare i rapporti intimi che esistono fra il condotto uditivo 

osseo ed il condilo del mascellare inferiore, si comprenderà che una violenza 

esterna che agisca dal basso in alto su questo ultimo osso, come in una caduta 

sul mento, possa determinare una frattura della parete anteriore del condotto 
uditivo. 

L’assottigliamento considerevole di questa parete che non è molto raro, e che 
Può essere portato al punto che essa divenga trasparente, costituisce una predispo¬ 
sizione a questo genere di lesioni di cui Morvan (1), Voltolini (2), Sourier (3), 
hanno riportato alcuni esempi. In due di questi casi l’autopsia permise di riconoscere 
che la frattura della cavità glenoide si propagava sotto forma di fessura alla base 
del cranio. 

La trattura semplice del condotto uditivo osseo sembra essere stata gene¬ 
ralmente sconosciuta o confusa colla frattura della rocca. Si osserva, difatti, nell’uno 
e nell’altro caso, una emorragia per l’orecchio, e dei sintomi di commozione 
cerebrale. Tuttavia, mi pare sovente possibile stabilire la diagnosi coll’esame 
attento dei segni locali. 

Il dolore limitato alla parte anteriore del condotto uditivo, in avanti del trago, 
dolore che aumenta considerevolmente colla pressione e coi movimenti della 
mandibola; l’esistenza d’uno squarcio della pelle al livello della parete anteriore 
del canale, o come in un caso osservato da Sourier, l’apparizione d’un tumore in 
questo punto, 1 integrità della membrana del timpano ; infine, la conservazione 
dell’udito, sono segni che appartengono propriamente alla frattura del condotto 

anti opometrica. Fra le indicazioni che dal 1881 Berthilliot raccoglie in Francia per poter 
riconoscere i delinquenti, occupano posto importante le cifre riferentisi alla lunghezza e alla 
larghezza del padiglione destro (Trad.)J. 

(1) Archives génér. de Médec ., dicembre 1856. 

(2) Virchow's Archiv, XVIII, p. 49. 

(3) Gaz. des lióp ., 1869, n. 120. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


uditivo osseo e che possono servire a farla riconoscere. Tuttavia, siccome è pos¬ 
sibile che questa lesione sia complicata con una fessura estesa alla base del cranio, 
sarà prudente, quando la violenza fu molto considerevole ed i fenomeni cerebrali 
furono molto notevoli, di riservare il pronostico e di comportarsi come se si avesse 
a curare una frattura della base del cranio. 

2° CORPI STRANIERI 

Fra i corpi stranieri dell’orecchio, gli uni sono introdotti accidentalmente, gli 
altri si formano sul posto e risultano da un disturbo nella secrezione normale 
delle ghiandole del condotto. Si parlerà fra poco di questi ultimi; per il momento, 

ci occuperemo dei corpi stranieri venuti daH'esterno. 

Questi sono assai variabili nella loro natura, nella loro forma, nelle loio 
dimensioni. Si può dapprima dividerli in due classi, secondo che si tratta di corpi 

viventi od inanimati. 

Si vedono, difatti, qualchevolta degli insetti penetrare nel condotto uditivo 
esterno, e determinare degli accidenti molto gravi. Nel maggior numero di casi, 
questo s’osserva negli individui affetti per lungo tempo da suppurazione del¬ 
l’orecchio, e per lo più si tratta di larve di mosche che si sono sviluppate nell’interno 
del condotto uditivo dopo essere state deposte allo stato d’uova, m vicinanza 
dell’orifìcio esterno. In altri casi, si sono viste delle forfecchie, dei grilli, delle 
cimici, delle pulci, ecc., introdursi, durante il sonno, nel condotto uditivo, ove 
soggiornano, ritenuti probabilmente dalla viscosità del cerume. 

I corpi stranieri inanimati si incontrano soprattutto nei bambini che giuocando 
s’introducono nell’orecchio dei sassolini, delle perle, dei grani, ecc. La lista, 
sarebbe troppo lunga se si dovessero enumerare tutti i corpi stranieri che si 
sono potuti osservare. Tuttavia è utile stabilirne un certo numero di classi, dal 
punto di vista degli accidenti che essi sono suscettibili di determinare, e dei 

mezzi che convengono per la loro estrazione. 

Senza parlare dei liquidi che è sempre facile fare uscire inclinando la testa, e 
tirando il padiglione in alto ed in dietro, si devono distinguere, fra 1 corpi stranieri 
quelli che sono molli e senza consistenza, come delle palline di mollica di pane, 
di carta; quelli che sono duri, come i sassolini, i grani di piombo, ecc.; quelli che 
sono suscettibili di rompersi, come le perle di vetro; quelli che, per imbibizione, 
possono gonfiarsi ed aumentare di volume, come i piselli, 1 fagiuoli, ecc. Infine, 
bisogna ancora stabilire una distinzione fra i corpi a superficie liscia ed unita e 
quelli che offrono delle asperità, delle punte capaci d’impiantarsi nelle pareti del 
condotto, di lacerare la membrana del timpano e di causare colla loro presenza 
una irritazione più o meno viva ; tali sono i frammenti di legno, di vetro, le spig e 

di grano, ecc. 

Sintomatologia. — Gli accidenti determinati dalla presenza d’un corpo 

straniero nell’orecchio sono assai variabili. 

Qualchevolta i corpi stranieri restano un tempo molto lungo senza produrre 

altro disturbo che una sordità leggera, accompagnata o no da deboli ronzìi; tanto 

che, quando il malato ha perduto il ricordo della penetrazione del corpo straniero, 



254 


Malattie dell’organo dell’udito 


si è tentati di attribuire la sordità ed i ronzìi ad una affezione spontanea del¬ 
l’orecchio. Ciò s’osserva abbastanza frequentemente negli individui che usano 
portare del cotone nelle orecchie, e che, dimenticando che non l’hanno levato, ne 
introducono una nuova quantità sopra la prima; questa si trova ammucchiata e 
spinta nella profondità del condotto, in cui s’imbeve a poco a poco di cerume, e 
finisce col costituire una massa molto aderente e semi-solida. 

Ma, bisogna ben confessarlo, i corpi stranieri introdotti accidentalmente nel¬ 
l’orecchio determinano quasi costantemente degli accidenti più o meno gravi e 
che talvolta possono perfino divenir mortali (a). 

(ili accidenti più frequenti sono quelli dell’otite acuta, caratterizzata da vivi 
dolori, la gonfiezza ed il rossore del condotto, gli scoli di sangue e di pus. Questa 
otite traumatica può offrire una intensità variabile; ma essendo mantenuta da 
una causa permanente, tende a persistere e può dar luogo alle diverse compli¬ 
cazioni che menzioneremo più tardi, in occasione dell’otite esterna. 

La membrana del timpano, se era rimasta intatta, non tarda ad infiammarsi, 
ad ulcerarsi ed a perforarsi; la cassa s’infiamma a sua volta, suppura e si pos¬ 
sono vedere sopravvenire tutti gli accidenti cerebrali (meningite, ascessi), che sono 
alle volte la triste conseguenza delle otorree persistenti. 

I corpi stranieri possono ancora determinare, sotto una forma cronica, dei 

disturbi generali gravi, e che, in molti casi, hanno dato origine a spiacevoli 
equivoci. 

Taluni ammalati, ignorando la presenza d’un corpo straniero, e lagnandosi 
di sordità, con ronzìi, vertigini, cefalea, sono stati considerati, in mancanza d’una 


(a) [tson si potrà abbastanza elevarsi contro questa affermazione dell’A. la quale piuttosto 
che desunta dall’osservazione dei fatti, pare essere il risultato di un pregiudizio dannosissimo, 
radicato ancor oggi tra le popolazioni e purtroppo tra i medici; non si potrà ripetere abba¬ 
stanza che un corpo straniero di natura non irritante accidentalmente introdotto nel condotto 
uditivo non vi determina d’ordinario notevoli sintomi di reazione e nel massimo numero dei 
casi può esservi bene e molto a lungo tollerato dal paziente. La clinica ce lo dimostra tutti 
i giorni. Gli accidenti mortali segnalati dall’A. non sono provocati dalla presenza del corpo 
straniero, ma dai tentativi inconsulti di estrazione ad ogni costo, che si praticano mediante 
strumenti e metodi inadatti. 


Quando si consideri che il condotto uditivo esterno rappresenta un canale tutto rivestito 
d epidermide, e che di solito il corpo straniero accidentalmente penetrato non oltrepassa la parte 
cartilaginea del condotto, si comprende come, ammesso che non si tratti di sostanza chimica ad 
azione caustica, o di corpo spinto con forza, nel qual caso si deve parlare piuttosto di trauma 
che di corpo straniero, lesioni notevoli del rivestimento epidermoidale non si possono avere; al 
più potranno svolgersi sintomi riflessi, riferibili alla delicata innervazione delle parti profonde 
del condotto, quali possono venir determinati anche da semplici tamponi di cerume. 

Intorno alla tosse reflessa che può provocare il contatto di un corpo straniero colla parete 
postero-superiore del condotto uditivo osseo, veggasi una monografia recente pubblicata nella 
Revue de Laryngologie da Guder (1894). 

Inoltre per altri sintomi, vertigini, accessi istero-epilettici, lipotimia, ecc., veggasi: Giulio 
Masini, Asma (Archivio Internazionale di otojatria , rinojatria e aereoterapia. Anno 1°, 1885, 
15 gennaio, p. 2G5) — Boucheron, Epilepsie d’oreille (Società francese d'Otologia, 30 aprile 1888) 

Herzog, Monats. f. Ohr ., 1887, n. 5 — Tiieoeald, Revue de Laryngologie, 15 settembre 1893 — 
Gradenigo, Archiv f. 0., XXXI, pag. 277 — Itard, Trattato cit., pag. 198 — Strazza, Archivio 
Ital, d'Otol ., ecc., I, 1893, pag. 243 (Tiìad.)]. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


255 


conveniente esplorazione, come colpiti da una affezione cerebrale e trattati colle 

sanguisughe, i vescicatorii, i purgativi, ecc. 

In altri casi i malati erano tormentati da una tosse violenta, ribelle a tutti 1 

trattamenti, e che cessò solamente quando si ritirò dal condotto un corpo straniero. 

In altri, che avevano egualmente un corpo straniero, si sono osservati dei 

vomiti violenti, accompagnati o no da altri fenomeni nervosi, e che non hanno 

ceduto che all’allontanamento della causa. 

In un fatto riportato da Itard (1), vi era una salivazione molto abbondante, 

che si elevò a 2 pinte e '/» «elle ventiquattro ore, e che sparì rapidamente dopo 
l’estrazione d’un pezzo di lana introdotto da tempo nel condotto uditivo. 

Questi diversi accidenti che appartengono in massima parte all’ordine dei 
fenomeni nervosi riflessi si spiegano molto facilmente avendo riguardo alla distri¬ 
buzione dei nervi dell’apparecchio uditivo. 

Ai disturbi d’origine riflessa che può determinare la presenza d’un corpo stra¬ 
niero nel condotto, bisogna aggiungere ancora le convulsioni e le paralisi estese, 
che si sono osservate qualche volta in queste condizioni. Così Boyer fa menzione 
d’un caso d’epilessia complicata da atrofia d’un braccio e d’anestesia d una meta 
del corpo in una giovinetta, guarita coll’estrazione d’una palla di vetro, la cui 
presenza era rimasta ignorata per otto anni; Wilde (2) riporta anche un fatto di 
epilessia con sordità, dipendente dalla presenza d’un corpo straniero nell orecchio, 

e che guarì per l’estrazione. , , . 

Questi fatti, certamente rari, non hanno niente d’inesplicabile; pere e si a 

mette oggigiorno senza contestazione, che l’epilessia è una malattia convulsiva, 
risultante qualche volta da una irritazione dei nervi sensitivi periferici. _ 

Quanto agli altri sintomi, quali i ronzìi, la cefalea, gli stordimenti, le vertigini, 
devono essere attribuiti, come Toynbee ha detto per il primo, alla pressione 
esercitata dal corpo straniero sulla membrana del timpano, pressione che si tras 
mette con l’intermediario di quest’ ultima a tutta la catena degli ossicini, pro¬ 
duce un infossamento della base della staffa nella finestra o\ae, e e er 
finalmente un’alterazione nell’equilibrio normale del liquido labirintico Ora si sa, 
dopo le esperienze di Flourens, che l'irritazione traumatica del labirinto da luogo 
a dei fenomeni singolari, che si appalesano coll’incoordinazione del "T™*?f' 
Ritornerò d’altronde su questo soggetto, trattando delle affezioni ce o 

interno. 


Diagnosi. - La presenza d’un corpo straniero non può essere riconosciuta 

che mediante l’esame dell’orecchio, e si deve anche concludere dall insieme dei 

fatti precedenti che questo esame è di rigore, in un gran numero di casi m cui 

esistano delle alterazioni nervose, anche se non vi sia moti\o per suppoire 

un corpo sia stato introdotto nell’orecchio. 

L’ispezione del condotto uditivo, praticata secondo le tegole eie sono i 

indicate, è ancora indispensabile da un altro punto di vista. Avviene, d.ttatti, 


(1) Loc. cit., t. I, p. 544. 

(2) Aural Surgery, p. 32G, 



256 


Malattie dell’organo dell’udito 


abbastanza sovente che certi malati affermino la presenza d’un corpo straniero 

rrr o~* z ir? zs j 

estrarlo. Avanti, dunque di fare un tentativo qualunque, si dovrl t cu 

con un esame conveniente, della presenza, della sede e della natura del corpo 

stramero; gl, rndjzi forniti dalla vista saranno controllati da una esploraZe 

delle piu prudenti con uno specillo che si introdurrà dolcemente attraverso allo 
speculo e che 1 occhio guiderà insieme alla mano. 

ch.wT*' ~u N ° n a Saprebbe mai richiam are abbastanza l’attenzione dei giovani 

. h ‘u S uì a prudenza che devono av ere nei tentativi d’estrazione def corpi 
stranieri dall orecchio. E affliggente dover dire, che in molti casi, l’intervento chi 

rurgico e stato più nocevole al malato che la stessa presenza del corpo straniero 

Questo ha origine da ciò che i tentativi d’estrazione si fanno, in generale” 

dello reculo Pr e eC d’una n l , l mdlSPenSabÌIe di SCoprire 11 corpo straniero coll’aiuto 

d frumenti grossolani, come cucchiai o pinzette, che si introducono alla cieca 
e che non hanno ordinariamente altro risultato che di far penetrare più profon¬ 
dala membrana del 6 * SPÌngerl ° ^ d ° P ° Ia 

^™ nd ° dUnqUe Si SUppone la P resenza d ’on corpo straniero nell’orecchio, la 

Sarà ^ aSSÌCUrarSÌ d6lla dÌagn ° SÌ C0U ’ eSame dirett0 mediante 

Dopo aver eseguito ciò, prima di tentare alcuna manovra con un istrumento 

e che V d a a Rr C ond ere “ 1 T™ ^ ^ ÌmmenSa ma ^oranza dei casi,’ 
Onesto PreSen vanta ^ i0 d’essere inoffensivo, se resta impotente. 

uditivo ™il T !T S 6 m lniezi0ni di acqua tepida spinte con forza neI condotto 

snècuTo a nn i “ ^ 8Wnga * SÌ PUÒ ’ per questa Azione, Asciare lo 
speculo a posto, ma, una volta riconosciuta la presenza del corpo, è preferibile 

levar fuori o speculo, poi praticare l’iniezione dopo aver raddrizzata la curvatura 

in dietro. È 

l’uscita di neCeSSan ° nnn ° Vare PareCChÌe V ° lte qU6ste iniezi0ni P er determinare 
lancili corpo ! ma quasi sempre questo mezzo finisce per riuscire; il liquido, 
lanciato con forza, penetrando fra il corpo straniero e le pareti, perviene a 
smoverlo e lo trascina nella corrente. perviene a 

ira—^T a ben Sapere Che ’ in Certe ^costanze, le iniezioni restano affatto 
di •° ° aV ! ,ene Papalmente quando si tratta di corpi suscettibili 

cnnd tt Per lmblblzIone - e che ’ dopo d’un certo tempo, riempiono esattamente il 
condotto e v. sono solidamente incuneati. Le iniezioni restano sovente ancora senza 

«o nel caso m cui il corpo straniero, avendo subito prima dei tentativi d’estra¬ 
zione, e stato respinto nella cassa, dopo la distruzione della membrana del timpano. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


257 


La condotta del chirurgo deve allora regolarsi in base agli accidenti determinati 
dalla presenza del corpo straniero, e sulle più o meno grandi difficoltà che si 
devono incontrare per raggiungerlo. Se gli accidenti sono quasi nulli, e se tuttavia il 
corpo straniero per la sua sede poco profonda, r 

per la sua forma, la sua consistenza si presta 
ad una facile estrazione, infine se si è sicuri di 
non produrre, tentando l’estrazione, dei disordini 
più gravi di quelli che esistono diggià, è evidente f B 

che bisogna fare questi tentativi. Il miglior istru- j A 
mento è una pinzetta delicata, munita di pie- j / I 

colissimi uncini, che s’introduce nello speculo e II/ I 

che si dirige con la vista fin sul corpo straniero. Il AL 

Mi sono sempre trovato molto bene impiegando M JP| 
una pinzetta fatta sul modello che è rappresentato I I ìj 

nella figura 249. Qualchevolta un uncino molto II || 

sottile permette d’uncinare questo corpo, di ri- H I 

muoverlo e di determinare il suo spostamento. H I 

Uno spillo, la cui fina estremità è incurvata H || 

leggermente, e che si fissa in una pinzetta a 'il 

pressione, compie perfettamente questo ufficio. H 1 

Se, quando gli accidenti sono nulli, l’estrazione EH II 

del corpo straniero coll’aiuto d’istrumenti sembra 

tale da cagionare dei disordini, è preferibile aspet- p . g 249 _ pinzaporostral . reUorpìstl . aniori . 
tare ed insistere coi mezzi inoffensivi, e, in par- 

ticolare, colle iniezioni. Il più spesso, difatti, il corpo straniero finisce coll’essere 
rimosso ed esce col liquido. 

Al contrario, gli accidenti sono molto intensi? Bisogna a qualunque prezzo 
sbarazzare il malato. In questi casi, è qualchevolta necessario ricorrere al clo¬ 
roformio, soprattutto se si tratta d’un bambino, affine di facilitare 1 applicazione 

degli istru menti e la loro manovra. 

Per questi casi urgenti, nei quali la vita del malato è qualchevolta in pericolo, 
si è proposta una operazione in passato consigliata da Paolo d Egina, e che 
consiste nel praticare una incisione semilunare dietro il padiglione dell orecchio 
per penetrare nel condotto uditivo dietro il corpo straniero. Tròltsch propone con 
ragione, nel caso in cui si decidesse di ricorrere a questa operazione, di penetrare 
nel condotto uditivo non all’indietro, come nel processo di Paolo d’Egina, ma in 
alto, ove è molto facile, soprattutto nei bambini, il distaccare il condotto uditivo 

dalla porzione squamosa del temporale. 

Sebbene io non abbia mai avuta l’occasione di praticare questa operazione, 

sarei molto disposto ad accettarla per principio, perchè non merita 1 rimproveri 
di cui è stata l’oggetto da parte di Malgaigne, ed in casi in cui la vita del malato 
è in pericolo, può permettere di fare sparire la causa degli accidenti (a). 


(a) [Sui varii metodi di estrazione dei corpi stranieri dall’orecchio potrebbe oggi scriversi 
molto. Deve restare come regola che quando si debba ricorrere all’introduzione di strumenti 




Malattie dell’organo dell’udito 


ARTICOLO IL 

LESIONI VITALI E ORGANICHE DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO 

1° ALTERAZIONI DELLA SECREZIONE - CONCREZIONI DI CERUME 

La secrezione delle ghiandole ceruminose presenta numerose variazioni indi¬ 
viduali, e, nella stessa persona, non è raro vedere il cerume offrire delle notevoli 
differenze, senza che sia possibile scoprirne la causa. 

La diminuzione della secrezione del cerume è molto spesso collegata all’esistenza 
•duna malattia cronica dell’orecchio medio, e gran parte di soggetti colpiti da 
sordità segnalano, come un fenomeno che li ha stupiti, la secchezza anormale del 
condotto uditivo. Si è per lungo tempo errato sul valore di questo sintomo, e si 
credette che il difetto di secrezione del condotto fosse la causa della sordità. Ciò 
non è vero, e si deve ammettere che la secchezza anormale del condotto coesistente 
con una diminuzione dell’udito non è che un epifenomeno, una specie di alte¬ 
razione simpatica, avente per causa una lesione profonda dell’orecchio. Non si 
saprebbero negare al giorno d’oggi le simpatie che uniscono fra e se le differenti 
parti dell’organo dell’udito, e basta ricordarsi, per comprendere quelle che se¬ 
gnaliamo, che il ganglio otico fornisce dei rami alle differenti regioni dell’orecchio 
e notabilmente alla mucosa della cassa e alla pelle del condotto uditivo. 

È frequente osservare uno stato opposto al precedente; l’accumulazione di 
cerume che finisce per ostruire il condotto uditivo esterno. Questo stato può 
riconoscere per causa, sia un aumento della secrezione normale, sia un’alterazione 
dei prodotti secreti, sia infine un ostacolo all’eliminazione di questi prodotti. 

Aggiungerò che questi tre ordini di cause si trovano spesso riuniti nello stesso 
soggetto. 

In certi individui, a pelle grassa e lucente, con secrezioni cutanee molto attive, 
la produzione del cerume è anche molto abbondante e sovente esagerata. La 

nel condotto uditivo essi vanno sempre diretti sulla guida dell’occhio. Meglio che alle pinze 
anche di modello più perfezionato di quelle raffigurate dall’A. si può ricorrere con successo ad 
un sottile uncino ottuso per spostare il corpo straniero. L’uso del galvano-cauterio da taluno 
proposto per praticare un foro nei semi vegetali è da sconsigliare per la irradiazione del calore 
e consecutiva lesione delle pareti del condotto. Anche il metodo agglutinativo non mi ha fornito 
soddisfacenti risultati. Quando, come spesso accade, ci si trova in presenza d’un corpo straniero, 
il quale per inopportuni tentativi d’estrazione è incuneato profondamente tra le pareti rigonfie e 
suppuranti del condotto, è miglior partito attendere, istituendo una cura blanda, che i sintomi 
di reazione scompaiano col tempo spontaneamente. Avviene allora di solito che anche con semplici 
lavacri l’estrazione riesce. Il distacco del padiglione dall’indietro dovrebbe venir istituito solo 
allorquando il corpo sia stato imprudentemente spinto nella cassa dopo lacerazione della membrana 
timpanica, ed esistano sintomi di ritenzione del pus; anche con questo metodo l’estrazione non 
viene però notevolmente facilitata. 

Un caso assai istruttivo nel quale sforzi brutali di estrazione d’una pietruzza diedero origine 
all’inoculazione del tetano è recentemente descritto da Sciimiegeloff (Bevue de Laryngologie , n. 5, 
pag. 129, 1° marzo 1894) (Trad.)]. 

[E però evidente che anche la minima scalfittura prodotta dalla pietruzza infetta sarebbe 
stata ugualmente fatale (D. G.)]. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


259 


mancanza di pulizia può allora bastare a spiegare l’accumulo lento del cerume. In 
altri casi, un’irritazione patologica, quale l’iperemia ripetuta della pelle, in seguito 
ad eruzioni foruncolose, d’eritema, d’eczema del condotto, è causa dì ipersecrezione 

del cerume (a). 

Bisogna ancora notare, come valevole a determinare un aumento nella secre¬ 
zione normale del condotto, l’irritazione del simpatico che risulta da una affezione 
cronica della faringe, delle trombe od anche dell'orecchio medio. Non saprei dire 
se questa azione simpatica si manifesti aumentando od alterando la secrezione 
normale, ma è certo che molto frequentemente l’accumulo del cerume nell’orecchio 
si osserva negli individui colpiti da angina, da catarro cronico della tromba e 

della cassa. 

Sotto l’influenza di cause che ancora si ignorano quasi completamente, u 
cerume può subire nella sua composizione diverse modificazioni che, alterando 
la sua consistenza, spiegano sino ad un certo punto la sua mancanza d eliminazione 
e fi suo accumulo lento nel condotto uditivo. Pétrequin ha comunicato all’Ac¬ 
cademia delle Scienze (1) il risultato delle sue ricerche sulla composizione del 
cerume. Seguendo questo autore, il cerume è costituito: 1° circa da un decimo 
di acqua; 2° da un corpo grasso formato da oleina e da stearina; 3° da un 
sapone di potassa solubile nell’acqua e nell’alcool, insolubile nell’etere a freddo ; 


(„) [Contrariamente all’opinione espressa dall’A. e attualmente ancora dominante, Guy* ha 
dimostrato (1Y Congresso Intern. di Otologia, Brusselles 1888; Comptes rendus , pag. - ), e 
io ho potuto persuadermi in molte occasioni dell’esattezza della sua opinione, che i tamponi 
non sono dovuti ad una ipersecrezione di cerume, ma al contrario nella grande maggioranza dei 
casi ad una diminuzione di questa secrezione, diminuzione che è un sintomo causato da un disturbo 
circolatorio cronico sia della cassa timpanica, sia dell’orecchio interno. La coincidenza frequente 
d’una aridità esagerata del condotto con catarro cronico secco dell’orecchio medio e un fatto che 
non era sfuggito all’osservazione anche degli autori antichi, i quali anzi prendendo semplicemente il 
sintomo secchezza per la causa della sordità si sforzavano di combatterla con olii e r.medii irri¬ 
tanti. Nei sani il cerume ha la consistenza di cera molle ed e agevolmente espulso per mezzo 
dei movimenti della mandibola, che si trasmettono al condotto cartilagineo e a. peli. Quando 
la secrezione è diminuita il cerume si dissecca e si indurisce e i peli non sono piu capaci di 

porlo in movimento; da questo momento comincia la ritenzione; tutta la materia prodotta dietro 

a questo punto d’arresto si accumula e impercettibilmente si forma un tampone, che resterà 
inavvertito finché non scomparirà del tutto lo spazio fra esso e la parete del condotto, o finche verrà 
messo in contatto colla membrana del timpano o mediante un urto o mediante 1 introduzione d u 
dito È impossibile misurare il tempo necessario per formare il primo tampone di cerume ma 
studio delle recidive può fornire utili indicazioni. Secondo Guye, del quale io posso confermare 
le osservazioni, la prima recidiva accade raramente avanti un periodo d. nove mesi ad un anno 
e le seguenti si riproducono ad intervalli sempre più lunghi, 1 anno, 2 anni, 3 o 4 anni, finche 
il malato viene a domandarci di levargli ancora una volta .1 suo tampone e non si tiovat niente 
salvo un condotto uditivo esterno secco e un’otite media catarrale cronica. La Presenta d. ta 

poni ceruminosi è adunque più importante di quello che s. pensa, quando““ 1D 
individui giovani; essa indica uno stato anormale profondo e il chirurgo non deve quindi limita.si 
ad estrarre il tampone, ma ancora deve ricercare i sintomi d’una incipiente otite media, che 
ver mia parte posso dire d’aver trovata nella grande maggioranza dei casi. . 

Un meccanismo di formazione del tampone, ben diverso dal sopra descritto, e quello che s, 
nota di solito nei vecchi, per stenosi del meato da floscezza delle pareti cartilaginee e consecutiva 

ritenzione del secreto (Tràd.)]. 

(1) Sedate del 19 gennaio e dell’8 novembre 180/. 



260 


Malattie dell’organo dell’udito 


4° da un sapone di potassa insolubile nell’alcool, solubile nell’acqua ; questo ultimo 

sapone è formato di due sostanze particolari egualmente solubili nell’acqua, e 
una delle quali solamente è solubile nell’alcool; 5° duna materia insolubile nel- 
1 etere, nell’alcool e nell’acqua, secca, e che rinchiude della potassa, un po’ di 
calce, e delle tracce di soda. 


Ora, secondo lo stesso autore, si osservano diverse modificazioni nella propor¬ 
zione di questi elementi costituenti il cerume. Prima, la diminuzione di metà 
della materia solubile nell’alcool, materia che ha la proprietà di conservare quasi 
indipendentemente una certa viscosità; in seguito, da una parte, la cifra più 
elevata della materia solubile nell’acqua, ciò che rende la materia più suscettibile 
ad indurirsi per disseccazione, e, d’altra parte, la predominanza della materia 
insolubile e secca, ciò che dà al cerume una maggior consistenza. 

Le condizioni che abbiamo enumerate, cioè l’abbondanza od anche l’esage¬ 
razione della secrezione normale, e l’alterazione del prodotto secreto, bastano a 
spiegare come può avvenire, malgrado cure di pulizia, un accumulo lento, che 
mette capo all’obliterazione completa del condotto. 

Infine Wreden (1) ha descritto, sotto il nome di cheratosi otturante, una affe¬ 
zione particolare del condotto uditivo esterno e della membrana del timpano 
caratterizzata da una desquamazione considerevole degli strati epidermici e 
determinante la formazione di tamponi, più o meno voluminosi, che occupano 
più particolarmente le parti protonde del canale e che aderiscono molto forte¬ 
mente alle sue pareti. Hartmann (2) designa questa stessa affezione col nome 
di otite esterna desquamativa. 

Non è raro osservare un ultima condizione anatomica che aggiunge il suo 
effetto all una ed all altra delle cause precedentemente indicate. Voglio parlare 
d una ristrettezza anormale o d’una curvatura molto pronunciata del condotto, 
che, da una parte, si oppone all’uscita dei prodotti secreti e d’altra parte porta un 
ostacolo alla pulitura dell’orecchio. Ilo constatata 1’esistenza di questa disposizione 
in un gran numero d’individui colpiti da concrezioni ceruminose. I restringimenti 
patologici del condotto agiscono nello stesso modo. 


.Anatomia patologica. — La composizione delle concrezioni ceruminose 
è variabile, e le differenze che si osservano a questo riguardo dipendono verosi¬ 
milmente dalla parte più o meno attiva che prendono alla loro formazione i 
diversi organi secernenti del condotto uditivo. Si sa, diffatti, che la secrezione 
del condotto uditivo, conosciuta sotto il nome di cerume, non si compone esclu¬ 
sivamente del prodotto delle ghiandole ceruminose, ma ancora d’un liquido fornito 
dalle ghiandole sebacee, dall’esfogliazione epidermica, e da peli distaccati. Ora, a 
seconda che l’uno o l’altro di questi elementi predomina, i tamponi ceruminosi 
offrono dei caratteri particolari ; talora essi presentano una colorazione leggermente 
giallastra e brunastra, e sono composti di squame epidermiche arrotolate a 
spirale, mescolate a qualche pelo e ad una debolissima quantità di materie sebacee 


(1) Archiv fiir Augen-uncL Ohrenheilk linde, t. Ili, p. 91. 

(2) Maladies de l’oreille, p. 109. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


261 


e 'ceruminose, come nell’ otite desquamatici! ; qualchevolta anche la superficie di 
questi tamponi offre un colore biancastro, dovuto alla presenza fra le squame 
epidermiche d’una grande quantità di colestearina. Talora i tamponi ceruminosi 
sono amorfi, d’un bruno scuro, nerastri, composti essenzialmente di materie sebacee 
e ceruminose; si riconoscono squame epidermiche solamente alla loro periferia. 

Si trovano pure, mescolati alla massa, dei piccoli corpi stranieri venuti dall'esterno. 

Infine, a seconda che l’origine delle concrezioni ceruminose rimonta ad un tempo 
più o meno lontano, o a seconda che la loro formazione dipende da una altera¬ 
zione nella composizione chimica del prodotto, come pare risulti dalle ricerche di 
Petrequin, si osservano delle differenze manifeste nella consistenza di queste masse. 
Le une possono acquistare una durezza estrema e risuonano come delle pietre, 
quando vengono toccate collo specillo: si incontrano soprattutto nei vecchi. Le 
altre sono molli, d’una consistenza analoga a quella della cera, del mastice, oppure 

come nei bambini rassomigliano a del miele. 

La presenza di tamponi ceruminosi nel condotto uditivo esterno è tutt altro 
che inoffensiva. Indipendentemente dalle alterazioni funzionali che ne risultano e 
che dipendono da un ostacolo meccanico all’introduzione delle onde sonore, i 
tamponi ceruminosi possono occasionare delle lesioni anatomiche gra\ i, non sola¬ 
mente da parte del condotto uditivo, ma ancora da parte della membrana del 

timpano e della cassa. 

Toynbee, il primo, ha riferito dei casi nei quali la pressione prolungata di masse 
ceruminose indurite aveva determinata una dilatazione considerevole del condotto 
uditivo osseo, la quale poteva giungere anche al riassorbimento completo delle 
sue pareti anteriore, superiore o posteriore ; in uno di questi pezzi anatomici una 
massa di cerume era giunta fino nel mezzo delle cellule mastoidee dopo essere 
passata attraverso una perforazione della parete posteriore del condotto. Qual- 
chevolta anche le concrezioni ceruminose esercitano la loro molesta influenza sulla 
membrana del timpano, che si trova ispessita, infiammata, perforata e, in questo 
ultimo caso, la massa ceruminosa s’avanza fino nella cassa. 

Sintomatologia. - I malati affetti da concrezioni ceruminose possono non 
accusare che per unico sintomo una sordità tale che l’orologio non è inteso che 
al’contatto dell’orecchio. In generale, siccome l’accumulo si fa gradualmente e 
lentamente, i malati indicano che la sordità si è svolta insidiosamente e che i 

suoi progressi sono stati lenti. 

Tuttavia non è sempre cosi, e si può vedere dichiararsi bruscamente, o quasi, 
una sordità che dipende unicamente dalla presenza d’un tampone ceruminoso. 

Questo fatto, in apparenza singolare, si spiega molto facilmente. Le concrezioni 
ceruminose non determinano la sordità che quando esse hanno ostruito comple¬ 
tamente il lume del condotto. In un gran numero d’individui che non presentano 
che una diminuzione dell’udito appena apprezzabile, si trova il condotto uditivo 
quasi completamente riempito da un accumulo di cerume, che lascia fra la massa 
e le pareti del condotto una sottile fessura per il passaggio delle onde sonore. 
Si capisce che, in queste condizioni, basti una causa meccanica accidentale, come 
un colpo, l’azione d’un netta-orecchio, del dito, per smuovere il tappo ceruminoso 

17. - Tr. di Chir., IV, p. 2‘ - Malattie delle regioni. 



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Malattie dell’organo dell’udito 


o produrre V obliterazione completa del canale. L’introduzione d’una piccola 
quantità di liquido ed anche l’umidità dell’aria può agire nello stesso senso, pro¬ 
vocando il gonfiamento del tampone di cerume. 

Indipendentemente dalla sordità che è costante, i tamponi ceruminosi deter¬ 
minano sovente una serie di sintomi più o meno gravi, che possono alle volte 
indurre il medico in errore e fare credere all’esistenza duna affezione cerebrale. 
Gli ammalati si lagnano d’una sensazione di pienezza nell’orecchio e in tutta la 
testa, qualche volta di dolori vivi ed intermittenti; sovente essi sono tormentati da 
ronzìi ; infine non è raro vederli colpiti da stordimenti, da vertigini, da vomiti. 
Abbiamo detto, parlando dei corpi stranieri, che questi ultimi sintomi devono 
essere attribuiti alla pressione anormale esercitata sulla membrana del timpano 

e che si trasmette per la catena degli ossicini al liquido del labirinto. 

* 

E frequente osservare, sotto l'influenza di cause diverse, notevoli variazioni 
nello stato dei malati affetti da tappi ceruminosi. La sordità, i ronzìi, le vertigini 
s’accusano in certi movimenti del corpo, dopo l'introduzione d’una piccola quantità 
d’acqua nell’orecchio e nei tempi umidi; queste variazioni dipendono dallo spo¬ 
stamento o dal gonfiamento dell’ammasso ceruminoso. 


Diagnosi. — E sempre facile, coll’esame diretto mediante lo specillo, di rico¬ 
noscere la presenza di tappi ceruminosi. Si potrebbe tutt’al più confonderli con 
certi ammassi di pus disseccato, o con delle masse di parassiti di cui Wreden 
ha segnalato la frequenza. Bisogna ancora sapere che sovente queste concrezioni 
ceruminose hanno per nucleo un piccolo corpo straniero e più specialmente una 
pallottola di cotone. 

Se si ricordano gli accidenti singolari determinati qualche volta dalla presenza 
di tappi ceruminosi, come : pesantezza di testa, vertigini, stordimenti, vomiti, si 
capisce che i medici, colpiti da questi sintomi e trascurando l’esame dell’orecchio, 
abbiano potuto talora credere ad una affezione cerebrale ed istituire conseguen¬ 
temente una cura. Questi errori grossolani, che sono stati commessi molte volte, 
saranno evitati con un esame del condotto uditivo. 

Prognosi. — Quando si ha riconosciuta la presenza d’una concrezione ceru- 
minosa, si è sovente tentati a portare una prognosi favorevole, ed a promettere 
la guarigione completa appena estratto il corpo straniero. Ora, abbiamo detto 
come non sia raro che queste concrezioni sieno sintomatiche d’una affezione più 
profonda dell’orecchio medio, e si sa, d’altra parte, che la presenza prolungata di 
queste masse può determinare delle lesioni secondarie del condotto uditivo osseo, 
della membrana del timpano ed anche della cassa. 

Si dovrà dunque mostrarsi abbastanza riservati sul pronostico, e questa riserva 
si trova giustificata dal risultato delle statistiche fornite da Toynbee. Su 165 casi 
nei quali fu fatta l’estrazione d’un tappo ceruminoso, la guarigione radicale non 
si è ottenuta che 60 volte; in 43 casi vi fu un miglioramento manifesto; in 62 
casi un miglioramento leggero o nullo. 

Prescrivendo questa riserva nel pronostico, penso, ciò nonostante, che ò pos- 
sibile acquistare alcuni dati sul probabile risultato dell’estrazione del tampone 


Malattie del condotto uditivo esterno 


263 


ceruminoso. Si dovrà rivolgersi per questo all’esplorazione coll’aiuto dell’orologio 
o meglio del diapason applicato sulle ossa del cranio. Se il suono è percepito 
meglio dalla parte tappata, o se, colle due orecchie inegualmente chiuse, il suono 
è meglio percepito dalla parte in cui l’ostruzione è più completa, si può supporre 
che l’ablazione del corpo straniero sarà seguita da guarigione od almeno da mi¬ 
glioramento. Se, al contrario, le vibrazioni del diapason applicato sul mezzo del 
cranio sono meglio percepite dall’orecchio sano che da quello che è tappato, o 
se questo ultimo non le percepisce meglio di quell’orecchio che ò sano, si può 
affermare che esiste una complicazione profonda e che l’ablazione del tappo 
ceruminoso non sarà seguita da alcun miglioramento (a). 

Cura. — Come per l’estrazione del corpo straniero venuto dal difuori, non 
saprei mai abbastanza insistere sulla circospezione da usare nell’ablazione dei 
tappi ceruminosi. Si deve proscrivere, in modo quasi completo, l’uso degli istrumenti, 
e si deve ricorrere unicamente alle iniezioni tepide e spinte con iorza contio le 
pareti del condotto. Spesso è necessario, quando si ha a fare con delle con¬ 
crezioni dure e come pietrose, di rammollirle, e per molti giorni facendo praticare 
delle instillazioni d’acqua e di glicerina tepide (b). Sovente anche, e malgrado 
l’impiego di questi mezzi, è indispensabile fare parecchie sedute d’iniezioni, avanti 
di pervenire a distaccare la massa che esce in un solo pezzo od in frammenti 
separati. Qualchevolta, principalmente quando si tratta d’ammassi epidermici, e 
possibile favorirne l’uscita afferrandoli, quando cominciano a distaccarsi, coll aiuto 
di piccole pinzette, che si devono introdurre con prudenza ed aiutandosi colla vista. 

Quando si è riconosciuto, mediante l’esame collo speculo, che tutta la massa 
ò stata levata, si deve raccomandare all’ammalato di garantire 1 orecchio conti o 
l’azione del freddo e contro l’impressione dei rumori esterni, che talvolta è delle 
più penose. La dimenticanza di questo precetto è stata qualchevolta la causa 

d’infiammazioni violente dell’orecchio. 

Infine è utile consigliare agli ammalati l’uso di iniezioni leggermente astringenti 
rinnovate di tempo in tempo per prevenire il ritorno della malattia. 

2» INFIAMMAZIONI (OTITI ESTERNE) 

L ’infiammazione del condotto uditivo è designata sotto il nome d'otite esterna. 
Si mostra con forme diverse, secondo la sua natura, la sua causa, la sua sede 

(a) [Poiché i sintomi funzionali assai variabili che possono esser determinati dalla presenza d’un 
tampone di cerume sono dello stesso ordine di quelli provocati da qualsiasi altra les.one dell ap¬ 
parecchio di trasmissione dei suoni (otite media ecc.) i dati ai quali accenna l’Autore per poter 
riconoscere l'esistenza di una affezione profonda dell’orecchio, prima dell’estrazione del cerume, 
non hanno che un valore limitato, e ad ogni modo sempre solo per quanto riguarda una affezione 

dell’apparecchio di percezione (orecchio interno, nervo acustico) (Thad.)J. 

(b) [Si può aggiungere opportunamente a questi liquidi del bicarbonato di soda per facilitare 

il dissolvimento del tampone. Io soglio prescrivere: 

Pr. Bicarbonato di soda.S r - ^ 

Acqua di recente bollita. . . ) ana , 30 

Glicerina pura inglese . . . ) 

Sciogli esattamente, s. per istillazioni d’orecchio di 2 in 2 ore (Trai).)]. 


30. 




264 


Malattie dell’organo dell’udito 


anatomica; da ciò le numerose divisioni ammesse dagli autori che descrivono iso¬ 
latamente ciascuna delle varietà. 

( ù sembra che lo studio dell’otite esterna può essere considerevolmente sem¬ 
plificato, e che si ha gran vantaggio, se non si vuole esporsi a delle frequenti 
ripetizioni, nel riunire in una descrizione generale le differenti varietà della malattia. 
E tuttavia necessario distinguere due classi d’infiammazioni del condotto uditivo, 
comprendenti: A. Le infiammazioni circoscritte ; B. Le infiammazioni diffuse. 


A. — INFIAMMAZIONI CIRCOSCRITTE (FORUNCOLI DEL CONDOTTO UDITIVO) 

L’infiammazione circoscritta del condotto uditivo esterno è relativamente ab¬ 
bastanza rara; ciò spiega senza dubbio come essa fu passata sotto silenzio dalla 
maggioranza degli autori. Wilde ha pel primo segnalata, sotto il nome cYascesso 
del condotto uditivo, questa forma di infiammazione, che fu dopo meglio studiata 
da TrÒltsch e da Hagen (1). 


Eziologia. — L'infiammazione circoscritta del condotto uditivo esterno ap¬ 
parisce più di frequente nel periodo medio della vita, e sebbene colpisca presso 
a poco egualmente i due sessi, sembra, nella sua forma recidivante, più comune 
nella donna che neU’uomo. 

La malattia ha per causa qualchevolta una influenza generale. Così, gli individui 
che sono affetti da questa varietà d’otite, presentano sovente dei foruncoli, su 
altre parti del corpo, come se esistesse in loro una specie di diatesi foruncolosa, 


della quale indicheremo subito la causa probabile. 

Nelle donne, i disturbi della mestruazione e l’epoca della menopausa esercitano 
una influenza manifesta sullo sviluppo della malattia. 

Infine, i soggetti scrofolosi vi sono più specialmente esposti che gli altri, ed è 
molto frequente vedere svilupparsi a parecchie riprese delle infiammazioni circo- 
scritte nel corso d’un eczema cronico del condotto. 

L’otite circoscritta si mostra ancora come complicazione in altre affezioni 
dell’orecchio, e più particolarmente nelle suppurazioni della cassa. Si ò preteso 
che, in questo caso, l’abuso delle iniezioni d’allume possa divenire la causa di 
queste infiammazioni circoscritte (2). 

Dopo che Pasteur ha attribuito lo sviluppo del foruncolo alla presenza d’un 
microorganismo, Loevenberg (3) ha riconosciuta l’esistenza di diverse varietà di 
stafilococchi nel pus proveniente dai foruncoli dell’orecchio. Questo microbio, 
temilo in sospensione nell’aria e nell’acqua, si fisserebbe nei follicoli sebacei 
e darebbe luogo aH’infìammazione. Sarebbe anche al trasporto di questo micro- 
organismo sia da un punto ad un altro del condotto, sia da una regione all’altra 
nello stesso individuo, che sarebbero dovuti i fatti sì comuni di riproduzione del 
foruncolo nello stesso soggetto e certi casi di contagio. Gli stafilococci aureo, albo 


(1) Die circumscrìpte Dntziindung des uusscren Gehórganges. Leipzig 1807. 

(2) Le furoncle de l’oreille; Progres medicai , t. IX, 1881. 

(3) Monatschrift fiir Ohrenheilkunde , 1887. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


265 


e citreo sarebbero le varietà più frequentemente osservate. Secondo Kircliner (1) lo 
streptococco piogene albo sarebbe il microbio della foruncolosi dell’orecchio {a). 


Sintomatologia. —- L’infiammazione circoscritta del condotto uditivo co¬ 
mincia manifestamente nelle ghiandole della pelle, ma non è molto facile, come 

10 si è voluto dire, determinare esattamente se il punto di partenza della flegmasia 
sia nelle ghiandole sebacee e nei follicoli pilari o nelle ghiandole ceruminose. 

Gli uni, ed il più gran numero ammettono che essa s’inizi nelle ghiandole 
sebacee e nei follicoli pilari, i quali si mortificano e determinano attorno ad essi 
una infiammazione flemmonosa del tessuto cellulare; altri pensano che la malattia 
abbia la sua sede nelle ghiandole sudorifere, che, nel condotto uditivo, portano 

11 nome di ghiandole ceruminose. 

Per i primi, l’otite circoscritta è dunque un foruncolo della pelle del condotto; 
per i secondi, si tratta d'un’idroadenite, secondo 1 espressione consacrata da 
Verneuil (2). 

A nostro parere, queste due varietà possono incontrarsi, sebbene sia molto 
difficile se non quasi impossibile distinguerle al principio ; ma, ad un periodo più 
avanzato, diviene facile determinare se si ha a fare con un foruncolo o con un 
ascesso sudoriparo. 

L’infiammazione circoscritta del condotto uditivo s’annuncia con un senso di 


prurito, bentosto seguito da calore, da tensione e da dolore. Quest ultimo resta 


molto raramente localizzato al condotto uditivo, ma si irradia alle parti vicine; è 


quasi costantemente esasperato dai movimenti della mascella inferiore durante la 
masticazione, l'esercizio della parola, ecc. Questi fenomeni dolorosi possono acqui¬ 
stare un’intensità straordinaria, al punto da strappare delle grida agli ammalati, 
da privarli di riposo, di sonno, e da determinare in essi un movimento febbrile. 
In questi casi, gli ammalati si lagnano nello stesso tempo di ronzìi, di battiti violenti 


nell’orecchio. 


(1) Deutsche med. Wochenschrift , 18S8, n. 67. 

(a) [SciiiMMELLBUSCH in un suo lavoro sopra le cause dei foruncoli (Archivf. Ohrenh., XX'\ II, 
1889, pag. 252) riconobbe, in base a ricerche sperimentali, che per la produzione di foruncoli 
non basta che i germi patogeni esistano alla superficie della pelle, ma è necessario che essi 
vengano fatti penetrare, mediante sfregamento, nei follicoli pilari o nei condottini ghiandolaii 
delle pareti del condotto uditivo esterno. Ricerche batteriologiche istituite da Maggiora e da 
me (Giorn. R. Acc. di Medicina di Torino , nn. 7 e 8, 1891) dimostrarono che, contrariamente al¬ 
l’opinione di Lòwenberg, il quale ammette come forma più frequente lo stafilococco piogene albo, 
si riscontra invece più spesso nei foruncoli lo stafilococco piogeno aureo, e taloìa \ i si può ìi- 
scontrare il bacillo piocianeo. Nel maggior numero dei casi ci fu possibile riconoscere quale 
momento eziologico importante l’abitudine nei pazienti di introdurre nel condotto uditivo dei 
corpi duri (penne, stecchi) o allo scopo di estrarre del cerume o a causa di un prurito abituale, 

non di rado sostenuto da un eczema cronico del condotto. 

Secondo mie ricerche statistiche, i foruncoli del condotto offrono un maximum di frequenza 
dai dieci ai venti anni; riguardo al lato dell’affezione non risulta esservi differenza rimarchevole 
(Studio statistico sulle malattie dell’organo dell’udito; Giorn. R. Accad. di Medicina di Tonno , 

XLI, fase. 6-7, 1893) (Trad.)]. 

(2) De l’hydroadénite phlegmoneuse et des abcès sudoripares; Arch. gcncr. de Med ., 1864, t. Il, 
p. 537; 1865, t. I, p. 327 e 437. 






Malattie dell’organo dell’udito 



Questi fenomeni subbici, ti vi si spiegano molto bene per la propagazione dcl- 
rinfìammazione fino in vicinanza alla membrana del timpano, i cui vasi sono 
ingorgati di sangue. Si potrebbero anche considerare come il risultato d’una azione 
riflessa ed attribuirli all’irritazione viva dei rami nervosi che vanno alla pelle del 
condotto. 

Bisogna ancora aggiungere, per chiudere la lista dei sintomi fisiologici, che 
1 udito, prima semplicemente diminuito, si perde a poco a poco a misura che la 
gonfiezza aumenta e riempie il lume del canale. 

Difatti, rinfiammazione circoscritta del condotto uditivo dà luogo ad una gonfiezza, 
prima limitata all’una delle pareti, che s’estende poi gradualmente. Il colore 
della pelle è qualchevolta quasi normale, più sovente è di un rosso scuro. A poco a 
poco la gonfiezza aumenta, dà luogo allo sviluppo d’un vero tumore che, crescendo 
verso la parete opposta, non tarda ad obliterare il lume del condotto. 

La malattia può terminarsi per risoluzione; quest’ultima è forse più frequente 
che non si creda, se si riflette che, in molti casi, i malati non vengono a domandare 
consiglio al medico per una affezione che loro sembra leggera. La suppurazione 
è la terminazione più abituale, e quasi inevitabile se, verso il terzo o il quarto 
giorno, i fenomeni infiammatorii persistono colla stessa intensità. Si vede allora 
la pelle assottigliarsi nel punto più saliente del tumore, poi perforarsi e dare 
uscita ad una piccola quantità di pus, talora francamente flemmonoso, tal’altra 
composto da detriti grumosi, biancastri, che non si possono far uscire che col 
premere all’ingiro dell’apertura. 

A meno che una infiammazione non si sviluppi in vicinanza alla prima, ciò 
che non è raro, dopo che l’ascesso è aperto tutti i fenomeni dolorosi spariscono 
come per incanto, la gonfiezza diminuisce e con essa la sordità; esce ancora un 
po' di pus per alcuni giorni, poi la guarigione è completa. 

Diagnosi. — E facilissimo riconoscere collispezione diretta finfiammazione 
circoscritta del condotto uditivo. Vedremo come, anche nel caso in cui la gonfiezza 
sia abbastanza considerevole per obliterare completamente il lume del condotto, 
si può distinguere la malattia da una infiammazione diffusa. Quanto alla diagnosi 
differenziale fra il foruncolo e fidroadenite, credo che sia quasi impossibile al 
principio. Tuttavia i fenomeni infiammatorii mi sembrano molto più intensi nella 
prima che nella seconda di queste malattie. L’andamento è egualmente più rapido 
nel foruncolo ; infine, nel periodo di suppurazione, la distinzione diventa abbastanza 
facile, e l’ascesso delle ghiandole sudoripare si riconosce ai suoi limiti precisi, alla 
sua forma arrotondata e non acuminata, ed alla sua poca sensibilità quando lo 
si comprime collo specillo. 

Non terminerò questa diagnosi senza segnalare una varietà d’ascesso del 
condotto, che risiede alla parete superiore, e che si potrebbe confondere con un 
ascesso foruncolare o sudoriparo. Questa varietà d’ascesso, sorta d’ascesso mi¬ 
gratore, ha la sua origine nella suppurazione della cassa del timpano ; si sa, difatti, 
che le cellule aeree della cassa si prolungano nello spessore della parete superiore 
del condotto uditivo osseo. Può darsi dunque che, in certi casi di suppurazione 
dell’orecchio medio, delle collezioni di pus si formino sotto la pelle della parete 


Malattie del condotto uditivo esterno 



superiore del condotto uditivo osseo. L’esistenza pregressa duna otite media, la 
sede della collezione purulenta alla parete superiore del condotto, permetteranno 
di riconoscere questa varietà d’ascesso (a). 


Prognosi e Cura. — L’infiammazione circoscritta del condotto uditivo esterno 
è una affezione molto penosa ma senza gravità nelle sue conseguenze. Tuttavia si 


deve sapere ch’essa è soggetta a recidivare, e in certi individui le recidive sono sì 


frequenti che divengono una sorgente di tormenti per i malati. 

La natura microbica della foruncolosi ci spiega la frequenza di queste recidive 

che un trattamento appropriato può prevenire. 

Chiamati in principio, si potrebbe tentare di fare abortire 1 infiammazione con 
cauterizzazioni energiche col nitrato d argento, o con applicazione d una soluzione 
concentrata di solfato di zinco (2 a 4 grammi su 30 grammi d’acqua). Questo mezzo, 
che io non ho mai avuto occasione d’applicare, sarebbe riuscito fra le mani di 


Wilde e di Troltsch. 

Quando la gonfiezza infiammatoria è già molto marcata, consiglio di ricorrere 
subito agli antiflogistici. Alcune sanguisughe applicate davanti del trago portano 
qualchevolta un sollievo quasi immediato. Le filiazioni sovente ripetute di liquidi 
caldi, emollienti o narcotici, dovranno essere prescritte, insieme alle applicazioni 
di compresse imbevute in un liquido caldo e rinnovate quando il liquido si raffredda. 

La natura parassitarla della foruncolosi dell orecchio essendo ammessa, il titilla¬ 
mento dovrà consistere nella disinfezione del condotto. Per questo si fai a uso di 
lavacri frequenti con la soluzione calda di sublimato all’ 1 per 1000, o d acido 
borico a 4 per 100. Loewenberg consiglia le filiazioni frequenti d una soluzione 

satura alcoolica d’acido borico. 

L’incisione prematura del foruncolo, che si pratica coll aiuto d un piccolo coltel- 
lino bottonuto nel punto più sporgente e più doloroso, costituisce anche un eccellente 
mezzo d’abbreviare la durata della malattia, permettendo di meglio distrugga e il 

micrococco (b). 


(a) [La diagnosi differenziale tra la foruncolosi della parete esterna del condotto e la perio¬ 
stite mastoidea incipiente può riescire talvolta difficile, quando la infezione si è estesa alle parti 
molli vicine ed ha per sede prevalente la parete posteriore del condotto. In ambedue ì casi la 
regione retro-auricolare è arrossata e rigonfia, cosicché il padiglione può assumere una posizione 
quasi ad angolo retto sulla superficie laterale della testa; la cute di detta regione è arrossata, 
tesa e la palpazione riesce assai dolorosa. L’esistenza pregressa di una otite purulenta, la len¬ 
tezza nel decorso della tumefazione, la quantità relativamente abbondante di pus ebe esce da 
un’incisione della parte sporgente del condotto, sono tutti caratteri che permettono di d.rteren- 
ziare la mastoidite da una semplice foruncolosi o da un demone della parete posteriore te 
condotto. Un sintomo differenziale che non trovo accennato dagli autori, ma che in casi dubbi mi 
ha fornito eccellenti indicazioni, si è che nel caso di mastoidite il dolore si provoca sopratutto 
quando la palpazione o la compressione delle parti molli rigonfie retro-auricolari, e fatta diret¬ 
tamente contro il piano osseo costituito dalla apofisi mastoide, mentre nella foruncolosi il dolore si 
desta particolarmente quando si comprime nella direzione del condotto. La diagnosi diiìerenzia e 
tra la foruncolosi e le ulcerazioni sifilitiche secondarie del condotto è di solito abbastanza agevole; 
ricorderò soltanto la moltiplicità e la relativa indolenza delle lesioni nel secondo caso (liun.)j. 

(b) [La foruncolosi dell’orecchio è affezione talora dolorosissima e si comprende come per 
la sua cura si sieno proposti molti mezzi, dei quali però nessuno soddisfa completamente in tutti 



268 


Malattie dell’organo dell’udito 


Ti. — INFIAMMAZIONI DIFFUSE 

E principalmente riguardo alle infiammazioni diffuse del condotto uditivo esterno, 
che gli autori hanno moltiplicate le divisioni e le suddivisioni, secondo la naturai 
la sede anatomica, la causa delfinfiammazione ; perciò la distinzione delle otiti 
esterne in catarrali e purulente, in cutanee e periostee, in traumatiche, reumatiche, 
hlenorragiche, parassitane, esantematiche, scrofolose ecc. Tutte queste varietà e 
altre ancora, esistono realmente (a), ma non potrebbero essere descritte a parte. 
La divisione basata sulla sede anatomica delfinfìammazione non può neppure 
essere conservata, perchè l’infiammazione del periostio del condotto uditivo di cui 
si ^ voluto fai e una varietà distinta, è sempre secondaria, come diremo fra poco. 

Descriveremo dunque, sotto il titolo di otite esterna, l’infiammazione diffusa 
della pelle del condotto uditivo, e stabiliremo solamente, in ragione del procedere 
della malattia, una distinzione fra l’otite esterna acuta e l’otite cronica. 


a. — INFIAMMAZIONE ACUTA, OTITE ESTERNA ACUTA 

Eziologia. — L’otite esterna acuta si osserva in tutte le età; essa è molto fre¬ 
quente nei bambini ed anche nei neonati. Spesso sembra svilupparsi sotto l’influenza 
dell’evoluzione dentaria, e non è molto raro il vedere, in certi fanciulli, ogni eruzione 


i casi. La incisione, il trattamento chirurgico per eccellenza, che, anche se praticata in uno 
stadio precoce, dà d’ordinario i più pronti risultati, incontra nella pratica gravi difficoltà, perchè 
dolorosissima e perciò difficilmente accettata dal paziente. Coi mezzi abortivi, sia astringenti, sia caustici 
o coll azione del freddo non si ottiene molte volte che di prolungare per una settimana e più 
il processo morboso, che lasciato a sè stesso avrebbe compiuto un ciclo di tre o quattro giorni. 
L’uso dei narcotici dà spesso risultati poco incoraggianti; anche il cloroidrato di cocaina, in 
torte concentrazione (10%) ha poca azione sul focolajo morboso, attraverso il grosso strato di epi¬ 
dermide intatto. Le injezioni di soluzione fenicata al 2 fino al 5 0 0 nel foruncolo stesso racco¬ 
mandate da Weber-Liel o nei dintorni di questo, come proponeva anche recentemente Ludewig 
nella Sezione Otologica del Congresso internazionale di Roma (1894) riescono dolorose forse 


quanto la incisione e sono incomparabilmente meno efficaci. Anche le così dette amigdale 
aunum di Gruber a base di gelatina, estratto di oppio, e morfina, il mentolo lodato specialmente 
da Gholewa, l’alcool al sublimato ed altri rimedi giovano di solito poco. La compressione del 
tratto rigonfio della parete mediante l’introduzione (dolorosa) di un cilindro o di un tampone 
dilatante il lume ristretto del condotto può dare, se tollerata, risultati buoni; ad ogni modo nella 
foruncolosi acuta è assolutamente controindicato il massaggio, pure consigliato da qualche autore. 

L importante la distinzione tra la foruncolosi primitiva del condotto e quella secondaria ad 
otite media purulenta. In questo secondo caso la affezione può simulare la diffusione del processo 
dell orecchio medio alla mastoide, sopratutto quando l’infiammazione circoscritta della parete 
posteriore del condotto è profonda e la raccolta purulenta non fa perciò ancora sporgenza nel 
lume di questo. Quando è secondaria alla otite purulenta, la affezione, causando un forte ristrin¬ 
gimento o anche la occlusione del lume del condotto può divenire complicazione assai temibile 
della malattia della cassa, perchè determina una ritenzione di pus. In tali casi il trattamento 
più appropriato è la dilatazione permanente del condotto mediante adatta cannula rigida (Trad.)]. 

(a) [L’otite esterna catarr. non esiste, perchè il catarro o muco è il prodotto di una mucosa, 
e il canal, ud. est. non è tappezzato da mucosa. Anzi un ottimo sintomo differenziale per rico¬ 
noscere che il secreto che si trova nel condotto proviene, almeno in parte, dalla cavità timpanica si è 
1’esistenza nel liquido di lavacro di filamenti di muco (Trad.)]. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


269 

dentaria preceduta o accompagnata da un'eruzione infiammatoria da parte del 
condotto uditivo esterno. 

Le cause dell’otite esterna acuta sono molto varie. In primo luogo dobbiamo 
mettere i traumatismi, come i corpi stranieri introdotti accidentalmente nell’orecchio, 
od anche i corpi stranieri sviluppati in posto e che divengono qualchevolta una 
causa d’irritazione per le pareti del condotto. Bene spesso bisogna accusare i 
tentativi brutali ed inetti fatti per estrarre questi corpi stranieri, e che, aumentando 
i disordini già prodotti, danno luogo ad una violenta infiammazione. 

L’introduzione di sostanze liquide nell’orecchio è ancora una causa frequente 
d’otite esterna. I liquidi agiscono talvolta per la loro temperatura troppo elevata 
o troppo bassa, talvolta per le loro proprietà chimiche, irritanti o caustiche. 
L’azione diretta sull’orecchio duna corrente d’aria fredda deve essere aggiunta alle 
cause precedenti. 

Alcuni autori hanno preteso che l’otite esterna acuta potesse svilupparsi pel 
trasporto di pus blenorragia sulla pelle del condotto uditivo, ed hanno ammesso 
una otite blenorragica. Segnalata da Hunter e \ igarous, ammessa da Hard e 1 ìiquet 
che ne hanno riportato alcuni esempi abbastanza contestabili, 1 otite blenorragica mi 
sembra ancora lungi dall’essere dimostrata, e, ad ogni modo, deve essere molto rara. 

L’otite esterna riconosce sovente per causa la diffusione al condotto uditivo, 
duna malattia generale. La si vede sopravvenire nel corso dei diversi esantemi, 
come la resipola, la rosolia, la scarlattina, il vaiuolo. È raro che un affezione 
scrofolosa della faccia e del padiglione dell’orecchio non si propaghi alla pelle del 
condotto. Cionondimeno ho visto l’eczema del condotto uditivo in certi soggetti 

esenti da qualunque altra manifestazione cutanea. 

Infine si osserva qualche volta l’otite esterna in seguito alle febbri gra\i, e 
Bordier (l) l’ha segnalata ultimamente nel corso del colèra. Non oserei dire se, 
in questi casi, si trattasse realmente d’otiti esterne, e non d otiti medie. 


Sintomatologia. — Il principio della malattia è generalmente segnato da 
un prurito, una sensazione di aridità e di calore, che non tarda a dar luogo ad 
un dolore in principio sordo, poi ben presto vivo, lancinante, che aumenta pei il 
minimo tocco all orecchio e per i movimenti della mandibola, irradiatesi in pios- 
simità all’organo malato, ed anche a tutto il lato corrispondente della testa. I 
dolori sono qualche volta talmente violenti che impediscono il sonno, determinano 
un’agitazione continua ed anche il delirio. Esiste allora quasi sempre un leggero 
movimento febbrile. 

I disturbi funzionali sono variabili e in rapporto con 1 intensità dell infiammazione 
e le complicazioni che possono sopraggiungere dal lato delle parti profonde del¬ 
l’orecchio. In generale, i malati si lagnano d’una sordità più o meno maicata, di 


pulsazioni e di ronzìi continui. 

Se si esamina in questo periodo il condotto uditivo (ciò che si deve fare sempie 
con grande circospezione causa i dolori provocati dall’esplorazione), si riconosce 
un ristringimento manifesto prodotto dalla gonfiezza della pelle che presenta 


(1) Epidemie cholérique de 1SGG; Arch. gemer de Mcd 1SG7, t. I, p. ISO. 


270 


Malattie dell’organo dell’udito 


sopra ulto verso le parli profondo del condotto un rossore intenso. Questo è 
talvo ta mascherato, principalmente nella porzione cartilaginea del canale^ da una 

condótto. 0 " 6 6P erm ‘ Ca ahb0ndal ' t0; ciò si osserva in particolare nell’eczema del 

del’con'dolfo k Che ' a membrana del timpan0 all’infiammazione diffusa 

del condotto cosi S1 possono riconoscere i segni obbiettivi della miringite che 
saranno descritti più tardi. h ’ 

Dopo una durata media di due o Ire giorni, i sintomi si mitigano nello stesso 

La l°aÌiTl rr bÌ0 , Utl ° SCOl ° Sioro -P urulenl o- Poi francamente purulento, 
a ffuan: ita d. liquido e molto variabile; talvolta essa è abbastanza considerevole 

per costituire una forma d otorrea, ciò che si osserva principalmente nelle otiti da 

causo esterne; in altri casi, e sopratutto nella forma eczematosa, lo scolo è cosi 

poco abbondante da passare quasi inosservato. Ma se si esamina il condotto si 

trovano le sue pareti tappezzate da squame epidermiche, biancastre, come macerate, 

qua c evolta abbastanza abbondanti per ostruire completamente il lume del canale. 

.uesto accumulo di lamelle epidermiche si nota sopratutto verso le parti profonde, 

in prossimità della membrana del timpano, che contribuisce con l’esfogliazione della 
sua superficie esterna alla produzione di tali masse. 

In questa varietà di otite esterna si ò riconosciuta in qualche caso l’esistenza 
di parassit' che Mayer (1), Pacini (2), Schwartze (3), Wrcden (4), Weber (5), ed 

, (6) ’ bann ° descrittl c °me appartenenti al genere Aspergiti™ (A. penicillatus, 

fflaucis, flavescens, mgncens, ecc.) ; da ciò la creazione duna nuova varietà d’otite 
designala sotto ,1 nome d'otite parassitarla, di micomiringite o di miringomicosì. 
Queste produzioni parassitarle preesistono forse all’infiammazione, di cui esse 
potrebbero essere considerate come la causa determinante, o non si sviluppano 
che secondariamente, quando la secrezione del condotto è già alterata ? Questo è 
ciò che non si è ancora potuto determinare esattamente. Ma è certo che i 
parassiti moltiplicandosi incessantemente devono, ad un dato momento, divenire 
una causa d’irritazione che mantiene la malattia allo stato cronico, ed è suscettibile 
di tarla passare di tratto in tratto allo stato acuto. 

Secondo le ricerche esperimentali di Siebenmann (7), l’aspergillo non si svilup¬ 
perebbe sulla pelle del condotto normale, o quando esiste una secrezione purulenta. 

miglior terreno di coltura sarebbe il cerume ; così l’otomicosi s’osserva esclusi¬ 
vamente nel caso di eczema del condotto uditivo o d’otorrea sierosa che succede 
all otite purulenta. 

Lo strato parassitano riposa alla superfìcie dello strato di Malpigli; esso forma 
( elle macchie nerastre più o meno estese, che tappezzano le pareti del condotto 

O) Beobachtungen von Cysten und Fadenpilzen aus dem àussern Gehòrgange; Mullers Ardito. 

Jol4, p. 401. 

p? ia Una muffa l )arassita (mucedo) del condotto uditivo esterno. Firenze 1851. 

•» iJswuchcrung (Aspergillus) im ausseren Gehorgang; Arch. far OhrenheiUcunde, Bd. II, p. 5. 

G ùcelis B alle von Myringomykosis (Aspergillus glaucus); Ardi. f. OhrenheiUcunde , Bd. Ili, p. 1. 
o Ueher Parasiten im ausseren Olir (Otitis parasitica); Monatschrift fiir OhrenheiUcunde. 

(<>) Ardi. f. Qhrenh , IV, p. 1G2 e V, p. 104 e 197. 

(7) Citato da Hartmann, Maladies de l’oreille, p. 111. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


271 


e la superficie della membrana del timpano. Queste macchio sono siate paragonate 
come aspetto a della carta da giornale bagnata (a). 

L’infiammazione del condotto uditivo esterno può ancora rivestire la forma 
crupale o difterica. Per lo più questa otite succede alla propagazione d’una 
difterite naso-faringea all’orecchio medio ed al condotto uditivo, tuttavia vaiii 
autori, come Wreden, Moos, Bezold hanno osservati c descritti dei casi nei quali 
la difterite erasi primitivamente sviluppata nel condotto uditivo esterno. 

Dopo una durata variabile, ma che non oltrepassa generalmente due o tie 
settimane, lo scolo diminuisce, poi cessa completamente; il dolore, i ronzìi, la 
sordità, già considerevolmente diminuiti al momento in cui la suppurazione è 
sopravvenuta, spariscono interamente, e si riconosce chela pelle del,condotto ha 
perduto il suo arrossamento. Resta ancora, per un tempo abbastanza lungo, un 
leggero ispessimento dello strato epidermico principalmente nelle forme eczematose, 

con assenza di secrezione ceruminosa. 

L’andamento dell'otite acuta non è disgraziatamente sempre così semplice, ne 
così benigno. In luogo di questa guarigione completa, abbastanza comune nelle 
infiammazioni consecutive a leggero traumatismo, o nell infiammazione reumatica, 
si vede la malattia prolungarsi indefinitamente e passare allo stato cronico. 
Questa è una terminazione delle più frequenti. In altri casi l’infiammazione si 
estende alle parti profonde e guadagna la membrana del timpano che si perfora 
dalfinfuori all’indentro, di modo che l'otite esterna si complica con otite media 

purulenta. . 

Può darsi anche che finfiammazione si propaghi dalla pelle al periostio, e 

agli strati superficiali dell’osso; da ciò la varietà descritta dagli autori sotto il 
nome di otite periostea. Devo dire che, secondo la mia osservazione personale, 
l’otite periostea è assai rara, almeno come affezione isolata. Quasi sempre, se non 
sempre, essa coesiste con un’otite media purulenta accompagnata da una perfo¬ 
razione od anche una distruzione completa della membrana del timpano. Fina - 
mente l’otite periostea non sopravviene mai primitivamente, ma succede sempre 
ad una infiammazione della pelle del condotto, che esisteva giu da un ceito 
tempo. Essa appartiene dunque piuttosto alle forme d'otiti esterne croniche, e vi 

ritorneremo più avanti. 


(a) [Furono fatte a varie riprese delle esperienze allo scopo di stabilire il valore patogeno 
dell’aspergillo, che si riscontra più di frequente nel condotto uditivo esterno umano, hnouv. 

(Berliner klinische Wochens ., 1870, n. 1) e Block (Dissertazione inaugurale, Stellino 18,0) sono 
riusciti, iniettando nella corrente sanguigna dei conigli e dei cani delle colture i enici non 
ed Eurotium glaucum a provocare una micosi generale acutissima con esito letale in poc u G io 
Grawitz ( Virchow's Archili, Bd. LXXXI, pag. 359) fece dapprima assuefare le sue colture alla 
temperatura degli animali da esperienza, e ottenne iniettandole quindi nel circolo risul a 1 po¬ 
sitivi: cioè focolai di funghi nei reni, fegato, intestino, polmoni e muscoli, quando la miezion 
era stata fatta nella vena giugulare; focolai nel cervello e nella retina quando era stata latta 
nella carotide. Altri autori hanno riconosciuto che per introduzione indiretta nell organismo i 
funghi passano assai difficilmente nel sangue, e anche recentemeute Ferrcri tento senza risultato 
la iniezione e il trapianto di colture di due varietà di Aspergiti™ nell’orecchio medio dei conigli 
ai quali era stata praticata un’ampia apertura della membrana timpanica ( 
di Otologia, Minologia e Laringologia, II, 1891, 345) (Trad.)]. 





Malattie dell’organo dell’udito 

Indipendentemente da queste complicazioni che risultano dalla diffusione del¬ 
fino ^7“ P T U S0U °- gÌaCentÌ ' Ve " e 80110 doll ° altre che possono mostrai 
zione del c"nZ7,7 7"° SteSSa Che ha prodotta l’mfiamma- 

medin 7 7™ 1116 vedere la miringite, « catarro acuto dell'orecchio 

dm coincidere con lolite esterna acuta. Queste complicazioni portano necessa- 

amente con loro un aggravamento nei sintomi e rendono il pronostico più serio. 

conSrrtn V Ìnfla T aZÌ ° ne dÌffuSa del COndotto llditivo Potrebbe essere 
coiZrevol d h7 UnC u r ‘; ° nd, ' 0adenite ’ ^ndo il gonfiore è abbastanza 

stanza fa7 a f 'Tu 6 ’ C ° ndoUo ’ Tuttavia ’ ^ distinzione è abba- 

t Wn „ J !■ fra 16 due affezi0ni; P° rchè se l’infiammazione diffusa ha 
talora per effetto di produrre l’obliterazione del canale, è facile vedere che questa 

r:»r la t so " rm unif °"™ * 

una parte pressoché eguale, mentre nell’infiammazione circoscritta, la tumefazione 
opposta.* 15 " ^ ma Parete 6d 0bHtera ° Cana ‘ e ' P ro ^ edend o incontro alla parete 

Sarebbe ben utile riconoscere fin dal principio le complicazioni che possono 
esistere da parte dell’orecchio medio. Questa diagnosi non è impossibile se la 

^esplora ^ 7°“° ^ è abbastanza pronunciata per opporsi 

Stenza d T , e membrana del timpano, le di cui alterazioni rivelano l’esi- 

imposZnl 7 ° nel ' a CaSSa - Se ’ al C0ntrari0 ’ della membrana è 

g avi de ’ ag "T reStar fÌSerVata ’ 6d è solamente second ° l a maggior 
Che , 7"' Cal 6 generali ’ sec0nd0 i'intensità dei disturbi dell’udito, 

che S! ha diritto di presumere qualche complicazione infiammatoria dal lato del- 
i orecchio medio (a). 

snZ r0nOS f C °' ~ L ’° tÌte esterna acuta ’ nelIa sua torma leggiera, guarisce di 

si deve t aSC ‘ ar f CCÌe ' Per P0C ° Ch ’ e3Sa rìVesta un cert0 ^ rad0 d’intensità, 

• deve mostrarsi molto riservati nel pronostico in causa delle complicazioni che 

possono sopravvenire; qualunque sia d’altronde la sua gravità primitiva, devesi 

re ricor are, che, in molti casi, l’infiammazione acuta del condotto uditivo 
passa allo stato cronico. 


viene t dGl C ° nd ° tt0 Uditì?0 producono diminuzione dell’acuità uditiva solo quando 

effetto della militt^ u lnteressata ,a membrana timpanica o quando resta occluso del tutto, per 

finché le nnrpf i T’ 1 U , me de] [condotto. La foruncolosi dell’orecchio non dà diminuzione di udito 

può esservi „ ! condotto ngonfie non occludono del tutto il lume. La pratica dimostra che 

fessura senvn Gta 0cclusi0ne > che H lum e del condotto può esser ridotto ad una sottile 

fessura si nnri° / U lt0 , !!? S ° ffra in modo rimarchevole; se per qualche circostanza anche tale 

e la diffusa ri *1 C ’ ^ Sta * 1SCG ad . Un tratt0 sordità i n a l to grado. La infiammazione circoscritta 

mente neo-li inrf—j . 0t , t0 possono induire sull’acuità uditiva anche per azione reflessa, precipua- 

donne con «, t - 1 t > em P era m e nt° nevrosico; non è raro, ad esempio, di trovare presso 

dii i ip lc,ma 6 1 1Stenamo c * ie una infiammazione del condotto determini sintomi di reazione 

otite esterna appa f recch !° di P erc ezione dei suoni (vertigini, rumori, sordità). In taluni casi di 

ranesmonf * a ° U a, . nG1 ^ esame obbiettivo può lasciare incerti se esiste anche contempo- 

diao- tip l Una otlte media, il contegno dell’acuità uditiva può fornire preziose indicazioni 
agnostiche, quando si tenga conto delle considerazioni suesposte (Trad.)J. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


273 


• Cura. — La cura dell’otite esterna acuta deve essere schiettamente antiflo¬ 
gistica dapprincipio. Alcune sanguisughe, in numero di cinque o sei, saranno ap¬ 
plicate al davanti del trago e non già, come si prescrive indifferentemente in tutte 
le affezioni dell’orecchio, dietro l’apofisi mastoidea. Il luogo d’applicazione delle 
sanguisughe nelle affezioni dell’organo uditivo non è, diffatti, senza importanza, 
e Wilde ha per il primo fatto notare che, nelle otiti esterne, un piccolo numero 
di sanguisughe messe avanti del trago danno ai malati un maggior sollievo che 
un numero qualchevolta doppio applicato dietro l’orecchio. Si deve cercare la ra¬ 
gione di questo fatto nella disposizione dei vasi che si distribuiscono alla membrana 
del timpano ed alla pelle del condotto uditivo esterno. 

Uno dei migliori metodi per calmare il dolore e per moderare l'infiammazione 
al principio consiste nell’uso frequentemente ripetuto di bagni d’orecchio caldi. 
Il malato tiene la testa inclinata sulla parte sana ; viene versata allora nell’orec¬ 
chio dell’acqua calda, od una decozione calda e concentrata di teste di papaveri, 
la quale si lascia in posto per cinque o dieci minuti. 

L’impiego dell’acqua calda è molto preferibile a quello d’una serie di liquidi 
che si prescrivono per abitudine in tutte le affezioni dolorose dell’orecchio, e la di 
cui utilità apparisce più che contestabile. Gli olii, in particolare, hanno l’incon¬ 
veniente d’alterarsi e di diventare irritanti (a). 

In certi casi, fuso d’una soluzione di cocaina all’ 1 per 25. della quale si versano 
alcune goccie nell’orecchio, riesce a calmare i dolori, ma, in generale, questo mi¬ 
glioramento non è di lunga durata. 

Nell’intervallo delle istillazioni calde, è bene mantenere una temperatura dolce 
attorno all’orecchio, i cataplasmi sono s.ovcnte prescritti a questo scopo. Saranno 
sostituiti vantaggiosamente dall’applicazione di compresse imbevute d’un liquido 

caldo e che si rinnoveranno molto frequentemente. 

In mancanza di questo mezzo i malati dovranno coprirsi l’orecchio con una 


compressa o con dell’ovatta. 

Insieme ai mezzi locali, ora accennati, si deve ancora, durante il poi iodo ini¬ 
ziale, prescrivere un leggero purgante, alcuni revulsivi sulle membra inferiori; il 
malato manterrà il riposo ed osserverà una dieta moderata. Nel caso in cui i dolori 
sieno estremamente vivi, i narcotici potranno essere amministrati con vantaggio. 
Le iniezioni ipodermiche di morfina attorno all’orecchio riescono qualchevolta 

molto proficue per calmare i dolori. 

Contrariamente a ciò che si osserva per l’otite circoscritta, l'incisione delle 
pareti gonfiate dall infiammazione non produce che cattivi lisultati. 

Quando il primo periodo d’acuzie è passato c lo scolo ò sopravvenuto, 1 in¬ 
dicazione principale consiste nel prevenire l’accumulo del pus e nel facilitare il 
suo deflusso per mezzo di iniezioni tepide. Queste iniezioni, dovranno essere latte 
delicatamente, avendo cura di raddrizzare la curvatura del condotto, attirando il 
padiglione dell’orecchio in alto ed in dietro. In mancanza di questa precauzione 


(a) [Oltre gli inconvenienti segnalati dall’autore, le istillazioni di olii indifferenti nel con¬ 
dotto uditivo potrebbero favorire lo sviluppo di parassiti vegetali, per i quali essi costituiscono 
un eccellente materiale di coltura (Bezoli*, Monatschrìft fiir Ohrenheilìcunde, VII, n. Q(1rad.)J. 



274 


Malattie dell’organo dell’udito 


il liquido iniettato non penetra fino al fondo del condotto che resta bagnato dal 
pus. In seguito a questi lavacri che saranno ripetuti due o tre volte al giorno, 
si prescriveranno delle istigazioni d’un liquido leggermente astringente (soluzione 
di solfato di zinco o di rame, di tannino, d’allume). Ebbi a lodarmi, principalmente 
nelle forme eczematose, di liquidi composi i a parti eguali d’acqua e di glicerina. 

Quando si riconosce 1’esistenza di microfìti, si dovrà, nello stesso tempo che 
si cura l’infiammazione, sforzarsi di distruggere le masse parassitane. Si perviene 
sovente a staccarle con uno specillo, ma esse si riproducono rapidamente. Gli 
antisettici sono generalmente inefficaci; per distruggerli l’agente più sicuro è l’al¬ 
cool puro od unito al 2 a 4 per 100 d’acido salicilico (Bezold), che si impiega sotto 
forma d’instillazioni. 


b. — INFIAMMAZIONE CRONICA (OTITE ESTERNA CRONICA) 

Eziologia. — L’otite esterna cronica è un esito frequente dell'olile acuta: 
tuttavia si mostra spesso primitivamente e riconosce allora per causa abituale 
un influenza diatesica come la scrofola, l’erpetismo, la sifilide. Le oliti esterne scro¬ 
folose ed erpetiche sono quelle che si osservano più di frequente, la prima nei 
bambini e nei giovani, la seconda negli adulti, nei vecchi e particolarmente nelle 
donne, all’Qpoca della menopausa. Come per l’eczema acuto del condotto, l’olite 
eczematosa cronica può esistere nello stesso tempo che un eczema cronico della 
faccia, del padiglione dell’orecchio, oppure costituire un’affezione esattamente limitata 
al condotto. 

Quanto all’otite esterna sifditica, essa è abbastanza rara, e coincide eolfappa- 
rizione di placche mucose all’apertura del condotto uditivo. 


Sintomatologia. — Quando l’otite esterna cronica succede allo stato acuto, 
si vedono persistere indefinitamente i sintomi che abbiamo descritti nel secondo 
periodo dell’otite acuta, sintomi che consistono nello scolo più o meno abbon¬ 
dante, accompagnato da alcuni disturbi funzionali. 

L’otite esterna cronica primitiva si mostra con un insieme sintomatologico che 
differisce da quello che caratterizza lo stato acuto per una intensità minore. 11 
dolore, appena marcato, è piuttosto sostituito da prurito, sensazione di tensione 
e di pienezza nell'orecchio. Infine in certi casi, e soprattutto nei bambini, il prin¬ 
cipio è più insidioso ancora e la malattia si appalesa solamente per uno scolo di pus. 

Qualunque sia il modo di principiare dell’otite cronica, la malattia si presenta 
sotto due forme, secondo che esiste uno scolo più o meno abbondante, e secondo 
che questo manca od è quasi nullo. 

Nella prima forma l’otorrea è il fenomeno principale; è essa che attira l'atten¬ 
zione del malato per la sua persistenza e lo determina a consultare un medico. 
La quantità dello scolo è molto variabile. Dubito molto ch’essa arrivi alla misura 
data da Troltsch che la giudica da 3 a 4 oncie per giorno, e penso ch’cssa non 
diviene così abbondante che nei casi in cui esista nello stesso tempo una otite 
media purulenta, con perforazione della membrana timpanica. Il liquido secreto 
presenta anche delle grandi differenze nei suoi caratteri fisici; talvolta spesso, 
giallastro o verdastro, somigliante al muco pus secreto dall’uretra, o al pus lodevole 


Malattie del condotto uditivo esterno 


275 


d’una piaga in via di cicatrizzazione ; talvolta più liquido, più chiaro, come sieroso; 
qualche volta al contrario d’un odore nauseabondo. 

Se si esaminano le parti, si trova il condotto uditivo leggermente tumefatto; 
la sua superficie interna è ricoperta d’uno strato purulento e da alcune croste 
brunastre o giallastre, che, una volta levate, lasciano sovente a nudo il derma 
rammollito, come macerato ed ulcerato a tratti. Verso le parti profonde del con¬ 
dotto, si osserva un’iniezione più o meno manifesta, estesa dalla pelle del condotto 
alla superfìcie esterna della membrana del timpano, che è nello stesso tempo opaca. 
Qualche volta l’iniezione della pelle è tale che la superfìcie del condotto apparisce 
uniformemente rossa e rassomiglia alla mucosa congiunti vale colpita da granulazioni. 

In un’altra forma d'otite esterna cronica esiste appena un leggero scolo siero¬ 
purulento. Ma gli ammalati si lagnano di prurito, di calore, di bruciori; l’udito è 
leggermente alterato; vi sono alcuni ronzìi. L’esame del condotto mostra un ri¬ 
stringimento abbastanza notevole, per rendere l’esplorazione diffìcile. La pelle è 
ingrossata, e la sua superficie è ricoperta da lamelle epidermiche, biancastre, 
macerate, mescolate alla secrezione purulenta. In certi punti, il derma, messo 
a nudo, è rosso, iniettato, ulcerato alla superficie. Qualche volta le lamelle epi¬ 
dermiche sono poco aderenti, e distaccandosi ostruiscono in parte il lume del 
canale; altra volta, esse aderiscono solidamente, e la loro ablazione determina 

dolore ed un leggero gemizio sanguigno. 

La membrana del timpano partecipa alle stesse lesioni ; la sua superfìcie esterna 
è rivestita da strati epidermici fìtti, ineguali, che si sollevano e si staccano; il 
derma è ispessito, iniettato, soprattutto al livello del manico del martello che tende 
di più in più a sparire e cessa anche d’essere visibile. 


Decorso — Durata — Terminazione. — L’otite esterna cronica ò 
generalmente d’una grande tenacia ; essa può anche durare tutta la vita, presen¬ 
tando delle alternative di miglioramenti e di ricadute provocate da circostanze 
occasionali, come l’azione del freddo e dell umidità. D altronde bisogna ben rico¬ 
noscere che sovente la malattia è mantenuta per la negligenza dei malati o per 
l’ignoranza dei medici, che dividono questo pregiudizio, esteso nel pubblico, che 
la soppressione d’uno scolo d’orecchio, possa essere nocevole alla salute, e che, 
se si tratti d’un bambino, la malattia guarirà da se col progredire nell’età. Non 
è mai troppo il protestare contro questa opinione; perchè è affatto falso che la 
soppressione d’una otorrea con un trattamento razionale possa essere nociva, e se 
si dà qualche volta che la malattia guarisca spontaneamente all’epoca della 
pubertà, si deve riconoscere che è ben lungi dall’essere sempre così e che at¬ 
tendendo questa felice terminazione si lascia che le lesioni guadagnino maggiore 
gravità fino a divenire incurabili. La persistenza d’una otite esterna cronica, ab¬ 
bandonata a sè stessa, può dar luogo, come vedremo, a delle lesioni profonde, 
capaci non solamente d'alterare le funzioni dell udito, ma ancora di mettere in 
pericolo la vita del malato (a). 

(a) [La otite esterna cronica per sè non può mettere in pericolo la vita del inalato: nei casi, 
descritti soprattutto nella vecchia letteratura, nei quali ciò sarebbe avvenuto, si trattava con 
ogni probabilità prevalentemente di lesioni dell’or, medio (liun.)]. 



276 


Malattie deirorgano dell’udito 


Complicazioni. — L’infiammazione cronica del condotto uditivo esterno può 
propagarsi all’orecchio medio in seguito all’ulcerazione graduale o alla distruzione 
purulenta della membrana del timpano. 11 pus soggiornando nel fondo del con¬ 
dotto, s’altera, si decompone; la membrana del timpano, macerata in questo liquido, 
finisce per distruggersi totalmente od in parte, ed il pus penetrando nella cassa 
non tarda a determinare una infiammazione dell’orecchio medio con tutte le sue 
conseguenze. 

Quando l’otite cronica dura da lungo tempo, non ò molto raro vedere for¬ 
marsi a spese del derma delle masse polipose, che riempiono a poco a poco il 
condotto, e contribuiscono ad aumentare la secrezione purulenta per l’irritazione 
che esse determinano, diventano la sorgente d’emorragie, ed aumentano la sor¬ 
dità che esisteva già. Questi polipi nascono qualche volta, come vedremo, dalla 
superficie cutanea della membrana timpanica. Ci limiteremo qui ad indicare questa 
complicazione dell’otite esterna cronica, dovendo studiare più tardi in modo ge¬ 
nerale i polipi dell’orecchio, la cui origine è variabile. 

La periostite e l’osteite del condotto che ho già segnalate come complicazioni 
dell’otite esterna acuta si incontrano spesso nell'otite esterna cronica. Ripeterò 
d’altronde qui che l’osteo-periostite del condotto mi sembra esistere molto rara¬ 
mente come complicazione isolata, e ch’essa coincide per lo più coll'otite purulenta 
cronica, sia che quest’ultima rappresenti una complicazione dell’otite esterna acuta 
o cronica, sia che costituisca il fatto primitivo. 

Comunque, l’infiammazione del periostio e dell’osso sotto giacente s’accusa 
con un ritorno dei dolori che dapprima sordi e profondi divengono bentosto vi¬ 
vissimi, terebranti con esacerbazioni notturne e diffusione al lato corrispondente 
della testa. La gonfiezza del condotto diviene considerevole, ed è sovente tale che 
le pareti opposte vengono in contatto fra loro obliterando completamente il canale 
che prende la forma d’una fessura verticale. 

L’esame coll’aiuto dello speculo è allora impossibile. Ma i caratteri di questa 
gonfiezza non lasciano alcun dubbio sulla natura della complicazione. La pelle è, 
difatti, rosea piuttosto che rossa, e l’impressione nel toccarla, coll’aiuto d’uno spe¬ 
cillo, è quella d’una resistenza edematosa, piuttosto che flemmonosa. Infine la 
pressione collo strumento, sopportabilissima quando è leggiera, non diviene do¬ 
lorosa che quando viene fatta con forza. 

L’osteo-periostite del condotto uditivo può persistere per lungo tempo allo 
stato cronico c guarire anche senza suppurazione, lasciando solamente un ispes¬ 
simento considerevole delle pareti ed una ristrettezza notevole del condotto. Più 
spesso si vedono di tratto in tratto svilupparsi recidive infiammatorie e la malattia 
ritorna allo stato acuto. In questi casi, non tardano a formarsi degli ascessi, delle 
ulcerazioni della pelle del condotto, con produzione di fungosità che riempiono 
il canale; e se si esaminano le parti malate, si riconosce l’esistenza d’uno o di 
parecchi sequestri, la cui separazione finisce per farsi, dopo un tempo variabile, 
ma in generale molto lungo. 

L’osteo-periostite del condotto può estendersi alle parti vicine, e complicarsi di 
periostite delle regioni mastoide e squamosa del temporale. Questa ultima complica¬ 
zione, che coincide per lo più con una otite media purulenta, sarà studiata più tardi. 


Malattie del condotto uditivo esterno 


277 


Invece di estendersi all'indietro ed in allo, l’osteo-periostite può propagarsi 
dal Itilo della parete antero-inferiore, e siccome è noto che questa parete del condotto 
uditivo costituisce nello stesso tempo la cavità che accoglie il condilo della mandibola 
si capisce come l’infiammazione propagandosi all’articolazione temporo-mascellare 
dia ben presto luogo a tutti i sintomi dell’artrite fungosa. Ho già segnalato altrove 
questo modo di sviluppo del tumore bianco temporo-mascellare. 

Infine è assai importante che si sappia bene che l’infiammazione cronica della 
pelle del condotto, trasmettendosi al periostio ed alla parete ossea, può determinare 
da parte delle meningi e del cervello degli accidenti gravi ed anche mortali. Si 
c troppo abituati a credere die queste complicazioni encefaliche sieno solamente 
a temere nelle infiammazioni della cassa. Basta ricordarsi che la parte superiore 
del condotto uditivo osseo corrisponde alla fossa cerebrale media, e che la lamella 
ossea che forma questa parete non presenta che uno spessore assai sottile. Si 
capisce da ciò che un’infiammazione propagata dalla pelle del condotto al periostio 
ed all’osso sottogiacente possa comunicarsi alle meningi ed al cervello, senza clic 
esista alcuna lesione da parte della membrana, nè della cassa del timpano. Questo 
è, dibàtti, ciò che si è potuto osservare talvolta, ed io sono disposto ad accettare 
l’opinione di Von Tròltsch che suppone che questa complicazione è forse molto 
più frequente che non si pensi, nei bambini, e ch’essa debba essere la causa di 
certe morti attribuite a delle meningiti, la cui causa resta più o meno confusa ed 
ignorata, perchè non si ha l’abitudine di andarla a cercare in una affezione, in 
apparenza poco grave, dell orecchio. Toynbee (1) riporta anche un caso di meningite 
purulenta sopravvenuta abbastanza rapidamente, nello spazio presso a poco d un 
mese, in seguito ad una otite esterna con osteo-periostite non suppurata (u). 

Un altro pericolo risiede nella vicinanza del seno trasverso che non è separato 
dalla parete posteriore del condotto che da una sottile lamina ossea, e che, collo 
stesso meccanismo, può divenire la sede di flebite, di trombosi seguita da piemia, 
come nell’esempio citato da Gull (2). 

Si dovranno sopratutto temere queste complicazioni encefaliche nei casi in 
cui l’infiammazione cronica abbia apportata la necrosi della parete supcriore. 


Diagnosi. — La diagnosi dell’otite esterna cronica è molto facile. Le com¬ 
plicazioni così frequenti della cassa si riconosceranno ai segni che indicheremo 
più tardi. 


(1) Diseases of ihc Ear, p. 63. 

0) [Oggi si ritiene assai improbabile resistenza ili una carie primitiva del condotto uditivo 
esterno, la quale possa dare le complicazioni segnalate dal nostro Autore. La osservazione di 
Toynbee da lui ricordata (V. pag. 7G dell’edizione francese 1371) si riferisce evidentemente 
a una meningite purulenta complicante un’otite media e non un’otite esterna; non è esatta 1 af¬ 
fermazione dell’Autore cbe l’otite non fosse suppurata, anzi Toynbee dice espressamente che in 
quel caso vi fu scolo abbondante, dapprima sanguinolento, quindi francamente purulento con 
sintomi di rottura spontanea della membrana. Anche Kirchner nel Capitolo sulle malattie del¬ 
l’orecchio esterno del recente Manuale di Schwartze non parla della eventualità di tali compli¬ 
cazioni; finalmente invano si cercherebbe un cenno di esse nell’opera di Korner (Berlino 1895) 
sulle complicazioni endocraniche delle afìezioni auricolari (Irai».)]. 

(2) Med.-chir. Transact XXXVIII, p. 157. 

18 . — 7V. di C/tir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



278 


Malattie dell’organo dell’udito 


Ilo insistilo sufficientemente sui caratteri proprii all’osteo-periostite perchè sia 
inutile ritornarvi. Quanto alle complicazioni diverse che questa può apportare 
come: ascesso dell’apofisi mastoidea, tumore bianco dell’articolazione temporo- 
mascellare, meningo-encefalite, trombosi del seno trasverso e piemia, esse si rico¬ 
noscono ai sintomi che sono stati già indicati altrove o che lo saranno ulteriormente. 

Pronostico. — L’otite esterna cronica è una malattia grave. La sua durata 
è lunga, ed essa lascia sovente dietro di sè diverse lesioni, come : ristringimento 
del condotto, lesioni della membrana del timpano e della cassa che possono di¬ 
minuire l’acuità uditiva e che costituiranno più tardi l’oggetto d’una descrizione 
speciale. Finalmente essa può dar luogo a delle complicazioni più o meno serie 
ed anche mortali. 

Da questi diversi punti di vista, si vede adunque che l’otite cronica è d’un 
pronostico molto più grave di quello che non si crede di solito, e che, lungi dal 
dividere la opinione del volgo ed anche di mantenerla, il medico deve fare tutti 
i suoi sforzi per ottenere la guarigione della malattia, sopratutto nei bambini, il 
cui condotto uditivo presenta delle pareti assai sottili, molto porose, ed attra¬ 
versate da vasi che sono in comunicazione diretta con quelli della dura madre (a). 


Cura. — La cura generale ha certamente una grande importanza. Negli indi¬ 
vidui linfatici e negli scrofolosi, i tonici, gli amari, l'olio di fegato di merluzzo, ecc. 
devono essere prescritti. Un trattamento specifico converrà egualmente nei casi, 
nei quali l’otite esterna si mostri in un soggetto in potere della diatesi sifilitica. 
Infine, nell’eczema del condotto le preparazioni arsenicali faranno parte obbligata 
della cura, e renderanno sovente i più grandi servizi. 

Ma bisognerà dare tutte le cure sopratutto al trattamento locale, troppo tra¬ 
scurato generalmente, non solamente per aiutare la guarigione, ma anche e prin¬ 
cipalmente per prevenire lo sviluppo degli accidenti e delle complicazioni di cui 
ho già parlato. 

In prima linea bisogna mettere i lavacri frequenti all’acqua lepida o con deco¬ 
zioni leggermente astringenti, lavacri che si dovranno praticare largamente, ma 
senza violenza, nel timore di ferire la membrana timpanica, e con la precauzione 
di raddrizzare il condotto stirando il padiglione in alto ed in dietro. 

Quando queste grandi iniezioni, sono fatte convenevolmente, impediscono al 
pus di soggiornare nelle parti profonde, di decomporsi, di acquistare fetore e di 
divenire così una nuova causa di irritazione. Nelle infiammazioni accompagnate 
da produzioni epidermiche, esse hanno per effetto di prevenirne l’accumulazione. 

Quando si ha completamente pulito il canale con questi lavacri, ripetuti tre 
o quattro volte al giorno, si può farvi con profitto delle istillazioni di liquidi 
astringenti (allume, tannino, solfato di zinco, di rame), di cui si aumenta gradual¬ 
mente la dose da 50 centigrammi ad 1 o 2 grammi per 30 grammi di acqua. Le 
acque solforose, l’acqua di catrame, convengono anche in certe otiti scrofolose. 


(a) [Vedasi a tale proposito la Nota del Tradutt. a proposito delle complicazioni endocraniche 
delle otiti medie purulente (Trai).)]. 



Malattie del condotto uditivo esterno 




279 


L’acido borico ò stalo impiegato con successo contro l’otite esterna cronica, 
sia sotto forma di soluzione, sia sotto forma di polvere che si insuffla nell’orecchio. 
Io sono poco partigiano di questo ultimo modo d’applicazione, come avrò occa¬ 
sione di dire a proposito del trattamento dell’otite media purulenta. 

Gli olii, le pomate sono in generale più nocive che utili. Nell’eczema cronico 
del condotto la glicerina o i glicerolati rendono tuttavia dei servizi abbastanza 
grandi. Quando esiste un’osteo-periostite del condotto, si deve, nello stesso tempo 
in cui s impiegano i mezzi generali e le cure della pulizia, ricorrere ad alcuni re¬ 
vulsivi energici. Le ventose, i vescicanti, le frizioni irritanti dietro le orecchie, 
possono essere utili allo scopo, ma quando si tratti dama vera osteite con carie 
o necrosi, non bisogna esitare ad applicare attorno all’orecchio due o tre larghi 
cauteri che si manterranno durante il tempo necessario. Questo è un mezzo di 
limitare l’infiammazione e forse di prevenire l’invasione d’accidenti terribili (a). 

Si tratterà più avanti della cura delle complicazioni diverse clic possono so¬ 
pravvenire. 


3° TUMORI 

Non è raro riscontrare nel condotto uditivo dei polipi o delle escrescenze pa¬ 
lmiformi che riempiono più o meno completamente il lume del canale e sporgono 
anche all esterno. Ma siccome questi tumori, di cui alcuni prendono, è vero, nascita 
nelle pareti del condotto uditivo esterno, provengono molto sovente anche dalla 
cassa del timpano, ho pensato clic era preferibile di rimetterne ad altro tempo 
la descrizione generale. 

I soli tumori che descriveremo qui sono: i tumori sebacei e le esostosi. 

A. — TUMORI SEBACEI 

Toynbee (1) ha per il primo descritto questo genere di tumori, la cui esistenza 
reale è stata messa in dubbio da alcuni autori, secondo i quali questi pretesi 
tumori non sarebbero che degli ammassi d’epidermide e di muco-pus. 

1 tintoli (2) tuttavia ha osservati alcuni casi nei quali esistevano realmente 
alla superficie del condotto dei piccoli tumori sebacei, circoscritti da una membrana 
avvolgente distinta. Da parte mia penso aver riscontrato un fatto che si riferisce 
alla malattia descritta da Toynbee, e quantunque il soggetto meriti certamente delle 
nuove ricerche, mi sembra utile fare conoscere le principali osservazioni di Toynbee 
sui tumori sebacei del condotto. 

Secondo questo autore, tale affezione offre un grande interesse pratico, perchè, 
abbandonata a sè stessa, può determinare la morte. Su venti osservazioni riportate 
da Toynbee, questa fine è sopravvenuta cinque volte, e Hinton avrebbe osservato, 
da parte sua, tre casi mortali. 

I tumori sebacei del condotto, quantunque si possano sviluppare nell’infanzia 


(a) [È inutile dire che al giorno d’oggi l’uso dei cauteri è quasi del tutto abbandonato (Trad.)]. 

(1) Transact. of tlie Med.-Cliir. Society , t. XLI, p. 51, e t. XLVII, p. 203. 

(2) Patii. Transact t. XVI, p. 233. 



Malattie dell'organo dell’udito 



Fig. 250. — Considerevole dilatazione del condotto udi¬ 
tivo osseo prodotto da un tumore sebaceo (Toynbee). 


c nella gioventù, sono tuttavia più frequenti in un’età avanzata. Si può riscontrarli 
in tutte le parti del condotto uditivo esterno. 

Essi sono composti quasi interamente di cellule epidermiche, larghe, formanti 
degli strati soprapposti, c circoscritti da una membrana avvolgente distinta, for¬ 
mata di tessuto areolare. 

Una particolarità curiosa del loro sviluppo è che questo si fa nello stesso 
tempo da parte del condotto c da parte del loro punto d’attacco; da ciò risulta 

un assorbimento delle pareti ossee in 

/ rapporto col volume del tumore, che 

varia da quello d’un grano di miglio a 
([nello d’una grossa nocciuola. Si capisce 
che, in questo ultimo caso, essi deter¬ 
minano un’enorme dilatazione del con¬ 
dotto uditivo, che può essere abbastanza 
larga da permettere d’introdurre un dito 
fino alla membrana (fig. 250). 

Nel loro sviluppo, i tumori sebacei 
possono determinare un assorbimento 
completo delle pareti ossee ed estendersi 
verso la cavità del timpano, verso le cellule mastoidee, ed anche verso la cavità 
del cranio, dando luogo a dei disturbi encefalici mortali. E degno di nota che, 
in diversi casi in cui il tumore s’era cosi propagato lontano per assorbimento delle 
ossa, la membrana del timpano era rimasta intatta. 

I tumori sebacei si sviluppano qualche volta senza dar luogo ad alcun dolore, 
e possono anche acquistare un volume considerevole e produrre un assorbimento 
osseo, senza che i malati accusino altro disturbo, che una diminuzione dell’udito 
causata dall’ostruzione del canale. Sovente, tuttavia, l’attenzione del inalato e del 
medico è attirata dall’esistenza d’una otorrea, generalmente molto fetida. Quando 
si esamina il condotto uditivo a quest’epoca, lo si trova riempito d’una massa 
biancastra, caseosa, fortemente aderente. 

Se si pensa alla gravità delle complicazioni, si capisce l'importanza d’un pronto 
intervento medico. Se il tumore non è ancora aperto, si dovrà inciderlo largamente 
e, coll’aiuto di lavacri, estrarne il più completamente possibile il contenuto. Poi, 
affine di evitare una recidiva che non mancherebbe di sopravvenire, ci si sforzerà 
di afferrare con una pinzetta la membrana limitante c di strapparla in totalità. 

Se il tumore è già ulcerato, basta levarne coll’aiuto di lavacri frequenti tutta 
la massa. È utile in seguito modificare la superficie interna della saccoccia, collo 
aiuto d’istillazioni astringenti o leggermente caustiche, e di praticare anche, di 
tratto in tratto, dei tocchi con un piccolo pennello imbevuto d’un liquido caustico 
(soluzione di nitrato d’argento, di cloruro di zinco, ecc.) (a). 


(a) [Tutta questa parte del Capitolo a proposito dei tumori così detti sebacei del condotto 
è svolta sulla guida delle pubblicazioni di Toynbee, il quale aveva coscienziosamente osservato 
i fatti clinici e anatomo-patologici ma non era riuscito ad interpretarli esattamente. L’unica 
osservazione riportata da questo Autore nel suo Trattato (Osservazione X, pag. 122), concerne 
un colesteatoma dell’oreccbio medio; sono riferibili del pari a colesteatomi svoltisi primitivamente 


Malattie del condotto uditivo esterno 


281 


H. — ESOSTOSI 

Appena segnalate da alcuni autori, le esostosi del condotto uditivo sono state 
descritte con cura da Toynbee, poi da Bonnafont (l) e Welcker (2). 

Più frequenti negli uomini che nelle donne, esse sembrano svilupparsi all’infuori 
di qualunque causa infiammatoria o diatesica, sebbene Toynbee 
le consideri come sovente d’origine reumatica o gottosa; niente 
ci autorizza ad attribuirle alla sifìlide. Io sarei molto più portato 
a credere che queste esostosi sono per la maggior parte con¬ 
genite e ch’esse sono dovute ad un disturbo sopravvenuto 
nello sviluppo del condotto uditivo osseo. E ciò che sembra 
dare qualche peso a questa opinione, è che secondo Welcker 
e Seligmann, certe popolazioni dell’America presenterebbero 
una predisposizione particolare per questo genere di tumori (a). 

Checché ne sia le esostosi del condotto uditivo possono 
occupare tutti i punti del canale osseo, ma si trovano per lo 
più verso il terzo medio. Talora non esiste che un solo tumore, 
ed esso nasce su una qualunque delle pareti; talora si in¬ 
contrano due o parecchi tumori, che, nati sulle pareti opposte 
del canale, procedono l'uno verso l’altro, lasciando fra essi una 
o diverse aperture di forma piatta, rotonda o triangolare. In alcuni casi, il canale 
si trova completamente obliterato. 

Le esostosi del condotto uditivo sono quasi sempre costituite da un tessuto 
compatto; raramente si sono osservate delle esostosi areolari e cellulari, come 
Autenrieth (3) ha avuto occasione d’esaminare. 

Lo sviluppo di questi tumori è in generale molto lento; esso si fa verso il lume 
del condotto uditivo che finisce coll’essere completamente obliterato. Per lo più 
la diminuzione graduale dell’udito è il solo sintomo che attira l’attenzione del 

nell’orecchio medio o nella mastoide e di là diffusi verso il condotto da un lato e verso la cavità 
cranica dall’altro, le osservazioni pure di Toynbee, riportate da Hinton nel Supplemento a 
quel 'brattato; le prime due riguardano colesteatomi complicati con ascesso cerebellare; nella 
terza il quadro sintomatico si iniziò con una mastoidite purulenta e ne seguì leptomeningite; 
nella quarta e nella quinta osservazione, nelle quali non è segnalato l’esito letale, Toynbee descrive 
esattamente le masse colesteatomatose, che egli pervenne in differenti riprese ad estrarre dal con¬ 
dotto uditivo. Allo stato attuale delle nostre cognizioni non si può quindi ammettere 1’esistenza 
dei tumori sebacei del condotto uditivo descritti da Toynbee, i quali invece rappresentano la 
forma morbosa designata oggi col nome di colesteatoma del temporale (Trai».)]. 

(1) Surdités produites par des tumeurs osseuses; Union méd ., nuova serie, t. XX, p. 247. 

(2) Ueber knòcherne Yerengerung und Verschliessung des àusseren Gehorganges ; Ardilo fiir 
Ohrenheillclinde, t. I, p. 1G3. 

(a) [Questo fatto è confermato anche da Furner ( Zeitsch. f. Olir., Vili, 30G), Virchow 
( Accad . delle Se. di Berlino, 1885) e Blake (Am. Journ. of Otol., II, n. 2). Quest’ultimo A. trovò 
le esostosi nel 25 °y o degli individui di talune popolazioni nere, e Vircliow osservò che tali for¬ 
mazioni hanno di solito origine dal margine della pars ti/mpanica del temporale, ed assai pro¬ 
babilmente rappresentano disturbi irritativi del normale sviluppo osseo. Xelle razze bianche la 
formazione della esostosi è soprattutto favorita dall’esistenza di otorree croniche, non curate (Trai».)]. 

(3) Reil, Ardi, fiir Physiologie, 1809, t. X, p. 349. 



Fig. 251. — Esostosi del 
condotto uditivo esterno. 



Malattie dell’organo dell’udito 



malato. Questa sordità è prodotta dall’ostruzione del canale, sia per il solo fatto 
dello sviluppo dell esostosi, sia in seguito all’accumulo del cerume fra l’esostosi e 
la membrana del timpano. 

In un giovane di venti anni, che ho avuto l'occasione d’esaminare, e che aveva 
un’esostosi che obliterava completamente il condotto uditivo, lo sviluppo del tumore 
era accompagnato a diverse riprese da dolori vivi, irradiantisi a tutta la metà 
della testa e rivestenti il carattere di veri accessi nevralgici. 

Le esostosi del condotto uditivo si presentano sotto forma di tumori duri, a 
superfìcie arrotondata, unita o mammellonata inserentisi sovente con una larga 
base ^u una delle pareti del canale. La pelle che le ricopre è spesso un po’ arros¬ 
sata, è abbastanza sensibile al tatto. La consistenza di questi tumori permetterà 

sempre di distinguerli dai tumori sebacei, sola affezione con la quale si potrebbe 
confonderli. 


Nei casi in cui il lume del canale non sia ancora obliterato, ed in cui restino 
una o diverse aperture, bisogna raccomandare agli ammalati di mantenere la più 
grande pulizia dell orecchio coll aiuto d iniezioni frequenti. Si perviene qualche 
volta con questo mezzo a migliorare l’udito, staccando alcuni piccoli ammassi di 
cerume accumulati dietro l'ostacolo. 

Quanto al trattamento proprio alle esostosi, varia secondo che esiste ancora 
qualche apertura conducente fino alla membrana o secondo che il canale è in¬ 
tieramente ostruito. Nel primo caso, la dilatazione coll’aiuto di cilindri di lami¬ 
naria digitata può apportare qualchevolta una diminuzione delle esostosi ed in 
seguito un allargamento del condotto. Quando il tumore riempie interamente 
il canale, e determina una sordità completa, l’ablazione dell’esostosi o la sua per¬ 
forazione solo potrebbero migliorare l’udito. 

In un caso di questa natura, osservato da Bonnafont (1), il chirurgo, dopo 
aver distrutta colla cauterizzazione la pelle che ricopriva l'esostosi, attraversò a 
poco a poco tutta la sua grossezza, dilatò il nuovo tragitto coll’aiuto di punte¬ 
ruoli graduati, e rendette l’udito al suo malato. 


Non faccio che citare, senza avere una grande confidenza, le applicazioni ripetute 
di tintura d iodio sul tumore e i mercuriali all’interno che Wilde e Toynbee 
hanno consigliati. 

L ablazione dell’esostosi è, insomma, il solo trattamento da mettere in uso, 
quando 1 intervento è giustificato dalla gravità dei disturbi funzionali. Questa ope¬ 
razione abbastanza delicata può essere fatta con una sgorbia fine ed il martello. 
Non ò necessario di esportare la totalità del tumore, basta stabilire un passaggio 
sufficientemente largo per dare accesso alle onde sonore e per permettere l’uscita 
dei prodotti di secrezione che tendono ad accumularsi dietro l’esostosi. In un caso, 
ho ottenuto un eccellente risultato coll’impiego d’un piccolo trapano mosso da 
un volante analogo a quello di cui si servono i dentisti. Ho potuto così distruggere 
molto rapidamente un’esostosi collocata profondamente (a). 


(1) Union méd ., 30 maggio 1868. 

(a) [Il metodo veramente razionale per la esportazione delle esostosi del condotto consiste 

nell operare con scarpello e martello, in narcosi cloroformica, previo arrovesciamento del padiglione 
all’avanti (Trad.)]. 


Malattie del condotto uditivo esternò 


283 


ARTICOLO III. 

VIZII DI CONFORMAZIONE E DEFORMITÀ DEL CONDOTTO UDITIVO ESTERNO 


Il condotto uditivo esterno presenta nella sua forma, nella sua direzione, nelle 
sue dimensioni, delle notevoli variazioni, la maggior parte delle quali sono senza 
importanza. Esistono tuttavia un certo numero di deformità congenite ed acquisite 
che meritano di richiamare l’attenzione del chirurgo, e che vanno distinte in due 


classi, a seconda che le dimensioni normali del condotto sono aumentate o diminuite. 

L'eccesso di larghezza del condotto uditivo, che si riscontra in certi individui 
unitamente ad una curvatura poco accentuata, costituisce certamente una predi¬ 
sposizione airinfiammazione delle parti profonde dell’orecchio (a). 

Questa anomalia è stata segnalata da Itard (1) in alcuni sordi. Il dito aurico¬ 
lare poteva penetrare fino alla membrana del timpano. 


Se si riconoscesse 1’esistenza di questa deformazione speciale, si avrebbe ragione 
di consigliare alle persone che ne sono colpite di portare abitualmente del cotone 
nell’orecchio, allo scopo di preservare le parti profonde contro l’azione troppo 


diretta del freddo e dei corpi stranieri. 

Ricordo soltanto l’allargamento patologico del condotto uditivo in seguito a 
tappi ceruminosi, a tumori diversi, deformazione contro la quale l’arte è impotente. 

Quanto alle deformità che risultano da un difetto del condotto uditivo esterno 
esse interessano più particolarmente il chirurgo, e comprendono: 1° Yobliterazione 
completa del condotto; 2° i ristringimenti. 


1» OBLITERAZIONE COMPLETA 

L'obliterazione congenita o Yimperforazione del condotto uditivo è abbastanza 
rara. Talvolta essa coincide con una malformazione od una assenza più o meno 
completa del padiglione dell’orecchio, e, in questo caso, come l’abbiamo detto, 
la malformazione s’estende abitualmente alle parti profonde dell’organo dell’udito; 
talora, essendo il padiglione bene sviluppato, il condotto uditivo si trova chiuso 
da una membrana situata a livello dell’apertura normale o più o meno profondamente. 

Di solito questo vizio di conformazione, che risulta da un disturbo sopravve¬ 
nuto nell’occlusione della prima fessura branchiale embrionale, non esiste che da 
una sola parte. Tuttavia si conoscono degli esempi, nei quali eravi imperforazione 
dei due condotti uditivi. 

In due osservazioni riportate da Cooper e Steinmetz (2), oltre l’assenza quasi 
completa dei due padiglioni, i condotti uditivi erano chiusi dalla pelle, e ciò non 
ostante l’udito era abbastanza buono. 

Quando ci troviamo davanti ad una simile anomalia, dobbiamo anzitutto as¬ 
sicurarci se il condotto uditivo esista realmente, e se la deformità esterna non 
coincida con un vizio di conformazione delle parti profonde dell’organo uditivo. 

(a) [Tale conformazione del condotto viene segnalata da De Roaldès come carattere della 
razza negra nell’America del Nord (V Congresso int. di Otologia, Firenze 1895) (Trad.)]. 

(1) Tomo II, p. 147. 

(2) Journal de Graefe et de Walter, Bd. IX, p. 118, 1833. 



284 


Malattie dell’organo dell’udito 


L’esplorazione dell’udito può fornire a questo riguardo dei dati utili, perchè. 

se la facoltà uditiva è conservata, si può concludere all’integrità della cassa e 
dell’orecchio interno (a). 

Di più, si dovrà esaminare coll’aiuto di un istrumento delicato, quale sia la 
giossezza della membrana che chiude il condotto. Si può servirsi a questo scopo 
d un ago sottile ad acupuntura. Se questo, dopo aver attraversato un sottile 
spessore di parti molli, incontra una resistenza ossea, si deve concludere che il 
condotto uditivo non esiste; si verrà ad una conclusione opposta, se l’ago trova 
un vuoto dopo l’ostacolo. Questa esplorazione diventa delicatissima quando la 
membrana che oblitera il condotto è situata ad una certa profondità, poiché si 
potrebbe temere, dopo averla attraversata, di incontrare immediatamente e di rom- 
peie la membrana del timpano. Bonnafont (1), dà il consiglio di procedere allora 
con una eccessiva precauzione; l’ago deve penetrare lentamente, sino a che il malato 


accusa un dolore vivissimo, ciò che indica quasi certamente che la membrana 
del timpano esiste, ed è stata punta. 

In un caso molto interessante questo chirurgo potè così apprezzare lo spessore 
della chiusura che intercettava il lume del condotto. 

Quando si ha acquistata la certezza che l’udito non esiste e che l’imperfora- 
zione del condotto coincide con dei vizi di conformazione delle parti profonde, si 
deve astenersi da qualunque intervento. Se, al contrario, si è riconosciuto che 
l’imperforazione del condotto, accompagnata o no da deformità del padiglione, 
costituisce il solo ostacolo all’esercizio della funzione si deve farlo sparire. 

Darò tuttavia il consiglio di non operare nella infanzia e d’attendere che il 
soggetto abbia guadagnata l’età della ragione, aflìne che egli possa prestarsi meglio 
alle esplorazioni necessarie per stabilire la diagnosi con certezza. 


L’incisione e la cauterizzazione sono state preconizzate allo scopo di ristabi¬ 
lire il canale obliterato. Quando si tratta d una imperforazione del meato o di 
obliterazione per mezzo di una membrana situata poco profondamente, l’incisione 


m croce, seguita dall’escisione dei piccoli lembi, è il migliore processo. 

La cauterizzazione è stata vantata da Leschevin, Boyer, Ilare!, che impiegavano 
il nitrato d argento. L’annotatore di Saissy (2) cita un caso d’imperforazione dei 
due condotti uditivi, con sordità incompleta, nel quale esso procurò un migliora¬ 
mento molto notevole dell’udito, applicando un pezzo di potassa caustica al punto 
in cui doveva essere l’apertura normale del condotto. 

La cauterizzazione conviene soprattutto per i casi in cui l’ostacolo è situato 
protondamente, ed è vicino alla membrana del timpano. Nell’osservazione di 


(«) [Questa proposizione è erronea; prima perchè trattandosi d’ordinario di una alterazione 
unilaterale, la dimostrazione clinica della assoluta mancanza di ogni percezione acustica dal lato 
in questione può dirsi impossibile a tutto rigore, perchè non si può mai escludere dall’esame 
per i tuoni acuti l’altro orecchio, se normale; poi perchè è noto che nei casi di tal genere il 
labirinto è di solito ben conformato e funzionante, mentre le anomalie si estendono anche allo 
orecchio medio ed esse non sono di tale natura da causare un difetto uditivo di alto grado; 
non si deve quindi concludere, dalla relativamente buona audizione, all’integrità dell’orecchio 
medio (Trad.)]. 

(1) Loc. cit., p. 147. 

(2) Loc. cit., p. 19. 



Malattie del condotto uditivo esterno 


285 


Bonnafont, citata più in allo, questo chirurgo combinò la perforazione semplice 
della membrana otturatrice con la cauterizzazione, cioè dopo aver attraversato circa i 
due terzi dello spessore della membrana con un piccolo trequarti, si servì della 
cannula dell’istrumento per far scivolare nella ferita un piccolo frammento di 
nitrato d’argento. Poi, con delle cauterizzazioni successive, egli pervenne a com¬ 
pletare la perforazione ed a darle la larghezza del resto del condotto. Il risultato 
fu dei più soddisfacenti. 

L ' obi iterazione accidentale o patologica del condotto uditivo s'osserva molto ra¬ 
ramente. Senza parlare dei casi in cui un tumore, un corpo straniero, determina 
un’ostruzione completa del canale, accade qualche volta, in seguito ad infiamma¬ 
zioni ripetute, che le pareti opposte si saldano ed intercettano totalmente il lume 
del canale. E evidente che questa obliterazione non può esistere che nella por¬ 
zione fibro-cartilaginea; ma essa può essere più o meno estesa. 

Itard (1), riporta il caso d’un militare che, in seguito ad una bruciatura, aveva 
chiuso il condotto uditivo da una cicatrice abbastanza sottile, che permetteva tut¬ 
tavia in parte l’esercizio dell’udito. Sonrier (2) ha osservato un fatto analogo. L’obli- 
terazione era succeduta ad una violenta otite, sviluppata in seguito all’introduzione 
d’un corpo straniero ; essa era completa e prodotta da una cicatrice clic sem¬ 
brava molto spessa. Sebbene l’osservazione dica che il malato era completamente 
sordo, mi permetterei d’elevare alcuni dubbi a questo riguardo, ed il risultato 
ottenuto dall’operazione deve fare ammettere che il malato percepiva i suoni tras¬ 
messi per le ossa del cranio. 

L’operazione ha consistito nell’escisione d una parte della membrana otturatrice, 
che presentava uno spessore di li o 7 millim. e offriva i caratteri d’un tessuto mo¬ 
dulare, poi nella dilatazione coll’aiuto di una spugna preparata. La guarigione 
fu completa, ed il malato ricuperò l’udito. 


Nei casi d’obliterazione cicatriciale del condotto uditivo come nei casi d’oblite¬ 
razione congenita, è necessario assicurarsi, prima di qualunque operazione, se la 
funzione uditiva è conservata. Poiché, qualunque sia il grado di sordità, se questa è 
dovuta unicamente alla presenza della membrana obliterante, la trasmissione dei 
suoni per le'ossa del cranio deve sempre persistere. Quando adunque si ha ricono¬ 
sciuta questa condizione favorevole, si dovrà condursi come nel caso riportato pre¬ 
cedentemente, cioè escidere una parte della membrana, e mantenere le dimensioni 
del nuovo canale coll’aiuto d’ima dilatazione prolungata per lungo tempo (a). 


(1) Loc. cit., t. II, p. 146. 

(2) Gaz. des lwpit ., 10 febbraio 1870. 

(a) [I casi di obliterazione congenita del condotto uditivo nei quali l’operazione fu eseguita con 
successo sono quelli, nei quali si trattava di chiusura membranosa; nessun caso di obliterazione 
per tessuto osseo fu finora operato con risultato, ciò che non esclude, come nota lo Schwartze 
(1 landò neh , II, 1894, p. 718), che per l’avvenire non si riesca a scoprire un metodo di intervento, 
il quale, nei casi con labirinto ben conformato, permetta la ricostituzione del condotto uditivo con 
vantaggio dell’audizione. Finora i chirurghi si limitarono a correggere con adatti processi di 
plastica le malformazioni del padiglione che sogliono accompagnare la imperforazione congenita 
del condotto (Cfr. a questo proposito tra altri Stetter, Arduo f. Olir., XXI e XXXIX; Bììrger, 
JRevue Interri, de Rliinól. et Otologie , 1894, n. 21; Kiesselbàcii Archiv f. Olir., XIX (Trad.)]. 


Malattie dell’organo dell’udito 



2“ RISTRINGIMENTI 


I ristringimenti del condotto uditivo possono colpire le porzioni cartilaginea o 
ossea o le due porzioni nello stesso tempo. Essi sono d’origine congenita o acci¬ 
dentale, si presentano sotto due forme principali : i ristringimenti in forma di 
fessura, ed i ristringimenti anulari. 

1 ì isti ingunenti in forma di fessura colpiscono la regione cartilaginea sola e 
sono i più frequenti. Di solito dipendono da un ravvicinamento della parete an¬ 
teriore e posteriore che sono unite l’ima all’altra; da ciò risulta la formazione 
d una fessura allungata, in luogo dell’apertura ovale normale del condotto. Questa 
soi la di ristringimento, spesso congenito, può anche costituirsi, indipendentemente 
da qualunque malattia, in seguito ai progressi dell’età; così non è molto raro 

osservarlo nei vecchi. Tròltsch, che ha avuto l’occasione d’esa¬ 
minare anatomicamente un caso di questo genere, ha trovato 
un rilasciamento considerevole del tessuto fibroso che unisce 
alla squama temporale la parete postero-superiore del condotto 
membranoso, di modo che questa, non essendo più sostenuta, 
casca in avanti, e si applica sulla parete anteriore del canale. 

Indipendentemente dalla sordità che risulta da una simile 
deformità, il ristringimento della porzione cartilaginea ha per 
effetto di disturbare 1 uscita dei prodotti di secrezione e di pre¬ 
disporre per conseguenza all’accumulo del cerume. Si può 
rimediarvi abbastanza completamente consigliando agli am¬ 
malati di portare un piccolo tubo metallico che mantiene 
allargate le pareti del condotto. 

Mi limito a segnalare un ristringimento abbastanza comune, 
proprio della porzione ossea, e che consiste in una curvatura 
anormale della parete anteriore in vicinanza alla membrana 
del timpano. Questa anomalia non ha alcun altro inconveniente 
che di disturbare 1 esplorazione della membrana della quale non si può scoprire 
la metà anteriore. 

I ristringimenti anulari congeniti, abbastanza pronunciati per nuocere alla 
funzione uditiva, appariscono molto raramente. Tròltsch ne ha osservati due casi. 



Fig. 252. — Ristringi¬ 
mento del condotto 
dovuto ad una ipe- 
rostosi delle pareti 
(Toynbee). 


I na volta, 1 anomalia era unilaterale; nell’altro caso, essa esisteva dalle due parti. 

II ristringimento del meato era tale che si poteva credere ad una imperforazione. 
Dal meato il condotto cartilagineo si allargava ad imbuto verso l’indentro. Il malato 
non intendeva 1 orologio che quando era applicato sul padiglione e sulle ossa 
del cranio. I riquet cita molto brevemente un caso analogo al precedente. 

1 ristringimenti anulari sono molto più sovente d’origine patologica, e suc¬ 
cedono a infiammazioni di lunga durata, e più particolarmente all’eczema cronico. 
Essi occupano soprattutto la porzione cartilaginea, e sono dovuti allo ispessi¬ 
mento della pelle e forse anche della cartilagine sottogiacente. Possono tuttavia 
occupare egualmente la porzione ossea, e risultano da una vera iperostosi, più o 
meno regolare, che dà sovente al condotto la forma triangolare. 


Malattie della membrana del timpano 


i>8 7 


La cura deve consistere nella dilatazione lenta e progressiva del condotto 
ristretto col mezzo della spugna preparata, della corda di violino, della laminaria 
digitata. Questo ultimo mezzo di dilatazione sembra preferibile a qualunque altro, 
ed ha dato in diversi casi degli eccellenti risultati. 


III. 

MALATTIE DELLA MEMBRANA DEL TIMPANO 

ARTICOLO I. 

LESIONI TRAUMATICHE DELLA MEMBRANA DEL TIMPANO 


1 0 FERITE — LACERAZIONI 

Le ferite e le lacerazioni della membrana del timpano non sono rare, e possono 
sopravvenire in circostanze diverse. Talora la soluzione di continuo è prodotta da 
una causa vulnerante, che agisce direttamente sulla membrana, sia dal di fuori 
all indentro, sia dal di dentro all’infuori; talora lo squarcio della membrana è 
dovuto ad una causa indiretta. 

Le lacerazioni della membrana del timpano, per azione diretta dal di fuori 
aWindentro, sono le più frequenti, e l’agente vulnerante può essere un corpo 
solido, liquido o gazoso. 

L’introduzione brusca ed accidentale d’un oggetto appuntito nell’orecchio, 
come d’un netta-orecchi, d’un ago ad uncinetto, d’una paglia, d’un piccolo ramo 
d’albero ecc., determina sovente una perforazione della membrana del timpano; 
questa succede anche troppo frequentemente in seguito ai tentativi inadatti fatti 
dal chirurgo per estrarre corpi stranieri del condotto uditivo. 

Le rotture della membrana del timpano possono ancora esser dovute alla 
pressione d’un liquido che penetri con forza nell’orecchio. Questo accidente accade 
qualchevolta nei nuotatori, che si gettano da una grande altezza. Si capisce che 
un’iniezione liquida, spinta con grande forza nel condotto, possa causare un simile 
risultato. 

Infine l’aria compressa violentemente nel condotto uditivo determina qualche 
volta delle lacerazioni estese della membrana. Queste si osservano in diverse 
circostanze; per esempio, un pugno, uno schiaffo contro l’orecchio, spingendo 
violentemente la colonna d’aria rinchiusa nel condotto uditivo, può rompere la 
membrana. Una violenta detonazione, che si produca in vicinanza all’orecchio, 
può agire nello stesso modo, in seguito alla scossa brusca impressa alla colonna 
d’aria che è vicina alla membrana. Perciò non è raro osservare tali perforazioni 
negli artiglieri. 

Le rotture della membrana del timpano per azione diretta daWindentro alVin- 
fuori sono meno frequenti. Esse avvengono quasi sempre per un aumento nella 
pressione dell’aria contenuta nella cassa; possono sopravvenire in seguito aduna 
insufflazione artificiale di aria troppo violenta, coi processi di Vaisalva, di Politzer 


Malattie dell’organo dell’udito 


288 

o col cateterismo, ma questo accidente è molto raro. Più spesso accade durante 
uno sforzo violento che l’aria penetra nelle trombe d’Mustacchio, riempie la 
cavità del timpano, e la membrana si rompe dall’indentro all’infuori. Ciò si 
osserva abbastanza frequentemente negli accessi di tosse violenta, e più special- 
mente nella tosse ferina, nell’asma, nello sternuto, negli sforzi di vomito. 

La lacerazione della membrana del timpano si produce ancora per un mec¬ 
canismo analogo negli individui che si trovano rapidamente trasportati in un 
luogo dove l’aria è rarefatta, come, per esempio, nelle ascensioni in pallone; la 
pressione è diminuita alla superfìcie esterna del timpano, e, prima che l’equilibrio 
abbia avuto tempo di stabilirsi per l’uscita dell’aria attraverso la tromba d’Eustacchio, 
l’espansione del gas contenuto nella cassa spinge la membrana dall’indentro al- 
l’infuori e ne determina la rottura. 

I liquidi iniettati per la tromba d’Eustacchio o versati nella cavità timpanica 
possono anche rompere la membrana dall’indentro all’infuori (a). Le rotture della 
membrana del timpano, che furono segnalate negli impiccati o negli individui 
strangolati, sono dovute probabilmente a dei bruschi versamenti di sangue nella 
cassa. Ritornerò più tardi su queste perforazioni consecutive ai versamenti nella 
cassa, che non hanno rigorosamente carattere traumatico. 

Quanto alle rotture indirette della membrana del timpano, esse succedono a 
violenze esercitate sul cranio, ad una distanza più o meno grande dall’orecchio. 
Si capisce la frequenza delle rotture del timpano nelle fratture della base del cranio, 
rotture che avvengono allorquando il decorso della frattura attraversa la cavità 
timpanica ed interessa l'osso timpanico nel quale è inquadrata la membrana. Queste 
soluzioni di continuo si spiegano molto naturalmente. Ma vi sono delle altre rotture 
della membrana le quali si producono in seguito a colpi od a cadute sul cranio, 
indipendentemente da qualunque frattura della base, ed il cui meccanismo sembra 
più difficile ad interpretarsi. Queste lacerazioni indirette della membrana del tim¬ 
pano non sono molto rare, sebbene appena nominate dagli autori. Ho potuto 
raccoglierne un numero abbastanza grande d’osservazioni; dimostrerò ben presto 
l’importanza clinica di questi fatti. 

I rapporti della membrana del timpano colle pareti ossee del cranio, rapporti 
tali clic questa membrana, tesa fortemente ed inquadrata nell’osso timpanico, 
sembra fare continuazione alle pareti del cranio, spiegano fino ad un certo punto come 
delle vibrazioni impresse al cranio da una violenta percussione, anche se insudi¬ 
cienti a determinare la rottura delle ossa, possono tuttavia bastare a rompere le 
fibre più delicate della membrana timpanica. 

Sintomatologia. — Le ferite della membrana del timpano si associano ad 
un dolore assai vivo, che può anche determinare la sincope. Ma questo dolore è, 

(a) [La possibilità che liquidi iniettati per via tubaria nella cassa producano rotture della mem¬ 
brana deve venir revocata in dubbio. È noto che Kramer e altri Autori dopo di lui non ritene¬ 
vano possibile neppure la penetrazione per via tubaria di liquidi nella cassa a membrana timpanica 
integra; che tale penetrazione accada è cosa oggimai dimostrata, ma resta a dimostrarsi che 
la quantità relativamente piccola di liquido che per tal modo viene introdotta, possa, anche in 
condizioni di diminuita resistenza patologica della membrana, determinarne la rottura (Tiud.)]. 


Malattie della membrana del timpano 


289 


in generale, di poca durata, a meno che fenomeni infìammalorii non sopravvengano 
consecutivamente. 

L’emorragia • dall’orecchio, o Yotorragia, è un fenomeno presso a poco costante. 
La quantità di sangue che scola è molto variabile; talora appena apprezzabile, 
talora, al contrario, molto considerevole, che non sembra in rapporto con una 
lesione quasi insignificante. Ilo visto, in un caso, questo scolo così abbondante da 
ispirare alcuni timori. Si trattava d’una giovanotta a cui si aveva introdotto nel¬ 
l’orecchio, durante il sonno, un piccolo rotolo di carta molto appuntito. Voltando 
bruscamente la testa, essa risentì un vivo dolore, accompagnato ben presto da 
uno scolo di sangue, che persisteva da 30 ore, quando vidi la malata che il 
medico di famiglia mi aveva indirizzata, nel timore che non esistesse qualche 
grave lesione dell’orecchio. Dopo aver nettato il condotto del sangue che l’ostruiva, 
riconobbi subito per unica lesione una perforazione circolare della membrana del 
timpano in vicinanza al manico del martello. 

Le variazioni che si osservano nell’abbondanza dello scolo di sangue, dipendono 
evidentemente dalla estensione della rottura, ma soprattutto dalla sua sede. Si sa, 
difatti, che la vascolarizzazione della membrana timpanica è lungi dall’essere eguale 
dappertutto, c che i vasi più voluminosi sono situati in vicinanza al manico del 
martello. È, senza dubbio, alla rottura d’uno di questi vasi ch’era dovuta l’emor¬ 
ragia abbondante di cui fu parlato più sopra. 

Le ferite della membrana del timpano si accompagnano quasi costantemente 
ad un certo grado di sordità, che varia secondo diverse circostanze; talora è 
appena sensibile, talora è delle più pronunciate. Queste differenze dipendono 
dall’estensione delle lesioni e più ancora dell’esistenza di complicazioni da parte 
del condotto, della cassa, od anche dell’orecchio interno (a). 

La forma, l’estensione, la sede delle ferite della membrana del timpano sono 
estremamente variabili, secondo la natura dell’agente vulnerante, ed il meccanismo 
della lacerazione. Quando la ferita è prodotta da un corpo introdotto nel condotto 
uditivo, l’estensione, la forma, la sede della rottura sono in rapporto col volume 
dell’istrumento vulnerante, còlla direzione secondo la quale è introdotto, infine 
colla forza clic gli è impressa. Così, in queste circostanze, si possono ancora in¬ 
contrare tutte le varietà delle ferite, da una semplice puntura fino ad una lace¬ 
razione completa della membrana. 

La frattura del manico del martello s’osserva qualche volta con tali sorta di 
ferite per azione diretta d’un corpo spinto nell’orecchio. Ménière (1) riportò la storia 
d’un giardiniere nel quale questo accidente era stato prodotto dalla penetrazione 
d’un ramo di pero nell’orecchio. Il timpano era lacerato largamente, e si potevano 
vedere dei frammenti d’ossicina rotti insieme ai lembi della membrana. Questa 


(«) [Come fa notare nel suo Trattato Politzer e come ho potuto io stesso riconoscere, le 
complicazioni labirintiche nei casi di traumi dell’orecchio accompagnano solo di rado la rottura 
della membrana timpanica, perchè la forza viva deU’urto in qualche modo si esaurisce, cagionando 
la lacerazione. Quando invece il trauma spinge violentemente all’interno la membrana senza 
lacerarla, allora la forza viva agisce direttamente sul labirinto, cagionando commozione o lesioni 
varie (Trad.)]. 

(1) Gaz. Méd ., 1856, n. 50. 


290 


Malattie dell’organo dell’udito 


lesione guarì spontaneamente. Troltsch (1) lia visto un caso analogo, c Ilinton (2) 
ne riporta due altri esempi. 

Quando la lacerazione della membrana del timpano è prodotta da una pres¬ 
sione esagerata, che agisca su tutta la sua superficie, sia dal difuori all’indentro, 
sia dalfindentro all infuori, la soluzione di continuità, variabile nelle sue dimensioni 



Fig. 253. — Ferite e lacerazioni «Iella membrana del timpano. 


e nella sua forma, presenta una sede press’a poco costante. Essa occupa, difatti, 
la parte posteriore della membrana del timpano dietro il manico del martello, 
dove lo spessore della membrana è meno grande (a). Riproduciamo (fìg. 253) 
taluna delle varietà più comuni delle ferite della membrana del timpano, che pos¬ 
sono essere lineari, a stella, triangolari, a cuore. 


Diagnosi. — Le ferite della membrana del timpano sono facili a riconoscere 
coll’esame diretto, quando si ha avuto cura, a mezzo di convenienti lavacri, di 
sbarazzare il condotto dal sangue o dai corpi stranieri che fostruiscono. Si vede 
distintamente sulla membrana una soluzione di continuità, sovente occlusa da un 
piccolo grumo di sangue, che infiltra leggermente i margini. Questa infiltrazione 
di sangue può anche estendersi abbastanza lontano fra le lamine della membrana 
timpanica (b). 

Ma se è facile stabilire coll’ispezione se la membrana del timpano è affetta 
da lacerazione, non è così quando si tratta di determinare se la ferita è semplice 


(1) Loc. cit., p. 156. 

(2) Holmes, System of Surgery , 2 1 2 * * * * * * * * 11 ediz., t. Ili, p. 313. ' 

(a) [Riguardo alla sede della lacerazione della membrana, si può stabilire che essa, quando ò 

causata da uno strumento feritore introdotto dalla via del condotto uditivo, è collocata di solito 

nel segmento anteriore della membrana, perchè lo strumento, anche se era diretto sul segmento 

posteriore, per l’inclinazione che quest’ultimo ha coll’asse del condotto, scivola e resta guidato 

contro il segmento anteriore; se la lacerazione avviene per causa indiretta, essa ha sede a pre¬ 

ferenza nel segmento posteriore, in vicinanza del martello, tratto meno resistente della membrana. 
Corradi, in uno studio recente ( Archiv f. 0 ., XXXIX, 1895, pag. 28G), espone i risultati di una 
serie di ricerche sperimentali sulla lacerazione traumatica della membrana timpanica nel cada¬ 

vere: egli ha trovato che la lacerazione, quando è determinata da trauma del capo, senza frattura 

della base, ha sede alla periferia della membrana, e cioè la membrana si distacca da quel se¬ 
gmento del quadro timpanico, che è collocato nella direzione della parte lesa del cranio (Trad.)]. 

(ò) [A differenziare le lacerazioni recenti traumatiche della membrana dalle perforazioni 
patologiche, oltre il fatto dell’esistenza di sangue sui margini, vale anche il criterio desunto 
dalla particolarità del suono di perforazione, che si ha quando si insuffla aria nella cassa per¬ 
la via della tromba: una perforazione traumatica, anche ristretta, dà rumore di soffio più basso 
ed intenso che una perforazione patologica, anche ampia, perchè l’aria la traversa con molto 
minore difficoltà, e la membrana, che conserva caratteri anatomici normali, vibra più intensa¬ 
mente (Tuad.)J. 


Malattie della membrana del timpano 


291 


o complicata da lesioni più profonde, sia da parte dell’orecchio medio od interno, 
sia anche da parte del cranio o dell’encefalo. 

Relativamente alle complicazioni che possono esistere nelle parti profonde 
dell’apparecchio uditivo, per conoscerle ci si baserà sulle circostanze del fatto e 
soprattutto sulla natura del traumatismo; poi, si terrà conto dei sintomi che carat¬ 
terizzano abitualmente le lesioni della cassa e dell’orecchio interno, sintomi sui 
quali ritornerò più tardi. 

Desidero solamente richiamare l’attenzione dei chirurghi sulle difficoltà della 
diagnosi in certi casi di lacerazioni della membrana del timpano prodotte da una 
violenta contusione del cranio. 

In questi casi, difatti, si potrebbe credere all’esistenza d’una frattura della base, 
perchè se ne osservano quasi tutti i sintomi; questi sono, da una parte, la perdita 
di conoscenza, per un tempo più o meno lungo, alla quale segue una depressione 
più o meno manifesta, fenomeno in rapporto colla commozione cerebrale; e, d’altra 
parte, lo scolo di sangue per l'orecchio, qualche volta, come si è visto, molto 
abbondante, e seguito anche, in alcuni rari casi, dallo scolo d’un liquido siero¬ 
sanguinolento. Ho fatto già allusione a questi casi difficili nell’articolo consacrato 
alle fratture del cranio del Trattato di patologia esterna di Follili e Duplay. Dopo 
di allora ho osservato un numero abbastanza grande di simili fatti, ed ho la con¬ 
vinzione che, in molti casi di pretese fratture del cranio, che sono state considerate 
come terminate dalla guarigione, si trattava unicamente di violente commozioni 
cerebrali, accompagnate da rotture della membrana timpanica. 


Prognosi. — Le ferite della membrana del timpano, esenti da complicazioni, 
sono generalmente senza gravità. Quando consistono in una semplice lacerazione 
senza perdita di sostanza, esse guariscono spontaneamente, senza lasciare altre 
traccie che una cicatrice qualche volta appena visibile, e senza alcuna alterazione 


dell’udito. 

Ma quando la soluzione di continuità s’unisce a perdita di sostanza, soprat¬ 
tutto quando quest’ultima è un poco estesa, è raro che non si sviluppi una 
infiammazione, seguita ben presto da suppurazione, e clic sovente non si limita 
alla membrana, ma si estende alla cassa. La lesione diventa allora complessa e 
si avvicina alle perforazioni patologiche, di cui si parlerà più tardi, e che possono 
apportare delle gravi conseguenze. Indipendentemente da queste complicazioni 
secondarie, ve ne sono di primitive, che sono dovute alla stessa causa che ha 
prodotta la rottura del timpano. Senza parlare della frattura della base del cranio, 


nella quale la frattura della membrana del timpano non offre più che un interesse 
secondario (a), si capisce che una violenza esterna che agisca sulla membrana del 
timpano possa estendere la sua azione alle ossidila, e, per fini ermediario di queste, 
esercitare una commozione sulle parti delicate dellorecchio interno; come none 
raro vedere, in seguito a ferite della membrana, in apparenza benigne, persistere 


indefinitamente disturbi funzionali molto accentuati. 


(a) [Le rotture della membrana timpanica costituiscono una complicazione non indifferente 
nelle fratture della base del cranio, come quelle clic aprono una via di entrata per l’infezione 
delle parti endocraniche lese (Trad.)]. 


m 


Malattie dell’organo dell’udito 


Cura. — La cura delle ferite della membrana del timpano è delle più 
semplici. La prima indicazione, c la più importante, consiste nel disinfettare la 
ferita, affine di prevenire Linfiammazione e la suppurazione, che di solito si tras¬ 
mettono alla cassa. Si dovrà adunque sbarazzare il condotto dai grumi sanguigni 
per mezzo di iniezioni di liquidi antisettici caldi e spinti con grande delicatezza. 
Le soluzioni deboli d’acido fenico, le soluzioni forti d’acido borico saranno im¬ 
piegate a questo scopo. Poi si potrà insufflare nel canale e fino sulla membrana 
timpanica una piccola quantità di polvere di iodoformio o d’acido borico; infine 
si riempirà esattamente il condotto uditivo con dell’ovatta idrofila o meglio con 
del cotone boricato o jodoformizzato (a). 

Non credo che sia utile il cercare d’ottenere la cicatrizzazione con alcuna 
applicazione topica, non consiglierei mai di ricorrere al mezzo raccomandato da 
Triquct, c che consiste nell'inzupparc un piccolo pezzo di cotone in una goccia di 
collodio elastico e nell’applicarlo sulla perforazione. . 

L’emorragia è raramente tanto forte da rendere necessario l’intervento del 
medico; se tuttavia lo scolo sanguigno non s’arrestasse, si potrebbe toccare 
leggermente il punto da cui esce il sangue con un piccolo pennello imbevuto da 
una soluzione di percloruro di ferro. 

Un’altra indicazione nella cura delle ferite della membrana del timpano, ò di 
immobilizzarla quanto più è possibile. Il malato porterà del cotone nell’orecchio, 
come abbiamo già raccomandato ad un altro scopo, affine di diminuire le 
vibrazioni dell'esterno, ed egli eviterà di gridare, di cantare e soprattutto di 
soffiarsi il naso con forza. 


ARTICOLO II. 

LESIONI ORGANICHE DELLA MEMBRANA DEL TIMPANO 

La membrana del timpano, intermediaria al condotto uditivo esterno ed alla 
cassa, partecipa nello stesso tempo alla struttura dell’uno e dell’altra, prolungandosi 
la pelle del condotto sulla sua superficie esterna, ed essendo la sua superfìcie 
interna rivestita dalla mucosa della cassa; perciò le malattie del condotto c della 
cassa devono propagarsi facilmente alla membrana timpanica, e reciprocamente, 
le malattie sviluppate primitivamente su quest’ultima non devono tardare ad 
invadere il condotto o la cassa. 


(a) [Nei casi di lacerazione della membrana timpanica, gli interventi curativi, descritti dal- 
l’A., possono riuscire di gran danno, e finché non si abbiano indizi di infezione locale, vale molto 
meglio, secondo il consiglio quasi unanime degli Otojatri, astenersene c limitarsi a proteggere 
con medicazione asettica occlusiva le parti lese. In effetto i lavacri del condotto non possono 
aver azione antisettica sufficientemente energica per impedire lo sviluppo di eventuali germi 
patogeni, e provocano invece sul delicato rivestimento della cavità timpanica una irritazione, la 
quale favorisce lo sviluppo di una reazione infiammatoria, senza contare die mediante tali 
lavacri vengono spinti profondamente, contro le parti lese, germi patogeni esistenti nel condotto. 
In un caso da me osservato, l’esame batteriologico dimostrò l’esistenza, sui margini della perfo¬ 
razione, perfino di statìlococci piogeni; malgrado ciò, col semplice trattamento occlusivo, non si 
manifestò alcuna reazione infiammatoria (Trai».)]. 



Malattie della membrana del timpano 


293 


Di falli, le affezioni della membrana del timpano si presentano mollo raramente 
allo stato d isolamento completo, ed è cpiasi impossibile di separare il loro studio 
da quello delle malattie del condotto uditivo e della cassa. Descriverò solamente 
in questo articolo : 1° le infiammazioni; 2° le degenerazioni diverse e particolarmente 
le degenerazioni calcari della membrana. Quanto alle perforazioni patologiche, il 
loro studio non potrebbe essere separato da quello del catarro purulento della 
cassa. Poiché, sia ch'esse sopravvengano dall’infuori all’indentro, in seguito alia 
miringite, sia ch’esse succedano ad una suppurazione della cassa c si producano 
dall indentro all infuori, ciò che è di mollo più frequente, esse si associano sempre 

ad uno stato infiammatorio dell orecchio medio, anteriore o consecutivo alla perdita 
di sostanza della membrana. 

1" INFIAMMAZIONI (MIRINGITI) 

L’infiammazione della membrana del timpano è stata designata sotto il nomo 
di miringite da Lincke e da Wilde. La maggior parte degli autori, se si eccettui 
von Troltsch, ne hanno dato una definizione abbastanza fantastica. Checché si 
abbia detto, questa infiammazione esiste molto raramente allo stato d'isolamento: 
aggiungerò anche che, d'accordo con Troltsch, io considero come mollo poco 
frequente l'infiammazione primitiva della membrana timpanica, e che, secondo la 
mia opinione, questa infiammazione si sviluppa sia consecutivamente ad una in¬ 
fiammazione del condotto, sia, più spesso ancora, consecutivamente ad una affezione 
della cassa. Fatte queste riserve, studierò successivamente la miringite acuta e la 
miringite' cronica (a). 

a) Miringite acuta. — La miringite acuta primitiva riconosce quasi esclusiva- 

mente per causa l’azione diretta del freddo sulla membrana del timpano, e si 

osserva in seguito ai bagni di mare o di fiume. Esiste inoltre, una forma di 

mii ingite acuta, designata da \\ reden sotto il nome di micomiringite, e che sarebbe 

prodotta da una prolificazione parassitarla alla superficie della membrana del 

timpano. Ilo già parlato di questa forma d’infiammazione in occasione dell’otite 
esterna. 

Sintomatologia. — La miringite acuta principia generalmente in modo subi¬ 
taneo, in mezzo alla notte, con dolori estremamente vivi in fondo all’orecchio, 
accompagnati da pulsazioni e da ronzìi violenti ; qualche volta i fenomeni nervosi 
sono dei più pronunciati; vi è agitazione, delirio, febbre. 


(a) | È degno di nota che l’A., il quale pur proclama fantastica la descrizione della miringite, 

la ammetta ed anzi poi ne distingua una forma acuta e una cronica, pur di non dipartirsi dalle 
descrizioni degli autori classici, soprattutto di Toynbee. — Non è giustificata neppure la tratta¬ 
zione in tale capitolo delle chiazze calcari della membrana, le quali al pari delle perforazioni, 
delle cicatrici rientrano nel quadro nosologieo delle otiti medie purulente. L’osservazione clinica 
non permette di riconoscere che in un solo caso la esistenza di fenomeni infiammatori isolati 
sulla membrana del timpano, nel caso cioè di lesioni traumatiche; in tutti gli altri casi di pre¬ 
tese miringiti, si tratta, a parere del Traduttore, di otiti medie od otiti esterne, diffuse alla 
membrana timpanica (Trad.)J. 

19. — 2V* Chir. f IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 





294 


Malattie dell’organo dell’udito 


L’esame dell’organo ammalato mostra la membrana del timpano fortemente 
iniettata; questa iniezione è soprattutto marcata alla periferia della membrana e 
lungo il manico del martello, che sparisce sovente dietro i vasi iperemici. Si 
riconosce nello stesso tempo che lo splendore normale della membrana timpanica 
è sparito; la sua superficie presenta l’aspetto appannato del vetro smerigliato. 

11 condotto uditivo non tarda ad infiammarsi, e nelle parti vicine alla mem¬ 
brana, la pelle è rossa e gonfia, di modo che è difficile di riconoscere un limite 
preciso fra il condotto e la membrana. 

La miringite acuta può terminarsi per risoluzione, per suppurazione, per ulce¬ 
razione. La risoluzione s’osserva abbastanza raramente. I dolori si calmano dopo 
alcune ore, o al più, tre o quattro giorni. Qualche volta una leggera otorragia 
marca questo felice termine (a). 

Più frequente è la suppurazione. Questa, in generale poco abbondante, è fornita 
dalla superficie del derma messo a nudo, in seguito alla caduta dell’epidermide, 
che si stacca in piccole masse o a squame. 11 derma apparisce allora rosso, 
tumefatto, rammollito e ricoperto da una secrezione purulenta. 

In altri casi, si formano dei piccoli ascessi nello spessore della membrana 
stessa. Segnalati da Wilde e Troltsch, sono stati studiati da Boeck (1). Gli ascessi 
interlamellari della membrana del timpano si presenterebbero sotto forma di 
piccole sporgenze ben limitate, arrotondate, dando luogo a delle riflessioni varia¬ 
bili della luce. Boeck ha segnalato, inoltre, un sintomo particolare che, secondo 
lui, avrebbe un grande valore diagnostico ; i malati sentirebbero meglio il tic-tac 
d’un orologio quando inclinano la testa dalla parte malata, ciò che si spiegherebbe 
per la pressione esercitata sugli ossicini dalla piccola collezione liquida, pressione 
che diminuisce nelfinclinazione della testa. Questi ascessi possono aprirsi spon¬ 
taneamente nell interno del condotto, determinando la perforazione del timpano. 
In alcuni fatti riportati da Wilde e Boeck, l'apertura artificiale di queste piccole 
collezioni purulente, coll’aiuto d’un ago a cateratta, è stata seguita da guarigione 
senza perforazione della membrana. 

Per quanto ne abbiano parlato gli autori, e Triquet in particolare, la perfora¬ 
zione della membrana del timpano dal difuori alfindentro mi sembra estremamente 
rara, in seguito alla miringite acuta. Essa sopravviene tuttavia qualche volta, sia 
in seguito ad una rapida ulcerazione, sia in seguito all’apertura d’una collezione 
purulenta formata fra le lamelle della membrana. Studieremo più tardi queste 
perforazioni patologiche che, quasi sempre, sono il risultato di una affezione 
purulenta della cassa. 

Quando la miringite, arrivata al periodo di suppurazione, guarisce senza per¬ 
forazione, i dolori, che sono diminuiti al momento in cui lo scolo s’è mostrato, 
spariscono completamente; lo scolo, poco abbondante, cessa a poco a poco; i 
ronzìi scompaiono, e l’udito ricupera la sua acutezza press’a poco completa. 

(a) [Secondo quanto fu detto più sopra circa la pretesa miringite, appare probabile che tale 
otorragia, che segnerebbe la felice terminazione di una miringite, debba invece venire inter¬ 
pretata come il risultato della perforazione spontanea della membrana in otiti medie acute a 
tipo abortivo (Trai).)]. 

(1) Ueber Abscesse im Tronunelfell ; Arcliiv fur Ohrenheillcunde , t. II, p. 133. 



Malattie della membrana del timpano 

Tuttavia, la membrana del timpano conserva per lungo tempo ancora le traecie 
della malattia; sebbene il rossore e l’infiltrazione siano diminuiti, il timpano resta 
appannato e senza splendore; si trovano in diversi punti delle opacità che ricordano 
1 albugo della cornea; infine, il manico del martello cessa d’essere visibile netta¬ 
mente e sparisce più o meno completamente per l’ispessimento e linfiltrazione 
dello strato cutaneo. 

Diagnosi. — La localizzazione delle alterazioni anatomiche alla membrana 
del timpano permetterà di distinguere la miringite acuta dall’otite esterna. Ma si 
sa quanto è frequente vedere le due affezioni coincidere, ciò che si riconoscerà 
per 1’esistenza simultanea delle lesioni anatomiche proprie all’ima ed all’altra. 

Si potrebbe confondere molto facilmente la miringite coll otite media acuta, e 
questa contusione ò stata (atta da un gran numero di specialisti, ed è commessa 
giornalmente. Secondo la mia opinione, le perforazioni del timpano sono dovute 
quasi sempre all otite purulenta della cassa. Se, in questi casi, può dirsi che 
esiste una miringite, questa non è che accessoria, o, se si vuole, consecutiva al- 
1 infiammazione della mucosa della cassa. Vedremo, a riguardo di quest’ultima 
malattia, a quali segni si può distinguere la miringite, propriamente detta, dall’otite 
media acuta. 

^Prognosi. — La miringite acuta, esente da complicazioni, è d’un pronostico 
favorevole. Anche quando una piccola perforazione si produce, questa si cicatrizza 
rapidamente. Nei casi in cui la malattia non venne trascurata e in cui il tratta¬ 
mento fu razionale ed energico, la guarigione della miringite acuta è perfetta, c 
malgrado le traccie leggiere che si constatano ancora per lungo tempo sulla 
superficie esterna della membrana, l’udito si ristabilisce completamente. 

Cura. — Non potrò che ripetere ciò che ho già detto a proposito della cura 
dell otite esterna acuta. Oltre i mezzi antiflogistici ordinari, si potrebbe, per agire 
più energicamente, ricorrere al calomelano. Infine, allo scopo di prevenire una 
perforazione, il .malato dovrà astenersi da qualunque sforzo capace di agire sulla 
membrana (tosse, sternuti, soffiarsi il naso, ecc.). 

b) Miringite cronica. — Questa succede sovente alla miringite acuta mal curata, 
ma può sopraggiungere primitivamente. È principalmente nei soggetti scrofolosi 
e durante l'infanzia che suole svilupparsi. Triquet (1), che ha certamente confuso, 
nella sua descrizione della miringite scrofolosa, le infiammazioni sviluppate primi¬ 
tivamente sulla membrana del timpano e quelle che hanno sede nella cassa, 
pretende d’avere anche osservata la miringite cronica nel corso di certe mani¬ 
festazioni sifilitiche. L’otite serpiginosa, per poco che si estenda alle parti profonde 
del condotto, non tarda ad invadere la superficie cutanea della membrana timpanica, 
ma non ho mai visto esserne questa il punto di partenza. 

Sintomatologia. — La miringite cronica non va accompagnata generalmente 
da dolori; e appena di tratto in tratto i malati provano, sotto qualche influenza 


(1) Cliniqiie , t. I, p. 50. 



296 


Malattie dell’organo dell’adito 


esterna, delle leggiere punture nel fondo del condotto; essi accusano piuttosto 
una sensazione di disturbo mal definito, di tensione, e qualche volta di prurito 
incomodo ; esiste costantemente una sordità abbastanza pronunciata, accompagnata 
talvolta da leggeri ronzìi. Infine, il sintomo che colpisce dippiù, è lo scolo di pus 
dall’orecchio, scolo in generale poco abbondante, abbastanza consistente e d’un 
odore ripugnante. 

All'ispezione, la membrana del timpano presenta un rossore localizzato in 
certi punti od anche esteso alla totalità della membrana. Triquet ha paragonato 
questo stato della membrana al panno della cornea. Quando il rossore è loca¬ 
lizzato in certi punti, esso occupa più particolarmente la circonferenza, la metà 
postero-superiore, la vicinanza del manico del martello. Le parti della membrana 
che non sono la sede di questa vascolarizzazione sono scolorite, senza riflesso 
lucente, di colore giallastro, manifestamente ispessite. In tutti i casi, lo strato 
epidermico è completamente sparito, ed il derma messo a nudo fornisce una 
suppurazione più o meno abbondante. Talvolta il derma infiammato cronicamente 
diviene la sede d’una proliferazione cellulare, che finisce collo sviluppo di granu¬ 
lazioni o d’escrescenze polipi formi, generalmente di piccole dimensioni, ma che 
bastano a mantenere lo scolo purulento. Toynbee, Triquet hanno segnalala questa 
varietà di miringite cronica, che Nasiloff (1) e Kessel (2) hanno designata sotto 
il nome di miringite villosa. Infine, si osservano sovente alla superficie della 
membrana delle piccole ulcerazioni, situate alla periferia o verso il centro, che 
sono prodotte da una distruzione lenta del derma messo a nudo, o che succedono 
all'apertura di piccole pustole. Queste ulcerazioni possono estendersi in profondità, 
guadagnare lo strato medio della membrana e produrre finalmente una o parecchie 
perforazioni. La malattia si complica allora ad affezione purulenta della cassa. 

Per completare questa descrizione della miringite cronica, bisogna aggiungere 
che, quando la malattia dura da lungo tempo, il condotto uditivo partecipa 
sovente alle stesse lesioni, e che si osservano le alterazioni già segnalate in 
occasione dell’otite esterna cronica. 

Diagnosi. — La miringite cronica è facile a riconoscersi coll'ispezione diretta, 
perchè questa permette di decidere se il condotto uditivo è sano o partecipa alle 
stesse alterazioni. 

La miringite granulosa o villosa può essere confusa con le fungosità della 
cassa, e questo errore è sovente commesso. Vedremo più lardi come si potrà 
stabilire questa diagnosi. 

Prognosi. — E più grave di quella della miringite acuta, soprattutto in causa 
del pericolo di perforazioni, che sono più frequenti. Ma anche in assenza di qua¬ 
lunque complicazione, la guarigione è più difficile ad ottenersi che nella forma 
acuta, ed essa è in generale meno completa. L’udito resta più o meno alterato, 
ciò che risulta dall'ispessimento del timpano. 


(1) J\[edic. Centraìblatt , 18G7, n. 11 e Archiv fiir Ohrcnlieilkunde, t. IV, p. 59. 

(2) Archic fiir OhrcvJieilkundc , t. V, p. 250. 



Malattie della membrana del timpano 


297 

Cura. La cura generale deve avere una grande parte. Essa consiste nello 
impiego dei medicamenti antiscrofolosi (olio di fegato di merluzzo, joduro di potassio 

o di feiio, amari) e nella prescrizione di mezzi igienici proprii a lottare contro la 
disposizione costituzionale. 

La cui a locale è presso a poco la stessa di quella dell’otite esterna cronica. 
L orecchio sarà lavato due o tre volte al giorno con dell’acqua calda o con un 
liquido leggermente astringente, come l’infusione di thè, la decozione di foglie di 
noce, di eucaliptus. Queste iniezioni dovranno essere spinte con precauzione, nel 
timore di provocare una rottura della membrana. Esse saranno seguite da instil¬ 
lazioni di liquidi modificatori (soluzione di solfato di rame, di zinco, di sotto-ace¬ 
tato di piombo, d’allume, d’acido borico, ecc.). Il solfato di rame, l’allume, l’acido 
borico mi sembrano meritare la preferenza. D’altronde è vantaggioso, nella cura 
sempre molto lunga della miringite cronica, di variare abbastanza sovente la 
natura delle sostanze astringenti. 

Quando l’ispessimento del derma è considerevole, quando vi è tendenza alla 
ulcerazione, e soprattutto quando si producono delle granulazioni alla superfìcie 
della membrana del timpano, le iniezioni e le instillazioni medicamentose restano 
spesso insufficienti. Diventa allora necessario modificare la vitalità della membrana 
con dei tocchi diretti mediante sostanze più energiche di quelle che si possono 
impiegare sotto forma d instillazioni. Quando la membrana è messa a nudo collo 
aiuto dello speculo e rischiarata convenevolmente, si porta direttamente sul punto 
ammalato sia un piccolo pennello, sia un piccolo tappo d’ovatta tenuto all’estre¬ 
mità d una pinzetta ad estremità sottili, e imbevuto del liquido medicamentoso. 
I tocchi così praticati con la tintura d’iodio, l’acido acetico, il percloruro di ferro, 

1 acetato di piombo, rendono sovente i più grandi servizi. 

Nell otite granulosa e ulcerosa, i tocchi col nitrato d’argento sono qualche 
\olta utili. Si possono adoperare delle soluzioni concentrate, o, meglio ancora, 
per fare delle cauterizzazioni superficiali ed esattamente limitate al punto in cui 
si desidera, si impiegano delle piccole matite di nitrato d’argento fuso, di un 
millimetro di diametro, e portate coll’aiuto d’un istrumento sottile. Bonnafont ha 
per il primo raccomandato 1 uso di queste piccole matite; e, difatti, in questa 
maniera solamente è permesso impiegare il nitrato d’argento solido per caute¬ 
rizzazioni nella profondità dell’orecchio. Non si potrebbe abbastanza combattere 
la pratica cieca e barbara, e sfortunatamente troppo estesa, che consiste nell’ih- 
trodurre nell orecchio una matita di nitrato d’argento che riempie quasi tutto 
il canale e che non si può dirigere colla vista. 


2° DEGENERAZIONI DIVERSE - DEPOSITI CALCARI 

Le degenerazioni della membrana del timpano sono molto frequenti e si tra¬ 
ducono con un alterazione nella trasparenza normale della membrana. Esse suc¬ 
cedono quasi sempre alle infiammazioni acute o croniche. Ho già parlato, in 
occasione dell otite esterna e della miringite, degli ispessimenti dello strato cutaneo. 
Questi possono invadere la totalità o solamente alcune parti della membrana; il 
timpano apparisce allora meno concavo, senza riflessi, di colore biancastro; il 
manico del martello, che si disegna ordinariamente sotto forma d’una linea bianco 



^98 Malattie dell'organo dell’udito 

gialliccia, è divenuto quasi invisibile e si trova mascherato dalla pelle, molto 
spessa in questo punto. 

Del pari, quando lo strato mucoso è stato sede d’un’infiammazione cronica, 
esso subisce, come vedremo, uno ispessimento notevole, che altera la trasparenza 
della membrana. L’ispessimento comincia alla periferia; colà è sempre più pro¬ 
nunciato che altrove. La membrana sembra d’un grigio opaco e presenta qualche 
volta un contorno bianco sbiadito. Sovente, allora, il manico del martello resta 
perfettamente visibile. In generale, quando la degenerazione dello strato mucoso 
è molto avanzata, lo strato fibroso, e soprattutto il piano di fibre circolari, vi 
partecipano, e l’opacità apparisce in una zona del timpano situata fra il margine 
esterno ed il centro della membrana. 

Lo strato fibroso è talvolta le sede della degenerazione calcare. Questa succede 
sovente all’infiammazione cronica e coincide coll’otite esterna, il catarro cronico 
della cassa, le perforazioni della membrana, ma può anche mostrarsi in assenza 
di qualunque altra lesione, ed io la ho spesso riscontrata presso individui gottosi. 

Le degenerazioni calcari della membrana del timpano non esistono di solito 
che da un solo lato, ma possono trovarsi anche da ambedue i lati; in tale caso 
. talvolta le lesioni presentano una simmetria perfetta. È raro che si riconosca la 
esistenza di depositi multipli sulla stessa membrana. Talora la degenerazione 
calcare assume una forma circolare od a mezzaluna, ed occupa una zona inter¬ 
media fra la periferia della membrana ed il manico del martello; la sua sede è 
allora nello strato delle fibre anulari; tal’altra essa si presenta sotto una forma 
rigata, corrispondente alle fibre radiate della membrana. Infine, non è raro 
osservare dei depositi puntiformi, discoidi, ensiformi ed in forma di ferro di 
cavallo. Queste numerose varietà sono state descritte e rappresentate da Moos (1). 

La degenerazione calcare della membrana del timpano è dovuta 
al deposito d’una fina polvere di carbonato di calce, sia fra le 
fibre proprie, sia nello spessore stesso dei corpuscoli della mem¬ 
brana; qualchevolta l’abbondanza di questo deposito calcare è 
tale che tutti gli strati sono invasi e che diventa quasi impossibile 
il ritrovare gli elementi proprii della membrana. Sebbene il deposito 
calcare si faccia principalmente nello spessore degli strati interno 
e medio, risulta, da un fatto osservato da Lucie e Rose (2), che 
esso può risiedere nello strato esterno ispessito, e che, in luogo 
di presentarsi come delle masse amorfe, assume talvolta la forma cristallina. 

In un caso, Politzer ha riscontrato, vicino alle porzioni calcificate, una produ¬ 
zione di tessuto osseo. Si trovano d’altronde frequentemente, insieme alla dege¬ 
nerazione calcare, delle opacità, degli ispessimenti parziali, e sovente anche delle 
perforazioni. 

Le alterazioni funzionali sono assai variabili. Talora con un deposito calcare 
quasi insignificante, l’udito è presso a poco perduto; tal’altra, al contrario delle 



Fig. 254. — Dege¬ 
nerazione calcare 
della membrana 
del timpano. 


(1) Klinik, p. 99. 

(2) Aragonitkrystalle in der verdicliten Epidermis eines mensclilichen Trommelfells ; Archiv 
far Ohrenheillcunde, t. Ili, p. 252. 


Malattie della membrana del timpano &)9 

lesioni che occupano quasi la totalità della membrana, permettono l’esercizio 
presso a poco normale della funzione uditiva. Queste differenze dipendono dalle 
complicazioni che esistono o che sono esistite in un periodo più o meno lontano. 

Si può dire, difatti, che in assenza di lesioni da parte della cassa o dello 
orecchio interno, le degenerazioni calcari della membrana del timpano non distur¬ 
bano che mediocremente la funzione uditiva. 

Si dovrà adunque cercare con cura se esiste qualche complicazione da parte 
dell’orecchio medio od interno, e dirigere la cura da questa parte; perchè non 
si potrà sperare di modificare la degenerazione una volta prodotta. 


ARTICOLO III. 


VIZI DI CONFORMAZIONE E DEFORMITÀ DELLA MEMBRANA DEL TIMPANO 


La membrana del timpano presenta delle anomalie numerose e manca talvolta 
completamente nelle malformazioni complesse dell’apparecchio uditivo. Essa può 
essere anche esclusivamente la sede di vizi di conformazione, ma questi sono • 
abbastanza rari. 

11 difetto di occlusione, paragonabile al coloboma dell’iride, sembra essere 
stato osservato da Iròltsch (1), in un individuo di cui i due timpani presentavano, 
verso il loro margine superiore, una apertura di 3 millimetri di diametro, che, 
per la regolarità perfetta delle parti, ed in assenza di qualunque traccia di 
lesione, poteva essere considerata come una deformità congenita (a). Si trattava 
probabilmente anche di perforazioni congenite nei due casi riportati da Schwartze (2) 
e Bochdalek (3), sebbene questi autori attribuiscano ad una atrofia graduale le 
perdite di sostanza simmetriche dei due timpani. 

La membrana del timpano presenta ancora delle numerose varietà individuali 
nel grado d’inclinazione, in rapporto all’ asse del condotto uditivo. Si sa che, 
nel feto, la membrana del timpano fa seguito alla parete superiore del canale e 
clic a poco a poco essa si raddrizza per formare con questa parete un angolo 
ottuso, che misura in media 150 gradi. Questo angolo è assai variabile, ed il suo 


(1) Anatomie de l’oreille, p. 35. 

(a) [Malformazioni isolate della membrana timpanica non si possono spiegare colle cognizioni 
che si possedono oggidì intorno alle modalità di sviluppo embriologico di detta membrana. 
Certo nè la simmetria delle lesioni di continuità della membrana, nè la mancanza di dati ana- 
mnestici che attestino una pregressa otorrea possono considerarsi come indizi del carattere con¬ 
genito, perchè l’osservazione clinica ci fa riconoscere di frequente l’esistenza di lesioni delle due 
membrane perfettamente simmetriche, delle quali il paziente ignora affatto l’esistenza, e che 
pure per i loro caratteri possono venir con certezza considerate come patologiche. Il cosidetto 
forame di Rivino, che si riscontra non di rado nella porzione flaccida della membrana, e che fu 
considerato da taluni Autori come l’espressione d’un fatto normale, rappresenta in vero una 
lesione patologica, il cui determinarsi è favorito dalla sottigliezza della membrana in questo 
punto e dall’esagerata tensione alla quale va soggetta nei casi di retrazione abnorme (Trad.)]. 

(2) ArcJiiv far Ohrenheilkunde, t. II, p. 291. 

(3) Ibid., p. 30. 


Malattie dell’organo dell’udito 


300 

grado d apertura sembra in rapporto collo sviluppo della base del cranio. Può 
darsi clic lo stato fetale della membrana del timpano persista, costituendo un 
vero vizio di conformazione. In un sordo-muto di trentacinque anni, designato 
come colpito da una specie di cretinismo, Tróltsch ha visto la membrana del 
timpano formare, colla parete superiore del condotto, un angolo di 167 gradi, 
offrendo anche una direzione simile a quella ch’essa prende nei bambini. Sarebbe 
interessante di ricercare se tutti i cretini presentano una simile anomalia nella 
direzione Aella membrana del timpano, anomalia che sembra, come ho detto, 
manifestardite legata ad un diletto di sviluppo della base del cranio. La consta¬ 
tazione di questo fatto verrebbe in appoggio dei lavori di Virchow sulla relazione 
eh egli pretende esistere fra il cretinismo e lo sviluppo della base del cranio. 

Lascio da parte tutte le anomalie che risultano da alterazioni di colore, di 
forma, di continuità della membrana, alterazioni delle quali le une sono già cono¬ 
sciute, c di cui le altre saranno studiate in occasione delle malattie dell’orecchio 
medio. 


IV. 

MALATTIE DELLA TROMBA D’EUSTACCHIO 

La tromba d’Eustacchio, per la sua situazione profonda, sfugge all’azione degli 
agenti vulneranti. Essa può, ciò non ostante, essere interessata nelle fratture della 
base del cranio ; ma la gravità di queste ultime toglie qualunque importanza alle 
lesioni traumatiche della tromba. 

Citerò, come fatti eccezionali, alcune osservazioni di corpi stranieri della tromba 
d’Eustacchio. 

Fleischmann (1) riporta la storia d’un uomo che si lagnava da diversi anni di 
ronzìi e d’una sensazione nella faringe analoga a quella che produce la presenza 
d'un capello in gola, e nel quale si trovò, all’autopsia, una radice d’orzo che 
esciva dall’imboccatura faringea della tromba e si estendeva fino nella porzione 
ossea del canale. In un altro fatto, osservato da Urbantschitsch, una spiga d’avena, 
lunga 3 centimetri, penetrata per l’apertura faringea della tromba fino nella cassa, 
passò di là nel condotto uditivo esterno, dopo perforazione della membrana del 
timpano e fu estratta dal malato. 

Fu anche segnalata la presenza d’una piuma di corvo (Heckscher), d’ascaridi 
lombricoidi (Andry, Reynolds). Infine, è accaduto diverse volte, che, nella dilata¬ 
zione della tromba per mezzo di cilindri di laminaria, frammenti di questi sono 
restati nel canale della tromba. 

Nei casi in cui il corpo straniero non fosse completamente incluso nell’interno 
del condotto tubolare, la rinoscopia permetterebbe di riconoscere la sua presenza 
e di estrarlo. 


(1) Lincee, t. Il, p. 183. 


Malattie della tromba d’ Mustacchio 



ARTICOLO 1. 


LESIONI VITALI ED ORGANICHE DELLA TROMBA 


Le affezioni della tromba d'Mustacchio si riscontrano molto raramente allo stato 
d’isolamento completo, e non esito a dire che la maggior parte degli otojatri, 
soprattutto in Francia, hanno esagerata la frequenza e V importanza delle lesioni 
proprie a questo condotto. Intermediaria fra la cavità naso-faringea e la cassa del 
timpano, rivestita da una mucosa che si continua dallTma all’altra, la tromba deve 
necessariamente partecipare alle affezioni di queste cavità. Ricorderò, di più, che 
questo condotto presenta la forma di due coni addossati alla sommità; il cono 
interno, che comprende la porzione ossea, si continua senza linea di demarcazione 
coH’estrcmità anteriore della cassa, di cui fa parte integrante, di modo che non 
si capisce affatto come questa parte della tromba si ammali senza che la cassa 
sia la sede di lesioni simili; il cono esterno, che corrisponde alla parte fìbro-car- 
tilaginea della tromba, s’apre con un orificio allargato ai lati della faringe. La 
sua lunghezza non misura più di 24 millimetri. Certe alterazioni possono restare 
localizzate a livello dell’orificio faringeo della tromba; ma per poco che esse 
presentino qualche gravità, non tardano a propagarsi dall'indentro all’infuori ed a 
guadagnare la cassa. Così, una malattia infiammatoria, nata nella cassa, s’estende 
necessariamente alla porzione ossea della tromba ed invade ben presto dall’infuori 
all’indentro la totalità del condotto. Avremo adunque a ritornare più tardi, in oc¬ 
casione delle malattie della cassa, sulle diverse alterazioni della tromba che possono 
accompagnare queste ultime. Ma ci sembra utile studiare, sin da questo momento, 
uno stato patologico che, esistendo talvolta solo, dà luogo ad una serie di sintomi 
speciali e reclama una terapia particolare. Vogliamo parlare deW ostruzione della 
tromba. 


OSTRUZIONI 


Si sa che allo stato fisiologico, la tromba d'Mustacchio è permeabile e serve 
al rinnovamento dell’aria contenuta nella cavità della cassa. Questa comunicazione 
fra la faringe e l’orecchio medio, indispensabile all’esercizio regolare dell’udito, 
può essere interrotta più o meno completamente ed indipendentemente da qual¬ 
siasi altra lesione dell’apparecchio uditivo; così resta costituita l’ostruzione semplice. 

Le cause sono numerose, e risiedono di solito all’orificio faringeo della tromba. 
1 tumori sòrti in vicinanza al padiglione possono qualchevolta, comprimendolo, 
otturare completamente la sua apertura; essi sono: i polipi mucosi, i polipi fibrosi 

naso-faringei e soprattutto i tumori adenoidi della faringe. Per lungo tempo si 

% 

pensò che le amigdale ipertrofiche potessero agire nello stesso modo. M un errore 
di cui si è fatto giustizia, e se l’ablazione delle amigdale ipertrofiche agisce spesso 
in un modo favorevole in alcuni casi di sordità, è solo contribuendo a migliorare 
il catarro naso-faringeo ed il catarro dell’orecchio medio, che ne è la conseguenza, 
e non facendo sparire un agente d’ostruzione della tromba. Si sono visti qual¬ 
chevolta degli ammassi di muco concreto ed indurito otturare completamente il 


Malattie dell’organo dell’udito 


30 2 




m 





lìiSsi 


al 





1 1 


5-iii 


m 














Fig. 255. — Obliterazione cicatriziale dell'orificio della tromba 

(Lindenbauni). 


padiglione della tromba. In questi casi esiste un catarro cronico della cavità naso- 
laringea, e simili tappi mucosi sono il prodotto della secrezione alterata delle 

ghiandole mucipare, che esistono 
j, A * n S 1 gran numero in corrispon- 

j _ denza al padiglione. Dauscher (1), 

Loewenberg (2), hanno riportati 
dei fatti di questo genere. 

1 ■!. mm. dall, dotto; laUiMn: le gonfiezze,della 

(Lindenbaum). mucosa, le granulazioni, le ulce- 

a questo livello, e di solito consecutive ad ulcerazioni sifilitiche, hanno anche per 
effetto di restringere 1 apertura della tromba. Lindenbaum (3) ha anche osservato 

un caso d obliterazione completa cicatriziale dell’orificio della tromba in una 
donna di quarantadue anni, sorda da molti anni (fig. 255 ). 

L’ostruzione dell’apertura faringea della tromba può ancora essere dovuta ad 

una paralisi incompleta dei muscoli del velo palatino, paralisi che accompagna 

abbastanza di frequente ,1 catarro naso-faringeo e che produce un rilasciamento 

c eli apei tura tubarla, la di cui dilatazione non può farsi a ciascun movimento di 
deglutizione. 

Non mi arresterò sui casi d’ostruzione che risiedono nel decorso del condotto 
che non si tratta piu allora d’ostruzioni semplici; difatti, i ristringimenti causati 
dalla gonfiezza della mucosa, le ostruzioni dovute ad ammassi di mucosità si 
complicano sempre a stati simili da parte della cassa, ed il preteso catarro 
della tromba, descritto dagli autori, è un catarro dell’orecchio medio, che affetta 
contemporaneamente la tromba e la cavità del timpano. 

•Sebbene Bonnafont (4) abbia parlato di ristringimenti valvolari della tromba 

credo che, anche dopo la lettura delle osservazioni ch’egli riporta, l’esistenza dì 

questi restringimenti, per così dire indipendenti da qualunque altra affezione 
deh orecchio, mi sembra più che dubbia. 

* | L’ostruzione della tromba, qualunque 

ne sia la causa, determina costantemente una sordità più o meno completa e 

sovente accompagnata da ronzìi, da una sensazione eli tensione e di pienezza 


(1) Beitràge zur llhinoscopie; Wiener Zeitschrift , 18G0. 

(2) Arcliiv fur Ohrenheilkunde , t. II, p. 103. 

(3) Archiv fiir Ohrenheilkunde , t. I, p. 295. 

(4) Loc. cit., p. 414. 


Malattie della tromba d’Mustacchio 


303 


nell’orecchio c nella testa, talvolta anche da vertigini e da stordimenti. Queste 
alterazioni funzionali sono dovute ad un meccanismo ch e facile a venire spiegato. 
L’aria contenuta nella cassa, non potendo rinnovarsi, è ben presto riassorbita; l’equi¬ 
librio di pressione sulle due superfici della membrana del timpano non esiste più, 
e questa è respinta all’indentro per la pressione atmosferica che si esercita sulla sua 
faccia esterna. Ora, la fisiologia c’insegna che la membrana del timpano non può 
portarsi all’indentro senza trascinare nello stesso senso la catena delle ossidila ; 
ne risulta che la base della staffa è infossata nella finestra ovale e comprime il 
liquido labirintico. Bisogna aggiungere che l’eccesso di tensione della membrana 
timpanica e l'immobilizzazione delle ossidila, contribuiscono potentemente a distur¬ 
bare la trasmissione delle onde sonore e rendono conto della sordità. 

L’ispezione della membrana del timpano fornisce, d’altronde, degli utili indizi 
sull’esistenza d’una ostruzione della tromba. Si riconosce, difatti, che la membrana 
è molto più concava che allo stato normale; il manico del martello è più obliquo c 
si presenta in iscorcio; la piccola apofisi ha un rilievo esagerato; infine, il triangolo 
luminoso ò allungato e ristretto. 

Se, come suppongo per un momento, si tratta d’una ostruzione semplice della 
tromba, senza alcuna altra alterazione della cassa, la membrana del timpano 
presenta uno splendore ed una lucentezza più manifeste che d ordinario, e siccome 
la larghezza della cassa si trova diminuita dal fatto della proiezione all indentro 
della membrana, si distingue per trasparenza il colore roseo della parete interna 
della cassa e la lunga apofisi dell’incudine clic apparisce come una linea biancastra 
dietro al manico del martello. 

Tali sono i segni che permettono di sospettare l’esistenza d’una ostruzione 
semplice della tromba. La diagnosi, tuttavia, non potrà essere rigorosamente 
stabilita che per mezzo dell'esplorazione diretta della tromba, coll’aiuto d’uno dei 
procedimenti precedentemente descritti (metodo di Toynbee, di A alsalva, di Polilzer, 
cateterismo seguito da insufflazione). 

Difatti, basta qualche volta il far uso di uno di questi procedimenti, e soprat¬ 
tutto dei due ultimi, per veder sparire, come per incanto, le alterazioni funzionali 
ed i segni fìsici forniti dall’ispezione della membrana del timpano. Si può affer¬ 
mare, in questo caso, che 1 ostruzione della tromba costituisce tutta la malattia 

e non resta più che determinarne la causa. 

Nella grande maggioranza dei casi questa ha la sua sede a livello dell aper¬ 
tura faringea della tromba o nella sua vicinanza, e l’ostruzione è dovuta alle 
lesioni diverse che caratterizzano il catarro naso-faringeo. Si riconosceranno 
adunque di solito i segni di questa ultima malattia, segni che sono stati suffi¬ 
cientemente descritti altrove. Ma per stabilire rigorosamente la diagnosi e ricavare 
una nozione precisa della natura delle alterazioni, sarà necessario di sottometteie 
il malato ad un esame rinoscopico, che permetterà di determinare se 1 ostruzione 
è causata da una semplice gonfiezza della mucosa, da granulazioni, da ulcerazioni, 
da cicatrici, ecc. In altri casi il chirurgo riconoscerà ai sintomi ordinari la piesenza 
.di vegetazioni adenoidi, di polipi che riempiono la cavità naso-faringea e che 
comprimono l’apertura della tromba. 

Può darsi che i diversi metodi d’esplorazione della tromba, compresovi anche 


Malattie dell’organo dell’udito 


304 

il cateterismo, non forniscano che dei risultati negativi, e che la permeabilità della 
bomba non possa essere ristabilita. L’esame rinoscopico è allora assolutamente 

non esistono dei 

corpi stranieri o cicatrici che ostruiscono l’apertura della tromba. È con questo 
mezzo che si è potuto, in certi casi, riconoscere la presenza di quei tappi mucosi 
di cui si tratto. Infine, dopo aver acquistato la certezza che la causa dell’ostruzione 
non risiede a livello dell’apertura faringea, resterebbe ad impiegare un ultimo 
metodo desplorazione per scoprire l’esistenza d’un ostacolo nella continuità del 
canale; voglio parlare dell’introduzione duna candeletta flessibile, che si farebbe 
penetrare nella tromba attraverso la sonda, e che permetterebbe di riconoscere 

’ pu " t0 dove '} canale è ostruito. Ma, come l’ho già detto, i restringimenti della 
romba non esistono mai isolatamente e coincidono sempre con delle lesioni della 

cassa; cosi dovrò ritornare più tardi sull’impiego delle candelette, sia come mezzo 
di diagnosi, sia come mezzo di cura. 

Prognosi. — La gravita dell ostruzione della tromba è subordinata alla causa 
che la produce. Se si eccettuano i casi nei quali la tromba è completamente obli¬ 
terata da una cicatrice o da un tumore delle vicinanze, l’ostruzione semplice di 
questo condotto non costituisce uno stato grave. Tuttavia, se essa si prolunga, 
può determinare, da parte dell’orecchio medio, una serie di lesioni abbastanza 
gravi, da compromettere ulteriormente la funzione uditiva. Queste lesioni consistono 
nell anchilosi delle ossicina, l’atrofia della membrana del timpano e dei muscoli 
intrinseci dell’orecchio. Si sa, difatti, che in seguito all’ostruzione della tromba e 
a a rarefazione dell’aria nella cassa che ne è la conseguenza, la membrana del 
timpano e le ossicina sono spinte all’indentro dalla pressione atmosferica e sono 
immobilizzate in questa posizione. La persistenza di tale stato anormale non tarda 
a determinare delle lesioni da parte della membrana del timpano, dei muscoli, 
delle ossicina e delle articolazioni delle ossicina. È ciò che si osserva per qualunque 
giuntura sottomessa ad una immobilità prolungata. 

Risulta da ciò che, in certi casi d’ostruzione della tromba, esistenti da lunghis¬ 
simo * cm P°’ 1 disturbi funzionali persistono in una certa misura, anche quando 
la permeabilità della tromba è ristabilita. 

Cura. — Da ciò che precede, si vede quanto sia importante di non trascurare, 

come si fa troppo spesso, la cura delle sordità dipendenti da una ostruzione 

semplice della tromba d’Eustacchio. Questa cura deve necessariamente variare 
secondo la natura della causa. 

E mutile i] dire che se si è riconosciuta la presenza d un tumore che comprima 
1 apertura della tromba, la prima indicazione sarà di asportare questo tumore. 
Ma siccome, nella maggior parte dei casi, l'ostruzione semplice è dovuta al catarro 
naso-faringeo, è contro questa malattia che bisogna dirigere la cura. Senza entrare 
nei dettagli di questa cura che è esposta in un’altra parte di quest’opera, ricorde¬ 
remo soltanto che oltre ai mezzi generali (medicazione antiscrofolosa, antisifilitica), 
la cura locale consisterà principalmente nell’impiego delle doccie naso-faringee, 
e delle cauterizzazioni leggiere applicate in prossimità agli orifici tubarii. 




Malattie della cassa del timpano 


305 


Ma se queste bastano qualche volta a ristabilire la permeabilità del condotto, 
è sovente necessario di aggiungervi l’impiego ripetuto degli stessi mezzi che hanno 
servito a stabilire la diagnosi, e cioè bisogna raccomandare al malato di rinnovare 
diverse volte al giorno l’esperienza di Vaisalva («), o, se questa è insudiciente, 
bisogna ricorrere al processo di Politzer; infine, quando quest’ultimo non sembra 
abbastanza efficace, e clic l’ostruzione si riproduce, si deve praticare il cateterismo 
che permette, non soltanto d’inviare delle doccie d’aria più forti, ma ancora di 
dirigere nella tromba dei vapori medicamentosi, di farvi delle insufflazioni di 
polveri o delle iniezioni liquide. Insisteremo su queste diverse pratiche in occasione 
della cura delle affezioni della cassa. 

Resterebbe a dire una parola sulle ostruzioni della tromba, prodotte da cicatrici 
viziose. Sarebbe forse possibile, in certi casi, di rimediarvi con qualche operazione, 
e Lindenbaum, nel fatto d’obliterazione cicatriziale, che abbiamo già indicato, pensa 
clic si sarebbe potuto distruggere l’ostacolo coll’istrumento tagliente. Non oserei 
consigliare una simile operazione, per quanto razionale essa mi sembri. La sola 
cura che possa convenire in questi casi d’ostruzione completa ed invincibile della 
tromba d’Eustacehio, è la perforazione artificiale della membrana del timpano. Si 
trovano negli autori un certo numero di fatti nei quali questa operazione ha 
procurato un miglioramento immediato della funzione uditiva. Essa sarebbe adunque 
perfettamente indicata, ma disgraziatamente essa non dà quasi mai risultato du¬ 
revole: l’apertura artificiale della membrana si cicatrizza a dispetto di tutti gli 
sforzi, e la sordità ricompare. Ritornerò più avanti su questa operazione, che è 

stata consigliata in altre circostanze. 


V. 

MALATTIE OELLA CASSA DEL TIMPANO 


ARTICOLO I. 

LESIONI TRAUMATICHE DELLA CASSA 

Le ferite della cassa, come quelle della membrana del timpano, si producono 
in maniera diretta od indiretta. 

Uno strumento vulnerante introdotto con forza nel condotto uditivo, può, dopo 
aver perforata la membrana del timpano, penetrare nella cassa c interessare le 
sue pareti o ledere gli organi che vi sono contenuti. La soluzione di continuità 
delle pareti della membrana, la frattura, la disgiunzione delle ossidila, possono 
essere la conseguenza d’un simile traumatismo. Fu anche segnalata la lesione 
della corda del timpano per le sensazioni di freddo o di solletico accusate dal 

malato nella parte corrispondente della lingua (1). 

Queste lesioni s’accompagnano spesso ad uno scolo sanguigno più o meno 


(a) [Come avremo occasione di spiegare a proposito della terapia delle otiti medie, 1 esperi¬ 
mento di Vaisalva quale metodo curativo da eseguirsi dal malato stesso non è all'atto da 

consigliarsi nella pratica (Tràd.)]. 

(1) Magnus, Archiv fur Olirenheillcnude, t. II, p. 43. 


30G 


Malattie dell’organo dell’udito 

abbondante dall’orecchio, e qualche volta nello stesso tempo dalla tromba d’Eu- 

stacchio, cioè dal naso o dalla bocca. Esse si complicano alle volte colla presenza 

di corpi stranieri. Infine, quando l’agente vulnerante è animato da una grande 

orza, come quando si traila d'un proiettile, esso determina dei disordini estesi, 

non soltanto alla cassa del timpano, ma ancora all’orecchio interno ed allenarti 
vicine della rocca. 

Le lesioni traumatiche della cassa, da causa indiretta, sono più frequenti. Si 
sa che le fratture della base attraversano sovente la cassa del timpano, determi¬ 
nando una lacerazione della membrana. Le ossicina possono essere egualmente 
interessate, e si osservano delle fratture, particolarmente alla base della staffa, o 
delle articolazioni sia dell’incudine colla staffa, sia dell’incudine col martello. 

Queste lesioni consecutive alle fratture del cranio non hanno che una mediocre 

importanza, avuto riguardo alla gravità di queste ultime. Ma esse rendono conto 

dei disturbi funzionali che seguono talvolta le fratture della base del cranio, anche 

quando il labirinto è intatto. Sovente anche l'infiammazione suppurativa della cassa, 

che non tarda a sopraggiungere, finisce di distruggere le parti costituenti la cassa e 
dà luogo ad una sordità incurabile. 

In certi casi di fratture del cranio, sebbene la soluzione di continuità attraversi 
la cassa, la membrana del timpano resta intatta. La diagnosi d’una simile lesione 
è molto difficile. Il versamento sanguigno che si fa nella cassa potrebbe senza 
dubbio essere riconosciuto all’ispezione della membrana del timpano; di più, si è 
segnalato, in alcuni casi, uno scolo di sangue per la tromba d’Eustacchio. 

Si sono viste ancora, in seguito a traumatismi del cranio, le lesioni della cassa 
limitate alle ossicina, senza che esistesse alcuna soluzione di continuità delle 
pareti del timpano. Fedi e Hagen hanno riportati due casi di fratture isolate della 
base della staffa, consecutive a ferite della testa, che simulavano le fratture 
della base. Infine, nelle stesse circostanze, si possono osservare indipendentemente 
da lesioni ossee, dei versamenti sanguigni traumatici nell’interno della cassa. 
Hard (1) ne ha riportati alcuni esempi. Questi versamenti, che dànno luogo ad una 
sordità con dolori e ronzìi, possono essere riconosciuti attraverso alla membrana 
del timpano che ha perduta la sua trasparenza. Talvolta essi determinano, dopo un 
certo tempo, e per pressione dall’indentro all'infuori, la rottura della membrana. 
In un certo numero di casi, il chirurgo ha potuto intervenire a tempo, e pungendo 
la membrana, dare uscita al liquido versato, e far sparire i disturbi funzionali. 

Se si eccettua quest’ultima indicazione, l’azione del chirurgo, nelle lesioni 
traumatiche della cassa, deve limitarsi a prevenire finfiammazione secondaria. A 
questo scopo, si estrarranno i corpi stranieri, si asporterà, coll’aiuto d’iniezioni 
antisettiche, fatte con delicatezza, il sangue versato e coagulato; infine, si proteg¬ 
gerà 1 orecchio contro 1 azione del lreddo e 1 impressione dei rumori esterni, riem¬ 
piendo il condotto uditivo con dei tamponi d’ovatta. 

Ca-edo inutile ritornare sopra il trattamento dei corpi stranieri della cassa, a 

proposito dei quali non potrei che ripetere ciò che ho detto per i corpi stranieri 
del condotto uditivo. 


(1) T. li, p. 284 e seguenti. 


Malattie della cassa del timpano 


307 


ARTICOLO IL 

LESIONI VITALI ED ORGANICHE DELLA CASSA 


1° INFIAMMAZIONI (OTITI MEDIE) 

Le lesioni infiammatorie della cassa sono molto frequenti, e si può stabilire 
nettamente che nel maggior numero dei casi la sordità non riconosce altre origini. 
Ilo già detto che la tromba d'Eustacchio partecipa generalmente alle infiammazioni 
della cassa; aggiungerò che è spesso cosi anche delle cellule mastoidee, tantoché 
si potrebbero descrivere, sotto il nome di otiti medie, le infiammazioni della cassa, 
della tromba e delle cellule mastoidee; penso tuttavia che si può, senza inconve¬ 
niente, studiare a parte le affezioni dell'apofisi mastoidea, e riservare il nome di 
otite media airinfiammazionc simultanea della cassa e della tromba d’Eustacchio. 

Quest’infiammazione riveste le forme più varie; talune sono conosciute da lungo 
tempo, e sono state abbastanza esattamente descritte nei 'Trattati speciali; tali sono 
le infiammazioni acute e suppurative; le altre non sono state studiate bene che 
da piccolo numero di anni. 

Indipendentemente dai lavori speciali sopra le malattie delToreccliio, si potrà 
ricorrere ai lavori seguenti: 

Alard, Essai sur le catarrhe de Toreille. Parigi 1807. — Hubert-Valleroux, Mémoire sul¬ 
le catarrhe de Toreille moyenne. Parigi 1843. — Schnvartze, Ueber Erkrankungen des Mittel- 
olires im Kindalter; Journal f. Khiderkrankheiten, 18G4. — Level, Dii catarrhe de Toreille 
moyenne; Tlièse de Strasbourg, 18G6. — Wreden, Die Otitis media neonatorum; Monatschrift 
fiìr Ohrenlieilk unde, 18G8, n. 7 e seguenti. — Parrot, De l’otite moyenne cliez le nouveau-né; 
Société méd. des liòp. de Paris, 0 aprile 18G9. — Barety e Renault, Otite interne (moyenne) 
cliez les nouveau-nés, et les jeunes enfants; Ardi, de Plu/s., maggio 18G9. — Zaufal, Ueber das 
Yorkommen seroser Fliissigkeit in der Paukenhdhle (Otitis media serosa); Ardi. f. Ohrenlieilk unde, 
18G9, t. V, p. 38. — Peter-Allen, Lectures on Aural Catarrh; Londra 1871 (a). 


(a) (Dei numerosissimi lavori sulle otiti medie pubblicati dopo il 18/1 ricorderò i seguenti: 
Wf.ndt, Arcliiv f. Heilk., 1872. — Sciiwartze, Archiv f. Ohrenh., VI. — Weber-Liel, Ardue fiìr 
Ohrenh, VI (Sordità progiessiva). — Wendt, Ardile f. Heilk XIV (Cavità timpanica nel 
feto e nei neonati). — Politzer, Wiener med. Wochensdi., 1876. — Grcbf.r, Allg. med. 
Zeitung , 1878. — Bezold, Ardile f. Ohrenh., XV (Cura coll’acido borico in polvere nelle otiti 
medie purulente). — Burnett, Ani. Journal of Otologg, 1880 (Perforazioni della parte flaccida). 

— Landenberg, Zeitsch. f. Ohrenh., X e XI (Sulla presenza di cocci nel secreto delle otiti 
purulente). — Morfurgo, Archiv f. Ohrenh., XIX (Contributo alla patologia e alla terapia delle 
perforazioni della parte flaccida). — Lue.*:, Ardile f. Ohrenh., XXI (Trattamento di lesioni 
croniche dell’apparecchio di trasmissione). — Habermann, Zeitschrift f. Heilk., VI (Infezione 
tubercolare dell’orecchio medio). — Kirchner, Pathologie der Paukenhòhle; Plii/s. med, Gesellschaft 
in Wiirzburg, 1887. — Gradenigo, Ann. mal. oreillcs, dicembre 1888 (Contribuzione all’anatomia 
patologica e alla patogenesi della otite sclerosante). — Miot, Mobilizzazione della staffa; Congresso 
Otolog^o di Parigi, 1889. — Scheibe, Munclien. med. Wodi., 1871 (Impiego dell’acido borico 
nella suppurazione dell’orecchio). — Lòwenberg, Vertigine auricolare; Bulletin medicai, 1891. 

— Bezold, Z. f. Olir., XXIV, 2G7 (Reperti di sezione in sordità catarrali). — IIaug, Wiener 
Klinik, novembre, dicembre 1893 (Trattamento dell’otite acuta). IIoffmann, Archiv f. din., 
XXXVI e XXXVII, 1894 (Tenotomia del tensore del timpano). — Jack, Boston med. and surg. 
Journal, 10 gennaio 1895 (Stapedectomia). - Corradi, Dell’otite media acuta e suo trattamento. 

Verona 1894 (Trad.)]. 



308 


Malattie dell’organo dell’udito 


Malgrado le varietà numerose che si osservano nelle infiammazioni dell’orecchio 
medio, è possibile farle rientrare tutte nelle due seguenti divisioni che compren¬ 
dono: A, 1 infiammazione acuta; B, rinfiammazione cronica (a). 


A. INFIAMMAZIONE ACUTA DELLA CASSA E DELLA TROMBA — CATARRO ACUTO DELLA CASSA 

E DELLA TROMBA — OTITE MEDIA ACUTA 

Eziologia. — L infiammazione acuta dell’orecchio medio si mostra in tutte le 
eia; ma essa è soprattutto comune nella giovinezza c nell’adolescenza. La sua ecces¬ 
siva frequenza nei bambini, e principalmente nei neonati, sebbene già segnalata da 
Duverney, non è ben conosciuta che dopo le ricerche di von Tròltsch, di Schwartze, 
di Wreden, di Parrot, di Barety c Renaut. Questa frequenza è tale che l’otite 
media si incontrerebbe nei neonati quasi 2 volte su tre, secondo Tròltsch, ciò che 
c un po esagerato. Su SO autopsie fatte da Wreden, questo autore non ha trovato 
l’orecchio medio interamente sano che in 14 casi. 

Si sa che, nei feti, la cassa del timpano, come i polmoni, non racchiude aria, 
e che è riempita da una sostanza muco-gelatinosa, formata dal tessuto congiuntivo 
embiionario, che sla in rapporto principalmente colla mucosa ispessita della parete 
interna della cassa, e s’estende fino alla membrana del timpano. Questo tessuto 
mucoso sparisce per riassorbimento rapido dopo la nascita, quando l’aria penetra 
nella cassa. Secondo Wreden, questo lavoro regressivo s’opera in 24 ore. 

Al momento della nascita, l’orecchio medio, e specialmente la cassa del timpano, 
sono dunque la sede d un movimento di nutrizione e di sviluppo estremamente 
attivo, ed è verosimilmente a questo fatto che bisogna attribuire la frequenza 
sliaoidinaiia delle infiammazioni dell’orecchio medio nei bambini, infiammazioni 
che vengono favorite da altre cause, come si vedrà in breve (/>). 

(a) [Vedasi ne\V Appendice a questo Capitolo la Nota 3 a del Traduttore , sulla classificazione 
delle otiti medie in genere (Trai).)]. 

(b) [Una serie di ricerche embriologiche mi ha permesso di affermare che non è rigorosa¬ 
mente esatta Taffermazione che nel feto umano a termine, la cassa timpanica sia completamente 
piena di un ammasso di tessuto gelatinoso. Anche negli embrioni umani della lunghezza di 
4, 4 1 2 cm. esiste un vero cavum tymp ., in forma di una fessura stretta, rivestita di epitelio e 
che rappresenta la estremità posteriore del canale tubo-timpanico. Questa fessura, durante lo 
sviluppo, va progressivamente allargandosi ed estendendosi all’indietro, mentre le ossicina sono 
tuttora avvolte da tessuto mesoblastico. 11 tessuto mesoblastico che occupa le cavità labirintiche 
viene intanto riassorbito, mentre quello della cassa timpanica non subisce importanti modifica¬ 
zioni fino presso a poco all’epoca della nascita, alla quale epoca viene esso pure assorbito. Wreden 
e Wendt e dopo loro Gellé, credettero poter affermare che causa del riassorbimento erano le 
grida e il succhiamento del bambino; però osservazioni ulteriori dimostrarono che l’assorbimento 
in parola non è in rapporto diretto collutto respiratorio. Ricerche da me istituite su feti quasi a 
termine o su neonati, in varie specie di mammiferi (gatti, conigli, cavie, sorci, cani), mi per¬ 
misero di riconoscere che il riassorbimento del tessuto gelatinoso della cassa è in rapporto con 
un determinato grado di sviluppo fetale. I feti di cavie, che si possono estrarre dall’utero materno 
negli ultimi periodi di gravidanza, sono più avanti nello sviluppo che i gatti neonati; nei primi 
il tessuto gelatinoso è già in parto riassorbito, nei secondi non lo sarà che dopo 2-3 giorni di 
vita extra-uterina. 11 riassorbimento del tessuto gelatinoso dell’orecchio interno e di quello dello 
orecchio medio, sono fatti ontogenetici paralleli. Nell’uomo il periodo di sviluppo fetale corri¬ 
spondente al riassorbimento del tessuto gelatinoso coincide di solito coll’epoca della nascita; in 


Malattie della cassa del timpano 


309 


L’otite media acuta succede a cause locali o generali. Talora rinfìammazione 
colpisce primitivamente la mucosa della cassa e si estende in seguito alle altre 
parti dell’orecchio medio; tal’altra, e più sovente, essa c consecutiva ad una 
flemmasia sviluppata prima sulla mucosa naso-faringea e che si è rapidamente 
propagata alla tromba, alla cassa ed anche alle cellule mastoidee. 

L’ infiammazione primitiva della cassa ha qualche volta una causa traumatica 
e si mostra in seguito a ferite della membrana del timpano, sovente complicate 
dall’introduzione di corpi stranieri nella cassa, in seguito a fratture delle pareti 
timpaniche, in seguito a spandimenti di sangue nella cassa. 

L'infiammazione può ancora estendersi alla cassa del timpano, nelle oliti esterne 
c nelle miringili, quando la membrana del timpano, ulcerala e distrutta dal difuori 
all’indentro, dà libero accesso al pus che invade l’orecchio medio. 

Ma, nella maggior parte dei casi, l’otite media acuta è consecutiva alfinfìam- 
mazione della faringe e delle fosse nasali, ed ha per causa abituale l’impressione 
del freddo che, d’altronde, agisce sovente e nel medesimo tempo sull’orecchio. 
Questa otite reumatica ò molto frequente in primavera ed in autunno, in seguilo 
a brusche variazioni di temperatura. 

L'otite media acuta si riscontra anche molto spesso come epifenomeno o come 
complicazione in molte malattie generali, ed è ben dimostrato che, in tali casi, 
essa riconosce lo stesso modo patogeno, cioè ch’essa si sviluppa consecutivamente 
alle alterazioni infiammatorie della mucosa naso-faringea, propagate alla tromba 
d’Eustacchio. 

Si sa quanto è frequente l’otite media in seguito alla scarlattina, alla rosolia, 
al vainolo e a tutti gli esantemi che s’accompagnano ad una flemmasia viva da 
parte della mucosa del naso e della gola. 

Schwartze (1), Hoffmann (2) hanno mostrato clic i disturbi dell’udito, sì comuni 
nel corso ed in seguito alla febbre tifoide, erano dovuti ad una infiammazione 
acuta dell’orecchio medio, che riconosce per causa una flemmasia delle retro- 
cavità delle fosse nasali, ed i cui sintomi sfuggono, durante la vita, in mezzo a 
fenomeni così gravi proprii alla malattia generale (a). Avverrebbe lo stesso in certi 
casi di meningite cerebro-spinale secondo Heller (3), (è). 


altri mammiferi può essere anteriore o posteriore a quest’epoca (per ulteriori dettagli vedasi il 
mio lavoro: Die embryon. Anlage des Mittelolires, ecc. ; Medie. Jalirb., 1887). 

Sulla interpretazione delle lesioni di apparenza infiammatoria, che si notano con grandissima 
frequenza nei neonati o nei bambini alla mammella, vedasi la Nota i\e\V Appendice sulla eziologia 
delle otiti medie (Trad.)]. 

(1) Ueber die Erkrankungen des Geliòrorgans beim Tvplius; Deutsche Klinik , 18G1, n. 30. 

(2) Ueber die Erkrankungen des Olires beim Abdominaltyphus; Archiv fiir Ohrenheilkunde , 

t. IV, p. 273. 

(n) [Giova ricordare die nella febbre tifoide oltre che da lesioni catarrali o purulente dello 
orecchio medio, i disturbi dell'udito possono dipendere sia da obnubilazione del sensorio, sia da 
affezioni dell’orecchio interno, ordinariamente propagate dall’orecchio medio (Trad.)]. 

(3) Zur auat, Pegrundung der Gehòrstòrungen bei Meningiti cerebro-spinalis; Deutsche 

Ardi. f. hlin. Med., t. Ili, p. 482. 

(ò) [Nella meningite cerebro-spinale, come avremo occasione di dire più tardi, le lesioni 
deH'orecchio medio sono rare, e di solito secondarie a gravi lesioni dei nervi acustico e facciale 
nel condotto uditivo interno, e del labirinto, propagate dalle meningi (Trad.)]. 

20. — Tr. di C/tir., IV, p. 2» — Malattie delle regioni. 



310 


Malattie dell’organo dell’udito 


Aggiungerò che nei tisici arrivati ad uno stadio avanzato, si incontrano talvolta 
delle otiti medie acute il cui sviluppo, favorito dallo stato costituzionale, deve 


essere attribuito alle lesioni infiammatorie della rino-faringe. 

Le affezioni specifiche della cavità naso-faringea possono ancora diventare la 
causa d’infiammazioni acute dell’orecchio medio. Wreden ha dimostrata l’esistenza 
d’una vera otite media difterica che succede alla difterite delle fosse nasali e della 
faringe. Così, le affezioni sifilitiche della rino-faringe sono spesso la causa determi¬ 


nante di infiammazioni acute della tromba e della cassa. 


Quanto all’otite media acuta dei neonati, ho detto che indipendentemente dalle 
condizioni anatomo-fìsiologiche che predispongono aH’infìammazione della cassa 
del timpano, esistevano altre cause occasionali, capaci di spiegare lo sviluppo 
della flemmasia. Dalle ricerche di Wreden, di Barcty e di Renault risulta che, nella 
grande maggioranza dei casi, l'otite media dei neonati s’accompagna ad affezioni 
gravi degli organi respiratori!', e soprattutto dei polmoni, affezioni che sembrano 
esser stata la causa della morte. Così Wreden, su 52 neonati morti di pneumonite 
o di congestione polmonare, non ha visto mai mancare una sol volta l'otite media. 
Egli stabilisce adunque una relazione fra l’esistenza di queste malattie polmonari 
e lo sviluppo dell’otite media, che attribuisce a mancanza di rinnovamento dell’aria 
nella cassa, dalla quale risulta un disturbo nella regressione del tessuto mucoso 
che riempie la cassa e che, nelle condizioni normali di respirazione, deve essere 
riassorbito nelle 2i- ore dopo la nascita. Wreden, d’accordo in ciò con Barety 
e Renault, che consideravano l’otite media dei neonati come sviluppata primi¬ 
tivamente nella cassa, differisce da certi autori in ciò che egli ammette che la 
flemmasia della cassa è qualchevolta, del pari che nell’adulto, consecutiva ad una 
infiammazione della mucosa naso-faringea propagata alla tromba. 


Patogenesi. — Le ricerche batteriologiche recenti, dovute principalmente a 
Netter (1) e a Zaufal (2), hanno rischiarato di luce nuova la patogenesi delle 
otiti medie acute (a). Si sa difatti oggi, in grazia a queste ricerche, che queste otiti 
sono sempre legate alla presenza nella cassa di micro-organismi che, ad eccezione 
forse dei bambini di tenera età, non si riscontrano mai nell’orecchio medio allo stalo 
normale. Si è potuto, d’altra parte, per mezzo dell'inoculazione di questi microbii 


(1) Recherclies bactériologiques sur les otites moyennes aigues; Annales dcs maladies de 
Voreille et du largnx , 1888. 

(2) Prager Medicinische Woclienschrift , 1887-1889. 

(a) [Assai numerose sono le pubblicazioni di questi ultimi anni sulla batteriologia delle otiti 
medie. Mi limiterò a ricordare le seguenti, rimandando il lettore per una Bibliografia più estesa 
ai lavori di G. Gradenigo e 0. Pes sulla cura razionale dell’otite media acuta ( Giorn. R. Accad. 
di Medie, di Torino , fase. G-7-8, LV1I, G luglio 1894), e sugli stafilococchi nelle otiti medie acute 
e croniche (Ibid., 7-8, LVIII, 1895): Weichselbaum, M. f. 0., 1888, n. 8-9. — Moos, Deutsche 
med. Woch ., 1888, n. 44. — Rohker, Zur Morphol. d. Bàkt. des Ohres. Zurich 1889. — Scheibe, 
Z. f. 0., n. 4-5, 1889. — Gradenigo e Penzo, Giorn. Accad. Med., 1S90, n. 7-8. — Bordoni- 
Uffreduzzi e Gradenigo, Centralbl. f. Bakt ., 1890, 17-18. — Maggiora e Gradenigo, lbid., 1890, 19. 

— Zaufal, Prag. in. Woch., 1890, n. 2. — Maggiora e Gradenigo, Giorn. Accad. Med., 1891, 
n. G. — Kantiiack, Z. f. 0 ., XXI, 1891. — Pes e Gradenigo, Giorn. Acc. Med., 1894, 4 e 5. 

— Turina, Ardi. Ttal. di Otol. ecc., 1, 1894 (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


311 


patogeni, determinare negli animali delle otiti acute assolutamente simili a quelle 
che si osservano nell’uomo. 

Questi microbii penetrano nella cassa per la via della tromba d’Eustacchio e 
provengono dalla cavità bucco-faringea che, allo stato normale, è frequentemente 
abitata da differenti microbi patogeni. 

Dalle ricerche che ho citate più sopra risulta ancora clic le oliti medie acute 
non sono provocate da un solo microrganismo, ma ch’esse possono esser causale 
da diverse specie differenti; è così che furono riscontrati molto spesso: lo strepto¬ 
cocco piogeno, il pneumococco, gli stafilococci piogeni, il bacillo capsuìato di Friedlànder. 
Ora, devesi osservare che ogni varietà d’otite, corrispondente a ciascuna di queste 
specie, presenta dei caratteri particolari, in ciò che concerne soprattutto la prognosi, 
come diremo più tardi. 


.Anatomia patologica. — Non si trova in nessun libro una descrizione 
completa delle lesioni anatomiche dell’otite media acuta, se si eccettui tuttavia 
quelle dei neonati. Per riempire questa lacuna abbiamo dovuto radunare da ogni 
parte gli elementi d’una descrizione generale e unirvi un certo numero d’osser¬ 
vazioni personali. 

L’olite media acuta presenta dei caratteri anatomo-patologici in rapporto colla 
intensità della flemmasia, che variano senza dubbio anche sotto l’influenza di 
condizioni particolari che ci sono sconosciute. 

In un grado leggiero le lesioni consistono semplicemente nell'iperemia e l’iper- 
plasia della mucosa dell’orecchio medio. 

Nella tromba d’Eustacchio, la gonfiezza della mucosa ha per effetto di diminuire 
il calibro del condotto, od anche d’ostruirlo completamente, e si comprendono 
le conseguenze che devono risultare da questa ostruzione, nel caso in cui l’orecchio 
medio sia la sede d’una ipersecrezione, i cui prodotti non possono vuotarsi allo 
esterno. 

Nella cassa del timpano, l'iperemia e l’iperplasia della mucosa possono esser 
generali o localizzate a certi punti. Nel primo caso, tutta la mucosa timpanica ò 
rosso-violacea, come coperta da uno strato di sangue; essa ò ispessita, rammol¬ 
lita, infiltrata uniformemente, e in seguito a questo rigonfiamento, le dimensioni 
della cassa si trovano diminuite. 

In altri casi, oltre all'iniezione generale della mucosa, le alterazioni sono più 
accusate in certe regioni della cassa, a livello della vòlta della cassa, sulla parete 
labirintica (base della staffa, promontorio), all'intorno della membrana timpanica. 
Questa partecipa d’altronde frequentemente all'infiammazione; le sue lamelle si 
infiltrano e si riconosce l’esistenza duna miringite parenchimatosa. Le ossidila 
stesse sono la sede duna vascolarizzazione anormale, soprattutto manifesta a 
livello dell’articolazione dell'incudine e del martello ed in vicinanza a quelle pieghe 
che Troltsch ha descritte sotto il nome di borse della membrana timpanica. 

L'infiammazione acuta dell'orecchio medio s’accompagna quasi costantemente 
ad una secrezione morbosa. Ma generalmente ci si inganna sulla natura dei 
prodotti secreti. Come Toynbee ha fatto osservare, la membrana che tappezza la 
cassa del timpano si avvicina più ad una sierosa che ad una mucosa per i suoi 



312 


Malattie dell’organo dell’udito 


caratteri esterni e la sua struttura istologica. Si può aggiungere clic dal punto 


di vista patologico, essa si comporta come le sierose, e quando diventa sede di 
infiammazione, essa dà origine a prodotti solidi o liquidi. 

Difatti, in un grande numero di casi, nei quali la flemmasia è di mediocre 
intensità, non vi è, per così dire, alcuna secrezione liquida; ma la mucosa della 
cassa presenta qua e là dei depositi plastici clic, sotto forma di briglie, di chiazze, 
s’estendono da un punto all’altro della cassa, riunendo delle parti che, normalmente, 
non hanno fra loro alcun legame; ò così che si trova unita la lunga apofisi 
dell’incudine alla parete labirintica, la testa della staffa ò fissata al promontorio 
da una specie di pseudo-membrana, ecc. 

Altre volte, lo spessore della mucosa ò aumentato, non soltanto per i prodotti 
che la infiltrano, ma ancora per i depositi plastici che si formano alla sua superfìcie, 
principalmente alfintorno del quadro timpanico, a livello delle articolazioni delle 
ossicina, o ancora in quelle depressioni della parete labirintica che conducono alla 


finestra ovale e alla finestra rotonda. 


Ritornerò più tardi su queste lesioni, che possono succedere alfinfìammazione 
acuta dell’orecchio medio, ma che, di solito, non divengono molto notevoli che 
in seguito a varie flemmasie subacute o sotto l’influenza d’uno stato infiammatorio 
cronico. Alterazioni della stessa natura possono esistere d'altronde nella tromba, 
e Toynbee riporta delle autopsie nelle quali si trovavano delle briglie, delle 
membranelle estese da una parete della tromba alla parete opposta. 

In luogo di tali prodotti solidi, e qualche volta insieme ad essi, rinfiammazione 
acuta dell’orecchio medio determina una secrezione liquida che, nei casi di mediocre 
intensità, può essere sierosa, siero-mucosa, siero-sanguinolenta, e riempire in tota¬ 
lità od in parte il canale tubario, la cassa del timpano e le cellule mastoidee. 

Ordinariamente, nell’otite media acuta, si trova la tromba, soprattutto nella sua 
porzione esterna o faringea, più o meno completamente ostruita da muco tenace, 
del tutto simile a quello che è secreto dalla mucosa naso-faringea infiammata. 

Quanto al liquido contenuto nella cassa e nelle cellule mastoidee, sebbene esso 
presenti qualche volta i caratteri d’una secrezione mucosa e che lo si designi in 
diverse osservazioni, come costituito da muco più o meno consistente, esso offre 
spesso una perfetta analogia col siero ora limpido, ora torbido, fioccoso, d’un 
colore giallastro o giallo rossastro. 

Ad un grado più avanzato della flemmasia dell’orecchio medio si trova, in 
luogo di muco o di sierosità, un liquido muco-purulento od anche esclusivamente 
formato da pus. Questa otite purulenta acuta s’accompagna generalmente a lesioni 
più profonde da parte degli organi costituenti la cassa. 

Sebbene la membrana del timpano resti qualche volta intatta, spesso essa si 
perfora dall'indentro all’infuori, o viene più o meno completamente distrutta, in 
seguito al rammollimento ed alla pressione ch’essa subisce da parte del liquido 
essudato nella cassa. Quando la distruzione è estesa, non è raro veder persistere 
solamente la porzione periferica che presenta uno spessore più considerevole. 
In questi casi, il manico del martello, separato dalla testa dell'osso, è sparito ed 
ò stato evacuato col pus. La catena delle ossicina subisce aneli’essa alterazioni 
variabili ; talora essa resiste; talora, in seguito alla distruzione delle articolazioni, 


Malattie della cassa del timpano 


m 


le ossicina si disgiungono. Accade talora che esse restino lissale in situazione 
anormale; ma spesso sono portate fuori dalla suppurazione. È così clic può esservi 
eliminazione del martello, dell'incudine e della staffa, e in questi casi, essendo il 
vestibolo aperto, rinfiammazione si propaga generalmente all’orecchio interno, in 
seguito alla distruzione della membrana della finestra ovale. In altre circostanze, 
forse più frequenti, il martello e l'incudine furono eliminati, la staffa restò a posto. 

Quando l'otite media è arrivata alla suppurazione, la mucosa della cassa si 
mostra talvolta rammollita, ulcerata a tratli, si stacca facilmente dall’osso sotto- 
giacente, che partecipa aneli’esso all’infiammazione ed offre la vascolarizzazione 
dell'osteite. Wreden ha descritto pure una forma di otite media ch’egli designa 
sotto il nome di otite cancrenosa e nella quale la mucosa della cassa è ridotta in 
lina specie di putredine cancrenosa. Bisogna notare che, in questi casi di otiti 
purulente molto acute, le membrane della finestra ovale e della finestra rotonda 
sono spesso rammollite, ulcerate o distrutte, da ciò la propagazione dell’infiam¬ 
mazione al labirinto. 


Ho segnalato più sopra la partecipazione dell'osso sottogiacente all’infiamma¬ 
zione purulenta acutissima, di cui ho già osservati parecchi esempi e che potrà venir 
designata sotto il nome di otite periostea, poiché essa colpisce contemporaneamente 
la cassa e il condotto uditivo osseo. In questa forma 1‘ infiammazione principia 
nella cassa e si estende rapidamente al condotto uditivo, dopo la distruzione com¬ 
pleta della membrana del timpano. Si vede anche abitualmente rinfiammazione 
del periostio guadagnare le parti ossee, che sono in continuità diretta col condotto 
uditivo osseo, vale a dire la superficie dell’apofisi mastoidea e la porzione squa¬ 
mosa del temporale. In un caso di tal genere, nel quale ho potuto fare l’esame 
necroscopico dell'orecchio, ho trovalo il periostio della cassa, del condotto uditivo, 
dell’apofisi mastoidea, della fossa temporale staccato dall’osso sottogiacente, che 
presentava una vascolarizzazione manifesta. Il martello era stato eliminato come 
l’incudine; la staffa restava a posto, ma presentava una viva iniezione. La membrana 
della finestra rotonda era conservata. 

Tali sono le lesioni anatomiche che si possono riscontrare nei differenti gradi 
dell’otite media acuta. Le ricerche di Wreden, di Parrot, di Barety e Renaut sopra 
l’otite media nei neonati permettono di segnalare un certo numero di fatti particolari. 

Indipendentemente dai caratteri generali deH’infiammazione della mucosa tim¬ 
panica. nell’otite media dei neonati, si constata la presenza di un ammasso di 
aspetto mucoso, di consistenza gelatinosa, d’un colore variabile dal verde bottiglia 
o dal violaceo al giallo verdastro, che riempie esattamente la cavità timpanica, 
modellandosi sulle anfrattuosita, conglobando le ossicina, e che si può estrarre 
tutta d’un sol pezzo. In un periodo più avanzato, il contenuto della cassa è costi¬ 
tuito talora da una massa di pus verdastro, spesso, consistente, formante pure 
un ammasso la cui ablazione trascina assieme la mucosa, talora da pus fluido, 
giallastro, giallo verdastro. Una particolarità singolare dell’otite purulenta dei 
neonati è che la membrana del timpano è quasi costantemente esente da qualunque 


soluzione di continuità, sebbene offra in diversi gradi le lesioni speciali della mi- 


ringite. Tuttavia, questa non è una regola assoluta, poiché Wreden ha osservato 


una volta la perforazione della membrana timpanica. 



314 


Malattie dell’organo dell’udito 


Barety e Renaut hanno seguito colla maggior cura, coll'aiuto del microscopio, 
il processo infiammatorio alla superficie della mucosa timpanica, e hanno dimostrato 
clic questo processo offriva un’analogia meravigliosa con quello del catarro della 
mucosa respiratoria. Essi hanno riconosciuto, nelle loro interessanti ricerche, la 
formazione del pus per generazione endogena e la trasformazione granulo-grassa 
dei prodotti infiammatomi deposti alla superficie della mucosa della cassa. 

Una parte non meno interessante delle loro ricerche è quella che concerne le 
alterazioni delle ossicina nell’otite purulenta dei neonati. I muscoli intrinseci, e 
principalmente il muscolo del martello, hanno presentato costantemente dal prin¬ 
cipio della malattia alterazioni microscopiche che differiscono essenzialmente dalla 
degenerazione grassa e dalla degenerazione di Zenker, e che, secondo Barety e 
Renaut, devono essere riferite alla miosite. Tali alterazioni sono state osservate, 
non soltanto nell’otite dei neonati, ma anche nell’otite morbillosa. 

Terminando l’anatomia patologica dell’otite media acuta, bisogna segnalare le 
lesioni infiammatorie che si riscontrano talvolta da parte dell’orecchio interno e 
della cavità encefalica, come: congestioni, infiammazioni delle meningi e del 
cervello, trombosi dei seni, ecc. 

Sintomatologia. — Ammetterò nella sintomatologia dell'otite media acuta 
tre gradi in rapporto coll’intensità della flemmasia e che comprendono: 1° Vinfiam¬ 
mazione semplice, non suppurativa; 2° f infiammazione suppurativa ; 3° la periostite 
acuta della cassa. 

Primo grado. — L’ infiammazione semplice, non suppurativa dell’orecchio medio, 
che si trova descritta da tutti gli autori, sotto il nome di catarro acuto semplice, 
può limitarsi ad una semplice iperemia congestiva della mucosa, come si osserva 
in qualunque catarro naso-faringeo di mediocre intensità. I malati si lagnano di 
una sensazione di pienezza, di tensione dolorosa negli orecchi, di diminuzione 
leggera dell’udito e di rumori. 

L’ispezione della membrana del timpano rivela un leggiero arrossamento alla 
periferia della membrana e lungo il manico del martello. Se la trasparenza non 
è disturbata da una malattia anteriore, si riconosce attraverso alla membrana la 
colorazione rossastra della parete labirintica, la cui vascolarizzazione è aumentata. 
Infine, col mezzo dei processi d’esplorazione della tromba d’Eustachio, si può 
convincersi che il canale tubario è più o meno ostruito, sia da mucosità, sia da 
semplice rigonfiamento della mucosa, e che l’aria circola difficilmente nell’orecchio 
medio. 

Dopo alcuni giorni, queste condizioni spariscono spontaneamente sotto l’influenza 
di mezzi semplici e senza lasciare traccia. 

In altri casi, i primi sintomi, lungi dall’emendarsi, aumentano d’intensità, o 
rivestono, fin dal principio, un carattere molto più grave. 

I T n dolore vivo, lancinante, che sopravviene talvolta bruscamente, tal’altra in 
maniera rapidamente crescente, si fa sentire nella profondità dell’orecchio. Questo 
dolore raggiunge talvolta una massima intensità e si propaga alle parti vicine, 
all’apofìsi mastoidea, alle tempia, alle mascelle, a tutte le parti corrispondenti 
della testa. Contrariamente a ciò che si osserva per l’otite esterna, i movimenti 


Malattie della cassa del timpano 


31’ 


impressi al padiglione dell’orecchio, la pressione sul davanti del condotto uditivo 
non aumentano i dolori, che s’esasperano per i movimenti di deglutizione, per la 
tosse, per lo sternuto, per l’azione di soffiarsi il naso. 

L’udito si perde molto rapidamente, e talvolta da un giorno all’altro, la sordità 
è tale che il malato cessa d’intendere la parola e percepisce appena l’orologio 
applicato sull’orecchio (a). 

I rumori costituiscono ancora un sintomo costante deH'otite media acuta; essi 
offrono i caratteri più vari, ma in generale sono dei battiti, delle pulsazioni, che 
s’estendono a tutta la testa. 

Finalmente è molto frequente vedere segnato il principio dell’otite media acuta 
dalla comparsa di fenomeni nervosi, talvolta molto inquietanti ; il malato prova 
degli stordimenti, delle vertigini tali, che gli è impossibile di camminare ed anche 
di tenersi in piedi; vi sono vomiti, agitazione, insonnia, delirio anche, e questi 
sintomi che sono accompagnati spesso da un movimento febbrile intenso, possono 
tanto più facilmente indurre il medico in errore, c fargli credere all’esistenza di 
una affezione delle meningi e del cervello, in quanto bene spesso, soprattutto nei 
bambini, l’attenzione non è attirata da parte degli orecchi, dei quali uno solo è 
generalmente affetto. 

In un certo numero di casi, sembra che in realtà si debba attribuire l’appa¬ 
rizione di questi fenomeni nervosi all’irritazione congestizia delle meningi e del 
cervello; poiché sono note le relazioni vascolari intime che uniscono la mucosa 
della cassa e la dura-madre a livello della vòlta della cavità timpanica, e in 
parecchie autopsie fu segnalata una vascolarizzazione anormale delle meningi in 
questi punti. 

Può darsi ancora che questi fenomeni nervosi sieno sotto la dipendenza d’un 
disturbo sopravvenuto nella pressione intra-labirintica consecutivamente alle lesioni 
infiammatorie della cassa, o che essi sieno legati all’infiammazione simultanea del 
labirinto che, come vedremo, s’accompagna a sintomi capaci di simulare la meningite. 

Infine, la presenza nella cassa del timpano d’un ricco plesso nervoso, che si 
dirama soprattutto sulla parete labirintica della cassa, la cui iperemia è, in ge¬ 
nerale, molto marcata, potrebbe spiegare sufficientemente i sintomi in questione, 
che entrerebbero così nella classe dei fenomeni riflessi. 

Prima di finire coi sintomi nervosi che possono mostrarsi al principio o nel 
corso dell’otite inedia acuta, bisogna ancora segnalare la paralisi facciale. Triquet 
e Toynbee ne hanno riportati parecchi esempi, e io stesso ho osservata questa 
complicazione in un certo numero di otiti medie acute. Il nervo facciale, nel suo 
tragitto attraverso il canale di Fallopio, corrisponde alla parete interna della cassa; 
esso è chiuso in un canale osseo, il di cui spessore è sempre assai sottile, e che 
presenta molto frequentemente dei pertugi, a livello dei quali il nevrilemma è 
immediatamente in rapporto colla mucosa timpanica. Si capisce adunque con quale 
facilità rinfìammazione può trasmettersi dall’una all'altra. È anche probabile che 
questa trasmissione abbia luogo molto più spesso che non si creda, e sarei disposto 


(a) [È raro che la otite acuta, anche bilaterale, determini la sordità per la voce di conver¬ 
sazione; ciò si verifica nelle persone nevrosiche, e in quelle affette da sifilide o da tubercolosi (Irad.)] 



310 


Malattie dell’organo dell’udito 


a ritenere clic buona parte delle paralisi facciali, dette reumatiche, hanno per 
prima causa un’infiammazione della mucosa timpanica propagata al nervo facciale (a). 

L’esame dell’orecchio nell’otite media acuta mostra il condotto uditivo normale; 
tuttavia, quando l’infiammazione è viva, il fondo del condotto, intorno alla mem¬ 
brana del timpano, presenta un arrossamento manifesto. La membrana timpanica 
offre delle alterazioni costanti, dovute all’iniezione dei suoi vasi, all’infiltrazione 
delle sue lamelle, in fine alle stesse lesioni che hanno sede nell’interno della cassa 
e che si possono talvolta riconoscere per trasparenza. 

L iniezione della membrana si traduce con un arrossamento più o meno vivo, 
che talvolta le dà, secondo Politzer, l’apparenza duna piastra di rame pulito. La 
lucentezza della sua superficie sparisce rapidamente e, in seguito alFinfìltrazione 
plastica delle lamelle, essa diventa opaca. Il triangolo luminoso perde di esten¬ 
sione e sparisce completamente. Al principio della malattia, se non vi ò stata 
infiammazione anteriore, il manico del martello resta visibile, sebbene fortemente 
iniettato ; ma bentosto, quando l’infiltrazione si è estesa ai tratti superficiali del 
timpano, il manico del martello cessa d’essere visibile, ed il suo posto è soltanto 

segnato da una linea rossastra, dovuta allo sviluppo anormale dei vasi che 
l’accompagnano. 


Infine, se l’infiammazione guadagna un alto grado d’intensità e dà luogo ad 
un rapido versamento nell’interno della cassa, non è raro di vedere la membrana, 
principalmente nella sua metà posteriore, spinta all’infuori sotto forma d’una 
vescica rossastra, violacea, sporgente nel condotto uditivo. 


L esplorazione della tromba di Eustacchio non potrebbe essere praticata senza 
inconvenienti nel periodo acuto della malattia. Quando i sintomi dolorosi cominciano 
a calmarsi o quando sono, fin dal principio, molto moderati, i diversi processi di 
esplorazione (processo di Toynbee, di Vaisalva, di Politzer, cateterismo) permettono 
di riconoscere se la tromba è ostruita e se la circolazione dell’aria si trova osta¬ 
colata. Nei casi leggieri, l'impiego d’uno di questi processi ha per effetto di ren¬ 
dere migliore momentaneamente l’udito e di procurare sollievo al malato, e se si 
pratica 1 ascoltazione dell orecchio, secondo il processo indicato, si percepisce ad 
ogni insufflazione d’aria una specie di rantolo mucoso, a grosse bolle, che, prima 


molto lontano dall orecchio dell’osservatore, si avvicina a poco a poco e finisce 
col risuonare molto più vicino, poiché l’aria penetra nella cassa, dopo aver rimosso 
il liquido che occupava la tromba e la cassa. In questo momento il malato accusa 
una sensazione particolare, spesso un dolore leggero, poi prova subito un notevole 
miglioramento. Questo, tuttavia, non è di lunga durata; e può anche non seguire 


(a) [La questione dell’origine otitica delle paralisi facciali, così dette a frigore , è ancora 
discussa al giorno d’oggi, malgrado un’intera serie di lavori pubblicati in argomento (tra questi 
vanno ricordati quelli di Gellé, Annales mal. oreilles , novembre 1890; Lannois, Ibid., novem¬ 
bre 1894; Geronzi, Archivio Ital. di Otol ., Riti, e Laring., Ili, 330, 1895). Si può ritenere 
come probabile che almeno in un certo numero di casi di paralisi facciale, l’origine ne debba 
venir ricercata in un processo infiammatorio acuto della cavità timpanica, localizzato prevalen¬ 
temente alla parete vestibolare della cassa; in altri casi però devesi riconoscere che gli attuali 
nostri mezzi di indagine dell’organo dell’udito non ci forniscono alcun dato per corroborare 
tale genesi (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


317 


l’insufflazione dell’aria nella cassa, quando il versamento è molto abbondante o 
quando, invece del versamento, esista una gonfiezza considerevole della mucosa, 
che impedisce la trasmissione delle onde sonore. 

L’infiammazione acuta dell’orecchio medio, qualunque ne sia il grado d’intensità, 
termina spesso per risoluzione. Si vedono allora sparire successivamente i fenomeni 
generali, poi il dolore ed i rumori. L’udito si ripristina talora tutto ad un tratto, 
spesso migliora gradatamente, nello stesso tempo che si manifestano certi feno¬ 
meni che indicano che l’aria circola nell'orecchio medio; gli ammalali provano 
durante i movimenti di deglutizione, mentre sbadigliano o si soffiano il naso, delle 
sensazioni di gorgoglio, di crepitio, di fischio nell’orecchio, in seguito ai quali il 
miglioramento dell’udito si pronuncia sempre più. Infine, nei casi più favorevoli 
e dopo un tempo variabile, l’udito sembra riprendere tuttala sua finezza; ma io 
non esito ad affermare che in tutti gli individui che sono stati colpiti da una otite 
media acuta di mediocre intensità, un osservatore attento scoprirà costantemente 
un leggiero indebolimento della funzione uditiva (a). 

In altri casi, la conseguenza della malattia è molto più grave; malgrado la 
scomparsa graduale dei sintomi d’acuzie, si vedono persistere diversi disturbi 
funzionali, come: sordità, rumori, sensazione di pienezza e di corpo straniero nello 
orecchio ecc., disturbi funzionali che indicano che la malattia ha lasciato dietro a 
sè delle lesioni della tromba e della cassa, sulle quali torneremo in, occasione 
dell’otite cronica. Infine, invece di terminare per risoluzione o di passare allo stato 
cronico, l’infìammazione acuta dell'orecchio medio riesce sovente alla suppurazione, 
ciò che costituisce il secondo grado della malattia. 

Secondo grado. — Infiammazione suppurativa. — Catarro acuto purulento degli 
autori. — Quando l'olite media acuta deve terminarsi per suppurazione, i sintomi 
locali e generali, lungi dall’emendarsi, persistono od anche aumentano gradatamente 
d’intensità. I dintorni dell’orecchio e la regione mastoidea si fanno edematosi, si 
arrossano leggermente e diventano sensibili alla pressione. La membrana del 
timpano, che presenta i caratteri indicati precedentemente, si spinge di più in più 
all’infuori, poi prende una colorazione grigiastra, paragonabile a quella d’un foglio 
di cartapecora macerato nell’acqua. Nella grande maggioranza dei casi, essa si 
perfora, sia in seguito al rammollimento infiammatorio che l’invade, sia in seguilo 


alla pressione esercitata dallo spandimento di pus nella cassa. Se la tromba è 
ancora permeabile all'aria, la lacerazione della membrana si produce sovente al 
momento in cui il malato si soffia il naso o sternuta. 

Checché ne sia, la perforazione della membrana è presto seguita dallo scolo 
pel condotto uditivo esterno d’una certa quantità di pus misto a sangue, e quasi 
immediatamente il malato accusa un sollievo manifesto. 

La perforazione della membrana non presenta nulla di regolare per sede, forma 
e dimensione. Situata talora in avanti, tal’altra all’indietro del manico del martello, 
essa prende la forma d’una lacerazione longitudinale o si mostra sotto l’aspetto 


(«) [L’otite acuta non suole lasciare indebolimento permanente dell’audizione, a meno che 
essa non rappresenti piuttosto una riacutizzazione di una otite catarrale cronica preesistente in 
rapporto con lesioni naso-faringee, oppure ossa non si svolga in individui a resistenza organica 
indebolita (tubercolosi, sifilitici, scrofolosi, ecc.) (Trai».) ]. 



318 


Malattie dell’organo dell’udito 


duna perdita di sostanza arrotondata, ovale od irregolare, di dimensioni variabili, 

la quale può anche comprendere quasi la totalità della membrana. In questi casi! 

il manico del martello resta talvolta al suo posto; più spesso è sparito, trascinato 
dalla suppurazione. 

11 dccoiso ulteiiore della malattia varia secondo una serie di circostanze, fio 
detto che dopo 1 evacuazione del contenuto della cassa attraverso alla membrana 
perforata i sintomi generali e locali subiscono un miglioramento rapido. Accade 
liequentemente, soprattutto quando il trattamento è diretto convenevolmente e che 
i disordini da parte della cassa e della membrana del timpano non sono troppo 
estesi, che lo scolo purulento diminuisce a poco a poco per cessare da ultimo 
completamente, che la perforazione della membrana si cicatrizza, infine che la 
guarigione sopravviene con un ritorno completo della funzione uditiva. 

Contrariamente a questa fortunata terminazione, può darsi che, malgrado la 
cicatrizzazione della membrana timpanica e la sparizione rapida dello scolo puru¬ 
lento, il malato resti affetto da sordità e da rumori, come accade talvolta in 
seguito all'infiammazione semplice, non suppurativa, dell’orecchio medio. Nell’uno 
e nell alilo caso la persistenza dei disturbi funzionali è dovuta alle stesse cause. 

Infine, è frequente vedere lo scolo purulento prolungarsi indefinitamente e la 
malattia passare allo stato cronico. 

Ilo supposto, fino ad ora, che il pus secreto nella cassa si facesse strada allo 
esterno attraverso una perforazione della membrana del timpano. Ma non è sempre 
così ; la membrana, ispessita per qualche affezione anteriore, resiste qualche volta, 
ed il pus s’accumula nell’orecchio medio. Si potrebbe ritenere che la tromba di 
Eustacchio fosse una via discolo sufficiente; ma, questo condotto è generalmente 
ostiuito nell otite media acuta, e io considero come affatto eccezionale l’osservazione 
liportata da Hard (1) nella quale il timpano avendo resistito, si fece uno scolo 
per la tromba. 

Quando adunque la membrana del timpano non si perfora, gli accidenti più 
gravi possono essere la conseguenza della ritenzione di pus nell’orecchio medio, 
e molte osservazioni provano che 1 infiammazione può, in tali condizioni, propagarsi 
rapidamente alle meningi, alle vene della dura-madre ed al cervello. 

Si capisce 1 interesse che si connette alla conoscenza di questo fatto, quando 
si consideri che è principalmente nel caso in cui la membrana del timpano resiste, 
ed in cui non si produce scolo purulento dal condotto, che 1’esistenza d’un catarro 
purulento della cassa può essere disconosciuta, e ricorderò che uno dei caratteri 
anatomo-patologici dell’otite purulenta dei neonati è precisamente l’integrità della 
membrana del timpano. 

Terzo grado. — Otite periosteà. — Credo dover citare qui una forma particolare 
d otite media acuta, che non ho trovato ben descritta in nessun luogo, e che 
tuttavia non è molto rara. 

Sebbene possa colpire primitivamente un orecchio completamente sano, l’ho 
quasi costantemente vista sopravvenire in soggetti che avevano avuto, in epoca 
più o meno lontana, un'infiammazione anteriore. Questa forma è dunque spesso 


(1) Loc. cit., t. I, p. 183. 


Malattie della cassa del timpano 


319 


una complicazione di una antica otite cronica, ma essa non riveste perciò meno 
un carattere di grande acuzie. 

I malati sono presi da dolori atroci in tutta la parte corrispondente della testa, 
con sordità, rumori, vertigini, agitazione, delirio, febbre viva. Se esisteva uno scolo 
dall’orecchio esso si sopprime quasi completamente; nello stesso tempo, si vede 
svilupparsi una gonfiezza edematosa, che occupa tutto il condotto uditivo, di cui 
le pareti opposte arrivano a contatto; questa gonfiezza s’estende rapidamente alle 
parti che circondano l’orecchio, principalmente alla regione mastoidea e alla fossa 
temporale; la pelle di queste regioni è rossa, tesa, mollo dolente alla pressione. 
Dopo alcuni giorni, la fluttuazione non tarda a manifestarsi in uno qualunque di 
questi punti, e, se si pratica un'incisione, si dà uscita ad una quantità di pus 
molto considerevole e lo specillo arriva direttamente sull’osso denudalo del suo 
periostio. 

Da questo momento in poi, tutti i fenomeni generali si calmano, la gonfiezza, 
c farrossamento delle parti spariscono, lo scolo purulento per il condotto uditivo 
si stabilisce, e quando si pratica un’iniezione per l’orecchio, il liquido riesce per 
l'incisione praticata ai tegumenti e reciprocamente ; ciò che prova che la collezione 
purulenta formata at torno all’orecchio comunicava con la cassa ed era dovuta al 
sollevamento del periostio della cassa c del condotto uditivo, che, come si sa, si 
continua direttamente col periostio dell’apofisi mastoidea e della squama del tem¬ 
porale. Questa continuità ò ben più diretta ancora nei bambini, in cui la porzione 
ossea del condotto uditivo esiste appena, di modo che la circonferenza della cassa 
è quasi a livello coll’apofisi mastoidea e la squama temporale ; così l’otite periostea 


non è molto rara nei primi anni della vita. 

La periostite della cassa e elei condotto uditivo, quando è abbandonata a 
sè stessa, può provocare la morte, per la ritenzione del pus nella cassa, deter¬ 
minata dalla gonfiezza enorme delle pareti del condotto. Inoltre l’osso sottogiacente 
partecipa più o meno all’infiammazione del periostio; da ciò la facile trasmissione 
dell’infiammazione alle meningi ed al cervello. 

Nei casi più fortunati, dopo che i fenomeni d’acuzie sono calmati, la malattia 
passa allo stato cronico, cioè si stabilisce per il condotto uditivo e per le aperture 
praticate artificialmente uno scolo purulento che può persistere molto lungamente 
e finisce talvolta col cessare dopo l’uscita di alcuni sequestri. 

Sebbene l’udito sia quasi sempre seriamente compromesso, ho visto tuttavia un 
certo numero di casi nei quali esso era riapparso in misura abbastanza grande, 
dopo una violenta periostite della cassa e del condotto estese anche alla tossa 
temporale e alla regione mastoidea (a). 


Diagnosi. — L’otite media acuta, per la gravità dei suoi sintomi, e sopra 
tutto in causa degli accidenti cerebrali dei quali abbiamo parlalo, potrebbe essere 


(a) [La forma morbosa descritta come otite acuta periostea dall’A. non rientra evidentemente 
nella categoria delle otiti acute, ma costituisce ima riacutizzazione della otite purulenta cronica, 
complicata con lesioni mastoidee, soprattutto con colesteatoma o sequestri endomastoidei. Questa 
forma deve perciò venir trattata a proposito delle otiti purulente croniche (Irai».)]. 



Malattie dell’organo dell’udito 


820 


confusa con una meningite. Se si pensa alla grande proporzione nella quale si 
riscontrano, all autopsia dei neonati, le alterazioni proprie all’otite media purulenta, 
si è portati ad ammettere che questa confusione non è rara nei bambini, incapaci 
di indicare la natura e la sede del loro male, e nei quali, come abbiamo detto, 
la perforazione della membrana timpanica non ha luogo che molto eccezionalmente. 
Sfortunatamente non essendo stata ancora attirata su questo punto l’attenzione 
dei medici che s’occupano specialmente delle malattie dei bambini, noi manchiamo 
ih segni clinici sufficienti per stabilire la diagnosi. Ma un fatto derivante dalle 
considerazioni precedenti, è che, nelle affezioni mal determinate dell'infanzia, con 
predominio di fenomeni cerebrali, l’esame dell’orecchio è assolutamente indispen¬ 
sabile, perchè permetterà forse, in un certo numero di casi, di scoprire il punto di 
partenza degli accidenti e di portarvi rimedio. 

Onesto precetto trova ancora la sua applicazione in altri casi, in cui l’otite 
media acuta passa spesso inosservata dai medici; voglio parlare dei casi così 
frequenti nei quali l’infiammazione acuta della tromba e della cassa sopravviene come 
complicazione d una malattia grave, come gli esantemi febbrili, la febbre tifoide, ecc. 
In queste condizioni, difatti, l’invasione dell’otite può non essere riconosciuta in 
mezzo al delirio ed all’agitazione; la sordità slessa può sfuggire all’osservazione, 
soprattutto se è unilaterale. Così, Edward Blacke (l) di Boston, ha potuto dire 
che 1 esame dell’orecchio è talmente necessario nel corso degli esantemi acuti, che 
il medico che neglige di farlo manca ài suo dovere. 

L’otite media acuta è molto frequentemente confusa con la miringite primitiva; 
da ciò l’opinione diffusa che la miringite acuta è molto comune e che ad essa 
e dovuta la maggior parte delle perforazioni del timpano. È vero che la mem¬ 
brana del timpano partecipa quasi costantemente aH’infìammazione della cassa; 
ma questa miringite non è che secondaria e l’errore della diagnosi risiede in 
questo fatto, che si tiene soltanto conto dei segni obbiettivi forniti dall’esame 

della membrana del timpano e che non si riconosce l’infiammazione della cassa, 
la quale costituisce la malattia principale. 

La miringite s’accompagna quasi sempre ad un’otite esterna, sia che l’infiam¬ 
mazione abbia dapprincipio incominciato nella pelle del condotto uditivo, sia che 
essa l’abbia invaso consecutivamente dopo aver attaccato prima la membrana del 
timpano. Nell’otite media acuta, all’infuori d’un arrossamento che incornicia la 
membrana, il condotto uditivo è normale. Bisogna ancora ricordare che l’otite 

media acula succede quasi sempre al catarro naso-faringeo, di cui si potranno 
constatare i segni ordinari. 

L esame della membrana del timpano può, dapprincipio, fornire delle informa¬ 
zioni importanti. 

Mentre nella miringite essenziale, le alterazioni anatomiche della membrana 
occupano la superfìcie esterna o cutanea, così che ne conseguono l’esfogliazione 
della epidermide, il gonfiore e l’iniezione del derma, dietro i quali sparisce il manico 
del martello; all inizio dell’otite media acuta, al contrario, la iniezione occupa il 


(1) On thè perforations of tympanum; The American Journal , gennaio 1858. 


Malattie della cassa del timpano 


321 


foglietto mucoso della membrana, la cui superficie esterna può restare trasparente 
e conservare per qualche tempo il suo aspetto normale (a). 

Ma queste differenze non sono più apprezzabili in un individuo che è stato già 
colpito da qualche infiammazione dell’orecchio e nel quale il timpano è ispessilo. 
In questo caso, la distinzione fra la miringite e l’otite media acuta sarebbe im¬ 
possibile in base all’esame obbiettivo, e gli elementi di diagnosi differenziale 
dovranno essere cercati nello studio dei disturbi funzionali. Si può dire che questi 
ultimi sono molto più pronunciati nell’otite media acuta clic nella miringite semplice. 
La sordità non è mai completa nella miringite; nell'otite media acuta la funzione 
uditiva è spesso completamente perduta. Vi è egualmente una differenza conside¬ 
revole nell'intensità dei fenomeni generali e simpatici. 11 dolore, l'ansietà, la febbre 
sono molto più violenti e più persistenti nell’otite media acuta, che nella miringite; 
ò così anche degli stordimenti, delle vertigini, del delirio, ccc. (/>). 

Quanto alla forma d'otite media acuta che ho già descritta sotto il nome di 
olite periostea, essa non può essere confusa con alcuna altra varietà d'infiammazione. 
Si potrebbe soltanto, quando apparisce la gonfiezza delle regioni temporale e 
mastoidea, domandare se si tratta d una suppurazione delle cellule mastoidee. 
Esamineremo più tardi questo punto di diagnosi. 

Oliando ò riconosciuta 1'esistenza d'una otite media acuta, resta ancora un 

"V- 

punto importante da stabilire: Si è formato un versamento nella cassa? Perchè 
dalla conoscenza esalta di questo fatto può risultare una indicazione terapeutica 
importante. 

Nel caso di versamento acuto nella cassa, che esso sia dato da liquido sieroso, 
mucoso, o, come accade d'ordinario, da pus, la membrana del timpano in luogo 
della sua concavità caratteristica, presenta una sporgenza anormale verso il condotto 
uditivo. In generale, non è la totalità, ma solamente una parte che sporge all infuori; 
talora è sporgente la metà posteriore della membrana, talora, ma più raramente, 
la porzione anteriore, al davanti del manico del martello. Finalmente, talvolta la 
membrana del timpano, fortemente distesa, presenta una convessità verso resterno 
divisa dal manico del martello, in due sporgenze ineguali, e in questo caso, è abi¬ 
tualmente la sporgenza posteriore che proemina dippiù. 

È supponibile che se si praticasse nei fanciulli più spesso clic non lo si faccia 
l’esplorazione dell’orecchio, si potrebbe riconoscere la presenza di versamenti 
intra-timpanici e forse prevenire con una terapia razionale le gravi conseguenze 


(a) [Nelle otiti medie acute molto intense, non è raro trovare la pelle della parte profonda 

del condotto uditivo arrossata, infiammata (Trad.)J. 

(b) [Dalla lettura di questo brano si scorge come l’A. procuri invano di trovare caratteri 
differenziali tra la otite media acuta e la infiammazione isolata della membrana timpanica. 
Ormai si può stabilire clic la infiammazione della membrana, se non è legata ad una otite 
esterna o se non è dovuta a causa traumatica, è sempre Pespressione di una infiammazione della 
cassa timpanica. Nei primi periodi dell’otite acuta, quando non si è determinata ancora essuda¬ 
zione libera, anche l’acuità uditiva può mantenersi buona. Non è esatto poi 1 affermare die la 
funzione uditiva nella otite media è spesso completamente perduta, poiché le affezioni dell'appa¬ 
recchio di trasmissione non causano, salvo casi eccezionali, sordità completa; nell otite media 
poi. soprattutto se è avvenuta la perforazione della membrana timpanica, 1 acuita uditiva pei la 
voce afona può conservarsi ad 1-3 metri (Trad.)]. 



Malattie dell’organo dell’udito 


clic possono risultare dall’otite media acuta. La possibilità di questa diagnosi mi 

sembra giustificata sufficientemente dalle osservazioni di Barety e Renaut, che, 

esaminando sul cadavere di neonati, la membrana timpanica dalla sua faccia 

esterna, hanno constatato elio la membrana più o meno iniettata o violacea 

lasciava vedere attraverso alle sue lamelle a metà trasparenti il pus contenuto 

nell’interno della cassa. Questo pus, raccolto nelle parti più declivi della cavità, 

offriva l’apparenza d’una mezza luna, a concavità superiore, di cui lo due corna! 

separate dal manico del martello, rimontavano da ambedue i lati verso il cerchio 
timpanico. 


Prognosi. L infiammazione acuta dell orecchio medio è una malattia grave, 
e abbiamo indicate sufficientemente le conseguenze serie ch’essa può portare rela¬ 
tivamente alla funzione uditiva. Sebbene, in buon numero di casi, rinfìammazionc 
semplice o suppurativa della cassa possa guarire completamente, con un ritorno 
perfetto dell’udito, abbiamo visto ch’essa poteva anche determinare fino dapprin¬ 
cipio una sordità molto pronunciata e spesso incurabile. È forse più frequente 
vedere sopravvenire lo stesso risultato in seguito a recidive, od in seguito al 
passaggio della malattia allo stato cronico. 

Il chirurgo dovrà dunque sempre, al principio d una otite media acuta, mostrarsi 
molto riservato sul pronostico relativamente al ristabilimento più o meno completo 
della funzione uditiva. 

L incertezza, tuttavia, non è di lunga durata, poiché ben presto è possibile 
raccogliere alcuni segni utili per la prognosi. Così, la persistenza dei disturbi fun¬ 
zionali, malgrado il miglioramento degli altri sintomi, è di cattivo augurio. Al 
contrario, il ritorno graduato dell udito, che coincide con la sparizione del dolore, 
dei rumori, ccc., permette di concepire la speranza che la funzione potrà ricupe¬ 
rare, se non tutta la sua finezza, almeno uno stato molto soddisfacente. Infine, 
l’esplorazione del modo di trasmissione dei suoni per le ossa del cranio fornisce 
sulla sede delle lesioni anatomiche delle indicazioni importanti per la prognosi. Ma 
ritornerò su questo soggetto in occasione della diagnosi e della prognosi dell’otite 
media cronica, nelle quali si tratta di condizioni identiche. 

Segnalerò ancora, relativamente alla funzione uditiva, la gravità eccezionale 
dell’otite media acuta nei neonati e nei bambini. In quest’età, difatti, la perdita 
della funzione uditiva porta di conseguenza il sordo-mutismo, e le ricerche moderne 
sembrano dimostrare che la maggior parte dei sordo-mutismi congeniti od acquisiti 
sono dovuti a infiammazioni dell'orecchio medio sopravvenute al momento della 
nascita. 

L’otite media acuta non è solamente grave dal punto di vista della sordità ch’essa 
porta; ho detto altrove ch’essa poteva compromettere la vita per complicazioni 
da parte della cavità craniense. Ritornerò più tardi su questo soggetto in un 
articolo speciale relativo alle diverse complicazioni encefaliche e nervose che si 
possono osservare nel corso delle malattie dell’orecchio; basta ch’io indichi qui 
sommariamente le complicazioni encefaliche dell’otite media acuta. 

Esse possono sopravvenire tanto nell’otite acuta semplice, come nell’otite puru¬ 
lenta, sebbene sieno più comuni in quest’ullima, e quasi sempre allora la membrana 


Malattie della cassa del timpano 


elei timpano, probabilmente ispessila in seguito ad alterazioni anteriori, resiste e 
non si perfora. La meningite è la complicazione osservata più di frequente; talora 
essa si inizia semplicemente in vicinanza all'osso malato e il suo sviluppo si spiega 
coi rapporti così intimi clic uniscono la circolazione della cassa e quella della dura¬ 
madre; si troveranno, nei lavori di Itard e di Toynbee, degli esempi di tale com¬ 
plicazione dell'otite media acuta. Talora la meningite è dovuta al contatto diretto 
del pus secreto nell’orecchio medio che fa irruzione nella cavità craniense. Diverse 
osservazioni provano che la via abitualmente seguita dal pus è più particolarmente 
la chiocciola. Essendo la finestra rotonda distrutta per ulcerazione, il pus penetra 
nella chiocciola, perviene al forame uditivo interno, e viene a mettersi in contatto 
col prolungamento che la dura-madre e faracnoide inviano a questo livello. 
Schwartze (1) ha riportato un’osservazione di catarro purulento acuto della cassa 
del timpano, terminato con una meningite mortale, e nel quale il pus aveva mani¬ 
festamente seguito questa via. Noi vedremo che questo modo di propagazione 
s’osserva spesso nell’otite media cronica. 

Infine le complicazioni da parte degli organi intra-cranici possono mostrarsi in 
seguito alla propagazione dell'otite media acuta alle cellule mastoidee. Studieremo 
in un capitolo a parte l'infiammazione delfapofisi mastoidea. 

Prima di finire queste considerazioni generali sulla prognosi dell’otite media 
acuta, devo ricordare che le ricerche batteriologiche moderne, alle quali ho fatto 
allusione precedentemente, hanno dimostrato che la natura del microbio patogeno 
sembrava avere un’influenza pili o meno pronunciata sulla gravità dell’otite. È 
così che Zaufal (2) e Netter (3) hanno mostrato che Yotite a streptococci espone 
a gravi complicazioni, come : adeniti suppurate, suppurazioni mastoidee, meningite, 
flebite dei seni, infezione purulenta. 

L'otite a pneumococci, al contrario, non sarebbe abitualmente seguita da com¬ 
plicazioni, o almeno queste sarebbero meno frequenti, perchè Netter (4) ha riportati 
dei casi di meningite a pneumococci consecutive a questa varietà d'otite acuta. 
Così pure Verneuil (5), Netter e Zaufal hanno stabilito ch’essa poteva complicarsi 
con suppurazione delle cellule mastoidee. Ma questa complicazione non avrebbe una 
gravità molto grande e fintervento chirurgico sarebbe sempre seguito da successo. 

Infine, Yotite a bacillo capsalato di Friedldnder , d’altronde pili rara delle altre, 
presenterebbe una maggior gravità. Secondo Zaufal, essa sarebbe sovente emor¬ 
ragica. In due casi fu seguita da morte per setticemia e per meningite (a). 

Cura. — Al principio dell’otite media acuta, la principale indicazione è di mode¬ 
rare l’infiammazione e di prevenire le essudazioni e versamenti nell’interno della cassa. 

Nei casi di flemmasia acutissima, il salasso potrebbe esser utile; ma più spesso, 


(1) Archio fiir Ohrenheilkunde , t. IV, p. 235. 

(2) Vrager medicinische Wochensclirift , 18S5. 

(3) Méningites dues au pneumocoque; Ardi, génér. de Méd ., 1887. 

(4) Keclierches sur Ics méningites suppurées; France medicale , 1880. 

(5) Gazette hebdom ., 1889. 

(«) tVedasi, per quanto si riferisce a tali asserzioni, la Nota l il del Traduttore sulla patogenesi 
dell’otite media acuta, nc\V Appendice (Tkad.)J. 



324 


Malattie dell’organo dell’udito 


basterà ricorrere al sanguisugio locale (sanguisughe o ventose, applicate attorno 
all’orecchio). Nello stesso tempo, si prescriveranno taluni revulsivi sul tubo dige¬ 
stivo, si amministrerà il calomelano, a dosi frazionate, fino a salivazione. 

Siccome, nella grande maggioranza dei casi, lolite media acuta è consecutiva 
al catarro naso-faringeo, si dovranno impiegare da principio i mezzi terapeutici 
generalmente messi in uso contro quest ultima affezione. I gargarismi emollienti 
e narcotici, i suffumigi tepidi nelle fosse nasali, sono di grande utilità. 

Si agirà egualmente nello stesso senso da parte dell’orecchio, facendo dirigere 
nel condotto uditivo dei vapori tepidi ed emollienti, o iniettandovi frequentemente 
e delicatamente un liquido caldo, che il malato conserverà nell’orecchio per un 
quarto d’ora, inclinando la testa dalla parte opposta. Le instillazioni di glicerina 
fenicata (1 gramma d’acido fenico per 10 grammi di glicerina) costituiscono egual¬ 
mente un buonissimo mezzo per calmare il dolore e talvolta vincere rinfiammazione, 
soprattutto nei bambini. Si potrebbe ancora lottare contro il dolore coH’ammini- 
strazione di diverse preparazioni oppiacee o coll'iniezione sottocutanea di morfina 
intorno all’orecchio. 

E inutile dire che, durante il periodo d’acuzie, il malato dovrà stare in riposo, 
osservare un regime moderato ed evitare l’impressione del freddo, mantenendo 
coperta la testa ed il collo. 

In un periodo più avanzato della malattia, altre indicazioni possono sorgere. 
Quando, p. es., un versamento si è fatto nella cassa, importa dargli uscita il più 
rapidamente possibile, sia attraverso alla tromba d' Eustacchio, sia attraverso alla 
membrana del timpano. 

La via della tromba cf Eustacchio è più spesso impedita, in questo senso che la 
gonfiezza della mucosa ostruisce completamente il canale, e, d’altronde, io non 
divido l’opinione di Tròltsch, che consiglia anche nel periodo d’acuzie dell'otite 
media di praticare il cateterismo o di ricorrere al processo di Politzer. 

Queste operazioni saranno spesso inefficaci, per la ragione che ho detto più sopra; 
c se esse riuscissero a far penetrare dell’aria nella cassa esse avrebbero per effetto 
d’aumentare i dolori. Secondo la mia opinione, le insufflazioni d’aria sia per il 
cateterismo, sia per il processo di Politzer, devono essere riservate pel momento 
in cui i fenomeni acuti cominciano a calmarsi, ed in cui importa di ristabilire la 
permeabilità della tromba. 

Nel caso che considero qui. l’essudazione di mucosità o di pus, ritenuto nella 
cassa in seguito all'ostruzione della tromba, tende a farsi un’uscita attraverso alla 
membrana del timpano ; infine, se la membrana ispessita resiste oltre misura, l’infiam¬ 
mazione può propagarsi al labirinto e alle meningi e determinare la morte. 

Si sarà certamente più disposti a praticare la perforazione della membrana del 
timpano, nel caso ili cui si tratta, quando si diventerà più famigliari coll’esame 
dell'orecchio, e quando si sarà ben convinti della grande facilità, dell’innocuità 
perfetta di questa piccola operazione che guarisce presto e rapidamente (a). 

(a) [La paracentesi della membrana timpanica, nell’otite media acuta, atto operativo per se 
facile, offre in pratica spesso non lievi difficoltà, per la quasi impossibilità di far mantenere 
bene fissata la testa al paziente, il quale la allontana con violenza e d’improvviso al momento* 
in cui la punta del tagliente tocca la membrana, per sfuggire al violento dolore clic prova (Trad.)J. 


Malattie della cassa del timpano 


325 


Quando adunque, in un malato colpito da olile media acuta, la membrana del 
timpano apparisce in fondo allo speculo coi caratteri propri aU’infìammazionc c 
presenta una convessità anormale, non si deve esitare a pungere il punto più 
sporgente (generalmente dietro al manico del martello), coll’aiuto d’un ago per 
cateratta ordinaria, o meglio, d’un ago fatto sullo stesso modello, ma un po’ 


più lungo. L’ago quando è immerso a qualche millimetro di profondità, viene 
ruotato leggermente sul suo asse, in modo da allargare le labbra dell’apertura. 
Si vedono uscire alcune goccic di pus giallastro o di liquido sieroso, rossastro. È 
allora permesso di cercare di provocare l’uscita del liquido, che trova così un’uscita, 
spingendo l’aria nella cassa sia col cateterismo, sia col processo di Politzer. Se 
anche la tromba è sufficientemente libera, sarà bene iniettare nella cassa, coll’aiuto 
della sonda, alcune goccic di liquido destinato a facilitare lo scolo delle materie 
contenute nella cassa. 

Questa pratica, che non saprei troppo consigliare, è stata indicata da molto 
tempo da Triquet, e sembra adottata dalla maggior parte degli autori, che riportano 
tutti un certo numero d’osservazioni, nelle quali la perforazione artificiale della 
membrana del timpano è stata seguita da un miglioramento ({uasi immediato di 
tutti i sintomi e da una guarigione rapida e completa. Anche in un caso in cui 
l’operazione praticata da Troltsch non dette uscita al liquido, essa fu seguita da 
un miglioramento sensibile. 

Se, malgrado la cura impiegata, l’apertura spontanea della membrana del tim¬ 
pano non potè essere impedita, bisogna fare tutti gli sforzi per facilitare lo scolo 
del pus e, quando questo comincierà a farsi più scarso, per favorire la cicatriz¬ 
zazione della membrana. Per evitare ripetizioni, rinvieremo i lettori alla cura 
dell’otite media cronica con perforazione del timpano (a). 


2° INFIAMMAZIONE CRONICA DELLA CASSA E DELLA TROMBA 
CATARRO CRONICO DELLA CASSA E DELLA TROMBA 

OTITE MEDIA CRONICA 

Se non ho creduto, in occasione dell’otite media acuta, dover conservare la 
divisione generalmente ammessa fra il catarro acuto semplice ed il catarro acuto 
purulento, perchè la suppurazione della cassa costituisce una terminazione frequente 
dell’infiammazione acuta, non è lo stesso per l’otite media cronica. Così, difatti, 
esistono fra la flemmasia semplice, non suppurativa, dell’orecchio medio, e quella 
che s’accompagna ad una secrezione purulenta, delle differenze talmente nette, che 
è indispensabile di descrivere isolatamente: a) l’ otite media cronica semplice; 
h) Votile media cronica purulenta. 

a. — OTITE MEDIA CRONICA SEMPLICE 

Questa affezione, malgrado la sua grande frequenza, è ancora incompletamente 
conosciuta. È essa che causa la maggior parte delle sordità, che non si esita a 
qualificare per sordità nervose, come altra volta si designavano sotto il nome di 


(a) [Vedasi, sulla cura delle otiti medie acute, la Nota 5 a del Trad. nell ’Appendice (Trad.)]. 

21. — Tr. di Chir., IV, p. 2» — Malattie delle regioni. 



326 


Malattie dell’organo dell’udito 


amaurosi le malattie ignorate del fondo dell’occhio. Le ricerche d’anatomia pato¬ 
logica, i perfezionamenti portati ai metodi d’esplorazione e di diagnosi hanno fatto 
la luce sulla vera natura di queste pretese sordità nervose, che hanno sede nello 
apparecchio conduttore del suono, cioè nell’orecchio medio, e sono consecutive ad 
un processo infiammatorio cronico che riveste le forme più varie. 


Eziologia. — L’infiammazione cronica, non suppurativa, dell’orecchio medio 
si riscontra in tutte le etcì, sebbene certe forme della malattia sieno più partico¬ 
larmente comuni a ciascun periodo della vita. Talora essa succede ad un’otite 
media acuta o subacuta e riconosce allora tutte le cause clic possono occasionare 
quest’ultima; talora l’infiammazione cronica dell’orecchio medio è primitiva senza 
aver presentato precedentemente un periodo d’acuzie. 


La relazione patogenica che abbiamo segnalata a proposito dell’otite media 
acuta fra le affezioni della cavità naso-faringea e quelle dell’orecchio medio, si 
trova nell’eziologia dell’otite media cronica, che, bene spesso, non è che la pro¬ 
pagazione di un'infiammazione cronica della faringe e delle fosse nasali. Questa 


ultima, come si sa, è quasi costantemente la manifestazione d’uno stato costituzionale, 
come : la scrofola, 1 artrite, la sifilide. Così si potrebbe dire che l’otite media cronica 
riconosce spesso per causa una di queste diatesi. Basta ricordare la grande fre¬ 


quenza del catarro naso-faringeo nei bambini linfatici e scrofolosi per stabilire 


che, negli stessi soggetti, l’otite media cronica deve essere molto comune. Si 
osservano pure delle forme d’infiammazioni croniche della tromba e della cassa 
che coincidono con le varietà di catarro naso-faringeo proprie all’erpete ed 
all’artrite. Infine, si ammette senza contestazione che le manifestazioni secondarie o 
terziarie della sifìlide non sono rare in vicinanza all’apertura delle trombe, e sebbene 


queste manifestazioni non sieno state ancora studiate in modo sufficiente, l’osser¬ 
vazione insegna che, nei sifilitici, le lesioni infiammatorie croniche dell’orecchio 
medio si sviluppano abbastanza frequentemente. 

Ma se è vero che, in molti casi, la flemmasia cronica dell’orecchio medio è 
consecutiva ad una malattia della stessa natura, risiedente primitivamente nella 
cavità naso-faringea, ed invadente a poco a poco la tromba e la cassa del timpano, 
si è forzati a riconoscere che qualchevolta anche la malattia principia primitiva¬ 
mente nell’orecchio medio e più particolarmente nella cassa, mentre la tromba 
resta affatto sana. Questa otite cronica primitiva è più comune negli adulti e nei 
vecchi che nei bambini, e bisogna confessare che la sua eziologia è molto oscura. 
Sebbene in certi individui io abbia potuto riconoscere un’influenza diatesica ab¬ 
bastanza accusata, non oserei tuttavia affermare niente a questo riguardo, non 
possedendo indicazioni sufficienti per attribuire a tale o tal’altra diatesi la pro¬ 
duzione delle diverse lesioni patologiche di cui l’orecchio medio è la sede. L’eredità 
sembra tuttavia rappresentare, in questi casi, una parte importante, e non è raro 
vedere i membri di una stessa famiglia diventare sordi presso a poco alla stessa 
età, e presentare i segni d’una malattia cronica della cassa (a). 


(a) [Vedasi, sulla eziologia delle otiti medie catarrali croniche, la Nota G a del Traduttore 
nell ’Appendice (Trad.) ]. 


Malattie della cassa del timpano 


327 


.Anatomia patologica. — L’anatomia patologica dell’otite media cronica 
data dalle importanti ricerche di Toynbee, che gli autori tedeschi non hanno che 
seguito in una via che egli ha il merito d’aver tracciato per il primo. È necessario, 
tuttavia, che le nostre conoscenze sicno completate intorno alle alterazioni ana¬ 
tomiche dell’otite media cronica. Non si è ancora seguito, in tutte le sue fasi, il 
processo morboso, e, in presenza di lesioni molto varie, si domanda se queste 
lesioni non sono che dei gradi d’uno stesso stato patologico, o se esse costituiscono 
delle forme interamente distinte, nate da un processo differente. A lavori futuri 
apparterrà di elucidare questi punti ancora oscuri. 

Attenendoci all’anatomia patologica, si devono ammettere diverse forme di 
olite media cronica, che segnalerò sotto il nome di catarrale, plastica o essudativa, 
e sclerosante. Le due prime, che succedono spesso allo stalo acuto o subacuto, 
sono manifestamente il risultato d’un processo infiammatorio cronico. Non posso 
ancora pronunciarmi sulla natura esatta della terza. 

1° Nella forma catarrale le alterazioni anatomiche si avvicinano a quelle che 
abbiamo riscontrate nell’otite media acuta, e sono principalmente caratterizzate 
daH’iperemia, la tumefazione e la ipersecrezione della mucosa. 

La vascolarizzazione e l’ispessimenlo della membrana che riveste l’orecchio 
medio sono meno pronunciate che nell’otite acuta; è raro che la mucosa sia 
abbastanza tumefatta per riempiere quasi completamente la cassa. Essa presenta 
piuttosto un’infiltrazione interstiziale che ne aumenta più o meno lo spessore, e, 
nei casi di vecchia data, la mucosa offre una colorazione biancastra, bianco-gialla 
o bianco-grigiastra, con una finissima iniezione alla sua superfìcie. Talora queste 
alterazioni, come nclfotite acuta, esistono egualmente su tutte le pareti della cassa 
ed anche sulla mucosa che circonda le parti contenute, come le ossicina, i lega¬ 
menti ed i muscoli; talora queste alterazioni sono più particolarmente localizzate 
in determinati punti. 

Sebbene la superficie mucosa della membrana timpanica partecipi quasi 
costantemente alle lesioni del resto della mucosa timpanica, può darsi, tuttavia, 
che questa membrana sia preservata e conservi i suoi caratteri normali; in altri 
casi, al contrario, la sola mucosa della membrana del timpano è più particolarmente 
affetta, mentre le altre parti della cassa sono relativamente sane. Queste differenze 
nel grado di partecipazione della membrana del timpano alle alterazioni del ca¬ 
tarro cronico dell’orecchio hanno una importanza molto grande in clinica, e 
spiegano le apparenze molto diverse sotto le quali la membrana può presentarsi 
all’occhio dell’osservatore. 

La parete della cassa le cui lesioni offrono maggiore interesse ò la parete labi¬ 
rintica, dove si trovano le finestre ovale e rotonda. Si sa che questi orifizi sono 
situati nel fondo d’un canale osseo, che si designa spesso sotto il nome di nicchia. 
L’ispessimento della mucosa che riveste queste nicchie ha per effetto di restringerle, 
e spesso anche di ostruirle compiei amente. La membrana della finestra rotonda 
o timpano secondario, la cui superficie esterna è ricoperta dalla mucosa timpanica, 
è spesso ispessita. Si riscontrano le stesse lesioni nella nicchia della staffa; questo 
ossicino è spesso sepolto, per così dire, in mezzo della mucosa ipertrofizzata, e la 
sua immobilizzazione è ancora resa più completa dalle alterazioni della membrana 



328 Malattie dell’organo dell’udito 

che unisce la sua base al contorno della finestra ovale e che è egualmente ricoperta 
da un foglietto mucoso. 

Le parti che attraversano la cassa del timpano e che sono rivestite dalla 
mucosa si risentono anche esse delle lesioni di quest’ultima. Le articolazioni delle 
ossicina perdono della loro mobilità, e, come si osserva in tutte le giunture con¬ 
dannate ad un riposo prolungato, finiscono per anchilosarsi. Tale risultato è 
ottenuto tanto più presto in quanto l’infiammazione della mucosa può propagarsi 
ai legamenti, alla sinoviale e alle superficie articolari sottogiacenti. 

11 legamento sospensore del martello, che attacca la testa di questo ossicino 
al tetto della cassa timpanica, s’ipertrofizza, subisce una retrazione lenta, ne risulta 
una deviazione del martello il cui manico s’inclina da parte della cassa. Il tendine 
del muscolo tensore del timpano, che attraversa la cassa dall’indentro all’infuori 
per venire a fissarsi al manico del martello, e che è circondato da una guaina fibro- 
mucosa, non tarda a retrarsi ed a divenire immobile nella sua guaina ipertrofìzzata. 
Del pari avviene pel tendine del muscolo della staffa ; quanto alle fibre muscolari, 
ne fu in alcuni casi riconosciuta la degenerazione grassa. 

Da ultimo, devo segnalare una lesione particolare della catena delle ossicina, 
sulla quale Toynbee (1) ha richiamata ^attenzione, e che sembra talvolta connettersi 
all’infiammazione cronica semplice ; voglio parlare del distacco dell’incudine dalla 
staffa. Questa lesione, vera lussazione spontanea, sembra risultare da pressioni, 
da stiramenti anormali esercitati sulla lunga apofisi dell’incudine, in seguito a 
gonfiezze e ipertrofie parziali della mucosa. Talvolta la disgiunzione dell’incudine 
e della staffa riconosce per causa una specie di ipertrofia o di assorbimento della 
lunga branca dell'incudine, come esisteva in un caso presentato da Hinton (2) 
alla Società patologica di Londra. 

Nella forma catarrale dell’otite media vi ò quasi costantemente una secrezione 
anormale, il cui prodotto ò molto variabile. È talora un liquido sieroso, mucoso, 
siero o muco-purulento od anche vero pus. Questa ultima condizione non si riscontra 
generalmente che nei casi nei quali l’infiammazione è passata spontaneamente 
allo stato acuto. 

La quantità dell’essudato nella cassa è talvolta abbastanza considerevole per 
spingere la membrana del timpano all’infuori. In alcuni casi, sotto l’influenza di 
questa pressione eccentrica, la membrana finisce coll’ulcerarsi e rompersi, e così si 
stabiliscono un certo numero di suppurazioni della cassa, che sopravvengono silen¬ 
ziosamente e senza dar luogo ad alcun sintomo doloroso. Secondo Hinton, è molto 
frequente di riscontrare nella cassa ammassi di muco concreto, aderenti alle 
diverse pareti della cavità o alla catena delle ossicina. Sebbene questo autore 
consideri tale accumulo di muco vischioso come molto comune, e sembri aver veri¬ 
ficato numerose volte il fatto sul vivente mediante l’incisione della membrana 
del timpano, l’assenza di un esame necroscopico non permette d’accettare, come 
sufficientemente dimostrata, l’asserzione precedente. 

La tromba d’Eustachio partecipa quasi costantemente alle lesioni della cassa, 


(1) Tlie Lancet, 18G6, t. I, p. GGO. 

(2) Med. Times and Gazette , 3 marzo 1866. 



Malattie della cassa del timpano 


m 

nell’infiammazione catarrale dell’orecchio medio. Senza parlare delle alterazioni 
proprie al catarro naso-faringeo, segnaliamo l’iperemia, l’ipertrofia della mucosa 
tubaria, che causa il restringimento del canale o la sua ostruzione completa e la 
ipersecrezione glandulare i cui prodotti obliterano l’orificio faringeo della tromba 
sotto forma di tamponi mucosi. 

Ho insistito, a diverse riprese, sulle conseguenze che porta costantemente 
l’ostruzione della tromba, conseguenze ancora più gravi nei casi d’infiammazione 
cronica della cassa, perchè la membrana del timpano e le ossicina, spinte all’in- 
dentro dalla pressione atmosferica che agisce sul condotto, non tardano ad essere 
irrevocabilmente fissate in questa posizione anormale, in seguilo all’ispessimento 
della mucosa che ricopre le ossicina ed i tendini. 

2° La forma plastica o essudativa dell'infiammazione cronica dell’orecchio 
medio può coesistere con la precedente, ma, in generale, se ne distingue per 
l’assenza di secrezione anormale. Talvolta anche sembra che la lesione caratte¬ 
ristica consista nella produzione di pseudo-membrane, più o meno larghe e spesse, 
che attraversano la cavità della cassa e che uniscono delle parti normalmente 
separate le une dalle altre. Niente di più variabile della disposizione di queste 
fascie membranose, che Toynbee ha ben descritte e che ha riscontrate 271 volte 
su 1149 dissezioni. Si vedono molto frequentemente distese fra la membrana del 
timpano e le varie pareti della cassa, ma soprattutto la parete interna; per la loro 
elasticità queste pseudo-membrane stirano indentro le parti della membrana del 
timpano alle quali s’inseriscono. Spesso anche le ossicina si trovano unite tra 
loro; così il collo del martello alla lunga apofìsi dell’incudine o a qualche parte 
vicina della cassa. È molto frequente anche vedere la staffa fissata solidamente 
al promontorio per mezzo di membrane anormali. Infine, quando le pseudo¬ 
membrane sono molto abbondanti e riempiono una parte della cassa, il tendine 
del muscolo tensore del timpano, l’articolazione dell'incudine e della staffa sono 
come conglobate nel tessuto di nuova formazione. 

Aggiungerò che, in alcuni casi, fu riconosciuta la presenza di briglie membranose 
nella tromba d’Eustachio, il cui calibro resta perciò più o meno ristretto. 

La patogenesi di queste briglie membranose è ancora mal conosciuta. Si ignora 
se esse risultano da una essudazione plastica della mucosa timpanica, che ha 
subito una organizzazione secondaria, o se esse sono unicamente costituite da 
aderenze della membrana mucosa ipertrofizzata, aderenze che si sarebbero in 
seguito allungate dopo il ritorno della membrana al suo stato primitivo. La prima 
spiegazione mi sembra molto piìi soddisfacente; essa è pure la sola accettabile 
per un certo numero di casi (a). Ma qualunque sia il modo di sviluppo di tali 


(a) [Tra le briglie membranose vanno ricordate, per l’importanza che esse possono avere 
sull’apparecchio di trasmissione dei suoni, le connessioni che suole avere la staffa colle pareti 
della pelvis ovalis. — Secondo ricerche da me istituite in proposito {Ann. mal. oreille, nov. 1888) 
le spiegazioni che dà l’A. circa la genesi di tali aderenze non si attagliano che nel minor nu¬ 
mero dei casi. Per lo più detti filamenti e membrane devono venir riguardati, per la loro dispo¬ 
sizione, come i residui del tessuto gelatinoso fetale della cassa timpanica, incompletamente 
riassorbito, i quali, per il processo patologico svolgentesi nella cassa, si ispessiscono e si irrigi¬ 
discono (Trad.)]. 



330 


Malattie dell’organo dell’udito 


briglie membranose, è inutile insistere lungamente per mostrare la loro azione 
nociva, la quale può riassumersi in una parola: l’immobilizzazione più o meno 
completa della membrana del timpano e delle ossidila. 

3° La forma sclerosante dell’otite media cronica è la meno conosciuta; almeno 
è ancora permesso d’esitare sulla natura e la patogenesi delle alterazioni anato¬ 
miche che la caratterizzano, e la cui origine infiammatoria può essere per talune 
fra esse l'oggetto di certi dubbi. Checché ne sia, ammetteremo una forma di 
flemmasia cronica della cassa, nella quale la mucosa, subendo una trasformazione 
calcare, diventa più spessa, più dura, meno elastica, nello stesso tempo che la 
sua superfìcie profonda, periostea è il punto di partenza di produzioni calcari, di 
esostosi o d’iperostosi. La mancanza di secrezione è ancora un carattere distintivo 

di questa specie di sclerosi della mucosa della cassa. 

% 

E possibile che questa forma di otite media cronica succeda al catarro semplice. 
Tuttavia m’è parso ch’essa si sviluppasse più spesso primitivamente, e senza esser 
passala per un periodo catarrale. Essa coincide ordinariamente con la forma 
plastica o essudativa, e non è raro vedere delle pseudo-membrane esistere insieme 
alle lesioni proprie alla sclerosi della cassa. 

Queste lesioni non sono sempre egualmente ripartite ; talora, e più spesso, la 
totalità della cassa (pareti e contenuto) è invasa; tal’altra certi punti sono più 
particolarmente la sede delle alterazioni anatomiche ; così talvolta esse si mostrano 
molto accentuate sulla membrana del timpano e sulla metà esterna della catena 
delle ossicina, mentre il resto della catena e la parete labirintica sono appena 
ammalate; ma più spesso ha luogo il contrario, cioè accanto a lesioni molto ma¬ 
nifeste da parte della parete labirintica e da parte della staffa, si trovano la 
membrana timpanica, il martello e l’incudine quasi allo stato normale. 

Non saprei troppo insistere su questo fatto già segnalato in occasione della 
forma catarrale, e la cui conoscenza permette di comprendere i risultati variabili 
forniti dall’esame obbiettivo della membrana del timpano, che talvolta non sono 
in rapporto col grado dei disturbi funzionali. 

Ciò posto, studieremo più specialmente le alterazioni dell’otite sclerosante sulla 
membrana del timpano, sulle ossicina, sulla parete labirintica della cassa. 

La membrana del timpano, che talvolta non è sede di alterazioni, presenta 
sovente uno spessore ed una rigidità considerevoli, in seguito all’infiltrazione delle 
sue lamelle ; vi si osservano frequentemente dei depositi calcari più o meno estesi, 
che la invadono in totalità. 

L’alterazione della mucosa che circonda le ossicina provoca, nelle articolazioni, 
le stesse conseguenze che abbiamo già segnalate in occasione delle altre forme 
d’otiti medie, cioè l’anchilosi di queste ossicina ; tale anchilosi è soltanto più completa 
ed io ho visti Tincudine ed il martello riuniti da una specie di fusione ossea. Non è 
raro neppure riscontrare una vera iperostosi, che colpisce una o diverse ossicina ; 
il martello, l’incudine, la staffa, le cui dimensioni sono aumentate notevolmente. 

Ma le alterazioni più interessanti a studiarsi sono quelle che si osservano da 
parte della parete labirintica, e principalmente in corrispondenza alla finestra ovale 
e alla finestra rotonda. Indipendentemente dall'ispessimento e dalla sclerosi della 
mucosa che riveste tali regioni, si riscontrano frequentemente delle incrostazioni 


Malattie della cassa del timpano 


331 


calcari della membrana che circonda la base della staffa, e di quella che chiude 
la finestra rotonda. Questa è talvolta otturata da un’esostosi sòrta dalle parti 
vicine. Accade lo stesso della finestra ovale, di cui le lesioni sono forse più 
comuni o, almeno, sono state studiate meglio. Esse conducono tutte allo stesso 
risultato, l’anchilosi della base della staffa nella finestra ovale. Toynbee ne ha 
descritte per il primo le differenti forme con una cura minuziosa (a), lo mi limiterò 
a dire che questa anchilosi è spesso prodotta dall’ iperostosi della base della 
staffa, di cui la larghezza e lo spessore sono considerevolmente aumentati, nello 
stesso tempo che le membrane che V uniscono attorno alla finestra ovale sono 
esse stesse ispessite e spesso cretificate od ossificate; in altri casi, le iperostosi 
delle parti vicine s’avanzano sotto la staffa e la immobilizzano; così delle gettate 
ossee s’avanzano qualche volta dal promontorio verso la nicchia della staffa, che 
non tarda ad essere essa stessa inglobata nella massa ossea. 


Le cellule mastoidee partecipano quasi costantemente al processo interstiziale 
della cassa, c tendono a sparire in seguito ad una specie d’iperplasia ossea o di 
iperostosi delle loro pareti; si troveranno adunque più piccole, più compatte, e, 


in casi antichi, esse potranno anche sparire interamente, ed essere sostituite da 
un tessuto compatto, quasi eburneo, come ho già avuto qualche volta l’occasione 
di osservare (b). 

Infine, devesi ancora notare che, nell’otite media sclerosante, la tromba è 


molto spesso sana, e presenta anche qualche volta una larghezza non abituale, 


carattere importante che sembra indicare che il processo morboso ha preso la 
sua origine nella cassa stessa. Tuttavia può darsi che la tromba partecipi alle 
alterazioni della cassa, e in un certo numero di casi, la si trova ristretta, in seguito 
all’ispessimento della sua superfìcie mucosa, e talvolta anche per una specie di 
iperostosi delle sue pareti. 

Se vogliamo riassumere in poche parole questa descrizione delle alterazioni 
anatomiche dell’otite media cronica, descrizione ancora incompleta, malgrado la 
sua troppo grande lunghezza, diremo che la flemmasia cronica della cassa può 
essere accompagnata da una essudazione liquida, od invece essere secca, e che, 
in quest’ultimo caso, le lesioni finiscono quasi fatalmente coll’immobilizzazione 
delle parti destinate a vibrare sotto l’influenza delle onde sonore ed a trasmettere 
queste vibrazioni al labirinto. 

Bisogna aggiungere, che non è molto raro riscontrare, nei casi di otiti medie 
croniche, datanti da lunga data, delle alterazioni dell’orecchio interno che costi¬ 
tuiscono un elemento importante della gravità della prognosi. 


Sintomatologia. — La diversità delle lesioni anatomiche che caratterizzano 
l’otite media cronica, rende conto delle varietà infinite che si riscontrano nella 
sintomatologia di questa affezione. Si possono tuttavia, dal punto di vista clinico, 
riconoscere due forme principali: 1° una forma umida, catarrale, corrispondente 

(a) [Spetta al nostro Vaisalva (1GGG-1723) il merito di aver per primo descritta l’anchilosi 
della articolazione stapedio-vestiholare, e riconosciuta come causa di sordità (Trai>.)]. 

(b) [Tali iperostosi ed eburnizzazioni della apofisi mastoide si incontrano, più facilmente che 
nella otite media catarrale cronica, nella otite purulenta cronica (Trad.)]. 



332 


Malattie dell’organo dell’udito 


al catarro cronico propriamente detto; 2° una forma secca che corrisponde con- 

temporaneamente alle lesioni dell’otite essudativa ed a quelle dell’otite interstiziale 
o sclerosante. 

1° Forma umida, catarrale. — Questa forma è soprattutto comune nei soggetti 
giovani. Talora essa succede al catarro acuto, non suppurato, dell’orecchio medio, 
oppure si stabilisce definitivamente dopo una serie d’attacchi più o meno lontani 
di fienimasie subacute ; talora sopravviene primitivamente, e senza esser stata mai 
preceduta da fenomeni d’acuzie. 


La sordità è il sintomo più costante, ed il primo di cui il malato si lagni 
quando l’affezione è primitivamente cronica. Questa sordità varia dal semplice 
indebolimento dell udito, fino alla perdita assoluta della facoltà d’intendere la 
parola, ed anche di percepire i battiti d’un orologio applicato sull’orecchio. Tut¬ 
tavia importa sapere che mai, a meno d’una complicazione da parte del labirinto, 
la sordità è assoluta, in questo senso che il malato può intendere un rumore un 
po’ forte e percepire le vibrazioni trasmesse per le ossa del cranio (a). 

La sordità presenta ancora questo carattere che le è proprio: essa è suscettibile 
di variare d’intensità secondo diverse circostanze. Talvolta l’udito subisce ad un 


tratto un miglioramento considerevole, in occasione d’un brusco movimento ope¬ 
rato da parte del velo palatino, come uno sbadiglio, uno sternuto, l’azione di 
soffiarsi il naso, ecc.; poi la sordità riapparisce gradualmente. Lo stesso miglio¬ 
ramento momentaneo si fa osservare qualche volta col tempo secco e caldo, in 
seguito ad un esercizio moderato; al contrario, l’umidità, il freddo, le fatiche 
aumentano considerevolmente la sordità. 


I rumori d’orecchio, sebbene manchino qualche volta, accompagnano spesso 
la sordità, e talvolta anche la precedono. Talora sono pulsazioni isocrone a quelle 
del cuore; tal’altra sono rumori di ogni sorta che i malati paragonano ad un fischio, 
al suono d’una campana, al rumore del mare, ecc. ecc. Questi rumori subiscono, 
in generale, e sotto l’influenza delle stesse cause le alternative di miglioramento 
e d’aggravamento che sono state segnalate per la sordità. 

E molto frequente che non si possa riconoscere, soprattutto nei bambini, 
nessun altro sintomo all’infuori di questi disturbi dell’udito. In certi casi però, 
i malati si lagnano d’una sensazione, se non dolorosa, almeno seccante nel fondo 
dell’orecchio. Essi credono sentirvi un corpo straniero di cui cercano sovente di 
sbarazzarsi, grattando il condotto uditivo o stirando il padiglione in differenti 
sensi. Talora i malati hanno coscienza che il corpo straniero si sposti coi movi¬ 
menti della testa. Questo segno, che si osserva in certi casi di versamenti intra- 
timpanici, merita di richiamare l’attenzione del chirurgo. 

Finalmente, si possono osservare, nel catarro cronico della cassa, i diversi 
disturbi simpatici di cui si è già parlato, a proposito delle malattie del condotto 
uditivo e della membrana del timpano, e che mi limito a ricordare, dovendo ritor¬ 
narvi più tardi; tali sono le nevralgie, i dolori di testa, le vertigini, gli stordimenti, 
l’inabilità al lavoro, ecc. 



(a) [Per lesioni anche gravi dell’orecchio medio non cessa di venir percepita la voce gridata 
vicinanza agli orecchi (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


333 


La membrana del timpano presenta delle alterazioni press*a poco costanti, 

% 

sebbene variabili. E raro ch'essa non sia la sede d’una iniezione più o meno ac¬ 
centuata, che, nei casi leggieri, occupa la periferia o le parti centrali, in vicinanza 
al manico del martello. 11 suo colore normale è egualmente cambiato, sia ch’essa 
abbia perduto la sua trasparenza in seguito alla degenerazione delle sue lamelle, 
sia che, essendo ancora translucida, le parti contenute nella cassa ne modifichino 
la colorazione. In tutti i casi nei quali non esiste un versamento abbondante nel¬ 
l’interno della cavità timpanica, la membrana presenta una concavità anormale; il 
manico del martello si spinge all’indentro e apparisce in iscorcio; la sua piccola 
apofisi è più sporgente; il triangolo luminoso è più ristretto, qualche volta appena 
visibile ed è ridotto ad un punto situato fra l’umbo e la periferia; la sottigliezza è 
tale che spesso si vedono per trasparenza la lunga apofisi dell’incudine e la tesla 
della staffa; in questi casi, il colore roseo della mucosa che riveste la parete 
labirintica e che si distingue per trasparenza, imprime alla membrana del timpano 
un aspetto speciale che, aggiunto ai sintomi precedenti, ò, per così dire, pato- 
gnomonico (a). 

Quando la cassa contiene abbondante essudato, è talvolta possibile riconoscerlo 
coll’ispezione diretta della membrana del timpano. Ilo già descritto, in occasione 
dell’otite media acuta, l’aspetto di questa membrana, spinta alfinfuori da un ver¬ 
samento intra-timpanico, e ricorderò che si osserva allora una curvatura in forma 
di cisti o di piccola vescica distesa, posta più spesso dietro il manico del martello, 
ma che può anche occupare la metà anteriore della membrana od anche far 
prominenza all’avanti e all’indietro del manico del martello. In altri casi, quando 
il liquido è meno abbondante, è del pari possibile di riconoscere la sua presenza 
attraverso la membrana timpanica. Si nota infatti una differenza di colorazione 
tra la parte superiore e la parte inferiore che è più scura che la prima ; il limite 
tra queste due parti di colorazione differente è segnato da una linea nerastra, la 
quale offre una concavità superiore e finisce a punta alle parti periferiche della 
membrana. Talvolta questa linea nera, che non è altro che il limite superiore 
dell’essudato, traversa in linea retta la membrana. L’aspetto descritto si modifica 
a seconda che il malato cangia la posizione della testa, o che viene introdotta aria 
nella cassa timpanica. 

Se dopo aver riconosciuto nella posizione verticale della testa la esistenza di 
questa linea nera orizzontale demarcatrice, si fa coricare il malato, si nota, dopo 
un certo tempo, che la parte oscura, che occupava la metà inferiore, occupa adesso 
la parte posteriore, e che la linea nerastra non è più orizzontale, ma obliqua 
dall’alto in basso e dalfindietro in avanti. Se il malato è ricollocato nella situa¬ 
zione verticale, le cose riprendono il loro aspetto primitivo. Infine se mentre si 
guarda la membrana, si fa penetrare dell’aria nella cassa, ciò che è quasi sempre 
possibile, perchè in tali casi la tromba è pervia, si vedono ad un tratto apparire 
dietro la membrana grande numero di piccoli circoli a margini scuri, che sono 
dovuti a bolle d’aria imprigionata nel liquido. 

(a) [Il colorito roseo che trasparisce in alcuni casi di otite media attraverso la parte po¬ 
steriore della membrana timpanica, viene da molti Autori attribuito ad iperemia del promontorio, 
e considerato come grave sintomo pronostico (Trap.)]. 



334 


Malattie dell’organo dell’udito 


L esame della tromba d’Eustacchio non è meno necessario che la ispezione della 
membrana del timpano, per poter porre la diagnosi di catarro cronico dell’orecchio 
medio. Lo specchio nnoscopico permetterà, nella grande maggioranza dei casi di 
riconoscere l’esistenza d un catarro naso-faringeo, o in difetto di questo mezzo di 
investigazione, si riscontreranno i segni funzionali di quest’ultima malattia. 

Se si procura di msufllare l’aria nell’orecchio medio si riconosce quasi sempre 
che la penetrazione di questa è difficile ed imperfetta, ciò che è dovuto alla fre¬ 
quente partecipazione della tromba al processo morboso. In generale quando si 
riesce a far penetrare l’aria nella cassa coll’uno o coll’altro dei processi conosciuti, 

il malato accusa un miglioramento improvviso, talora assai pronunciato, nell’au¬ 
dizione e nei rumori subiettivi. 

C,ome abbiamo detto, il vero processo per assicurarsi dello stato della tromba 
0 c * ella cass; L e per ricavare dall’esame dei segni importanti per la diagnosi del 
catarro cronico dell’orecchio, consiste nel praticare l’ascoltazione dell’orecchio 
durante il cateterismo. Si nota allora che l’aria prova una grande difficoltà a pene¬ 
trare nella cassa, o anche non vi penetra affatto; a ciascuna insufflazione si intende 
un rumore lontano, una specie di gorgoglio prodotto dallo spostamento del muco, 
che si trova nell’apertura faringea della tromba; se si continuano le insufflazioni, 
il rumore si avvicina e finisce collo scoppiare, per così dire, nell’orecchio dell’os¬ 
servatore, coi caratteri di un rantolo sottocrepitante a piccole bolle, accompagnate 
ciascuna \olta da un rumore come di valvola, dovuto al movimento della membrana 
timpanica. Se la tromba non è ristretta dalla infiammazione o occupata dal muco, 

i segni stetoscopici di cui abbiamo parlato da ultimo, si riscontrano fin dalle 
prime insufflazioni (a). 

Il catarro cronico dell orecchio medio può persistere abbastanza a lungo senza 

gì ande aggravamento ; di solito tuttavia i sintomi funzionali si accentuano sempre 

più, e se non vi si porta rimedio, la sordità diviene quasi completa e sovente 
incurabile. 

In certi casi il catarro cronico della cassa passa allo stato acuto e termina 
colla suppurazione. Infine non è raro di veder stabilirsi lentamente la suppurazione 
bonza nessun fenomeno doloroso ; la membrana si perfora spontaneamente e si ha 
1 otorrea. Noi ritorneremo su questo punto in occasione dell’otite cronica purulenta. 

2° ì orma secca, sclerosante. — Questa forma di otite media cronica è soprattutto 
comune nell età media della vita e nella senilità; essa può senza dubbio suc¬ 
cedei e alla forma precedente, ma di solito si mostra fin da principio e nulla 
è più insidioso che il suo iniziarsi. I malati non sentono alcun dolore, e siccome 


(a) [Il lettore osserverà qui che mentre poco prima era detto nel testo che in questi casi la 
tromba resta per lo più permeabile, più tardi viene detto che di solito la tromba è ristretta, sia 
per infiammazione catarrale della sua mucosa, sia per ostruzione del suo lume per muco raccolto. 
Si possono in eftetto in pratica incontrare ambedue i casi a seconda del segmento dell’orecchio 
medio, dove è prevalentemente localizzata la infiammazione, e a seconda dello stadio della malattia. 
Contrariamente a quanto afferma l’autore risulterebbe dalle mie osservazioni che un importante 
carattere differenziale tra le otiti medie catarrali recenti con essudato libero nella cassa, e quelle senza 
essudato, consiste nel poco o nullo miglioramento dell’udito che nelle prime segue alla insufflazione 
d’aria in confronto alle seconde nelle quali il miglioramento è talora assai notevole (Trad.)J. 


Malattie della cassa del timpano 


335 


in generale un solo orecchio è colpito per il primo, essi non si accorgono che 
sono sordi da questo orecchio, che in seguito ad una circostanza fortuita, oppure 
quando l’altro orecchio comincia a essere colpito a sua volta, ciò che accade quasi 
costantemente. Così molti malati non si inquietano del loro stato e non cercano 
rimediarvi che allorquando le lesioni sono già assai avanzate da un lato. 

La sordità è dunque uno dei primi sintomi della malattia, e si può dire un 
sintomo costante. Essa presenta certi caratteri che è utile fare conoscere. Rara¬ 
mente esistono le alternative di miglioramento e di peggioramento, quali si hanno 
nel catarro deH’orecchio medio, o almeno le variazioni che si producono nelle 
stesse condizioni sono poco marcate. Si osserva di frequente, nello stesso malato, 
una differenza considerevole tra la facoltà di intendere il rumore dell’ orologio e 


quella di intendere la voce articolata e di seguire una conversazione; così il malato 
che percepisce il tic-tac dell’orologio ad una distanza relativamente grande, non 
intende la voce che in vicinanza ed è quasi completamente incapace di seguire 
una conversazione, alla quale prendono parte parecchie persone. Questo carattere 
della sordità ha una grande importanza diagnostica, e sembra indicare che la 
causa risiede nello apparecchio destinato alla trasmissione del suono e all'accomo¬ 
dazione dell’udito (rt). 

Un altro carattere della sordità propria alla otite media catarrale cronica è che 
di solito i malati intendono molto meglio in mezzo ai rumori, quando si trovano 
in carrozza o in ferrovia. Quantunque si siano avanzate diverse spiegazioni di 
questo fenomeno, confesso di non conoscerne alcuna di soddisfacente; ma quando 


esso esiste, è quasi patognomonico (h). 

I rumori subiettivi sono quasi così costanti come la sordità, e compaiono 
insieme a questa; tuttavia in taluni casi essi mancano, o non sopravvengono che 
in un periodo più o meno avanzato della malattia. Si potrebbe quasi dire, malgrado 
il supplizio che essi causano al malato, che è una circostanza favorevole che essi 
compaiano fin da principio, perchè attirano così 1 attenzione sull’orecchio malato 
più che la diminuzione dell’udito. Questi rumori offrono d’altronde tutte le varietà. 
Se si eccettuano le affezioni labirintiche propriamente dette, in nessuna malattia 
dell’orecchio li si vede acquistare un’intensità così grande come in tali forme di 
otiti. Essi costituiscono un tormento di tutte le ore, che immerge il paziente in 
uno stato di profonda tristezza, modifica il suo carattere e lo spinge altresì qualche 


volta ad idee di suicidio. 

Le cause di questi rumori di orecchio sono molteplici e spesso complesse. 
In un certo numero di casi essi dipendono da un’alterazione concomitante del 


(a) [Non si può esser d’accordo coll’autore nell’ammettere come carattere della sordità per 
lesioni dell’apparecchio di trasmissione la relativamente migliore percezione per l'orologio che 
per la voce: in una serie di ricerche dirette a determinare questi rapporti, io ho potuto stabilire 
che nelle malattie dell’orecchio medio la distanza per la voce afona è superiore in misura va¬ 
riabile, persino di tre volte, alla distanza per l’orologio, anche di battito piuttosto intenso 

( Giorn . delVAcccul. di Med. di Torino , N. 4-5, 1894, 279) (Trad.) ]. 

ih) [La spiegazione più soddisfacente di questo fenomeno, che si chiama paradisi di Willis, 
si è che l’apparecchio di trasmissione dei suoni messo in vibrazione dalle forti scosse, si trova 
in grado di funzionare meglio (Trad.) ]. 



33 6 


Malattie dell’organo dell’udito 


labinnto e costituiscono perciò un sintomo di grande importanza pronostica. In altri 
casi essi sembrano risultare da un aumento di pressione nell’interno delle cavità 
labirintiche ; di fatti l’anatomia patologica dell’otite media cronica, dimostra di 
frequente lesiom che devono avere per effetto di sottomettere il liquido del labirinto 
ad una pressione esagerata; questo eccesso di pressione esiste tutte le volte che 
la base della staffa è spinta profondamente nella finestra ovale. Ora si è visto 
che 1 processi morbosi della cassa producono quasi costantemente un tale risultato, 
bisogna aggiungere che le alterazioni concomitanti dal lato della finestra rotonda 
le quali accompagnano così di frequente quelle della finestra ovale, contribuiscono 
ad una piu energica compressione del liquido labirintico, perchè questo liquido 
spinto dalla depressione della staffa dal vestibolo verso la scala timpanica della 
chiocciola, trova nella finestra rotonda un nuovo ostacolo. Si può dunque dire 
m generale che la otite media cronica si accompagna quasi costantemente all’au- 

1 I * f * • le impressioni subiettive 

che costituiscono i rumori (a). 

Infine si può anche ammettere, considerata la ricchezza del plesso timpanico 
che in certi casi i rumori sieno di origine reflessa. 


Si osservano nel corso dell’otite media cronica una serie di altri fenomeni 
subiettivi, i quali possono essere attribuiti così all’aumento nella pressione endo- 
labirintica, come alla irritazione delle terminazioni nervose del plesso timpanico. 

Si vedono i malati lagnarsi di tratto in tratto di stordimenti, di vertigini, 
accompagnate talvolta da vomiti; altri accusano una pesantezza abituale alla testa, 
e sembrano aver coscienza della causa del loro male, perchè dicono che sembra 
loro di aver il cervello compresso. Questi diversi fenomeni subiettivi, compresi i 
rumori, aumentano di intensità la mattina allo svegliarsi, dopo i pasti, dopo un 
esercizio fìsico, dopo un lavoro intellettuale. In alcuni casi ai sintomi precedenti 
si aggiungono vere nevralgie, principalmente lungo il tragitto dei rami del V paio. 
Abbastanza di frequente si riscontra in tali malati una esagerata irritabilità ner¬ 
vosa, un’alterazione delle facoltà intellettuali, la poca attitudine al lavoro, la perdita 

della memoria, e talora anche una manifesta tendenza alla ipocondria e alla 
lipemania. 


Quello che dimostra che tali sintomi morbosi sono veramente sotto la dipen¬ 
denza della affezione auricolare è il fatto che in quei casi nei quali il trattamento 
ha risultato favorevole sull’orecchio, essi spariscono o almeno si modificano no¬ 
tevolmente. Un’osservazione clinica di Orne Green (1) di Boston, è ben dimostrativa 
in proposito. Un uomo affetto di otite cronica semplice si lagnava di vertigini con 
vomito. Tutti ì rimedi interni erano rimasti inutili. I fenomeni sparirono comple¬ 
tamente sotto l’influenza di un trattamento locale dell’orecchio, che portò a guari¬ 
gione la otite. Un anno più tardi vi fu una leggera ricaduta, che coincidette colla 


(a) [Intorno alla genesi e alla significazione dei rumori subiettivi di orecchio esistono numerose 
pubblicazioni. Ricorderemo: Delstanche, Bruxelles, Mayolez, 1872; Iviesselbach, Mon. f. 0 188G ; 
Altuaus, Lcincet, 31 luglio 188G; Turnbull, 47* Riunione di Medici a Cork, 1879; Gradenigo, 
Jiiv. Veneta di Se. mediche , 1890 (Tiiad.) ]. 

(1) Boston med. and surg. Journ 21 gennaio 18G9, citato da Ivnapp: Arch. of Oplithalmolonir 
and Otologg , II, N. 1, 218. 


Malattie della cassa del timpano 



ricomparsa della vertigine sola, e che scomparve ancora sotto l’influenza del 
trattamento locale. 


I sintomi obiettivi sono egualmente assai variabili. 11 condotto uditivo presenta 
una secchezza particolare; la pelle ò sovente ricoperta di una fina polvere bian¬ 
castra come nella pitiriasi. 

La membrana timpanica presenta di solilo una opacità generale o parziale, la 
quale in quest’ultimo caso, occupa più particolarmente la periferia. Tale opacità 
che dà alla membrana un colore grigio o gialliccio, è qualche volta tale che la 
membrana ha l’aspetto di un foglio di pergamena. 

Questo si osserva nei casi assai antichi nei quali non è raro di scorgere altresì 
traccie di degenerazione calcare. Talora non si scorge alcuna vascolarizzazione 
anormale, talora è visibile il fascio vascolare del manico del martello o si notano 
piccoli vasi alla periferia. Il manico resta di solito ben visibile, a meno che la 
membrana non sia alterata in tutto il suo spessore. 

Quantunque le modificazioni precedenti si riscontrino nella grande maggioranza 
dei casi, è importante sapere che talvolta, quando le lesioni anatomiche risiedono 
quasi esclusivamente nella parete interna della cassa, la membrana non apparisce 
alterata, e mostra colorazione e trasparenza normali. Essa è assai fortemente tesa 


e riflette intensamente la luce. 

È quasi costante il riscontrare una modificazione nella curvatura della membrana, 
che si può riconoscere dalla direzione del manico del martello e dalla forma del 
triangolo luminoso. Il manico del martello pare quasi raccorciato, la corta apofisi 
ò molto prominente e sembra quasi perforar la membrana. In alcuni casi, quando 
il martello è anchilosato e non può seguire i movimenti di retrazione della 
membrana, questa si deprime allevanti e all’indietro del manico, il quale fa così 
sporgenza, sicché la membrana resta divisa in due parti ben distinte (a). 

Il triangolo luminoso in conseguenza della retrazione della membrana ò allungato, 
spesso ridotto quasi a riga luminosa mal delimitata o ad un punto in vicinanza 
allumbo. In altri casi esistono punti luminosi anormali che sono prodotti da 
depressioni parziali della membrana, oppure indicano 1’esistenza di aderenze. Le 
aderenze sono soprattutto frequenti alla parte superiore posteriore, dove si trovano 
a piccola distanza dalla membrana la lunga apofisi della incudine e il capitolo della 
staffa. Questo apparisce talvolta dietro la corta apofisi del martello, come un punto 
gialliccio posto nel centro di una depressione; la lunga apofisi dell’incudine si 
disegna parallelamente e alfindietro del manico del martello, sotto forma di una 
linea bianco-gialliccia; finalmente indietro ed in alto si scorge talvolta una linea 
fina e bianchiccia, che va dalla corta apofisi del martello alla circonferenza poste¬ 
riore della membrana e che rappresenta la corda del timpano. 

È principalmente coll’esplorazione della tromba che si può rendersi conto del 


(a) [Come carattere differenziale clinico tra il catarro cronico deirorecchio medio e la sclerosi, 
si è convenuto in questi ultimi tempi di tener conto dell'aspetto della membrana timpanica, la 
quale nel processo catarrale propriamente detto offre modificazioni varie più o meno manifeste 
di lucentezza, di trasparenza, di curvatura, nella sclerosi invece offre aspetto normale o quasi, pur 
esistendo in ambedue le forme morbose difetti funzionali riferibili all’apparecchio di trasmissione 

dei suoni (Trad.)J. 



338 


Malattie dell’organo dell’udito 


grado di mobilità della membrana timpanica e delle ossicina ; tuttavia in mancanza 
di questo mezzo di esplorazione si può ricorrere all’uso di uno strumento speciale, 
detto speculo pneumatico (vedasi pag. 221), che permette di comprimere o rarefare 
1 aria nel condotto uditivo esterno. Quando si fa agire questo strumento, se il 
martello è anchilosato, esso resta immobile, invece di eseguire i movimenti verso 
1 indentro e 1 infuori, i quali si osservano nelle stesse circostanze, quando le ossicina 
godono della loro mobilità. La membrana sola, a meno che essa non sia fortemente 
retratta, eseguisce alcuni leggieri movimenti in avanti e all’indietro del manico 
del martello, ma non si sposta in massa come in condizioni normali. 

Lo speculo pneumatico permette inoltre di riconoscere l’esistenza di briglie e 
di aderenze alla superficie interna della membrana timpanica. In tale caso quando 
viene rarefatta l’aria nel condotto, e la membrana tende a portarsi all’infuori, si 
vedono disegnarsi alla superficie delle depressioni in numero variabile, segnate’da 
altrettanti punti luminosi, che corrispondono alle aderenze anormali. La esplorazione 
della tromba fornisce ancora al chirurgo una serie di segni indispensabili per 
stabilire la diagnosi. Quando si tenta di fare penetrare dell’aria con uno dei pro¬ 
cedimenti conosciuti, ma soprattutto col cateterismo, si può riconoscere l’esistenza 
di due condizioni differenti: ora la tromba è libera, qualche vòlta anzi presenta 
una larghezza non ordinaria, cosicché la doccia d'aria penetra con forza consi¬ 
derevole nell’orecchio medio; ora la tromba è ristretta e l’aria insufflata entra 
difficilmente nella cassa. È facile di riconoscere queste due condizioni differenti 
colla ascoltazione dell’orecchio, la quale fornisce inoltre altre indicazioni sul grado 
di mobilità della membrana, sull’assenza di essudato, ecc. Se noi supponiamo di 
avere un malato nel quale la tromba è largamente aperta, e se esaminiamo la 
membrana mentre si fa penetrare dell’aria con uno dei metodi conosciuti, noi 
potremo riconoscere una diminuzione considerevole nella mobilità della membrana, 
talvolta anzi una immobilità completa. Si può concludere che le ossicina sono 
anchilosate e che la mucosa della cassa è ispessita. L’anchilosi può colpire d’altronde 
una o parecchie articolazioni; l’immobilità della membrana indica che il martello 
e la incudine sono saldati insieme o almeno ambedue immobilizzati. Può accadere 
che i movimenti delia membrana sotto l’influenza della doccia d'aria sieno conservati, 
quantunque esista una anchilosi parziale ; per es. non è raro che i movimenti del 
martello suU’incudine persistano, quantunque la staffa sia immobilizzata nella 

finestra ovale, ed è in questo caso che la membrana timpanica conserva la sua 
mobilità. 


L’ascoltazione dell’orecchio lascia riconoscere inoltre una modificazione nel rumore 
normale; in luogo del rumore di valvola accompagnato da una crepitazione fina 
e ^ecca, che caratterizza lo stato normale, il chirurgo percepisce un vero rumore 
di soffio rude, che dà bene l’idea di una colonna di aria che penetra in una cavità 
a pareti rigide. Io non ho mai inteso gli scricchiolìi segnalati da Triquet, come 
patognomonici della anchilosi della staffa. 

Quando al contrario la tromba è ristretta, la insufflazione di aria nella cassa 
produce un fischio particolare; invece di entrare in un solo tratto, l’aria penetra 
a getti successivi, ineguali. Per completare quest’ultimo punto della diagnosi, è 
spesso utile di eseguire il cateterismo completo della tromba e di introdurre sulla 


Malattie della cassa del timpano 


339 


guida del catetere una piccola minugia di mezzo millimetro di diametro la quale, in 
caso di ristringimento del canale tubario, si arresta in corrispondenza di questo. Sarà 
questione più tardi, a proposito della cura, del modo dell'impiego di tali minugie. 

Un sintomo dei più importanti dell’otite sclerosante è che contrariamente a 
quanto si osserva nel vero catarro dell’orecchio, la penetrazione dell’aria nella cassa 
non modifica che assai leggermente, o anche non migliora in alcun modo la sordità 
e i rumori. 

La otite sclerosante ha un decorso assai variabile; indipendentemente dal suo 
iniziarsi insidioso, del quale abbiamo già parlato, essa può offrire un aggravamento 
lento, oppure determinare rapidamente disordini funzionali assai gravi, e una sordità 
completa. Nel primo caso la malattia può durare molti anni prima di arrivare 
a tale risultato. Talvolta essa sembra invece arrestarsi e la sordità persiste nello 
stesso grado. Si può però dire in generale, che la otite media sclerosante, ha un 
decorso gradatamente progressivo, e conduce quasi fatalmente alla perdita completa 
dell’udito. La malattia, dopo aver incominciato da un lato, e avere da questo 
compromesso in grado notevole la audizione, invade di solito l’altro orecchio e 
presenta da questo secondo lato un decorso più rapido. 


Diagnosi. — Se in generale riesce abbastanza facile il riconoscere V esistenza 
di una otite media cronica, le difficoltà sono spesso assai grandi allorquando si 
tratta di determinare esattamente la sede e la natura delle lesioni anatomiche. 
Così il chirurgo, mancando di indicazioni sufficienti, per stabilire una diagnosi 
precisa, si trova spesso nella necessità di esprimere la prognosi con riserva, e di 
restare nel dubbio relativamente alla opportunità o all’efficacia probabile di un 
trattamento curativo. È questa una lacuna assai spiacevole, clic le ricerche 
ulteriori permetteranno senza dubbio di colmare. Nello stato attuale della scienza 
è però possibile in un certo numero di casi, e mediante l’analisi diligente dei sintomi, 
di ottenere una certa precisione nella diagnosi della otite media cronica. 

La sordità causata da quest’ultima malattia potrebbe venir confusa con una 
sordità dipendente da una lesione del labirinto o del nervo acustico. L’esame 
fisico dell’orecchio, col mezzo dei diversi procedimenti che noi abbiamo fatto cono¬ 
scere, permette ordinariamente di dimostrare la esistenza di lesioni dell’orecchio 
medio; tuttavia si potrebbero avere delle esitazioni nei casi dove le lesioni risie¬ 
dono principalmente sulla parete labirintica, e la membrana del timpano offre un 
aspetto quasi normale. Ritornerò su tale diagnosi differenziale a proposito delle 


malattie del labirinto. 

Si può dire in generale che quando il labirinto ò colpito non si osservano mai 
queste alternative di miglioramento e di aggravazione, proprie all'otite media cronica 
e soprattutto alla sua forma catarrale. Finché il labirinto resta intatto, le vibrazioni 
sonore pervengono al nervo acustico anche attraverso le pareti del cranio, e la 
sordità non è assoluta. Si può dunque stabilire che tutte le volte che la sordità 
sarà completa, non solo per i suoni trasmessi attraverso l'aria, ma ancora per i 
suoni trasmessi per via ossea, l’apparecchio nervoso è colpito. 

Ma quando si tratta di sordità incomplete, che si accompagnano a lesioni 
manifeste della otite media cronica, e soprattutto dell’otite sclerosante, l’esitazione 



340 


Malattie dell’organo dell’udito 


ò permessa. La sordità è dovuta unicamente a lesione della cassa, o dipende anche 
da lesioni concomitanti del labirinto? Tale domanda si presenta giornalmente nella 
pratica, e la sua soluzione è assai importante nel riguardo pronostico. Lo studio 
del modo di trasmissione delle vibrazioni sonore attraverso le ossa della testa rende 
in questo caso i migliori servigi; esso fu già descritto (vedasi pag. 235), e io mi 
limiterò qui ad indicare i risultati che si possono ottenere. Se il diapason vibrante 
collocato sul vertice ò meglio inteso dal soggetto dal lato dove esiste la sordità o, 
se i due orecchi sono colpiti in diversa misura, dal lato dove la sordità è piò 
manifesta, si può concludere che l’apparecchio nervoso ò intatto e che le lesioni 
risiedono unicamente nell’apparecchio di trasmissione del suono, cioè nella cassa e 
nelle parti che vi sono contenute, t risultati dell’esperimento sono resi ancora più 
sensibili per il paziente, se egli chiude con un dito di ciascuna mano i meati uditivi, 
mentre il diapason vibra sul vertice (a). 

Se dunque il malato non percepisce meglio le vibrazioni trasmesse per via 
ossea dal lato dove esiste la sordità, se l’applicazione del diio non determina un 
rinforzo manifesto nel §uono così trasmesso, se finalmente in seguito ad esperienze 
molte volle ripetute, le vibrazioni trasmesse per via ossea sono meno bene per¬ 
cepite dall’orecchio più sordo, si può concludere che il labirinto è colpito, e par¬ 
tecipa alle lesioni dell’orecchio medio. Ciò per quanto si riferisce alle indicazioni 
fornite dal malato stesso. 


Si può ancora, come fu detto (pag. 23G), rischiarare questo punto della diagnosi, 
ascoltando i due orecchi del malato coll’otoscopio a tre tubi, mentre il diapason 
vibra con forte intensità sul vertice. Se chiudendo alternativamente i tubi, si ri¬ 
conosce che le vibrazioni sonore trasmesse dal lato malato sono assai più deboli 
che quelle dal lato sano, si può concludere che le lesioni della cassa sono gravi. 
Se al contrario le vibrazioni sono egualmente intese dai due lati, è probabile che 
le lesioni della cassa sieno leggere e che la sordità sia imputabile al labirinto. Devo 
aggiungere che questo modo di esplorazione, d’altronde abbastanza delicato, non 
è così rigoroso come si potrebbe credere. Le indicazioni che esso fornisce, com¬ 
binate con quelle che dà il malato, hanno tuttavia una vera importanza, e per¬ 
mettono di stabilire in un certo numero di casi che le alterazioni dell’orecchio 
medio, appena visibili dal lato della membrana timpanica, sono al contrario assai 
gravi dal lato della parete labirintica della cassa, e questo criterio è, come si 
capisce, di grande importanza per la prognosi. 


Prognosi. — La gravità dell’otite media cronica apparisce manifestamente 
dallo studio precedente. Bisogna che si faccia sempre meglio strada quest’idea, 
che la maggior parte delle sordità sono dovute a questa affezione disconosciuta e 


(a) [Come è detto nella Nota 2% a proposito dell’esperimento di Weber , queste affermazioni 
dell’Autore non sono esatte, perchè troppo assolute. Non si deve concludere nei casi nei quali 
il diapason vertice è lateralizzato dal lato malato all’integrità del labirinto, ma si può solo ritenere 
che esista una lesione dell’orecchio medio, prevalente per gravità su quella eventualmente esistente 
dell’orecchio interno. Bisogna inoltre tener presente che tale metodo di esplorazione dà risultati 
attendibili solo allorquando vi sia affezione unilaterale, che interessi prevalentemente l’apparecchio 
di trasmissione o quello di percezione, o vi sia affezione bilaterale, ma con notevole differenza 
nell’acuità uditiva dai due lati (Tkad.)J. 


Malattie della cassa del timpano 


341 


non curata nel periodo iniziale ; quando questa nozione sarà più diffusa, è permesso 
di sperare che si vedrà diminuire il numero delle persone colpite da sordità. 

Esistono del resto notevoli differenze quanto alla prognosi nelle forme di otite 
media. La forma umida catarrale è in generale meno grave e meglio suscettibile 
di essere guarita o emendata coi trattamenti, di quello che la forma secca scle¬ 
rosante. Quest ultima soprattutto presenta una estrema gravità, poiché essa termina 
di solito colla anchilosi delle ossicina, coll’obliterazione delle finestre ovale e rotonda, 
e si complica di frequente con lesioni labirintiche. 

Fu detto quanto era spiacevole di non poter sempre stabilire in modo positivo 
la natura e la sede delle lesioni anatomiche proprie all’otite media cronica. Tale 
incertezza nella diagnosi deve necessariamente in buon numero di casi rendere 
esitante la prognosi; infatti se si potesse riconoscere di sicuro la anchilosi com¬ 
pleta delle ossicina, soprattutto della staffa, l’obliterazione delle finestre, la parte¬ 
cipazione del labirinto, sarebbe tolta qualsiasi probabilità di guarigione, e sarebbe 
inutile di intraprendere una cura locale. Se si eccettuano però i casi, nei quali la 
partecipazione del labirinto è nettamente riconosciuta, — ciò che, come fu detto 
più sopra, è talvolta possibile, — si può dire in generale che la prognosi dell’otite 
media deve essere riservata, e che in considerazione dell’andamento progressivo 
della affezione, è opportuno di tentare un trattamento, che, se non riesce a portare 
una guarigione completa, ha per lo meno l’effetto di impedire il progredire della 
malattia e di rendere stazionaria la sordità. Oltre a questo risultato importante, 
il trattamento ben diretto dell’otite media cronica fa spesso scomparire i disturbi 
subbiettivi che per alcuni malati sono più penosi della sordità. 

Cura. — Il trattamento generale non ha di solito che un’azione mediocre 
sulla otite media cronica. Tuttavia non deve essere interamente negletto, in alcune 
circostanze esso concorre in misura determinata, ad assicurare l’effetto dei mezzi 
locali. Questo trattamento varia necessariamente a seconda di molteplici indicazioni; 
si è visto che nella grande maggioranza dei casi, l’otite media cronica risulta dalla 
propagazione all’orecchio medio di processi infìammatorii della cavità naso-faringea, 
i quali a loro volta riconoscono numerose cause. D’ordinario i rimedi generali 
esercitano un’influenza favorevole sulle condizioni dell’orecchio medio, modificando 
lo stato della mucosa naso-faringea. 

Le modificazioni anti-scrofolose, anti-sifìlitiche, anti-erpetiche dovranno adunque 
venir prescritte a seconda che la malattia sembrerà aver preso nascita presso un 
soggetto manifestamente sottomesso alle diatesi in parola. Non ritengo utile di 
dare qui maggiore sviluppo a questo lato della terapia. 

La medicazione interna può altresì tornar utile per combattere più particolar¬ 
mente alcuni sintomi della otite, soprattutto i rumori subiettivi che talora sembrano 
legati ad uno stato congestizio dell’orecchio medio ed interno. I purgativi di frequente 
ripetuti, che esercitano una rivulsione del tubo digerente, il bromuro di potassio, 
la digitale, l’aconito [la trinitrina], modificando la circolazione, portano talora felici 
risultati e procurano sollievo ai malati. Le emissioni sanguigne generali non mi 
sembrano avere indicazioni ; alcune sanguisughe all’ano potrebbero esser utili nei 
casi di congestione abituale della testa. 


22. — TV. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 



342 


Malattie dell’organo dell’udito 


Finalmente devesi accennare alle acque minerali, alla idroterapia, ai bagni di 
aria compressa, che sono talvolta consigliati nella otite media cronica. Quanto alle 
acque minerali esse possono tornar utili di frequente, perchè oltre ad una azione 
locale esse agiscono sulla costituzione. La scelta di queste acque è adunque su¬ 
bordinata ad una serie di condizioni, le quali non possono qui venir esposte. 

Se io mi credo autorizzato a consigliare l’uso delle acque minerali in un grande 
numero di casi di otite media, non è lo stesso per la idroterapia. L’azione del 
freddo, sotto qualsiasi forma (bagni, doccie, ecc.), mi sembra esercitare un’influenza 
manifestamente nociva sulle infiammazioni croniche dell’orecchio medio. Altret¬ 
tanto deve dirsi del soggiorno al mare, del quale i malati si lodano di solito 
assai poco. 

I bagni di aria compressa furono vantati contro la sordità, e alcuni fatti pro¬ 
vano che il loro impiego può essere di vantaggio ; essi però non potrebbero tornar 
utili che nella forma catarrale della otite cronica, nella quale agiscono in doppia 
guisa: da una parte modificando lo stato generale delfeconomia; d’altra parte 
liberando meccanicamente la tromba, facilitando l’uscita del muco dalla cassa e 
1 egolarizzando la vascolarizzazione della mucosa naso-faringea cronicamente in¬ 
fiammata. Bertin (1), l’ravaz (2) hanno richiamato l’attenzione su questo modo di 
trattamento delle otiti medie, il quale potrebbe rendere dei servigi in un certo 

numero di casi e presso soggetti che ricusassero l’impiego di altri mezzi più diretti 
e più sicuri. 

Cura locale. — A rischio di ripetermi, ricorderò la frequenza delle lesioni 
naso-faringee come causa determinante dell’otite media cronica. Si può anche dire 
che tali lesioni sono costanti nella forma umida catarrale, sì comune presso i 
bambini e gli adolescenti (a). Tutte le volte che si è riconosciuta l’esistenza di un 
catarro naso-faringeo, il trattamento locale deve essere anzitutto diretto da questo 
lato. Le insufflazioni di polveri medicamentose, le fumigazioni, ma soprattutto le 
doccie naso-faringee formano la base di questo trattamento; spesso allorquando 
la ipertrofia delle tonsille sembra essere una causa permanente di catarro faringeo, 
è utile cominciare colla loro esportazione; così pure nei casi dove esistono vege¬ 
tazioni adenoidi ben manifeste, devesi procedere alla loro esportazione; solo più 
tardi si procurerà di modificare le condizioni della mucosa naso-faringea. 

I mezzi locali applicati in vicinanza all’orecchio malato e principalmente sulla 
apofisi mastoide sono talora utili; tali sono le emissioni sanguigne (sanguisughe, 
ventose), i rubefacenti, i vescicatori, i cauteri. Si è fatto grande abuso di tali mezzi, 
e, come accade soventi, si è determinata una reazione in senso inverso; si è ri¬ 
cusato ogni azione a questi agenti, i quali anzi furono da taluni autori completamente 


(1) Dell’impiego del bagno di aria compressa nel trattamento della sordità; Montpellier medie., 
aprile 1865. 

(2) Impiego dell’aria compressa nel trattamento del catarro dell’orecchio; Gaz. des Hópitaux , 
1866, n. 85. 

(a) [La ragione della frequenza della forma umida della otite catarrale nei primi anni di 
vita, sta in ciò, che essa piuttosto che una forma morbosa a parte deve venir considerata come 
il primo periodo di talune forme di otiti secche, che si riscontrano dopo i venti anni (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


343 


proscritti {a). Vi è esagerazione da una parte e dall’altra, ed io resto convinto 
che un agente revulsivo applicato in modo permanente dietro l’orecchio può avere 
favorevole influenza sul processo infiammatorio cronico, che ha sede nell’orecchio 
medio ; ma bisogna evitare che questo agente divenga a sua volta causa di spos¬ 
samento e di sofferenze per il malato. 

Relativamente alle sanguisughe e alle ventose poste alla mastoide, si deve 
sempre usarne con moderazione, restringerne il numero e non togliere mai molto 
sangue. Quanto ai revulsivi propriamente detti credo doversi respingere nel trat¬ 
tamento dell’otite media cronica l'uso di cauteri e di setoni, e limitarsi ai rubefacenti 
e ai vescicatorii ; l’uso prolungato della tintura di jodio, applicata mediante un 
pennello su tutta la regione mastoidea, sembra costituire uno dei migliori proce¬ 
dimenti. Si potrebbe forse ricavare qualche vantaggio da un metodo revulsivo 
consigliato da Bonnafont, che consiste nel praticare di tratto in tratto all’ intorno 
dell’orecchio cauterizzazioni punteggiate mediante un piccolo carbone incandescente. 
Si può ricorrere con vantaggio e allo stesso scopo ad una fina punta di termo- 
cauterio. 

Il medico consultato per una malattia di orecchi manca raramente di prescrivere 
delle iniezioni o delle istillazioni nel condotto uditivo esterno. Nella otite media 
cronica questa pratica è per lo meno inutile; può divenire assai nociva, quando 
le iniezioni e le istillazioni, prescritte nell’ignoranza della natura della malattia, 
sono capaci di determinare una infiammazione del condotto uditivo e della mem¬ 
brana timpanica. A titolo di esempio vanno ricordate le istillazioni di etere solforico, 
le quali hanno goduto in epoca a noi vicina di una certa voga, e che hanno spesso 
avuto per risultato di aggravare la malattia. 

Tuttavia, proscrivendo l’impiego di rimedii pretesi curativi applicati alla su¬ 
perfìcie esterna della membrana, io consiglio in caso di secchezza eccessiva del 
condotto e della membrana le istillazioni di glicerina tepida, le quali possono talvolta 
offrir sollievo ai malati, senza aver nessuna pretesa di agire sulle lesioni della cassa. 

Ed eccoci al vero trattamento della otite media cronica. La sola via attraverso 
la quale si possa agire direttamente sull’orecchio medio è la tromba d’Eustacchio; 
ma possono darsi due casi a seconda che questo canale ò pervio, o che il suo 
calibro è abbastanza ristretto per difficoltare o impedire l’accesso dei rimedi nella 
cassa. 

Quando la tromba è libera è facile far penetrare nella cassa sostanze gassose 
o liquide ; noi conosciamo diggià diversi metodi per mezzo dei quali si può insuf¬ 
flare dell’aria o delle sostanze gassose nella tromba o nella cassa. Una tale terapia 
agisce meccanicamente da una parte, spostando il muco che ingombra la cassa e 
la tromba, e favorendone l’uscita attraverso la tromba stessa; d’altra parte impri¬ 
mendo alla membrana e alle ossicina dei movimenti, che prevengono le cattive 
conseguenze della loro prolungata immobilizzazione. 

Nei casi di semplice catarro basta ripetere un certo numero di volte le insuf¬ 
flazioni d’aria per vedere diminuire gradatamente i sintomi, e la funzione uditiva 


(a) [I mezzi locali da applicarsi in vicinanza all’orecchio sono oggi quasi del tutto abban 
donati nella cura della otite media catarrale semplice (Trad.)]. 



344 


Malattie dell’organo dell’udito 


tornare allo stato normale. Il metodo di Valsalva è spesso insufficiente e bisogna 
ricorrere a quello di Politzer, che nei bambini è d’impiego più facile che il cate¬ 
terismo. Se il Politzer non desse risultati soddisfacenti il cateterismo seguito dal- 
Finsufflazione meriterebbe la preferenza. 

Ma accade spesso che le insufflazioni di aria semplice sono insufficienti ; mal¬ 
grado l’impiego simultaneo di un trattamento generale appropriato e di un trattamento 
locale diretto contro il catarro naso-faringeo. A ciascuna insufflazione un miglio- 
1 amento notevole si produce, ma esso è di corta durata e i sintomi riappaiono 
colla loro intensità primitiva. È in questi casi che torna necessario lo aggiungere 
alla azione meccanica delle doccie d’aria una azione curativa insufflando nell’orecchio 



Fig. 256. — Apparecchio per fumigazione. 


medio sostanze gassose atte a modificare lo stato patologico della mucosa. Furono 
a tale scopo impiegate delle sostanze volatili, ora sole, ora mescolate al vapore 
d’acqua; fra i balsamici il benzoino, la mirra, il tolu: fra gli aromatici e gli ec¬ 
citanti il ginepro, la lavanda, l’acido acetico; fra i resolutivi il jodio, il cloruro di 
ammonio, il calomelano; fra i narcotici e gli antispasmodici il giusquiamo, l’etere, 
il cloroformio, il lauro ceraso, ecc. Qualunque sia la sostanza medicamentosa è 
necessario di avere a propria disposizione un apparecchio particolare che permetta 
di proiettare i vapori sia nelle fosse nasali, se si vogliono far penetrare i vapori 
senza aver prima praticato il cateterismo, sia nel lume della sonda, mezzo che 
assicura la penetrazione più diretta nell’orecchio medio. In mancanza di apparecchio 
più perfezionato io consiglio il seguente (fig. 256), che presta dei veri servigi. 

Esso si compone di un pallone di vetro A che contiene il liquido per la vola¬ 
tilizzazione, e che è riscaldato a bagno-maria in vaso di metallo B, per evitare 
che i vapori rinchiusi nel pallone acquistino una temperatura troppo elevata e 
brucino il malato. Quando si tratta di sublimare una sostanza, come il cloruro di 
ammonio o il calomelano, si toglie il bagno-maria e si scalda direttamente il 











345 


Malattie della cassa del timpano 

pallone colla lampada a spirito. Il pallone presenta tre tubulature: una superiore 
chiusa da un tappo, per la quale si introduce la sostanza da volatilizzare, e alla 
quale può essere adattato un termometro G; delle due altre tubulature laterali, 
luna E in comunicazione con un sistema di pere di gomma F destinato a com¬ 
primere l’aria nel pallone, l’altro porta un tubo 1) dal quale escono i vapori, e la 
cui estremità G è introdotta nella narice o nel padiglione del catetere, prima 
messo a posto col becco nella apertura faringea della tromba. ^ 

Gol mezzo di questo apparecchio, si può realizzare fino a un certo punto il 
metodo di Politzer, avendo cura di chiudere le due narici all’intorno del tubo di 
svolgimento di vapori, ed eseguendo di tratto in tratto dei movimenti di deglutizione. 
I vapori compressi nelle fosse nasali penetrano così nelle trombe. Queste fumi¬ 
gazioni, che il malato può ripetere molle volte al giorno, mi paiono essere quasi 
altrettanto utili come quelle che vengono dirette nella cassa mediante il catetere. 
Perchè queste, per esplicare una vera azione, dovrebbero esser molto frequen¬ 
temente rinnovate, ciò che è spesso materialmente impossibile e non è senza incon¬ 
venienti, in causa delfintroduzione ripetuta del catetere nelle fosse nasali. 

Le fumigazioni non hanno, bisogna confessarlo, che una mediocre azione curativa ; 
qualunque sia il processo che si adotti, non si possono mai impiegare che delle 
sostanze deboli, per non impressionare dolorosamente la mucosa naso-faringea e 
non aggravare lo stato infiammatorio; il loro effetto è inoltre affatto transitorio. 

Esse sono soprattutto indicate nei casi leggieri, insieme alle insufflazioni d’aria, 
le quali agiscono come mezzo meccanico. Nei casi gravi, e principalmente nella 
forma secca della otite media, le fumigazioni costituiscono piuttosto un mezzo 
adiuvante, suscettibile di procurare qualche sollievo al malato e di combattere 
alcuni sintomi. Il solo mezzo veramente efficace, o per lo meno capace di modi¬ 
ficare vantaggiosamente lo stato morboso dell’oreccliio medio, consiste nell’impiego 
delle iniezioni liquide, la cui azione è più prolungata e più energica. 

Fu discussa lungamente la possibilità di far penetrare dei liquidi nella cassa 
attraverso la tromba. La questione è ormai giudicata, e la penetrazione dei liquidi 
nell’orecchio medio non può oggidì venir posta in dubbio. Fu egualmente rico¬ 
nosciuto che queste iniezioni ben lungi dall’avere le gravi conseguenze che taluni 
medici temevano, non determinano che eccezionalmente la infiammazione acuta 
dell’orecchio medio, quando il liquido iniettato non posseda proprietà troppo 
irritanti e che il suo impiego non sia troppo di frequente rinnovato. 

Per quanto concerne il procedimento per la iniezione, Gruber (1) di Vienna 
ha indicato un metodo che permette al malato stesso di far penetrare i liquidi 
medicamentosi nel suo orecchio. Ecco come si procede: il malato inclinando la testa 
dal lato affetto, introduce nella narice corrispondente una siringa di vetro che 
contiene circa 60 grammi della soluzione che egli dirige verso la faringe: dopo 
senza violenza, e senza fare movimenti di deglutizione eseguisce il metodo di 
Valsalva. Se la tromba è libera, ciò che noi ammettiamo per il momento, è raro 
che con un po’ di abitudine non si pervenga a far penetrare una piccola quantità di 


(1) Gaz. mcd. de Paris, 18G9, n. 1. 



346 


Malattie dell’organo dell’udito 


liquido nell orecchio. Questo metodo può rendere grandi servigi, ma è certamente 
inferiore all’iniezione di liquido col mezzo del catetere (a). 

Il cateteie viene bene collocato nella tromba, cosa della quale si può assicurarsi 
mediante 1 ascoltazione dell’orecchio; vi si lascia allora cadere, coll’aiuto di un 
contagoccie, una piccola quantità del liquido che si vuole iniettare (da 4 a 10 goccie) ; 
quindi, raccomandando al malato di fare un movimento di deglutizione, si insuffla 
una folte corrente d aria, la quale spinge nella cassa una certa quantità di liquido. 
L ascoltazione dell orecchio permette di verificare i risultati. Permeglio assicurare 
la penetrazione del liquido iniettato, Weber (1) di Berlino ha proposto di introdurre 
nel catetere ordinario un piccolo tubo elastico che arriva fino in cavità timpanica, 
e coll’aiuto del quale si potrebbe, secondo l’autore, dirigere il liquido su certi punti 
limitati. Io temo che Weber non abbia esagerato i vantaggi di questo metodo, la 
cui applicazione mi pare raramente realizzabile (b). 

I er le iniezioni intra-timpaniche furono impiegate in gran numero sostanze 
medicamentose, alcaline, astringenti, alteranti, caustiche, narcotiche, ecc. Ecco alcune 
delle soluzioni più di frequente usate. Per 30 grammi di acqua distillata, carbonato 
di soda 0,50 ad 1 gr. ; cloruro d’ammonio 0,50 a 2 gr. ; solfato di zinco e di rame 0,05 
a 0,50 gr.: joduro di potassio 0,50 a 3 gr.; jodio 0,05 a 0,50 gr. disciolto in un 
gì animo di joduro di potassio. Le soluzioni di nitrato d’argento, per deboli che siano, 
hanno di solito per conseguenza di provocare una otite purulenta, con perforazione 
della membrana timpanica. Quanto alle iniezioni di sostanze narcotiche, e princi¬ 
palmente di atropina, che furono soprattutto consigliate per combattere i rumori, 
il loro effetto può essere considerato come nullo. 

Le iniezioni intra-timpaniche sembrano avere una azione comune; secondo il 
loro grado di concentrazione riescono più o meno irritanti, aumentano momen¬ 
taneamente la vascolarizzazione della mucosa dell’orecchio medio, modificano le 
secrezioni e finiscono col produrre un riassorbimento dei tessuti ipertrofici. La loro 
azione deve essere adunque lenta, e la irritazione che esse producono deve venir 
mantenuta dentro certi limiti ; per ciò non si deve praticarle che ogni due o tre 
giorni, e continuarne 1 uso per sei settimane o due mesi. Qualunque siasi il risultato 
ottenuto dopo questo trattamento, è buona cosa ripetere di tratto in tratto le 
iniezioni, sia per mantenere il miglioramento acquistato, sia per prevenire un aggra¬ 
vamento. In un grande numero di casi, concernenti soprattutto la otite sclerosante, 


(a) [Il metodo di Gruber ora accennato non è affatto consigliabile e può dirsi ormai comple¬ 
tamente abbandonato nella pratica. Quando si consideri come tali processi morbosi dell’orecchio 
medio sono legati ad affezioni morbose catarrali del cavo naso-faringeo, riescirà chiaro come 
con questo metodo, piuttosto che una soluzione medicamentosa, viene spinto nell’orecchio medio 
il liquido di lavaggio degli spazi rino-faringei, nelle condizioni più opportune perchè avvenga la 
diffusione del processo morboso all’orecchio medio. È ormai risaputo come la così detta doccia 
di "Weber dà luogo di frequente a tali complicazioni morbose collo stesso meccanismo, col quale 
sarebbero consigliate le iniezioni col metodo di Gruber (Trad.)]. 

(1) Monatsschrift far Olir ., 1808, n. 5. 

(b) [L’introduzione attraverso il catetere del tubolino tubario è manovra non diffìcile, si possono 
così introdurre nella cavità timpanica goccie di liquidi medicati. È assai discutibile se questo 
modo di medicazione sia realmente utile, soprattutto nelle otiti medie a membrana timpanica non 
perforata (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


347 



si riesce con questa cura ad arrestare il progredire della malattia, e questo risultato 
è lungi dall’essere di poco momento. 

Fino ad ora fu supposto che la tromba fosse libera e che permettesse la facile 
penetrazione delle sostanze medicamentose alla stato gassoso o liquido. 

Ma può accadere che in seguito allo ispessimento delle sue pareti il 
canale tubario sia notevolmente ristretto, ciò di cui si può assicurarsi 
colla ascoltazione. In questo caso si dovrà cominciare il trattamento 
colla dilatazione meccanica della tromba. Si usano a questo scopo delle 
fine minugie di corda da violinò, di balena, di laminaria digitata (fig.257). 

Il loro diametro deve essere graduato da mezzo fino a due min., limite 
estremo che corrisponde alla larghezza massima dell’istmo della tromba; 
la loro estremità deve essere arrotondata, perchè non leda la mucosa, 
lilialmente si deve in anticipazione segnare sulla minugia la lunghezza 
del catetere, attraverso il quale viene introdotta, e la lunghezza media 
della tromba che è di 35 mm.; in tal modo si può rendersi conto del 
momento nel quale la estremità, dopo aver attraversato tutta la lun¬ 
ghezza della tromba, arriva nella cavità timpanica. D’altronde il malato 
accusa molto bene la sensazione di corpo straniero nell’orecchio. 

L’introduzione delle minugie è in generale facile; si deve a preferenza 
impiegare un catetere a forte curva e insinuare la sua estremità abbastanza 
profondamente nel padiglione tubario ; la minugia è allora fatta penetrare 
con dolcezza, e l’indice che essa porta segnato permette di seguire il 
movimento di sua penetrazione. Se si prova qualche resistenza, si ritira 
un po’ la minugia o se le imprime un movimento di rotazione sul suo 
asse. La dilatazione della tromba si ottiene in generale dopo alcune 
sedute, e quando essa è sufficiente per permettere l’impiego di iniezioni 
gassose o liquide nella cassa, si completa il trattamento secondo le 
regole accennate più sopra. Io non credo doversi consigliare la caute¬ 
rizzazione della tromba, della quale alcuni specialisti hanno fatto grande 
abuso; questa ha sovente per effetto di determinare una violenta infiam¬ 
mazione della cassa, seguita da perforazione della membrana. 

Dopo aver esposto i principii generali che devono guidare il chirurgo 
nel trattamento della otite media cronica, mi resta a parlare di certi 
mezzi, che furono preconizzati allo scopo di riempire alcune indicazioni 
particolari, oppure consigliati in modo affatto empirico: tali sono la 
perforazione artificiale della membrana timpanica, la sezione delle ade¬ 
renze intra-timpaniche, la aspirazione meccanica della membrana verso 
il condotto, l’ elettricità, e finalmente la trapanazione deWapofisi mastoidea. Fig. 257 . Minugia 

La perforazione artificiale o paracentesi della membrana, chiamata 

anche miringotomia, fu praticata per la prima volta a Parigi, nel 17G0, 

* 

da un ciarlatano chiamato Eli. Alla fine del secolo ultimo e al principio di questo 
essa fu raccomandata da Himly in Germania, e da Cooper in Inghilterra, ma non 
tardò a venir abbandonata, perchè non forniva che risultati nulli o passeggieri. Tuttavia, 
da quando le lesioni anatomiche della otite media sono meglio conosciute, la per¬ 
forazione artificiale della membrana non costituisce più un procedimento empirico, 


dilatatrice per 
la tromba di 
Eustacchio. • 



348 


Malattie delPorgano dell’udito 


ma può rispondere ad alcune indicazioni positive, come sembra risultare dai lavori 
di Gruber (1), di Schwartze (2), e di Hinton (3). 

Io non devo parlare ancora della paracentesi della membrana timpanica nei 
casi di otite purulenta; questa operazione è, come fu detto, così bene indicata in 
questo caso, come l’incisione della pelle negli ascessi. 

E la stessa cosa nel catarro cronico, quando, a tromba ristretta o stenosata, 
esiste un versamento nell’interno della cassa. Secondo Hinton questi versamenti 
mtratimpanici sarebbero assai più frequenti di quello che si creda, e la paracentesi 
della membrana renderebbe in tali casi i migliori servigi. L’opinione del chirurgo 
inglese mi sembra assai esagerata; per lo più si riesce, col trattamento descritto 
più in alto, a guarire il malato senza essere obbligati a ricorrere alla perforazione 
della membrana. Questa operazione mi sembra soltanto indicata, quando la essu¬ 
dazione è così abbondante, da fare protrudere la membrana verso il di fuori; la 

indicazione è ancora formale quando esista una chiusura completa e incurabile 
della tromba. 

La paracentesi della membrana fu altresì raccomandata nei casi di aderenze, 
di ispessimenti, con tensione considerevole della membrana. Quantunque l’operazione 
abbia potuto riescire qualche volta in tali circostanze, il risultato ne è assai dubbio, 
perchè non si sa mai se le lesioni osservate da parte della membrana costituiscano 
la sola causa dei disturbi funzionali. 

La miringotomia è assai facile a praticarsi. Furono immaginati differenti stru¬ 
menti a tale scopo, ma basta aver a propria disposizione un ago da cataratta 
leggermente ricurvo. Lo strumento consigliato da Schwartze è assai conveniente: 
è un ago lungo 5 cm. ricurvo ad angolo ottuso e colla punta a doppio taglio; il 
manico d avorio misura 10 cm., il corpo dell’ago deve essere abbastanza resistente 
per non piegare nel momento, nel quale si incide la membrana. 

Il luogo dove viene praticata l’incisione varia secondo i casi. Quando vi ha 
profusione della membrana si incide nel punto più sporgente ; la perforazione si 
fa di solito dietro il manico del martello e parallelamente a questo. Non è op¬ 
portuno limitarsi ad una semplice puntura, ma si deve fare un’incisione da due 
a quattro mm. ; talvolta anche, se si vuol mantenere aperta la perforazione, può 
essere utile di recidere un lembo della membrana. Wreden ha anche consigliato, 
per meglio poter mantenere l’apertura anormale, di risecare una parte del manico 
del martello. Io ho praticato molte volte questa operazione col mezzo di uno 
strumento speciale, che ho fatto costruire a questo scopo ; ma i risultati ottenuti 
non mi parvero abbastanza soddisfacenti, perchè qui creda di insistere su questo 
processo operativo. 

La miringotomia è talvolta affatto indolente, principalmente quando la mem¬ 
brana è spinta in fuori da un essudato intratimpanico ; di solito è accompagnata 


(1) Allg . Wiener Med. Zeitung , 1863*64 e Arch. fiir Olir ., II, pag. 59. 

(2) Studien iiber kiinstliche Perforation des Trommelfelles; Arch. fiir Olir ., II, pagg. 24, 239, 
e 245; III, pag. 281. 

(3) Holmes, A System of Surgery , III, pag. 296. 


Malattie della cassa del timpano 


m 


da un dolore vivo, ma di corta durata (a). L’intervento è seguito di raro da feno¬ 
meni infiammatorii. 

La condotta ulteriore del chirurgo varia a seconda dello scopo che egli si è 
proposto: quando si tratta di dare uscita a un essudato intratimpanico è bene, 
dopo fatta l’incisione, di praticare una insufflazione di aria, ed anche se il liquido 
esce diffìcilmente, di iniettare col catetere una soluzione alcalina. La operazione 
può essere ripetuta un certo numero di volte senza inconvenienti, e finché i di¬ 
sturbi funzionali abbiano subito un soddisfacente miglioramento. 

Quando si voglia mantenere l’apertura, come ad esempio nei casi di ostruzione 
completa della tromba, si incontrano difficoltà quasi insormontabili. Malgrado le 
cauterizzazioni, malgrado la introduzione di corpi stranieri nella perforazione ar¬ 
tificiale, è impossibile di lottare contro la tendenza riparatrice della membrana; 
la perforazione non tarda a cicatrizzarsi, e viene perduto così il beneficio ottenuto. 

La sezione delle aderenze, alla quale si può avvicinare la tenotomia del muscolo 
tensore del timpano, fu proposta da Weber (1), che ha immaginato uno strumento 
speciale, il timpano-tenotomo. 

Queste operazioni, che furono egualmente praticate da Schwartze, Gruber, Miot, 
Gellé, possono dare in alcuni casi buonissimi risultati, ma disgraziatamente le 
indicazioni sono difficili a stabilirsi; di più esse esigono una grande destrezza di 
mano, e non possono essere compiute che da chirurghi lungamente esercitati. A 
più forte ragione ciò può venir ripetuto per la sezione del muscolo stapedio, fatta 
da Kessel e da Urbantschitsch. 

Finalmente ini limito a segnalare i tentativi fatti da alcuni specialisti per mobi¬ 
lizzare la staffa (6), nei casi di sclerosi con anchilosi incompleta di questo ossicino. 
Questi tentativi non hanno ancora dato risultati abbastanza soddisfacenti, perchè 
mi paia utile di insistere ulteriormente in argomento. 


(a) [Il dolore che è provocato di solito da questa piccola operazione nella otite acuta è 
intensissimo, e costituisce certamente nella pratica uno dei principali momenti che possono fare 
esitare il chirurgo nel proporla. Anche ristillazione di una soluzione concentrata di cloroidrato 
di cocaina non vale che ad attenuare il dolore ed in misura assai limitata; migliori risultati 
quanto all’analgesia si possono ottenere, associando all’azione della cocaina quella cataforetica 
della corrente costante sull’orecchio. Nei pazienti pusillanimi si può ricorrere con vantaggio alla 
anestesia generale col bromuro di etile (Trad.)]. 

(1) Monatsschrift far Ohrenheilkunde, 18G8, n. 12. 

(b) [La mobilizzazione della staffa nella cura della otite media catarrale cronica fu oggetto 
di lunghe discussioni in questi ultimi anni, segnatamente al Congresso Otologico Internazionale 
di Parigi (1889). Miot ne è apostolo convinto, ma le sue idee in argomento hanno trovato finora 
poco favore. La questione ha certamente bisogno di ulteriori studi; apparisce però probabile che 
tale operazione abbia precise indicazioni, soprattutto quando la staila resta fissata piuttosto 
che per le conseguenze di un processo morboso in corso (sclerosi) per tessuto cicatriziale (esiti di 
otiti medie catarrali e purulente). 

Anche il massaggio della membrana timpanica, mediante alternata rarefazione e compressione 
dell’aria nel condotto uditivo esterno, è al giorno d'oggi molto usato, e a questo scopo Delstanche 
ha ideato apparecchi ingegnosi ( rarefattore , masseur). Lucae ha proposto un particolare specillo 
per esercitare una pressione direttamente sul martello. Yedansi i dettagli in argomento, insieme 
alla descrizione di un nuovo apparecchio in un recente lavoro di Ferreri (Arch. Ital. di Otol. } Rm. t 
e Laring. 1896, p. 153, Yol. IV) (Trad.)]. # 



350 


Malattie dell’organo dell’udito 

Egualmente allo scopo di lottare contro le aderenze intra-timpaniche e la 
retrazione del tensore del timpano furono consigliate varie manovre destinate a 
esercitare una aspirazione, un’attrazione sulla membrana, e a diminuire la pres¬ 
sione mtra-lab.rintica ed in tal modo i disturbi funzionali. Così si è proposto di 
fare il vuoto nel condotto col mezzo di un tubo di caoutchouc, che si adatta esat¬ 
tamente alle pareti. Politzer (1) raccomanda di chiudere ermeticamente per 24 ore 
il condotto con un po’ di cotone spalmato di grasso ; questo sarebbe un mezzo 
di migliorare 1 udito e di diminuire i rumori. Secondo Politzer, oltreché la pressione 
atmosferica non agirebbe piu sulla membrana, con questo mezzo la piccola quantità 

d aria che si trova tra il tampone e la membrana verrebbe riassorbita, e ne risul¬ 
terebbe un aspirazione della membrana all’infuori. 

L elettricità fu ed è ancora impiegata oggi in modo empirico nella cura di tutte 
le sordità, le quali per lo più dipendono da un’otite media cronica; si fece ricorso 
soprattutto alle correnti interrotte, e in questi ultimi tempi anche alle continue 

Malgrado alcuni successi che sembrano incontestabili, si tratta di un mezzo cosi 
infedele, che io non credo dovermivi arrestare più a lungo. 

Finalmente ricordo soltanto per memoria che la trapanazione dell’apofisi 

ma sto idea cosi utile, come vedremo, nella suppurazione dell’orecchio medio, fu 

consigliata e praticata altra volta come mezzo curativo della sordità e dei rumori. 

Questa operazione è formalmente controindicata nella otite catarrale cronica- è 

irrazionale e può dare luogo allo sviluppo di un’infiammazione suppurativa del- 

1 orecchio medio; verso la fine dell’ultimo secolo essa ha costato la vita a Berger 
medico del re di Danimarca. ° 


^ OTITE MEDIA PURULENTA CRONICA 

L’otite media purulenta cronica si riscontra assai di frequente nella pratica e 

costituisce la maggior parte degli scoli dell’orecchio, che vengono designati col 

nome generico di otorrea. È utile per togliere ogni confusione di distinguere tra 

le otorree quelle che sono esterne, cioè che provengono dal condotto uditivo e dalla 

superficie esterna della membrana, e quelle che sono interne, cioè che hanno 

oiigine nell orecchio medio e suppongono per conseguenza una perforazione della 
membrana (a). 


Eziologia. — L’otite purulenta cronica succede abbastanza spesso all’otite 
media acuta con perforazione della membrana; essa può però avere origine da 
una otite esterna, una miringite che abbia determinato la perforazione della 
membrana timpanica dal difuori all'indentro. La mucosa della cassa, messa a 
contatto permanente coll’aria esterna e i prodotti alterati della suppurazione del 
condotto, non tarda ad infiammarsi e a secernere del pus. Nell’un caso e nell’altro 
la mancanza di cure è la causa più frequente della persistenza della malattia. 
1 inalmente ricorderò che 1 otite media purulenta cronica può stabilirsi senza essere 


(1) Wiener med. Wochensclirift , ottobre 1867. 

(a) [Al giorno d’oggi il nome di otorrea si usa soltanto per indicare le otorree così dette 
interne dall’A., quelle cioè nelle quali il pus proviene dall’orecchio medio (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


351 


stata mai preceduta da fenomeni di acuità. Tale eziologia è anche molto più comune 
di quello che si creda, ed è così che sopravvengono molte otorree, delle quali i 
malati non possono indicare esattamente l’origine. 


Anatomia patologica. — Quantunque esistano nella scienza un certo 
numero di fatti, che dimostrano che l’orecchio medio può essere la sede di suppu¬ 
razione cronica, senza che la membrana del timpano sia perforata, devesi confessare 
che questa è un’eccezione rara, la quale si osserva soltanto quando la membrana 
ha subito uno ispessimento considerevole per infiammazioni anteriori. Non mi 
arresterò adunque sull’anatomia patologica di questi fatti eccezionali, perchè non 
potrei che ripetere quanto fu detto in occasione dell’otite purulenta acuta e del¬ 
l’otite catarrale cronica semplice; mi occuperò soltanto delle suppurazioni croniche 
dell’orecchio medio, accompagnate dalla perforazione della membrana timpanica. 
E questo il luogo di studiare le principali varietà anatomiche di queste perforazioni. 



Fig. 258. — Perforazioni patologiche della membrana del timpano. 


Esse possono occupare tutti i punti della membrana, per lo più risiedono sia 
allevanti, sia all’indietro del manico del martello, nelle parli collocate tra questo 
e la periferia, ciò che è dovuto senza dubbio al minore spessore della membrana 
in questi punti. Si osservano tutte le varietà nella ampiezza della apertura anormale, 
la quale può essere così piccola come una capocchia di spillo o comprendere al 
contrario quasi totalmente la membrana, ridotta allora ad una piccola zona mar¬ 
ginale. La membrana può essere anche completamente sparita, e presso i bambini 
l’osso timpanico è talvolta distrutto insieme alla membrana che vi si attacca. Ciò 
è dimostrato da un fatto comunicato alla Società Patologica di Londra da Hinton (1), 
che ha osservato la eliminazione dell'osso timpanico presso una bambina di cinque 
anni. Fra questi due estremi si incontrano tutti i gradi intermedi. È raro di trovare 
perforazioni multiple; quando esse esistono sono di solito situate in punti opposti 
della membrana, raramente l’una vicina all’altra. Esse presentano differenti forme; 
ora rotonde o ovali, ora irregolari, presentano spesso, quando sono centrali, 
l’aspetto di un rene coll’ilo rivolto al manico del martello. 

Quest’ultimo può mancare completamente, come la sua corta apofisi; in altri 

casi la parte inferiore del manico fa difetto ; finalmente questo ossicino può essere 

* 

interamente conservato, quantunque la membrana sia largamente distrutta. E raro 
allora che la sua direzione resti normale; esso si inclina verso la cassa e contrae 
aderenze con qualche parte vicina, particolarmente col promontorio, al quale si 
unisce talora con una vera saldatura ossea. 


(1) Medicai Times and Gaz., 3 marzo 18G6. 



352 


Malattie dell’organo dell’udito 


Quali che sieno la forma, l’estensione, la sede delle perforazioni timpaniche i 
residui della membrana presentano le lesioni caratteristiche della miringite cronica* 
ispessimenti, opacità, degenerazioni calcari, aderenze colie parti vicine della cassa.’ 
ali alterazioni furono sufficientemente descritte, perchè sia il caso di riparlarne. 

Si riscontra nella cassa una maggiore o minore quantità di muco-pus liquido 
o concreto; e in quest’ultimo caso non è raro di vedere la cavità timpanica piena 

c una massa caseosa » che alcuni autori hanno considerata come costituita da materia 
tubercolare. 

Le ossidila hanno subito delle alterazioni variabili. Ho già parlato dei differenti 

aspetti coi quali si presenta il manico del martello nella perforazione patologica 

della membrana timpanica, può accadere che tutte le ossicina necrosate e separate 

le une dabe altre sieno state eliminate col pus. La staffa stessa può essere sparita 

e il labirinto partecipare all’infiammazione suppurativa. Più di frequente si ritrova 

una piccola parte delle ossicina, la testa e la piccola apofisi del martello, il corpo 

dell incudine e la sua corta apofisi ; ma bene spesso la lunga apofisi dell’incudine 

e spanta per assorbimento o per necrosi, e la continuità della catena delle ossicina 

si trova così rotta. Queste particolarità anatomiche hanno una grande importanza 

dal punto di vista della teoria del timpano artificiale, della quale parleremo più 
avanti. 

La mucosa dell orecchio medio nell’otite purulenta cronica offre le lesioni più 
vane; talvolta essa apparisce quasi normale, ove si eccettui un poco di rossore 
e di ispessimento; in altri casi si può riconoscervi le alterazioni che furono descritte 
a proposito del catarro cronico semplice, cioè la congestione, l’ispessimento notevole, 

1 indurimento del suo tessuto, l’iperostosi e le esostosi parziali. Talora queste lesioni 
sono uniformemente sparse su tutto l’orecchio medio, talora sono più specialmente 
localizzate in certi punti, specialmente sulla parete labirintica. Per conseguenza 
nell otite purulenta cronica si incontrano anche le differenti forme dell’anchilosi 
della stalla, le ossificazioni della finestra rotonda, ecc. La conoscenza di questi 

fatti permette di spiegare le differenze che si osservano relativamente 
a * disturbi funzionali. 

Esiste un altro stato anatomico della mucosa dell’orecchio medio, 
che si allontana molto dai precedenti e che potrebbe a rigore venir 
descritto come una varietà particolare, sotto il nome di otite fungosa 

Fi g . 259. - otite ° ^ ranu ^ osa - questa forma (fig. 259), la mucosa della cassa 
granulosa. considerevolmente ipertrofica, è di superficie irregolare, granu- 

leggiante ; essa cioè presenta piccole sporgenze rosse, di volume 
variabile, che ricordano l’aspetto della congiuntiva affetta da ipertrofia papillare. 

Molti polipi dell’orecchio hanno per punto di partenza tali granulazioni della 
cassa. 

Si pensa in generale che tali granulazioni sono l’indizio quasi certo di una 
calie o necrosi delle pareti della cassa. Questo è un errore che importa dissipare, 
perchè nell ipotesi di una lesione ossea si trascura troppo spesso di modificare con 
una cura appropriata la mucosa cronicamente infiammata, e si lascia così sussistere 
indefinitamente una malattia che non ha tendenza a guarire spontaneamente, 
e che spesso al contrario porta come conseguenza l’alterazione dell’osso. 






Fig. 259. - Otite 
granulosa. 


Malattie della cassa del timpano 


353 


Le affezioni delle pareti ossee deirorecchio medio sono in effetto raramente 
primitive, se pure lo sono mai. E quasi sempre, se non sempre, in seguito ad 
infiammazioni suppurative più o meno prolungate che si vede la malattia diffon¬ 
dersi dalla mucosa al periostio e all’osso sottogiacente, e determinare l’osteite, la 
necrosi delle pareti della cassa. Queste 
lesioni possono incontrarsi in differenti 
punti ; la vòlta del timpano ne è assai 
spesso la sede, e si comprende tutta la 
gravità di questo accidente, poiché la 
parete superiore della cassa è in rap¬ 
porto immediato colle meningi e col 
lobo medio del cervello. La necrosi 
della parete ossea che separa l’orecchio 
medio dall’orecchio interno non è assai 
rara, e fu talora osservata la mortifi¬ 
cazione del canale semicircolare oriz¬ 
zontale, il quale fa una leggiera spor¬ 
genza verso la cassa, la necrosi della 
chiocciola, finalmente la distruzione della 
parete ossea del canale di Fallopio, in seguito alla quale il nervo facciale resta 
a nudo. 

Le alterazioni della parete inferiore della cassa non sono meno gravi, per la 
vicinanza della vena giugulare interna, la quale può divenir sede di ulcerazione, 
di infiammazione; finalmente la necrosi della parete anteriore della cassa e della 
porzione ossea della tromba può avere per conseguenza la erosione della carotide 
interna. 

È inutile di aggiungere che negli individui morti nel corso di una otite purulenta 
cronica, si riconosce spesso la esistenza di differenti complicazioni endo-craniche ; 
la meningite, le erosioni dei vasi, le trombosi, gli ascessi metastatici. 



Fig. 260. — Distruzione della parete superiore 
della cassa per carie. 


Sintomatologia. — Quantunque l’otite media purulenta cronica possa de¬ 
correre senza perforazione della membrana, nella grande maggioranza dei casi 
tale affezione è caratterizzata da una perforazione timpanica più o meno ampia, 
sia che detta perforazione abbia succeduto ad uno stato acuto o che siasi prodotta 
lentamente, quasi alfinsaputa del malato in seguito ad un catarro cronico della 

cassa. 

L’uscita del pus dal condotto uditivo o l’otorrea, è un sintomo costante del¬ 
l’otite purulenta cronica. La quantità di liquido che esce è assai variabile; oralo 
scolo è così poco abbondante, che riempie appena il condotto, e non apparisce, 
per così dire, all’esterno; ora il liquido cola con tale abbondanza, che si ò obbligati 
a mettere sull’orecchio una medicazione, e che durante la notte i guanciali ne 
sono insudiciati. 

Lo scolo è costituito da muco-pus giallastro, verdastro, di consistenza varia; 
talora è un pus sieroso, icoroso, spesso misto a sangue. Quando il pus presenta 
questi ultimi caratteri si deve temere che non esista qualche lesione ossea. In 




354 


Malattie dell’organo dell’udito 


taluni casi (1) fu osservata, come nell’otite esterna, la presenza di masse abbondanti 
di crittogame, miste al prodotto della secrezione dell’orecchio medio 

Finalmente l’otorrea nelle forme croniche è di solito fetida, e le persone che 
ne sono affette tramandano sovente odore nauseabondo. 

L’otite purulenta cronica è indolente; tuttavia qualche volta sopravvengono 

vivi dolori, che si irradiano in tutto il lato corrispondente della testa, dolori che 

coincidono con riacutizzazioni del processo morboso e che sono spesso legati alla 
osteo-periostite della cassa. 

L audizione offre gradi assai variabili. Basta sovente nettare l’orecchio ed 

allontanare con cura il pus spesso e concreto che ostruisce il fondo del condotto 

e della cassa, per migliorare l’audizione che sembrava completamente perduta. 

In certi soggetti, nei quali la secrezione è scarsa si resta talora sorpresi dell’udito 

relativamente buono, quando esiste una ampia perforazione timpanica; presso 

altri al contrario, che in apparenza sembrano in condizioni identiche, l’udito è 
quasi totalmente abolito. 

Da che dipendono queste differenze? Evidentemente la causa ne va ricercata 
nella natura e nella sede delle lesioni anatomiche; ora la mucosa è solo leggier¬ 
mente ispessita e la catena delle ossicina è conservata; ora le alterazioni della 
mucosa sono gravi, soprattutto in corrispondenza alla parete labirintica, e nello 
stesso tempo le ossicina sono immobilizzate, distrutte o distaccate; ora finalmente 
per propagazione del processo morboso il labirinto stesso è invaso. Basta ricor¬ 
dare queste differenti condizioni per comprendere quanto lo stato della audizione 
debba essere variabile nei differenti soggetti. 

Io non potrei accettare l’opinione singolare professata da Weber (2) che 
attribuisce alla impermeabilità della tromba una grande influenza sul grado di 
sordità, che si osserva nelle perforazioni patologiche della membrana. L’autore si 
fonda su questo fatto, perfettamente esatto, che in molti casi di otite media puru¬ 
lenta cronica perforafiva, basta far passare dell’aria attraverso alla tromba per 
migliorare 1 udito. Se il fatto è esatto, l’interpretazione è certamente erronea, e il 
miglioramento dell’udito che risulta dal passaggio dell’aria dalla tromba è dovuto 
allo spostamento del secreto, che ostruiva le nicchie delle finestre labirintiche o 
che disturbava la vibrazione delle ossicina (a). 

Per terminare quanto si riferisce ai disordini fisiologici, che accompagnano 
l’otite media purulenta cronica, conviene aggiungere che i rumori di orecchio 
subiettivi, quantunque rari, possono esistere. 

Quando si procede all’esplorazione dell’orecchio, dopo averlo liberato dal pus, 
si trova il condotto uditivo, soprattutto nelle parti profonde, rosso, leggiermente 
ligonfìo, qualche volta anche escoriato. La membrana timpanica più o meno lar¬ 
gamente perforata offre i caratteri già da noi indicati. Attraverso la perforazione 

(1) Y. Lue le, Società di Medicina di Berlino; Arch. gèn. de Mèd marzo 1868. — Kramer, 
Arch. f. Ohrenheilkunde , t. IV, p. 307. — Politzer, Ibid., t. Y, p. 213. 

(2) The Lancet, 3 e 17 febbraio 1866. 

(a) [Un altro momento che può spiegare il migliorarsi dell’audizione dopo una doccia d’aria 
nei casi di otite media purulenta con perforazione timpanica è lo spostamento all’infuori di 
parziali cicatrici o aderenze membranose, che sogliono esistere in tali forme morbose (Trad.)]. 


Malattie della cassa del timpano 


355 


timpanica, soprattutto quando è ampia, si scorge la mucosa della cassa ora leg¬ 
giermente rosea e gialliccia, ora di un rosso vivo ; presso taluni soggetti apparisce 
liscia, presso altri è vellutata, granulosa e sanguina al più piccolo contatto. La 
parte della cassa che si presenta di solito alPocchio dell’osservatore è il promontorio, 
collocato in faccia al centro della membrana o al suo segmento anteriore. È facile 
di riconoscere la forma di questa sporgenza se il gonfiamento della mucosa non 
è troppo considerevole. Se la perforazione occupa il segmento posteriore od è 
molto estesa, si può talora scoprire la lunga apofisi dell’incudine, ma di solito tale 
apofìsi è già distrutta e il capitolo della staffa apparisce in forma di una piccola 
eminenza ricoperta di mucosa rosea, collocata verso l’estremità posteriore superiore 
della parete labirintica. 

L’esplorazione della tromba indica se tale canale è libero o ostruito. Nel primo 
caso Paria spinta nella cassa sfugge all’esterno, producendo un rumore di fischio 
e talora una sorta di gorgoglio caratteristico ; quando la tromba è ostruita, sia per 
gonfiamento delle sue pareti, sia per pus spesso ed abbondante, l’aria insufflata 
dalla tromba deve prima cacciare tutto il liquido per farsi strada all’esterno. Si 
vede, se si esamina l’orecchio in quel momento, il pus uscire goccia a goccia at¬ 
traverso l’apertura della perforazione. 

Decorso — Durata — Terminazione. — L’otite media purulenta cronica 
può terminarsi colla guarigione dopo una durata varia, ma di solito molto lunga. 
Se la perforazione non è assai estesa, anche quando esista da alcuni anni, essa 
può cicatrizzare. Questo modo di terminazione è certo meno raro di quanto si creda, 
e, oltre a numerosi esempi riferiti dagli autori, io potrei indicare un caso che ho 
osservato ultimamente in un collega, portatore di una perforazione timpanica da 
oltre dieci anni. Quando si esamina la membrana dopo guarigione può tornar 
difficile riconoscere il posto occupato dalla cicatrice. Tuttavia essa ha di solito 
l’aspetto di una chiazza grigiastra, a contorni netti, leggiermente depressa ; quando 
si insuffla l’aria nella cassa, essa fa sporgenza nel condotto, ciò che indica che 
la cicatrice è più sottile del resto della membrana. L’esame microscopico fa in 
effetto riconoscere che al livello della perforazione lo strato fibroso della membrana 
manca completamente. 

La cicatrizzazione della membrana non è sempre una felice terminazione; talora 
in effetto, in seguito ad essa l’udito peggiora e compaiono rumori di orecchi. Per 
quanto riguarda la sordità devesi ammettere che in tali casi esista una disgiun¬ 
zione dell’incudine e della staffa; le vibrazioni impresse alla membrana timpanica, 
non possono trasmettersi alla catena delle ossicina, la cui continuità è interrotta, 
mentre che, avanti la cicatrizzazione, le onde sonore penetravano attraverso la 
perforazione e agivano così direttamente sulla base della staffa. 

L’otite media purulenta cronica può ancora guarire, quantunque persista la 
perforazione; la secrezione morbosa diminuisce a poco a poco e finisce col cessare 
del tutto. Se le lesioni della mucos# sono leggiere, se la parete labirintica non è 
sede di alterazioni profonde in corrispondenza alle finestre, se finalmente la staffa 
è mobile, l’udito resta abbastanza buono. Si incontrano molti individui portatori 
di perforazioni timpaniche non cicatrizzate, i quali, senza godere di un udito assai 



356 


Malattie dell’organo dell’udito 


fino, intendono perfettamente la conversazione e non sono certo considerati come 
sordi. 

Quantunque tale terminazione dell’otite debba venir considerata come quasi una 
guarigione, bisogna però notare che per la persistenza della perforazione, i malati 
sono esposti a nuove infiammazioni dell’orecchio, e alla ricomparsa della secre¬ 
zione sotto l’influenza di differenti cause, fra le quali va ricordata in prima linea 
l’azione diretta del freddo. 

Finalmente l’otite purulenta cronica, specie se abbandonata a sè stessa, può 
persistere indefinitamente e subire anche un aggravamento continuo, che mette 
capo alla osteite, alla carie, alla necrosi delle pareti della cassa. 

L’otite media granulosa in particolare non ha alcuna tendenza alla guarigione, 
la secrezione purulenta è assai abbondante e sovente mescolata a sangue; la sordità 
è quasi sempre pronunciata per l'alterazione profonda e l’ispessimento considerevole 
della mucosa; infine spesso per la proliferazione continua del tessuto cellulare 
masse polipoidi non tardano a riempire il condotto uditivo, e a sporgere all’esterno. 
Noi ci proponiamo di ritornare su questa terminazione dell’otite granulosa, quando 
tratteremo dei polipi dell’orecchio in generale. 

In molti casi le granulazioni coincidono con una lesione ossea delle pareti della 
cassa; tuttavia, come ho detto, esse si riscontrano forse più sovente che non si 
pensi, indipendentemente da ogni alterazione dell'osso sottogiacente. Del pari può 
esservi osteite, carie, necrosi di una parte più o meno estesa della ossa, senza che 
esistano granulazioni. 

I segni che indicano che 1 osso è malato sono lontani dall’essere patognomonici ; 
la fetidità dello scolo, il suo carattere sanioso, sieroso costituiscono delle presunzioni ; 
1’esistenza di particelle ossee nella secrezione avrebbe più valore. I dolori sono vivi, 
continui, o ad accessi, presentano spesso il carattere nevralgico; finalmente l’esame 
dell’orecchio permette talvolta di riconoscere colla vista la denudazione di una 
parete ossea, e l’esplorazione coll’aiuto dello specillo conferma questa diagnosi. 
In generale però bisogna eseguire tale esplorazione colla maggiore prudenza. 

L’otite purulenta, accompagnata da lesione ossea, può guarire malgrado la sua 
gravità, e tale guarigione fu osservata dopo l’espulsione di uno o parecchi sequestri. 
AVilde, Toynbee (1), Gruber (2) hanno anche riportato casi, nei quali la chiocciola 
intera necrosata fu eliminata durante la vita. 

Diagnosi. — La diagnosi dell’otite purulenta cronica è generalmente facile 
quando la membrana è ampiamente perforata, la parete labirintica apparisce coi 
caratteri che furono descritti più in alto, e ci vorrebbe poca attenzione per con¬ 
fonderla colla superfìcie della membrana timpanica iperemica, ispessita o fungosa. 
Tuttavia il dubbio è talora possibile per un osservatore non esercitato; si hanno, 
per guidarsi, tutti i segni che indicano una perforazione timpanica, e di più si può 
ricorrere all’esplorazione collo specillo, a condizione di farla coi dovuti riguardi e 
sotto il controllo della vista. Se in effetto è la parete interna della cassa quella 


(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde, t. I, 112. 

(2) Ibid. } II, p. 3, 


Malattie della cassa del timpano 


357 


che si ha sottocchio, l’estremità smussa dello specillo dà una sensazione di una 
resistenza ossea, in luogo dell’elasticità propria alla membrana; inoltre il malato 
non accusa dolore nel primo caso, mentre la superfìcie della membrana timpanica 
cronicamente infiammata è assai sensibile al più leggiero contatto. Ma, ripeto, tale 
esplorazione, che può fornire preziosi indizi per la diagnosi, deve esser fatta colla 
maggiore delicatezza. 

La diagnosi è abbastanza diffìcile, quando la perforazione è assai piccola ; spesso, 
spingendo l’aria per la tromba, si scorge il pus uscire lentamente dalla per¬ 
forazione; in altri casi il liquido che occupa il fondo del condotto presenta movimenti 
pulsanti isocroni ai battiti del cuore, movimenti che si possono osservare anche 
quando la cassa non è piena di pus; essi sono soprattutto ben visibili quando esiste 
una goccia di liquido tra le labbra dell’apertura. Quantunque si sia preteso di 
aver riconosciuto delle pulsazioni sulla membrana timpanica non perforata, questo 
fenomeno può essere considerato come patognomonico di una perforazione. 

Quando si avrà riconosciuto che l'otorrea ha origine dall’ orecchio medio,. è 
necessario sapere se si tratta d’una semplice otite purulenta, o se esiste altresì 
carie delle ossicina. Questa diagnosi, come fu detto, è spesso difficile e talora 
anzi impossibile. 

Ove si eccettuino i rari casi, nei quali si riesce a riconoscere direttamente la carie o 
la necrosi di una parte della cassa, si dovrà, per stabilire l’esistenza di una lesione 
ossea, tener conto della natura della secrezione, la quale è icorosa, saniosa, fetida, 
qualche volta tinta di sangue o contenente particelle ossee, ed inoltre dell’esi¬ 
stenza di dolori profondi terebranti, che si irradiano a tutto il lato corrispondente 
della testa, e che ritornano ad accessi della durata talora di parecchi giorni. 

Prognosi. — L’otite media purulenta cronica ò un’affezione grave ; l’otorrea 
può resistere a tutte le cure e riesce per i malati assai disaggradevole nelle loro 
relazioni sociali. Ho detto che in un gran numero dei casi, anche quando le ossa sono 
prese, si può sperare la guarigione dell’otorrea con o senza cicatrizzazione della 
membrana timpanica; tuttavia si deve essere sempre assai riservati nella prognosi, 
relativamente alla durata e alla guarigione dell’otorrea. 

Altrettanto dicasi della sordità. Si sa a quale causa bisogna riferire le varietà 
numerose di disturbi funzionali, che si osservano nell’otite media purulenta cronica, 
e abbiamo veduto come queste varietà dipendano principalmente dalle lesioni che 
presenta la mucosa della parete labirintica. Se tali lesioni sono profonde e di antica 
data, è raro che una cura possa modificarle; si deve concluderne che le condi¬ 
zioni dell’orecchio saranno migliorate in misura solo limitata, anche nel caso che 
scompaia l'otorrea, lo faccio astrazione da certi mezzi meccanici, che possono, come 
si vedrà, portare notevole miglioramento della funzione uditiva. 

Ma indipendentemente dagli inconvenienti che risultano dalla persistenza di 
uno scolo purulento dall’orecchio, e dell’esistenza di una sordità più o meno ac¬ 
cusata, l’otite purulenta cronica presenta una gravità eccezionale, per le compli¬ 
cazioni e gli accidenti talora mortali,ai quali espone i malati (a). 

(a) [Non si è ancora d’accordo nello stabilire la frequenza delle complicazioni gravi delle otiti 
medie purulente croniche. Le statistiche ottenute in proposito dai singoli Autori danno spesso 


23. — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 


358 


Malattie dell’organo dell’adito 


Basta ricordare i rumori di orecchi, le vertigini, che dipendono da un aumento 
di pressione endolabirintica, o da una propagazione dell’infiammazione all’orecchio 
interno; i dolori che si irradiano al lato corrispondente della testa, ed offrono 
talora il carattere nevralgico, dolori che sono spesso indizio della partecipazione 
dell’osso sottoposto; finalmente taluni accidenti nervosi convulsivi di origine riflessa 
e che sembrano in rapporto colla irritazione del plesso timpanico. Boke (1), Koppe 
e Schwartze (2), Jackson (3) hanno riportato esempi di eclampsia, di epilessia so¬ 
pravvenuti nel corso dell’otite media purulenta cronica e che guarirono insieme 
alla malattia dell’orecchio. 

Io richiamo qui l’attenzione sulla meningite, una delle complicazioni più fre¬ 
quenti dell’otite media purulenta cronica; la propagazione dell’infiammazione dalla 
cassa alle meningi e al cervello non si fa soltanto, come si crede generalmente, 
nei casi dove esistono carie o necrosi ; le comunicazioni vascolari fra la dura madre 
e la mucosa della cassa, in corrispondenza alla vòlta timpanica, che spesso è anche 
perforata, spiegano come l’infiammazione possa trasmettersi alle meningi e al cer¬ 
vello senza che vi sia lesione ossea. Esistono alcuni esempi nei quali una meningite 
mortale si è sviluppata nel corso di un’otite media purulenta cronica senza carie 
nè necrosi della vòlta timpanica. 

L infiammazione può anche trasmettersi dalla cassa alle meningi quando, in 
seguito ad una ulcerazione delle membrane della finestra rotonda o della finestra 
ovale, il pus invade il labirinto, arriva fino al condotto uditivo interno, ed entra in 
contatto col prolungamento delle meningi, che accompagna i nervi acustico e facciale. 
È per questa via che la meningite si era sviluppata in molti casi riferiti dagli 
autori, e particolarmente da Itard (4), Tròltsch (5), Lucae (6). 

Non insisto su tali accidenti encefalici, dovendone riparlare più tardi. Mi limito 
soltanto a segnalare altre complicazioni che possono sopravvenire da parte dei 
nervi e dei vasi, e alcune delle quali possono anche riuscire mortali. 

La paralisi facciale non è rara nella suppurazione cronica della cassa, ma tale 
accidente ha molto minore gravità di quello che si ritenga dai più. Esso è ben 
lungi dall’indicare sempre una affezione ossea profonda, perchè è noto che il 
nervo facciale non è separato dalla mucosa della cassa che per mezzo di una 


cifre divergenti, perchè ricavate di solito dalle care ambulatone, che non permettono alcun 
controllo sull’andamento ulteriore della malattia. Si può concludere che le malattie di orecchio 
in genere danno una mortalità dal 2 (Bezold) fino al 5% (Schwartze). Naturalmente la mortalità 
è molto maggiore se si tien conto soltanto delle otiti purulente gravi con complicazioni mastoidee; 
ad es. nella mia Sez. Ambulat. del Policlinico la mortalità negli ultimi due anni fu di solo 0,13%, 
mentre nella mia Clinica all’Ospedale di S. Giovanni ho avuto nell’anno 1895 una mortalità 
del 4% che si eleverebbe però all’8% quando si tenesse conto anche di casi di complicazioni 
otitiche che sarebbero riuscite letali senza l’intervento operativo (Vedansi ulteriori dettagli nella 
mia Monografia in proposito: Bollettino del Policlinico di Torino, 16 febbraio 1896) (Trad.)J. 

(1) Wiener med. Wochenschrift , 1867, XVII. 

(2) Archiv filr Ohrenheilkunde , Voi. V, p. 382. 

(3) Ibid., Voi. V, p. 307. 

(4) Maladies de Vomite, t. I, p. 210. 

(5) Maladies de Voreille , p. 429. 

(6) Archiv fiir Ohrenheilkunde , t. II, p. 81. 


Malattie della cassa del timpano 


359 


sottile lamella ossea, sovente incompleta; ne risulta che la infiammazione della 
mucosa della cassa si propaga con grande facilità al nevrilemma e al nervo stesso. 
Tali paralisi guariscono spesso rapidamente quando si migliora lo stato dell’o¬ 
recchio. Fu anche osservata talora la paralisi doppia presso individui affetti da 
otite media purulenta dai due lati. Ehrmann (1), Wright (2), Tròltsch (3) ne hanno 
citato degli esempi. 

La vicinanza di grossi vasi arteriosi e venosi costituisce un’altra sorgente di 
pericoli nelle suppurazioni croniche dell’orecchio. La carotide interna che corri¬ 
sponde alla parete anteriore della cassa e alla porzione ossea della tromba, può 
divenire sede di erosioni, di ulcerazioni e finalmente di perforazioni dalle quali 
risulta un’emorragia spesso assai abbondante. In due memorie interessanti, Jolly (4) 
ha raccolto undici casi di perforazione della carotide interna. Ma furono anche 
osservate delle emorragie provenienti dalla ulcerazione di altri vasi in vicinanza 
all’orecchio; così il sangue può venire da un ramo della meningea media o dai 
seni petrosi superiore od inferiore, laterale o infine dal golfo della vena giugulare. 

Le suppurazioni croniche dell’orecchio possono essere anche il punto di origine di 
complicazioni assai gravi dal lato delle vene che circondano l’organo dell’udito; 
non è necessario perciò che le ossa siano malate, o almeno che esista una carie 
o necrosi; i vasi della mucosa della cassa comunicano largamente colle vene della 
diploe e per l’intermediario di questi coi seni della dura madre. Ne risulta che 
l’infiammazione può avanzarsi mano mano, e dare luogo a flebiti estese nelle vene 
della diploe e dei seni, ma se rinfiammazione delle vene può avvenire senza le¬ 
sione ossea, bisogna confessare che la carie, la necrosi delle pareti della cassa 
favoriscono più direttamente la trasmissione delfinfìammazione alle vene. 

Quale si sia l’idea che ci si forma sui rapporti che corrono tra la flebite, le 
trombosi venose e l’infezione purulenta, sta il fatto che i malati di otite media 
soccombono talora con tutti i sintomi della piemia, e che presso di essi si riscon¬ 
trano delle trombosi delle vene della diploe, dei seni, della giugulare interna; ed 
inoltre ascessi metastatici nei differenti organi, essudati purulenti nelle pleure e 
nelle articolazioni. Gli autori riferiscono buon numero di osservazioni di questa 
terribile complicazione, della quale Sentex (5) ha fatto il soggetto della sua tesi 
inaugurale (a). 

Cura. — Le suppurazioni croniche dell’orecchio sono quasi sempre legate ad 
uno stato costituzionale, la cura generale offre una grande importanza. Rimando 


(1) Schmidt's Jahrbiicher, 1864, t. CXXI, p. 228. 

(2) Brit. med. Journ 27 febbraio 1869. 

(3) Maladies de V or etile, p. 431. 

(4) Ardi. yen. de Mèd ., 1866, t. II, e 1870, t. 1. 

(5) Scoli purulenti dall’orecchio. Flebite consecutiva dei seni. Tesi di Parigi in-4°, 1865. 
(a) [La letteratura, a proposito della piemia otitica, è tanto aumentata in questi ultimi anni, 

il complesso tema è stato svolto con tanta vastità che non riesce possibile per noi lo entrare 
qui in dettagli circa tale gruppo di affezioni. Basti ricordare che Hessler raccolse recentemente 
in un grosso volume dal titolo Die otogene Vyàmie (Jena, Fischer edit., 1896), tutto quanto si 
riferisce all’argomento (Trad.)J. 


-360 


Malattie dell’organo dell’udito 


il lettore a quello che ho detto intorno a tale argomento a proposito della cura del¬ 
l’otite esterna e della miringite cronica. 

La cura locale consiste da un lato nell’impedire il ristagno del secreto e l’alte¬ 
razione di esso in fondo all’orecchio; dall’altro a modificare lo stato delle parti 
malate per ottenere la cicatrizzazione della membrana timpanica, o, se questa è 
impossibile, la cessazione della secrezione. 

Si eviteranno la stagnazione del pus e la sua decomposizione, praticando fre¬ 
quenti iniezioni con acqua tiepida, con un liquido leggermente astringente e di¬ 
sinfettante, se l’odore è assai pronunciato. Non bisogna temere di far passare nel- 
l’orecchio un litro di acqua tepida tre o quattro volte al giorno; non bisogna 
temere di agire con una certa forza e di servirsi a tale effetto di una grossa si¬ 
ringa o di un irrigatore potente (a). Ma in questa come in altre cose, l’abilità 
è superiore alla violenza, e quando si sanno eseguire convenientemente tali inie¬ 
zioni è inutile impiegarvi grande forza. È necessario raddrizzare completamente il 
condotto, stirando energicamente il padiglione in alto ed indietro, dopo viene 
introdotta la estremità della cannula della siringa o dell’irrigatore nel meato 
uditivo, e viene diretta verso la parete posteriore del condotto, in modo che il 
getto del liquido non vada a colpire direttamente la parete labirintica, ciò che 
può causare degli inconvenienti e provocare vertigini, sincopi, vomiti. 

Se io non insisto su questi dettagli, gli è che le iniezioni dell’orecchio sono di solito 
mal fatte; mi è accaduto molte volte di modificare rapidamente e di guarire delle 
suppurazioni antiche, usando le stesse iniezioni che i malati impiegavano senza 
successo dal principio della loro affezione. È bastato perciò di insegnar loro la 
maniera di praticare queste iniezioni (1). 

Dopo ciascun lavacro si dovranno prescrivere instillazioni medicamentose de¬ 
stinate a modificare le superficie malate. Le sostanze impiegate sono assai variabili ; 
sono degli astringenti o dei caustici leggeri. Il solfato di zinco o di rame, l’allume, 
il tannino, l’acetato di piombo, il nitrato d’argento sono egualmente impiegati 
con successo. Tuttavia ciascuno di questi medicamenti trova, a seconda dei casi, 
indicazioni particolari. Nell’otorrea semplice senza granulazioni, l’allume, l’acido 
borico mi paiono riuscire assai bene; nelle otiti granulose il solfato di rame 
(1 a 2 gr. °/ 0 di acqua), il nitrato d’argento sono talvolta più vantaggiosi. 

Si deve dire in generale che nei casi nei quali la malattia si mostra assai ribelle 
alla cura è opportuno variare spesso le sostanze impiegate alle istillazioni. Io ho 
talora avuto un successo, quando tutti i mezzi sembravano definitivamente senza 
effetto, collo introdurre nel fondo del condotto un piccolo tampone di cotone 
imbevuto di una soluzione a parti eguali di tannino e di alcool, che io lasciavo in 
posto per ventiquattrore e rinnovavo tutti i quattro o cinque giorni. Tale mezzo, 
che non deve venir impiegato se non nell’otite cronica affatto indolente è per se 
stesso non doloroso. 

(a) [È superfluo il notare qui che la chirurgia moderna proscrive come dannosi tali lavacri 
abbondanti e frequenti, e ha sostituito ad essi la cura diretta e razionale delle lesioni sia dalla 
via del condotto, sia dalla via della mastoide (Trad.)]. 

(1) Vedasi Duplay, Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di trattamento delle malattie 
dell’orecchio. Parigi 1889. 


Malattie della cassa del timpano 


3G1 


Bisogna egualmente prendere alcune precauzioni indispensabili perchè queste 
istigazioni medicamentose producano tutto l’effetto desiderato. Il malato deve in¬ 
clinare la testa dal lato opposto mentre si versa il liquido nell’orecchio; dopo, 
affinchè esso penetri attraverso la perforazione timpanica e vada in contatto con 
tutte le parli della cassa, il malato dovrà eseguire l’esperimento di Vaisalva finché 
laria abbia attraversato la tromba; il liquido penetra allora, bagna tutta la cassa 
e insinuandosi anche nella tromba cola nella faringe. 

Alcuni medici auristi preconizzano le insufflazioni di polveri inerti o medica¬ 
mentose nella cura delle suppurazioni croniche dell’orecchio: il talco, il sot¬ 
tonitrato di bismuto, il solfato di rame, l’acido borico furono impiegati, ma queste 
polveri hanno l’inconveniente di formare col pus delle masse solide, che in se¬ 
guito torna difficile di staccare. In taluni casi di otite granulosa può esser utile 
il ricorrervi. 

Ma si otterranno ben migliori risultati toccando direttamente le parti malate, 
precedentemente ripulite e messe bene in vista attraverso lo speculum, sia con 
un piccolo lapis di nitrato d’argento, sia con un pennellino imbevuto di una so¬ 
luzione di nitrato d’argento, di cloruro di zinco, di acetato di piombo, di perclo- 
ruro di ferro. Mi propongo di ritornare su questo punto a proposito dei polipi 
dell’orecchio. 


& 


In diverse epoche, i chirurghi, che attribuivano i disturbi funzionali che accom¬ 
pagnano l’otite media purulenta cronica alla persistenza dell’apertura della mem¬ 
brana timpanica, hanno cercato di rimediarvi chiudendo tale apertura. I primi 
tentativi rimontano a Marco Bauzer (1640) e a Leschewin (1763), ma è principal¬ 
mente dopo le pubblicazioni di Yearsley (1) e di Toynbee che fu riconosciuta la 
utilità del timpano artificiale. Il primo consigliò l’impiego di un bioccolo di co¬ 
tonebagnato, che si applica sulla perforazione della membrana timpanica; Toynbee 
immaginò una vera membrana artificiale, composta di una sottile lamella di 
caoutchouc vulcanizzato, nel centro della quale è fissato un piccolo filo d’argento 
che ne facilita l’applicazione e la estrazione. 

La presenza nel condotto di questo filo me¬ 
tallico rigido non è priva di inconvenienti, 
e perciò può esser sostituito da un piccolo 
tubo di caoutchouc di due o tre millimetri 
di diametro saldato alla lamella. Per collocarlo si adopera una specie di mandrino 
in legno o in metallo introdotto nella cavità del tubo. 

1 risultati forniti dall’applicazione del bioccolo di cotone di Yearsley o del tim¬ 
pano artificiale di Toynbee sono talora meravigliosi, e possono persistere per 
molte ore ed anche per una giornata intiera. Di solito però il beneficio ottenuto 
si perde subito, e questo fatto deve essere attribuito allo spostamento del corpo 
straniero. In effetto il timpano artificiale migliora l’udito solamente quando è col¬ 
locato in un certo modo, ed è in seguito a tentativi che si riesce a trovare la 
posizione conveniente. Finalmente vi sono casi nei quali esso non produce alcun 
risultato vantaggioso, dimodoché è impossibile di dire anticipatamente, e senza 




Fig. 261. — Timpano artificiale di Toynbee. 


(1) The Lancet , 1 luglio 1848. 


Malattie dell’organo dell’udito 

aver fatto molte prove prima, se la membrana artificiale sarà o no utile e in 
quale misura potrà esserlo. 

Come agisce il timpano artificiale ? Io considero come un fatto certo che, con¬ 
trariamente all’opinione di Toynbee, la membrana di caoutchouc non agisce affatto 
chiudendo la perforazione; perchè senza entrare nella dimostrazione di questo 
fatto, basta ricordare che certi individui godono di un udito relativamente buono 
con perforazioni assai ampie della membrana timpanica. La sordità è in rapporto, 
come fu detto, con lesioni delle ossicina e della mucosa e se il timpano artificiale 
agisce favorevolmente, lo fa modificando talune condizioni sfavorevoli. Ora l’ana¬ 
tomia patologica ci ha mostrato che la disgiunzione delle ossicina, e principal¬ 
mente dell incudine dalla staffa, non è rara nell’otite media purulenta cronica. 
Io non esito a ritenere che nei casi nei quali il timpano artificiale produce un 
miglioramento notevole dell udito, questo effetto è dovuto alla pressione esercitata 
dalla placca di caoutchouc sui resti della membrana timpanica, pressione che si 
trasmette al martello e all’incudine, e di là alla staffa, in modo che la continuità 
della catena si trova ristabilita e che le vibrazioni sonore pervengono più facil¬ 
mente al labirinto. Ricorderò in appoggio di quest’opinione il fatto, che anche dopo ' 
la cicatrizzazione di una perforazione, la pressione sulla membrana timpanica col 
mezzo di un batuffolo di cotone, perviene talora ad aumentare l’udito. Presso un 
collega affetto di otite media purulenta cronica da lunghi anni, e che ricavava 
vantaggio dall impiego di una sorta di timpano artificiale di sua invenzione, che 
consisteva in una piccola lamella di pelle fina e bagnata, la perforazione essendo 
venuta a cicatrizzarsi, l’udito divenne più duro; l’uso del timpano artificiale de¬ 
terminava tuttavia lo stesso miglioramento che avanti la cicatrizzazione. Menière (1) 
riporta pure un fatto interessante. Un vecchio presidente di Tribunale, colpito 
da sordità, riusciva da quasi sedici anni a migliorare il suo udito per un’ora eser¬ 
citando una pressione sul timpano con una spilla d’oro smussa. Menière, che 
durante quest operazione esaminò l’orecchio, trovò il timpano intatto e riconobbe 
che la pressione aveva luogo sulla estremità del manico del martello che era spinta 
in dentro. Si ignoravano allora le lesioni proprie alle affezioni della cassa, perciò 
Menière non mancò di attribuire tale risultati alla eccitazione passeggierà del la¬ 
birinto. Noi possiamo dare oggi di questo fatto rimarchevole una spiegazione che 
riposa su basi più sicure; è evidente per noi che la pressione agiva in questo caso 
nello stesso modo che il timpano artificiale nei casi di perforazione, cioè ristabilendo 
la continuità interrotta della catena delle ossicina. 

Quale che sia d’altronde la teoria del timpano artificiale, dal momento che la 
sua efficacia fu riconosciuta, si deve ricorrere a questo mezzo semplice, privo di 
pericoli e capace di rendere in talune circostanze dei veri servigi. 

Si può impiegarlo anche quando esiste ancora suppurazione, ma è bene non 
usarlo finché vi sono sintomi di irritazione e dolori. Il batuffolo di cotone, soprat¬ 
tutto se bagnato con una soluzione astringente, è spesso preferibile al timpano 
artificiale e agisce meglio per far cessare lo scolo. In generale è buona cosa di 
non lasciarlo troppo a lungo in posto e di toglierlo sempre durante la notte; 


(1) Traduzione di Kramer, p. 526. 


Malattie della cassa del timpano 


363 


alcuni malati che sanno facilmente collocare questo strumento non ne fanno uso 
che allorquando hanno bisogno di intendere meglio. 

Non si può troppo insistere sulla importanza della cura delle suppurazioni 
croniche della cassa, nò combattere abbastanza il pregiudizio, qualchevolta condiviso 
dai medici, che tali otorree guariranno per loro stesse o che la loro soppressione 
può tornar causa di accidenti. Infatti è quasi sempre per trascuranza dei malati 
o dei medici e in seguito alla persistenza indefinita di tali otorree, che le ossa 
finiscono per essere invase a loro volta, e quantunque alcune complicazioni possano 
sopravvenire anche in mancanza di lesioni ossee, è evidente che tali complicazioni 
sono tanto più da temersi, quando esistono una osteite, una carie, una necrosi 
della parete della cassa. 

Quando queste lesioni ossee sono riconosciute o sospettate, l’indicazione è 
di prevenire il ristagno del pus col mezzo di lavacri praticati di frequente e senza 
violenza; le isolazioni medicamentose dovranno altresì venir impiegate con grande 
prudenza, e sospese o modificate appena esse determinano dolore. Se non si tenesse 
conto sufficiente di tale ultima considerazione, si sarebbe esposti a far nascere 
una estesa osteo-periostite, e ad aumentare così i pericoli. Vedremo più tardi, a 
proposito delle suppurazioni delle cavità mastoidee, che la chirurgia può intervenire 
qualche volta più direttamente, quando le lesioni sono estese alla porzione mastoidea 
del temporale (a). 

Finalmente tutte le volte che l’otorrea sembra in rapporto con l’esistenza di 
una lesione ossea, io non esito a consigliare l’impiego dei revulsivi dietro l’orecchio, 
come vescicanti, cauterii, setone. La loro utilità non mi pare dubbia, e resto 
convinto che in molti casi essi hanno moderato l’estensione della malattia ossea, 
e prevenuto lo sviluppo di gravi complicazioni. 1 derivativi intestinali, rinnovati 
di tratto in tratto, hanno egualmente per effetto di combattere la tendenza alla 
congestione cefalica. 

Diremo più tardi quale debba essere l’ufficio del chirurgo, quando insorge qualche 
complicazione dal lato dell’encefalo, dei nervi o dei vasi. 

3° POLIPI DELL’ ORECCHIO 

Sotto il nome di polipi dell’orecchio furono confuse delle produzioni morbose, 
differenti per la loro natura e il loro punto di origine, e che presentano come 
caratteri comuni di fare una sporgenza più o meno considerevole nell’interno del 
condotto uditivo esterno e di accompagnarsi ad uno scolo di pus. 

Quantunque i polipi dell’orecchio possano prendere origine in differenti punti 
dell’organo dell’udito (condotto, membrana timpanica, orecchio medio), ho creduto 
dover porre qui il loro studio, perchè nella grande maggioranza dei casi questi 
tumori provengono dalla cassa, e che di più è diffìcilissimo, spesso anzi impossibile 
sul vivente di determinare il loro punto di origine. 


(a) [Anche allorquando le lesioni che mantengono la suppurazione sono limitate alla cavità 
timpanica o epitimpanica, l’intervento chirurgico, del quale ormai si possono dire stabilite le 
principali norme, è di grande utilità (Trad.)]. 



364 


Malattie dell’organo dell’udito 


E così anche della loro natura : furono confuse sotto la designazione di polipi 
dell’orecchio delle fungosità provenienti dalle parti molli o dall’osso, e di veri 
pseudoplasmi che hanno una caratteristica struttura istologica. Si deve alle ricerche 
microscopiche moderne se si potè stabilire fra queste due sorta di tumori, una 
distinzione spesso impossibile a fare in base ai loro caratteri esterni. 

Si potranno consultare su questo argomento i seguenti lavori: 


Bo.vxafo.vt, Memoria sui polipi dell’orecchio e su un nuovo metodo operatorio per la loro 
guarigione. Parigi, 1851. Idem, Polipi fibrosi dell’orecchio; Union méd., 1864, n. 124. — 
Faure, Dei polipi dell’orecchio. Tesi di Parigi, 1861. — Roosa, Osservazione sui polipi dell’o¬ 
recchio ; American med. Times, agosto 1864, Voi. IX, n. 6, p. 64. - Clarke, Osservazioni sulla 
natura e cura dei polipi dell’orecchio. Boston 1867, Analizzato nell 'Archiv far Ohrenheilkunde, 
IV, p. 230. — Kessel, Sopra i polipi dell’orecchio; Archio fiir Ohrenheilkunde, 1869, Voi. IV, 
pag. 16/, e Gaz. hebdom., 1869, n. 22. — Steudener, Contributo all’anatomia patologica dei polipi 
dell’orecchio; Archiv fiir Ohrenheilkunde, 1869, Voi. IV, p. 199 (a). 


Eziologia. — I polipi dell'orecchio si incontrano abbastanza di frequente in 
piatica e siccome essi si accompagnano sempre ad uno scolo purulento dal condotto, 
si ha domandato quale relazione esisteva tra lo sviluppo dei polipi e l’otorrea. 
Gli uni hanno pensato che il polipo era la causa della suppurazione, gli altri 
hanno affermato che lo sviluppo dei polipi era sempre preceduto da una otorrea 
più o meno antica. Mi pare che sia oggi dimostrato che ciascuna di queste opinioni 
è veia. Senza poter affermare quale delle due debba prevalere, io ritengo che i 
polipi dell orecchio si sviluppano di solito in seguito a lunghe suppurazioni dell’o¬ 
recchio esterno o medio, e per conseguenza riconoscono come causa l’otite esterna 
purulenta, la meningite cronica, 1 otite media purulenta cronica. Io aggiungo ancora 

che i polipi che nascono dal condotto uditivo o dalla membrana timpanica hanno » 
sempre questo modo di origine. 

Ma non è lo stesso per quelli che si originano dalla cassa; perchè se è vero 
che nel maggior numero dei casi i polipi della cassa succedono ad un’otite media 
purulenta cronica con perforazione timpanica, e soprattutto a quella forma di 
otite media purulenta che tu descritta col nome di otite granulosa, si possedono 
oggi tatti accertati che provano che dei polipi possono svilupparsi nella cassa, 
probabilmente in seguito ad un’infiammazione della mucosa timpanica, senza per¬ 
forazione della membrana, lo ricorderò come esempio una interessante osservazione 
di Gottstein (1), che assistette allo sviluppo del polipo nell’interno della cassa, e 
lo vide apparire all’esterno dopo aver perforato la membrana. Non saprei dire 
quale è la frequenza di questi polipi primitivamente sviluppati nella cassa, relati¬ 
vamente al numero di quelli che succedono all’otite media purulenta cronica ; ma, 
secondo le mie osservazioni personali, io sarei inclinato ad ammettere che i polipi 
nati primitivamente nella cassa e che si fanno strada all’esterno perforando la 
membrana non sono forse molto rari. 


(a) 4ra i principali lavori più recenti intorno ai polipi dell’orecchio vanno ricordati: Gomperz, 
Monats. f. Olir., 1887, n. 7. — Weinlechner, Ibid., 1886, n. 11. — Gottstein, Arch. fiir Oh - 
renheilkunde , IV, p. 86. — Eitelberg, Arch. fiir Ohrenheilkunde, XII, 211. — Klingel, Zeits. 
fiir Ohrenheilkunde, XXI, p. 53 (Trad.)]. 

(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde, IV, p. 85. 


Malattie della cassa del timpand 


365 


.Anatomia patologica. — I polipi dell’orecchio si presentano in forma di 
tumore di volume variabile: ora essi sono della dimensione di una capocchia di 
spillo, ora sono abbastanza sviluppati per riempiere completamente il condotto e 
fare sporgenza all’esterno. La superficie ne è ora liscia, ora ineguale, e ricorda 
l’apparenza di una fragola o di un lampone; talora il tumore 
è costituito da un certo numero di piccoli granelli della gros¬ 
sezza di un grano di canape, riuniti alla massa comune per 
mezzo di sottile peduncolo c rassomigliante esattamente a un 
grappolo d’uva. 

Il loro colore è di un grigio giallo rossastro o di un rosso 
vivo; quando essi sporgono all’esterno, la loro superficie diviene 
biancastra, quasi cutanea, ammenoché non sia la sede di ulce¬ 
razioni, ciò che non è raro. 

Ordinariamente i polipi dell’orecchio presentano una consistenza debole, para¬ 
gonabile a quella dei mixomi delle fosse nasali ; talora tuttavia offrono una certa 
durezza, che però non è mai eguale a quella dei fibromi. 

I polipi dell’orecchio si inseriscono con una larga base o con un sottile pedun¬ 
colo; quelli che nascono dal condotto sono i più rari ed hanno origine di solito 
in vicinanza alla membrana timpanica. Altri provengono da quest’ultima, secondo 
Tròltsch principalmente dalla regione posteriore superiore. Finalmente i polipi 
della cassa di tutti i più frequenti possono inserirsi su tutti i punti della cavità 
timpanica; non è raro di vederli attaccati alla porzione timpanica della tromba. 
Tròltsch ha osservato un tumore, ritenuto durante la vita per un polipo del con¬ 
dotto, e originantesi dalle cavità ossee dell’orecchio medio che stanno al disopra 
del condotto osseo; esso avea perforato l’osso allevanti della membrana timpa¬ 
nica, e si poteva ritenere che esso era fissato sulla pelle della parete superiore. Io 
ho incontrato nella mia pratica un fatto assolutamente simile al precedente. Secondo 
alcune osservazioni anatomiche, un certo numero di polipi della cassa avrebbero 
origine dallo strato mucoso della membrana timpanica. Finalmente si possono in¬ 
contrare insieme molti polipi, nascenti dal condotto, dalla membrana e dalla cassa. 

Relativamente alla loro struttura si devono distinguere: 1° i veri polipi; 2° le 
granulazioni e le fungosità di tessuto congiuntivo. 

1° Quantunque il gruppo dei polipi veri sia stato già nettamente stabilito dalle 
descrizioni isolate di Meissner, Billroth, Forster e Tròltsch, la conoscenza esatta 
dei caratteri istologici di essi è dovuta alle ricerche di Kessel e di Steudener. 
Secondo quest’ultimo autore si possono dividere i polipi in tre gruppi, compren¬ 
denti: a) i polipi mucosi ; b) i polipi fibrosi o fibromi; c ) i mixomi. I primi sono i 
più comuni, perchè su 33 polipi esaminati da Steudener 27 appartenevano a questa 
categoria. 

a) I polipi mucosi (fig. 263) sono costituiti da una massa di tessuto congiuntivo 
con vasi, ghiandole e cisti, circondata da epitelio ora pavimentoso stratificato, ora 
cilindrico ad uno o più strati. Spesso si trova epitelio a ciglia vibratili. Talora il 
tumore presenta un epitelio pavimentoso verso la estremità terminale, e un epitelio 
cilindrico alla base. Quando il rivestimento epiteliale è spesso, le cellule superficiali 
sono piatte, analoghe a quelle dello strato corneo dell’epidermide (fig. 263 A), 



Fig. 262. - Due polipi 
dell'orecchio. 


366 


Malattie dell’organo dell'udito 


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mentre le cellule dello strato profondo in rapporto col tessuto congiuntivo sono 
piu allungate e più piccole (flg. 263 B). 

Lo stroma del tumore ricorda abbastanza esattamente il corion delle mucose, 

ma si distingue per la presenza di gran numero di 
elementi giovani (cellule embrionali, fusiformi, stel¬ 
late) e per la presenza della mucina che infiltra il 
tessuto e gli dà il suo aspetto e la sua consistenza, 
r Alla superfìcie libera, il corion presenta numerose 
papille allineate che determinano l’aspetto papillare, 
di una parte o della totalità del tumore (fig. 263 G). 
Vasi abbastanza numerosi (fig. 263 D), qualche volta 
’ dilatati a pareti assai sottili, corrono nello spessore 
[il % del corion; ca Pdlari penetrano spesso nelle papille 

f i G VÌ forrnano delle anse * Finalmente i vasi sono ta- 

lora abbastanza sviluppati per dare ai polipi l’aspetto 

di un tumore cavernoso: Buck (1) ne ha descritto 
un bell’esempio. 

Ti Furono osservati nell’interno dei polipi delle 

go ^ ghiandole in forma di introflessioni tubulari dell’epi- 

telio - Steudener non le ha trovate che in 7 casi, 
ed c possibile che siano stati scambiati per ghiandole 
^ degli spazi compresi fra due papille. 

mucoso! ra d u “ pohpo Fa presenza di cavità cistiche fu segnalata dai 

differenti autori che hanno studiato la struttura dei 
polipi mucosi. Tali cisti, tappezzate nel loro interno da epitelio, sono piene di un 
liquido mucoso, contenente cellule epiteliali distaccate e globuli di muco ; possono 
venir riguardate come cisti da ritenzione provenienti dalle ghiandole, ma è pro¬ 
babile che esse si sviluppino per adesione delle estremità delle papille, dovuta alla 
pressione esercitata dal condotto uditivo. Le fessure interpapillari non comunicano 
così più colla superfìcie libera, e i prodotti che esse secernono non potendo farsi 
strada al di fuori, determinano l’ingrandimento in vere cisti degli spazi stessi. 
Accanto a tali cisti esistono ancora delle lacune di grande dimensione, sferiche, 

lipiene di muco e sprovviste di rivestimento epiteliale; esse contengono altresì grandi 
cellule fusiformi e stellate. 

b) I polipi fibrosi o fibromi sembrano rari, perchè Steudener non ne descrive 

che 5 casi su 33 polipi. Secondo questo autore, essi deriverebbero dallo strato 

periosteo del condotto e della cassa, e forse dallo strato fibroso della membrana 
timpanica. 

L involucro epiteliale è costituito da molti strati di un epitelio pavimentoso, i quali 
ricoprono piccole papille semplici o doppie, affatto analoghe a quelle della pelle. 

Lo stroma è formato di tessuto congiuntivo, con gran numero di cellule fusiformi 
e stellate, i prolungamenti delle quali si anastomizzano frequentemente e traversano 
il tumore con reti cellulari. La sostanza intercellulare è talora completamente 


Fig. 263. — Struttura d un polipo 
mucoso. 


(1) Archives of Ophthalmology and Otology , II, n. 1, p. 72. 











Malattie della cassa del timpano 


367 


omogenea, senza traccia di struttura fibrillare, come in certi fibromi periostei; altre 
volte vi si scorgono grosse fibre risultanti dalla riunione in fascio delle fibrille. 

I vasi sono poco numerosi e poco sviluppati, perciò la colorazione pallida del 
tumore ; non vi si trovano nè ghiandole tubulari nè cisti. Secondo Klotz, i polipi 
fibrosi possono contenere concrementi calcarei o tessuto osseo. 

c) I mixomi furono ammessi da Steudener in base ad un unico fatto da lui 
osservato. Si trattava di un polipo della cassa di aspetto gelatinoso, proveniente 
da un giovine di 17 anni. Esso era formato di molti strati di epitelio pavimentoso, 
che ricopriva piccole papille, e di uno stroma costituito da una sostanza amorfa, 
completamente omogenea, infiltrata di muco ed attraversata dal reticolo delle 
cellule fusiformi e stellate, e da fibrille sottili che formavano delle reti a larghe 
maglie. Nella sostanza amorfa si trovavano dei vacuoli rotondi od ovali, contenenti 
un liquido lattescente, mentre qua e là esistevano cellule rotonde dall’aspetto di 
leucociti. 

2° Quanto alle granulazioni che si osservano di frequente nel condotto uditivo 
e che vengono considerate come polipi, dei quali presentano i caratteri esterni, 
esse ne differiscono istologicamente per l’assenza dello strato epiteliale, del papil¬ 
lare, e delle ghiandole; sono costituite da fibre congiuntivali incrociate in ogni 
senso e circoscriventi delle maglie abbastanza lasse, piene di sostanza amorfa, 
trasparente, uniformemente granulosa. I vasi vi sono poco abbondanti. 


Sintomatologia e diagnosi. — È raro che la presenza di polipi dell’orecchio 
non si manifesti con una otorrea; tuttavia io non esito ad ammettere che certi 
polipi della cassa si sviluppino senza venir preceduti da un’infiammazione suppu¬ 
rativa. Si potrebbe dunque a rigore assistere a questo primo periodo di sviluppo 
del tumore, prima che la membrana sia perforata. Nella osservazione già citata di 
Gottstein si trattava di un giovinotto che presentava da 15 giorni i sintomi di una 
otite media acuta destra, e nel quale si vide apparire dopo qualche tempo dietro 
il manico del martello una piccola echimosi sostituita dopo circa una settimana 
da un tumore rotondo, che si prese prima per una granulazione della membrana 
timpanica, ma che non si tardò a riconoscere come costituita da un polipo della 
cassa che aveva perforato la membrana. 

Ma nella grande maggioranza dei casi, i malati affetti da polipi presentano da 
tempo più o meno lungo uno scolo di pus fetido, spesso mescolato a sangue, qualche 
volta anche complicato da vere otorragie. In un caso riferito da De Rossi (1), 
esistevano delle emorragie dall’orecchio che sostituivano le regole. I malati accu¬ 
sano una sordità più o meno forte, sovente accompagnata da rumori. 

Finalmente si riscontrano abbastanza di frequente nei casi di polipi dell’orecchio 
i differenti fenomeni nervosi che abbiamo già ricordati a proposito dei corpi stranieri 
e delle infiammazioni dell’orecchio esterno e medio: dolori nevralgici, vertigini, 
sincopi, vomiti. Questi differenti fenomeni erano assai sviluppati e si complicavano 
anche con una paralisi facciale in una giovanetta che io ho operata molti anni 
or sono all’ospedale della Pitié. L’esportazione del polipo bastò a far sparire questi 


(1) Gazette des Hòpitaux , 19 settembre 18G8. 


3G8 


Malattie dell’organo dell’udito 


sintomi allarmanti. Schwartze (1) ha del pari riferito un caso dei più interessanti, 

dove la presenza di un polipo dell’orecchio aveva determinata una emiplegia 
completa con ptosi. 

Questi differenti fenomeni hanno la loro spiegazione da una parte nella pressione 
esercitata nelle pareti del condotto e della cassa per mezzo delle finestre sul la¬ 
birinto e dall altra nell’esistenza di un’infiammazione cronica della mucosa della 
cassa. L ablazione del polipo agisce adunque come l’estrazione d’un corpo straniero, 
che fa cessare la compressione e che diminuisce la infiammazione, determinata e 
mantenuta dalla sua sola presenza. 


I polipi dell’orecchio possono acquistare rapidamente un volume considerevole, 
e Tròltsch cita il caso di un giovanotto, nel quale un polipo della cassa aveva 
riempiuto tutto il condotto nello spazio di sei settimane. Però lo sviluppo del tumore 
è di solito assai più lento e non è che dopo molti mesi che il tumore occupa tutto 



Fig. 264. — Polipo del 
l’orecchio medio spor 
gente airesterno. 


il condotto e viene a presentarsi al meato coi caratteri descritti 

più sopra. 

* 

E spesso impossibile di stabilire se si tratta di granulazioni 
o di veri polipi, ma tale incertezza è senza importanza nel ri¬ 
guardo pratico. L’esistenza riconosciuta di un’alterazione ossea 
deve far ammettere che si tratta di fungosità, le quali possono 
talora acquistare un volume considerevole. I polipi potrebbero 
anche venir confusi coi tumori cancerosi, ma questi sono assai 
rari, e noi vedremo presto come sia possibile distinguerli. 

Riconosciuta la presenza di un polipo sarebbe importante 
di determinare il suo punto di origine. Si può talora riuscire in 
ciò facendo scorrere uno specillo intorno al tumore per cercare 
dove esso aderisce; la maggior parte degli autori consigliano 


questa manovra e si lusingano di riuscire così a riconoscere il sito d’impianto; 
io però per mia parte ritengo che, salve rare eccezioni, si deve rimanere in questo 


rapporto all’oscuro. 


Prognosi. — I polipi dell’orecchio costituiscono una malattia abbastanza seria. 
Nati di solito sotto l’influenza di un’infiammazione cronica preesistente, essi la 
mantengono indefinitamente, e non tardano ad aggravarla e a provocarne la 
estensione; da ciò accidenti gravi e talora mortali. 

Relativamente alla funzione uditiva bisogna ben convincersi, che quando il polipo 
agisce come corpo straniero, intercettando l’entrata delle onde sonore, l’ostruzione 
del condotto è di raro così completa da causare una sordità pronunciata. Questa 
è di solito dovuta alle lesioni concomitanti della infiammazione cronica. Il chirurgo 
consultato sul risultato probabile di una operazione destinata a far scomparire un 
polipo, dovrà ben guardarsi dall’annunciare che tolto il polipo l’udito si ristabilirà. 
Egli si esporrebbe, agendo così, a crudeli disinganni, ed è prudente riservare il 
pronostico su questo punto. La persistenza della percezione delle vibrazioni delle 
onde sonore per via ossea, permette solo di affermare che l’udito non è defini- 


(1) Archiv fur Olirenheilklinde, I, 147. 





Malattie della cassa del timpano 


309 


tivamente perduto e che si può sperare qualche miglioramento. Si citano alcuni 
rari casi (1) nei quali i polipi dell’orecchio si sono distaccati spontaneamente o 
con iniezioni ; io vidi pure due casi di questa natura che bisogna però considerare 
come affatto eccezionali. 

Cura. — I differenti metodi di cura proposti non convengono ugualmente in 
tutti i casi, ma mi sembra utile distinguere a questo proposito i polipi voluminosi, 
cioè quelli che riempiono in parte o del tutto il condotto uditivo, e i polipi di piccole 
dimensioni che praticamente si possono confondere colle granulazioni dell'orecchio. 

Quando i polipi hanno un volume sufficiente per occupare il condotto uditivo, 
non si deve pensare alla loro sparizione col mezzo di astringenti e di caustici 
leggieri in qualsiasi modo applicati. È assolutamente indispensabile di esportare 
il tumore o di distruggerlo in posto con una cauterizzazione profonda ed energica. 

Quantunque la cauterizzazione sembri aver dato buoni risultati tra le mani di 
alcuni specialisti, anche quando si trattava di polipi assai voluminosi, essa è un 
processo doloroso, abbastanza lento nella sua azione, e che può presentare degli 
inconvenienti ed anche dei pericoli. Io lo respingo adunque come primo ed unico 
mezzo di cura dei polipi voluminosi, riservandolo per completare la guarigione. 

L’esportazione del tumore quando è opportunamente praticata è preferibile 

alla cauterizzazione. 

Lo strapparlo deve essere proscritto 
come pericoloso, perchè in questa 
manovra cieca si possono produrre 
lesioni gravi della membrana timpa¬ 
nica e della catena delle ossicina. Il 
taglio con un piccolo bisturi o con 
forbici ricurve è assai difficile a pra- Fig. 265. - Polipotomo di Wilde. 

ticare. Nessun processo eguaglia per 

semplicità, rapidità di esecuzione e innocuità quello della legatura estemporanea, e 
nessun strumento è superiore al polipotomo di Wilde (rappresentato nella fig. ^65), 
malgrado le modificazioni che gli si fecero subire. 

Questo strumento costruito quasi come un serranodo è curvato ad angolo ottuso. 
Un filo metallico, che forma un’ansa, viene a fissarsi coi suoi due capi a un’asta 
trasversale che scorre in un solco praticato sulla parte superiore dello strumento 
e che è munita di due anelli per l’indice e il medio; un terzo anello termina l’asta 
longitudinale dello strumento e riceve il pollice. Si capisce facilmente che avvici¬ 
nando le tre dita l’ansa metallica si chiude. Per servirsi di questo strumento si 
comincia col determinare esattamente i limiti del tumore circoscrivendolo con uno 
specillo, o facendo uso dello speculo se il polipo non riempie che una parte del 
condotto, poi si prepara un’ansa, la cui forma e dimensione sieno appropriate a 
quelle del polipo, si fa scorrere quest’ansa quanto lontano è possibile, e quando 
si crede di aver toccato i limiti del tumore, se ne fa il taglio d un tratto, avvi¬ 
cinando le dita introdotte negli anelli. 



(1) Gottstein, Archiv fiir Olir enheilk unde, IV, p. 170. 



370 


Malattie dell’organo dell’udito 


L’emorragia che segue quest’operazione è variabile, talora abbastanza abbon¬ 
dante, ma non offre mai caratteri inquietanti. Bastano alcune iniezioni per arrestare 
l’uscita del sangue, e per permettere di esaminare le parti collo speculo. Se esistono 

altri polipi, se la escisione non fu completa, e resta ancora una massa abbastanza 

considerevole, si pratica immediatamente una seconda escisione. 

Lo stesso strumento può egualmente convenire per escidere dei polipi assai 
più piccoli, delle granulazioni che abbiano sede in vicinanza alla membrana tim- 

panica o nella cassa. In tali casi però il suo im¬ 
piego può presentare delle difficoltà. Bonnafont 
ha proposto una pinzettina a due o tre branche 
(fig. 266 ) le quali si avvicinano facendo scorrere 
una cannula montata su un manico. Spingendo 
sul bottone che termina all’indietro la cannula, 
le branche si avvicinano e i denti della pin¬ 
zetta afferrano il polipo. Questo istrumento 
permette spesso di esportare con facilità dei 
piccoli polipi o delle piccole granulazioni molli, 
poco aderenti (a). 

Quando l'orecchio è sbarazzato in tutto od 
in parte, e che non resta più che una piccola 
porzione del tumore in corrispondenza al suo 

Fig. 266. — pinzetta a due branche. punto d’impianto, importa prevenirne la ripro¬ 
duzione, che non tarderebbe a farsi. 

A queste indicazioni si risponde da una parte, cauterizzando direttamente il 
peduncolo, dall’altra parte istituendo la cura che noi abbiamo già consigliato contro 
l’otorrea dipendente da un’otite esterna, da una miringite cronica, e per la quale 
si consulteranno gli articoli consacrati a tali malattie. Devesi insistere sulla grande 
importanza di questa cura complementare, che solo mette al coperto da recidive. 

La cauterizzazione del peduncolo esige grandi precauzioni ; è necessario far uso 
dello speculo ed aiutarsi con buona luce per limitare l’azione del caustico alle 
parti malate. Per quanto riguarda la natura di questo, si può servirsi di nitrato 
d’argento fuso e in tal caso è indispensabile avere a propria disposizione piccoli 
lapis assai fini e montati anche su uno strumento sottile. I caustici liquidi, portati 
sul punto malato col mezzo di un piccolo batuffolo di ovatta, possono sostituire 
vantaggiosamente il nitrato d’argento, la cui azione è spesso insufficiente; sono 
da raccomandarsi specialmente le soluzioni concentrate e quasi sature di cloruro 
di zinco, una sola applicazione delle quali basta spesso a distruggere interamente 
il resto di un polipo. 

Prima di terminare devo dire una parola della cura dei polipi ancora rinchiusi 
nella cassa timpanica, che potrebbero dar luogo a qualche indicazione particolare. 
Ho già citato un fatto nel quale il chirurgo ha assistito allo sviluppo di un tumore 

(a) [Per la esportazione delle piccole granulazioni meglio della pinza si prestano cucchiai 
taglienti piccoli, nel caso opportunamente ricurvi. Questi offrono altresì il vantaggio di permet¬ 
tere il raschiamento della superficie ossea cariata, dalla quale sorgono tali granulazioni (Trad.)J. 




Malattie della cassa del timpano 


371 


nell’interno della cassa e alla perforazione della membrana timpanica. Si potrebbe 
chiedersi se in un caso analogo, essendo sufficientemente stabilita la diagnosi, non 
sarebbe indicato di praticare l’ablazione del tumore dopo avere eseguito il taglio 
della membrana. Io non conosco alcuna osservazione nella quale esistessero net¬ 
tamente queste indicazioni. Ma in una circostanza abbastanza analoga a quella da 
noi supposta Moos (1), avendo riconosciuta resistenza di due polipi nella cassa, 
l’uno dei quali usciva attraverso una perforazione della parte anteriore della 
membrana, mentre l’altro ancora rinchiuso nella cassa respingeva in fuori la metà 
posteriore della membrana, incisa questa, potè estrarre il secondo polipo e guarì 
il suo malato. 


4° TUMORI DIVERSI 

a) Carcinoma. — Gli autori di otologia si limitano a far menzione del carcinoma 
della cassa timpanica che pare essere abbastanza raro. Io ho avuto l’occasione 
di osservarne due casi, e siccome in uno di questi fatti sono restato per un 
certo tempo in dubbio relativamente alla natura della malattia, credo utile dirne 
alcune parole per prevenire i pratici contro errori disaggradevoli. Il carcinoma della 
cassa può essere primitivo o secondario, a seconda che prende origine dalle pareti 
stesse della cavità timpanica, o che, sorto primitivamente in un altro posto, invade 
consecutivamente la cassa. Citerò più particolarmente il così detto fungo della 
dura madre, che qualche volta si fa strada all’esterno dell’orecchio. 

Relativamente al cancro primitivo, io non potrei dire, per mancanza di osser¬ 
vazioni sufficienti, se esso si origini più di frequente dalla mucosa e dall’osso 
sottogiacente. In uno dei fatti che io ho osservati, come in un caso riferito da 
Brunner (2), si trattava di un epitelioma, che aveva probabilmente preso origine 
dalla mucosa timpanica; mentre nel mio secondo malato il tumore era costituito 
da un osteo-sarcoma. Era lo stesso in un caso riportato da Bòke (3). 

L’inizio del cancro della cassa è assai insidioso e segnato da dolori nell’orec¬ 
chio e nella parte corrispondente della testa, dolori talvolta assai vivi, ritenuti 
spesso quali accessi nevralgici. 

Nello stesso tempo esistono sordità e rumori d’orecchio. Più tardi sopravviene 
uno scolo purulento dall’orecchio, spesso misto a sangue e talvolta si hanno vere 
otorragie. 

La malattia viene in generale considerata come un semplice catarro dell’orecchio, 
e trattata come tale, fino al momento in cui l’esame diretto permette di posare 
la diagnosi. 

Si trova allora il fondo del condotto ripieno da un tumore più o meno volu¬ 
minoso, che offre l’aspetto di granulazioni ossee. Tuttavia, quantunque nel fatto 
riferito da Brunner il tumore dell’orecchio avesse presentato tutti i caratteri di 
colore e di consistenza proprii ai veri polipi dell’orecchio, io debbo dire che nei 
due casi da me osservati, l’aspetto delle granulazioni mi ha subito ispirato dei dubbi. 


(1) Klinik, p. 295. 

(2) Archiv far Ohrenheilkunde , t. V, p. 28. 

(3) Ibidem , t. I, p. 356. 


372 


Malattie dell’organo dell’udito 


Esse offrivano una colorazione di un grigio giallastro, differente dal color roseo 

o rosso dei polipi ordinari, erano anche molto più duri ; finalmente, fatto degno 

di nota, la materia costituente lo scolo era un liquido siero-purulento e siero-san¬ 
guinolento. 

In tutti i casi d’altronde, nei quali sorgono dubbi sulla natura delle fungosità, è 

indispensabile esportarne alcuni frammenti e sottometterli all’esame microscopico. 

È principalmente nel principio o nei primi periodi della malattia che importa sta- 
bilire la diagnosi. 

Il carcinoma della cassa segue un decorso abbastanza rapido, sia che resti 
limitato all’orecchio e determini la morte per qualche complicazione, sia che 
si propaghi a pai ti vicine, come è il caso più frequente. Sopravviene allora una 
tumefazione che occupa tutta la regione mastoidea e temporale; l’articolazione 
della mascella non tarda ad essere invasa; degli ascessi si formano nei dintorni 
dell’orecchio. Ma è facile riconoscere che la infiammazione dell’osso e del perio¬ 
stio non sono che fenomeni accessori e che la malattia è costituita da una dege¬ 
nerazione ossea. 

Mentre la malattia fa dei progressi, i dolori aumentano di intensità e non la¬ 
sciano più riposo al malato, 1 udito si perde completamente; i rumori cessano 
talvolta o persistono fino alla morte. Finalmente può sopravvenire una paralisi 
facciale. 

La morte è di solito causata da qualche complicazione, come una meningo- 
encefalite o una emorragia più o meno abbondante. È quest’ultimo accidente 
quello che ha ucciso uno dei miei malati; l’altro è morto pure per esaurimento, 
senza che io osi affermare tuttavia che non sia sopravvenuta qualche complica¬ 
zione cerebrale, poiché l’autopsia non potè esser fatta. 

Se è necessario stabilire presto la diagnosi di cancro della cassa, è quasi 
esclusivamente con riguardo alla prognosi, perchè la terapia è interamente nulla. 
La incertezza che regna di solito sovra i limiti del male impedisce di tentare di 
distruggerlo con interventi cruenti o colla cauterizzazione. Il medico deve dunque 
limitarsi a calmare i dolori e a combattere gli altri accidenti che possono soprav¬ 
venire (a). 

b) Esostosi. — Parlando della sclerosi dell’orecchio medio, ho ricordato lo 
sviluppo di esostosi o di iperostosi della cassa. In generale queste produzioni pa¬ 
tologiche non hanno notevole sviluppo. Zaufal (1) ha osservato in un giovane di 
nove anni un tumore molto voluminoso, che nasceva dalla parete posteriore ed 
interna della cassa, riempiva una parte di questa cavità e chiudeva la finestra 
rotonda. Tale tumore costituito da tessuto compatto era probabilmente congenito. 


(a) [La diagnosi di carcinoma deH’oreccliio può riuscire difficile in molti casi, soprattutto 
quando il neoplasma maligno si origina primitivamente dalla profondità della cavità timpanica 
o mastoidea. In un caso da me recentemente osservato i sintomi simulavano perfettamente un 
empiema acuto della mastoide, e solo più tardi il decorso della ferita operativa permise di rico¬ 
noscere la vera natura del male. Un buon lavoro di insieme sul carcinoma dell’organo dell’udito 
fu pubblicato da Ferreri {Archivio Ital. di Otol., Binol. e Laring., II, 1896, p. 214) (Trai».)]. 
(1) Archiv fùr Ohrenheilkunde , t. II, p. 48. 


Malattie della cassa del timpano 


373 


c) Colesteatomi. —Si trovano negli Autori alcune osservazioni nelle quali si parla 
di tumori solidi della cassa, sulla natura dei quali è spesso difficile pronunciarsi. 
Itard (1) e Bonnafont (2) considerano tali concrezioni solide della cassa come di 
natura cretacea e l’ultimo di questi autori riferisce un caso nel quale l’evacua¬ 
zione di tali materie attraverso il condotto uditivo, dopo perforazione della 
membrana, fu seguita da un miglioramento notevole dell’udito. 

Gruber (3) ha egualmente descritto dei neoplasmi che aveano punto di origine 
nella mucosa timpanica e che egli considera come di natura colesteatomatosa. 
Ne riferisce tre esempi, dei quali uno soltanto osservato sul vivente. Finalmente 
Hinton (4) ha incontrato un tumore della cassa che egli designa col nome di 
tumore sebaceo. 

E probabile che queste concrezioni solide o semisolide presentino tra loro 
grandi analogie di struttura. Esse sembrano costituite principalmente da ammassi 
di colestearina e di pus disseccato che ha subito la degenerazione grassa o cre¬ 
tacea. Talora prendono origine dalle ossa e fanno sporgenza nella cassa, talora 
sono indipendenti dal tessuto osseo e riempiono più o meno completamente le 
cavità dell’orecchio medio. 

Queste masse possono essere ritenute in un esame superficiale per veri 
tubercoli e furono talvolta descritte sotto questo nome. 

L’eccessiva rarità di questi fatti, dei quali io non ho osservato alcun esempio sul 
vivente, non mi permette di darne una descrizione clinica. Se si riconoscesse tut¬ 
tavia la esistenza di tali concrezioni nella cassa, si dovrebbe facilitarne la espulsione, 
incidendo la membrana timpanica o ingrandendo la perforazione se già esistente, e 
praticando attraverso la tromba e il condotto uditivo delle iniezioni liquide. Si 
può sperare con tal mezzo di ottenere un notevole miglioramento dell’udito, come 
risulta dal piccolo numero di fatti già pubblicati (a). 


(1) Traité, t. I, p. 387. 

(2) Traité , p. 527. 

(3) Das Cholesteatome in Gehororgan; Allg. Wiener med. Zeit., 1862. 

(4) Guy's Hospital Reports , 3 a serie, 1863, t. IX, p. 264. 

(a) [La concezione moderna del cosidetto colesteatoma delforecchio è affatto diversa da quella 
antica, accennata dal nostro A. — Il colesteatoma del temporale, forma morbosa frequente ad 
incontrarsi da chi ha occasione di operare casi di mastoidite cronica (su 88 casi di mastoidite 
cronica da me operati recentemente, in 30 si trattava di colesteatoma) non è, contrariamente a 
quello che potrebbe far supporre il nome, un vero neoplasma: si tratta invece di masse di de¬ 
squamazione di epiteli pavimentosi tappezzanti le superfici più o meno alterate per infiamma¬ 
zione purulenta della cassa timpanica e degli spazi mastoidei, masse commiste bene spesso a 
pus e a granulazioni. Furono proposte molte teorie per spiegare la genesi di queste singolari 
masse; la più attendibile è al giorno d’oggi quella di Habermann, difesa anche da l’olitzer, di una 
penetrazione dell’epitelio pavimentoso del condotto uditivo esterno nella cassa e negli spazi 
mastoidei attraverso ad una perforazione della membrana timpanica, in casi di otite purulenta 
cronica; i prodotti di desquamazione di tale epitelio abnormemente tappezzante le cavità del¬ 
l’orecchio medio suppuranti, non potendo, in causa della conformazione anatomica, venir eliminati 
all’esterno, si raccolgono in ammassi a struttura concentrica, e possono col loro progressivo 
aumento di volume determinare compressione ed uscire dalle pareti delle cavità ossee che li con¬ 
tengono. Così si spiega la possibilità che tali masse colesteatomatose si facciano una strada fino in 
cavità cranica, e determinino complicazioni gravi, spesso mortali dell’affezione auricolare (Trad.)]. 

24. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 


374 


Malattie dell’organo dell’udito 


VI. 

MALATTIE DELL’APOFISI MASTOIDE 

A. 

Le malattie dell’apofisi mastoide non dovranno arrestarci a lungo. Lasciando 
da parte le lesioni traumatiche che restano solo di rado limitate a questa regione, 
e le anomalie congenite o acquisite che non offrono interesse per il chirurgo, io 
mi occuperò dapprima delle malattie infiammatorie, quindi parlerò brevemente di 
alcune lesioni rare dell’apofìsi mastoide. 

ARTICOLO I. 

LESIONI VITALI E ORGANICHE DELL’APOFISI MASTOIDE 

f 

1° MALATTIE INFIAMMATORIE 

Gli autori di Otologia non hanno distinto a sufficienza fosteo-periostite dell’apofìsi 
mastoide dalla infiammazione delle cellule mastoidee. Ne risulta che molto spesso 

in pratica queste due malattie, distinte nella loro essenza, vengono scambiate l’una 
coll’altra. 

— OSTEO-PERIOSTITE DELl’aPOFISI MASTOIDE 

Io ho già segnalata questa complicazione che si osserva non di rado, quando 
una violenta infiammazione sopravviene nel corso d’un’otite media purulenta cro¬ 
nica. L’infiammazione si propaga dal periostio della cassa e dal condotto uditivo 
al periostio delle parti vicine e principalmente dell’apofìsi mastoide e della fossa 
temporale, come è facile comprendere, se si pensa che il condotto uditivo osseo 
si continua direttamente colla sua parte postero-superiore colla superficie esterna 
della apofisi mastoide e colla fossa temporale. Non si potrebbe trovare un osta¬ 
colo a tale propagazione nella inserzione della parte cartilaginea del condotto, 
perchè essa si fa col mezzo di fasci di fibre più o meno separati gli uni dagli altri, 
ma che lasciano sempre tra loro degli spazi abbastanza larghi. Questa periostite 
dell apofisi mastoide per propagazione di una periostite della cassa è abbastanza 
frequente presso i bambini, nei quali il condotto uditivo osseo è appena svilup¬ 
pato e la cassa timpanica si trova quasi a livello dell’osso temporale. 

Secondo quanto fu detto, la malattia è costantemente preceduta da uno scolo 
purulento dell’orecchio più o meno antico, poi sotto l’influenza del freddo il ma¬ 
lato è preso da dolori assai violenti nell’orecchio e in tutto il lato corrispondente 
della testa, spesso accompagnati da febbre, da agitazione, da delirio. 

Insieme ai segni che furono indicati a proposito della periostite del condotto 
e della cassa, si vede apparire dietro l’orecchio un edema che bentosto acquista 
caratteri flemmonosi e si estende verso la fossa temporale. Tutta la regione ma- 
stoidea è la sede di un intasamento male circoscritto ; il solco che separa il pa¬ 
diglione dalla superficie mastoidea è scomparso ; la pelle è calda, rossa. Finalmente 
dopo una durata variabile, ma che non oltrepassa i sette giorni, la fluttuazione 


Malattie dell’apofisi mastoide 


375 


diviene evidente, e sia che la collezione purulenta si apra spontaneamente o che 
il chirurgo pratichi un’incisione, si può assicurarsi coll’aiuto di uno specillo che 
la superficie dell’osso è messa a nudo in tutta la estensione della collezione. Da 
altra parte se si fa una iniezione per la ferita esterna il liquido iniettato esce 
dall’orecchio e reciprocamente, ciò che dimostra che l’ascesso ha avuto la sua 
origine nelle parti profonde dell’orecchio («). 

In generale, quando l’ascesso è aperto, tutti i fenomeni locali generali si emen¬ 
dano ; la suppurazione diminuisce di giorno in giorno, restano soltanto una o pa¬ 
recchie fistole che mettono talvolta un tempo assai lungo a chiudersi, e che spesso 
non guariscono che dopo l’espulsione di alcuni piccoli sequestri, lo lascio da un 
lato, ben inteso, l’otite media purulenta cronica, che può persistere indefinita¬ 
mente, quando non si ricorra ad una cura appropriata. 

La periostite dell’apofisi mastoide e delle regioni vicine, non costituisce in ge¬ 
nerale una malattia per sè grave. Gli accidenti, che si osservano talvolta insieme 
ad essa, sono dovuti alla periostite del condotto e della cassa. A questo riguardo 
la malattia differisce affatto dalla infiammazione delle cellule mastoidee, e noi 
vedremo tra breve come si possa distinguerle l'una dall’altra. 

Riguardo alla cura, essa consiste nell’impiego di mezzi antiflogistici da principio, 
sanguisughe, cataplasmi, ecc., e appena la suppurazione è manifesta, in una in¬ 
cisione larga, seguita da ripetuti lavacri. 

b. — INFIAMMAZIONE DELLE CELLULE MASTOIDEE 

La infiammazione acuta o cronica delle cellule mastoidee sembra essere sempre 
consecutiva a quella della mucosa timpanica o almeno essa coincide sempre con 
quest’ultima. Io ho segnalato questa coincidenza a proposito dell’otite media. 

È soltanto quando vi ha suppurazione che la malattia acquista una vera im¬ 
portanza. In tali condizioni in effetto, il pus secreto nelle cellule mastoidee trova 
uno scolo diffìcile, anche quando la membrana timpanica è largamente perforata. 
A più forte ragione se questa è intatta, se le pareti del condotto uditivo sono 
rigonfie o se il canale è ostruito da produzioni polipoidi, la ritenzione del pus 
nella cassa e nelle cellule deve esserne la conseguenza, e possono risultarne ac¬ 
cidenti gravi e talora mortali. Ora il pus accumulato nelle cellule si porta verso 
l’esterno, e in seguito alla necrosi della parete esterna dell’apofìsi viene a farsi 
strada sotto la pelle, ora invece di portarsi alfinfuori finfìammazione delle cel¬ 
lule mastoidee si estende verso la parete interna e si comprendono i pericoli 


(a) [Contrariamente alle asserzioni dell’A. la periostite delfapofisi mastoide, indipendente dalla 
endomastoidite purulenta, non si riscontra che assai di rado, e in casi di lesioni traumatiche 
o di flemmoni profondi periauricolari. 

La descrizione che dà l’A. della sua osteo-periostite della apotìsi mastoide corrisponde invece 
a quella dell’ascesso sottoperiosteo legato ad empiema mastoideo, con o senza fistola della corticale 
delfapofisi, che serva di comunicazione diretta fra la raccolta purulenta endo-mastoidea e quella 
extra-mastoidea. È inutile soggiungere che la cura chirurgica attuale previene la formazione di 
quelle fistole esterne, alle quali accenna l’A. che mettono talvolta un tempo assai lungo a chiudersi, 
e che spesso non guariscono che dopo l’espulsione di piccoli sequestri (Ikad.)]. 


376 


Malattie dell’organo dell’udito 


che risultano da questo cammino poiché la parete interna dell’apofìsi mastoide 
risponde al seno laterale al cervello e al cervelletto. 

Toynbee ha fatto osservare con ragione che i rapporti dell’apofìsi alla sua faccia 
interna sono assai variabili a seconda dell’età. Rudimentarie nel bambino, le cellule 
mastoidee sono allora ridotte alla loro porzione orizzontale, che corrisponde alla 
fossa cerebrale superiore al dissopra del seno laterale. Ne risulta che nel bambino 
quando l’infiammazione delle cellule si estende verso la loro superfìcie interna, 
essa si trasmette soprattutto al cervello. Nell’adulto al contrario la porzione ver¬ 
ticale delle cellule, che costituisce l’apofisi mastoide propriamente detta è soprat¬ 
tutto in rapporto col seno laterale e la fossa cerebrale posteriore, dimodoché 
nell età adulta 1 infiammazione delle cellule mastoidee si propaga piuttosto al seno 
laterale e al cervelletto. Abbastanza gran numero di fatti vengono in appoggio 
dell’esattezza di questa osservazione. 

L’infiammazione suppurativa delle cellule mastoidee si annuncia coi sintomi 
ordinari dell’otite media purulenta, ai quali vengono bentosto ad aggiungersi altri 
sintomi obiettivi dal lato dell’apofisi mastoide. La regione dolorosa al tatto diviene 
sede di una gonfiezza edematosa, abbastanza ben limitata da principio, ma che 
non tarda ad estendersi, soprattutto alla parte superiore dell’apofisi mastoide. La 
pella è rossa, tesa, poi dopo un tempo variabile si può avvertire una fluttuazione 
oscura che indica che la parete ossea che limita verso l’esterno le cellule mastoidi 
fu rammollita od anche distrutta e che il pus si è fatto strada all’esterno. Non è 
raro in tali casi che il pus proveniente dall’apofisi mastoide segua la guaina dello 
storno-cleido-mastoideo e si diffonda abbastanza lontano nella regione cervicale. 

In tali circostanze basta talvolta dare uscita al pus raccolto sotto la pelle, perchè 
tutti gli accidenti si calmino. La malattia passa allo stato cronico e restano una 
o parecchie fistole, la cui guarigione non si ottiene che dopo un tempo assai lungo (a). 

Ma in altri casi più gravi, sia che il pus si sia esteso nello stesso tempo verso 
l’esterno e verso l’interno, sia che l’infiammazione abbia seguito questa ultima 
via, i sintomi iniziali in luogo di emendarsi si aggravano costantemente ; si vedono 
sopravvenire dei vomiti, dell’agitazione, del delirio, delle convulsioni, in una parola 
tutti i segni abituali di una meningite; in altri casi nei quali la malattia segue un 
decorso cronico, i malati offrono brividi, febbre, diarrea, ittero, e non si tarda 
a riconoscere i segni evidenti della infezione purulenta, la cui causa risiede in 
una flebite del seno laterale. 

La suppurazione delle cellule mastoidee è di solito confusa colla periostite del- 
l’apofìsi mastoide; è necessario però stabilire questa diagnosi, la quale solo di rado 
presenta serie difficoltà. 

Da principio è facile differenziare la gonfiezza che appartiene all’una e all’altra 
di queste affezioni ; nella periostite semplice, la gonfiezza è diffusa, il solco che 
esiste tra il padiglione e l’apofìsi mastoide è sparito; neirinfiammazione delle cellule 
mastoidee la gonfiezza è più esattamente circoscritta ; il solco che esiste tra il pa¬ 
diglione e l’apofisi mastoide persiste. 11 dolore alla pressione è ben più manifesto 


(a) [Anche in tali casi per ottenere una guarigione rapida e completa la cura più oppor¬ 
tuna è l’ampia apertura delle cavità mastoidee (Trad.)]. 



Malattie dell’apofisi mastoìde 


377 


e più superficiale nella periostite semplice che nella infiammazione delle cellule 
mastoidee. 

L esame del condotto uditivo può altresì fornire preziose indicazioni. La pe¬ 
riostite dell apofisi è, come fu detto, una complicazione dell’osteo-periostite della 
cassa, che si accompagna costantemente ad una periostite del condotto (a); si 
troveranno dunque i segni di questa affezione, che io non ho bisogno di ricordare. 
La suppurazione delle cellule mastoidee, al contrario, non è necessariamente legata 
ad un otite periostea. Essa si accompagna sempre ad una otite media purulenta 
della quale si riconosceranno i sintomi; la perforazione del timpano, le perforazioni 
della membrana, la esistenza di un’otite con granulazioni e polipi; in altri casi più 
rari, insieme ai sintomi di un’otite media con dolore, rigonfiamento della regione 
mastoidea, 1 esame dell’orecchio mostra la membrana timpanica iniettata, opaca, 
ispessita, infiltrata, qualche volta spinta all’infuori. Finalmente sia che la membrana 
sia intatta o perforata, havvi ancora un segno che indica quasi certamente la 
suppurazione delle cellule mastoidee, cioè l’esistenza di un arrossamento della 
pelle, con edema circoscritto alla parete posteriore del condotto uditivo osseo. È 
noto infatti che a questo livello il condotto risponde alle cellule mastoidee. 

Se io ho insistito su questa diagnosi lo ho fatto perchè importa moltissimo 
che il chirurgo riconosca al più presto la suppurazione dell’apofisi mastoide per 
prevenire gli accidenti terribili, di cui si è già parlato. 

Quando si è acquistata la certezza della presenza di pus nelle cellule mastoidee 
è indicato di dargli uscita con una apertura artificiale. Questa indicazione, secondo 
me, non soffre alcuna eccezione e non potrebbe venir trascurata per l’esistenza 
di una larga perforazione timpanica e per la mancanza di un ostacolo all’uscita 
del pus nel condotto. A più forte ragione, quando esiste questo ostacolo la indi¬ 
cazione è formale. 

Wilde.(l) ha proposto, nei casi in cui si sia esitanti circa l’esistenza di una 
suppurazione delle cellule mastoidee, di fare, ad un centimetro dietro la conca, 
un’incisione lunga e profonda fino al periostio, e di attendere 24 o 48 ore, poi, se 
i sintomi persistono, di trapanare l’apofìsi. Questa pratica adottata dalla maggior 
parte degli auristi mi pare senza vantaggio e fa perdere un tempo prezioso. Se 
vi è realmente del pus nelle cellule mastoidee l’incisione esterna è senza azione, 
ed è certo per me che essa è riuscita soltanto a calmare i sintomi nei casi dove 
non si trattava di una infiammazione delle cellule, ma di una semplice periostite. 

La trapanazione dell’apofisi mastoide è di facile esecuzione. Nei casi dove la 
parete esterna fu perforata dal pus, si incide sul punto più sporgente dei tegu¬ 
menti; quindi si riconosce collo specillo o colla sonda l’apertura ossea che conduce 
nell’interno delle cellule mastoidee, e basta ingrandire questa apertura colla sgorbia, 
ed esportare le parti malate dell’osso. Quando la parete esterna dell’apofisi è ancora 
intatta l’operazione esige talune precauzioni, se si vuol arrivare con precisione 


(a) [Secondo quanto fu detto più sopra a proposito delle osteo-periostite della apofisi, tali 
caratteri differenziali non hanno grande valore in pratica (Trad.)]. 

(1) On Aural Diagnostic and Diseases of thè Mastoid Process; Medicai Times and Gaz., 
maggio 1862. 



378 


Malattìe dell’organo dell’udito 


nella cavità delle cellule mastoidee ed evitare i possibili accidenti. Tali accidenti 
sono : la penetrazione nella cavità cranica e l’apertura del seno laterale. In un lavoro 
pubblicato negli Archives générctles de Médecine nel 1888, io ho descritto minuta¬ 
mente la tecnica di questa operazione e rimando il lettore a quel lavoro come 
pure ai trattati speciali. Mi limiterò a dire che l’incisione deve esser fatta subito 
all’indietro dell’inserzione del padiglione sull’apofisi mastoide, e che, dopo aver 
respinto il padiglione all’avanti, si deve procedere alla trapanazione dell’osso, 
servendosi a preferenza di una piccola sgorbia e del martello di piombo ordinario, 
scavando a poco a poco a piccoli colpi, finché si sia pervenuti nella cavità dell’antro. 
Si potrebbe anche impiegare un perforatore od un piccolo trapano, ma la sgorbia 
è preferibile. L’apofìsi dovrà essere intaccata a livello della parete superiore del 
condotto, e lo strumento dovrà venir diretto parallelamente alla parete posteriore del 
condotto, cioè orizzontalmente e un po’ verso lavanti. È talvolta necessario di attra¬ 
versare uno strato osseo abbastanza spesso, ma si dovrà arrestarsi quando si sarà 
penetrati a una profondità di 14 o 15 mm. senza incontrare cellule mastoidee; 
sarebbe pericoloso di andare più in là e si correrebbe rischio di penetrare nel¬ 
l’interno del cranio o nel seno laterale. Quando si è arrivati nel focolaio morboso, 
si esportano i differenti sepimenti con una pinzetta robusta o con un piccolo cuc¬ 
chiaio tagliente per facilitare lo scolo del pus. 

Se la membrana timpanica è perforata e il condotto uditivo intieramente libero, 
basterà praticare attraverso l’apertura artificiale delle frequenti iniezioni detersive, e 
mantenere aperta la ferita per qualche tempo, mediante piccolo tubo a drenaggio. 

Ma se la membrana timpanica è intatta, o il condotto è ostruito, sia per gon¬ 
fiore delle pareti, sia per esistenza di granulazioni polipoidi, è necessario aprire 
anche da questo lato una larga uscita. La perforazione della membrana timpanica, 
le incisioni della pelle del condotto, l’esportazione delle granulazioni, soddisferanno 
a questa seconda indicazione, permetteranno alle iniezioni spinte dalla apertura 
mastoide di operare un lavacro completo dell’orecchio medio, e impediranno ogni 
ristagno di pus. 

La trapanazione dell’apofìsi mastoide, fu eseguita oggi un gran numero di volte 
e si può dire che, quando non fu praticata troppo tardi, essa è quasi sempre 
riuscita a salvare la vita del malato. È utile aggiungere che in buon numero di 
casi i malati guarirono, conservando un certo grado di udito (a). 

2° LESIONI DIVERSE DELL’APOFISI MASTOIDEA 

a) Furono qualche volta osservate, in seguito aU’infìammazione purulenta delle 
cellule mastoidee, dei forami fistolosi persistenti. Magnus (1) ne ha riferito un 
esempio notevole : l’apertura accidentale era occupata da una specie di turacciolo 
formato prevalentemente da masse di colestearina miste a crittogame. 

Ricorderò anche che l’atrofìa della parete esterna dell’apofìsi mastoide può 
avere come conseguenza la formazione di una fìstola cieca, seguita dall’infiltrazione 

(a) [V. Nota VII sulla Chir. della mastoide e della cassa timp. (Trad.)]. 

(1) Ein Fall von naturlicher Eròffnung des Antrum mastoideum; Archiv f. Olirenheilkunde, 
t. V, p. 118. 



Malattie dell’orecchio internò 


379 


dell’aria al disotto del periostio e dei tegumenti, dalla quale risulta il pneumatocele 
del cranio. 

b ) Fu segnalata nell’interno dell’apofisi la presenza di prodotti anomali, costi¬ 
tuiti da masse tubercolari secondo gli uni, da colestearina e pus disseccato secondo 
gli altri. Si trovano altresì descritte col nome di colesteatomi, di tumori perlacei. 
È probabile che molti dei pretesi tumori sebacei di Toynbee appartengano a tale 
categoria. 

Questo autore (1) ha riferito un fatto, secondo lui, unico nella scienza, di peli 
rinchiusi nelle cellule mastoidee in mezzo a masse epidermiche. 

c) L’iperostosi dell’apofìsi non è rara e si osserva in taluni casi di otite media 
cronica, e principalmente nella forma sclerosante. Le cellule divengono man mano 
più piccole e finiscono collo scomparire in seguito ad iperplasia dei sepimenti. 
La sezione dell’apofisi rappresenta in tali casi una massa eburnea senza traccia 
di cellule. 

L’apofìsi mastoide sclerosata può divenire sede di dolori nevralgici assai intensi, 
che si irradiano talvolta alla metà corrispondente della testa. Quando questi dolori 
resistono ai mezzi ordinari, la trapanazione riesce di solito, anche se l’apofìsi non 
contenga pus e l’antro non venga aperto. Io ho insistito in altro luogo su tale 
indicazione speciale della trapanazione (2). 


VII. 

MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO 

Ancora in tempi poco lontani le malattie dell’orecchio interno venivano ritenute 
come assai più frequenti, e designate sotto il titolo generale di sordità nervose, 
il quale significava soltanto che la alterazione dell’udito aveva per causa una 
lesione non conosciuta delle estremità periferiche o centrali del nervo acustico. E 
noto oggi che la maggior parte delle pretese sordità nervose sono dovute ad af¬ 
fezioni dell’orecchio medio, aventi per conseguenza l’immobilizzazione, l’anchilosi 
delle ossicina, la sclerosi della mucosa timpanica e la ostruzione più o meno 
completa delle finestre ovale o rotonda. 

Ma se, grazie a tali nozioni fornite dall’esame anatomo-patologico, il quadro 
delle sordità nervose o, per parlare un linguaggio più scientifico, delle sordità 
dipendenti da malattie dell’orecchio interno, si deve restringere in limiti molto più 
ristretti, il negare l’esistenza di tali malattie sarebbe cadere in un'altra esagerazione. 
Il loro studio, a dir vero, non è ancora che appena accennato ; tuttavia i lavori 
moderni permettono fino ad ora di stabilire alcune divisioni nosologiche e di for- 
molare certi fatti clinici importanti. 

Lasciando da parte i vizi di conformazione dell’orecchio interno, i quali offrono 
soltanto un interesse teratologico, io mi occuperò esclusivamente delle lesioni 


(1) Med. Times and Gazette , marzo 1869, p. 238. 

(2) S. Doplay, De la trépanation de l’apophyse mastoide; Arch . génér. de Méd. y maggio e 
giugno 1888. 



380 


Malattie dell’organo dell’udito 

traumatiche e delle lesioni organiche. Si potranno consultare su questo soggetto 
i seguenti lavori: 

, 1 1 >AUL Menière ’ Sur lR s lésions de l’oreille interne, donnant lieu à des symptómes de congestion 
cerebrale apoplectiforme ; Gaz. méd., 1861. - Voltolini, Zur acuten Entziindung des hàutigen 
Labynnthes ; Monatsschrift fiir Ohrenheilkunde, ottobre 1867, giugno 1868, luglio e agosto 1870. 
— Reichel, Otitis intima sive labyrinthica ; Berliner Jclin. Wochenschrift, 1870, n. 24 e 25. — 
Knapi-, A cllineai Analyse of thè infiammatory Affections of thè inner Ear; Archiv of Ophthal- 

Des maladies de l’oreille interne; 
Archives génér. de Méd., 1872, voi. I, p. 711. - Voury, De la Maladie de Ménière. Tesi di 

laiigi, 1874. A. Robin, Des affections cérébrales consécutives aux lésions non traumatiques 

du rocher, Parigi 1883 (a). 


ARTICOLO I. 

LESIONI TRAUMATICHE DELL’ORECCHIO INTERNO 

Le cause traumatiche possono agire in diversi modi sull’orecchio interno, quan¬ 
tunque sempre indirettamente. Una frattura della base del cranio, che interessa la 
rocca, può ledere il vestibolo e il labirinto e causare una sordità completa, accom¬ 
pagnata talvolta da sintomi speciali, che descriveremo bentosto, a proposito del- 
1 otite interna. Senza dubbio devonsi riferire a questa causa un certo numero di 
sordità consecutive alle fratture della base del cranio. 

Si sa che un colpo violento applicato sull’orecchio, spingendo all’indentro la 
membrana timpanica per la compressione dell’aria del condotto, può determinare 
la rottura della membrana e occasionare una sordità completa e persistente. Tale 
sordità non può essere attribuita alla lacerazione della membrana, perchè è ben 
stabilito che tali ferite guariscono facilmente e che una semplice perforazione della 
membrana non provoca se non leggieri disturbi dell’audizione. D’altronde in tali 
casi la sordità è assoluta e non può esser provocata che da una lesione labirintica. 
Quantunque l’autopsia non abbia ancora dimostrato il fatto, tutto conduce a ri¬ 
tenere che il brusco spostamento della membrana, e della catena delle ossicina e 
1 incuneamento della base della staffa nella finestra ovale hanno determinato nel 
labirinto membranoso una commozione, seguita da lesioni materiali del nervo acustico. 

Un rumore violento prodotto in vicinanza all’orecchio può agire sull’apparecchio 
nervoso con meccanismo analogo. Non è raro di vedere una sordità unilaterale o 
Ìlilaterale apparire ad un tratto presso persone, accanto alle quali abbia avuto 
luogo una forte detonazione. Si possedono anche delle osservazioni curiose, nelle 
quali la commozione traumatica dell’orecchio ha provocato la perdita subitanea 


(a) [Fra i lavori più recenti sulle affezioni dell’orecchio interno vanno ricordati i seguenti : 
Bezold, Zeitsch. f. Olir., XVI e XVII. — IIabeiimann, Zeitsch. f. Heilk., X, 27. — Gradenigo, 
Archiv f. Ohr., XXV, 96. — Corradi, lbid., XXVI, 33. — Wolf, Caries u. Nekrose d. Schnecke, 
Inaug. Diss.; Wurzburg 1887. — Moos, Virchow's Archiv, CXXIV, 546. — Suarez DE MENDOZA, 
L’audition colorée; Parigi, Doin, 1890. — Moos, Zeitsch. f. Ohr., XXII, 72. — Steinbrììgge, lbid., 
XXII, 192. Lannois, Ann. mal. oreille, giugno 1891. — Cardoso, Lo Sperimentale , gennaio 1892. 
Vedasi inoltre, per più estese indicazioni, il Capitolo sulle malattie del Labirinto e del Nervo 
acustico, da me scritto nel Grande Manuale di Otojatria di Schwartze; Lipsia, Voi. II, 1893, 
pag. 352 (Trad.)]. 





Malattie dell’oreccliio internò 


381 


dell’udito per determinati tuoni. Così Schwartze (l) ha riferito il caso di un in¬ 
dividuo che perdette d’un tratto la facoltà d'intendere i tuoni acuti in seguito ad 
un fischio della locomotiva. Moos (2) al contrario ha osservato, in seguito ad un 
colpo sui due orecchi, la perdita subitanea della percezione dei tuoni bassi. 

Tali sordità parziali che sopravvengono qualche volta spontaneamente, all’in- 
fuori di ogni traumatismo, non possono spiegarsi che per una lesione labirintica, e 
vedremo come si possono interpretare, secondo la teoria fisiologica dell’Helmholtz. 

Finalmente fu sovente osservata la perdita completa dell’udito in seguito ad 
un violento colpo sul cranio, anche quando la causa vulnerante ha agito lontano 
dall’orecchio e che d’altra parte non esiste alcun segno di frattura della rocca. 

Se l’esame dell’orecchio esterno e medio ha fatto riconoscere l’integrità di queste 
parti si è forzati a ricercare la causa della sordità nell’orecchio interno, che si può 
d’altronde riconoscere fino a un certo punto in base ai sintomi che appartengono 
alla sordità nervosa e sui quali ritorneremo. 

Le lesioni labirintiche prodotte da questo traumatismo indiretto possono essere 
varie. Si può ammettere dapprima una semplice commozione delle estremità ter¬ 
minali del nervo acustico, seguita dalla perdita di funzione di essa, ma oltre a 
questa ipotesi bisogna segnalare alcuni fatti positivi che dimostrano 1’esistenza di 
lesioni materiali del labirinto nelle condizioni che noi studiamo. Così Toynbee al¬ 
l’autopsia di un individuo divenuto sordo dopo un colpo ricevuto sul cranio, ha 
trovato il labirinto membranoso e soprattutto la chiocciola piena di sangue coa¬ 
gulato. Moos (3) riferisce un caso simile. 

Io non mi arresterò sulla sintomatologia e la diagnosi di queste sordità labi¬ 
rintiche da trauma, dovendo ritornare su questo punto a proposito di altre lesioni 
del labirinto. 

Quanto alla prognosi si deve dire in modo generale che tali sordità trauma¬ 
tiche sono assai gravi e che migliorano di rado. Tuttavia siccome si può sperare che 
si tratti di stravasi sanguigni suscettibili di riassorbimento è buona cosa riservare 
il pronostico. 

La cura non dovrà adunque essere negativa ; oltre a quello che si potrebbe 
fare per favorire il riassorbimento dello stravaso, è necessario prevenire per quanto 
è possibile con una cura energica la infiammazione consecutiva del labirinto, 
la quale può essere seguita da suppurazione e da morte. Politzer (4) e Vol¬ 
tolini (5) hanno riferito due osservazioni assai importanti, nelle quali una fessura 
della rocca avea aperto il labirinto senza alcuna lacerazione della membrana, ed 
era sopravvenuta una infiammazione dell’orecchio interno, che non avea tardato 
ad estendersi alle meningi, cagionando la morte. 


(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde, t. I, p. 156. 

(2) Virchotv's Archiv, t. XXXI, p. 125. 

(3) Archiv of Ophthalmology and Otology, 1871, t. II, n. 1, p. 342. 

(4) Archiv fiir Ohrenheilkunde , t. II, p. 88. 

(5) Monatsschrift fiir Ohrenheilkunde , 1869, p. 109. 


Malattie dell’organo dell’udito 


ARTICOLO IL 

MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO 

1° LABIRINTITE ACUTA 

Sotto il titolo di labirintite acuta io comprendo un certo numero di affezioni del 

labirinto, la cui natura infiammatoria è lungi dall’essere dimostrata, almeno in 

tutti i casi, ma che offrono tra di loro numerose analogie relativamente ai sintomi 
che le determinano. 

P. Menière, chirurgo dell’Istituto dei sordo-muti a Parigi, ha descritto per la prima 
volta nel 1861 un’affezione dell’orecchio che ha manifestamente sede nel labirinto e 
apparisce con tutti i segni abituali della congestione abituale apoplettiforme. Dopoché 
1 attenzione tu richiamata su questo soggetto altri fatti più o meno analoghi fu- 
lono pubblicati e per mia parte ne ho osservati taluni. Descriverò prima questa 
torma di labirintite, che sarebbe forse preferibile designare come malattia di Me- 
nière, poi dirò alcune parole di una varietà di otite interna descritta da Voltolini. 

a) Malattia di Menière. L necessario anzitutto stabilire la fisonomia clinica 
di questa affezione; perciò cominceremo col descriverne la sintomatologia, e quindi 
tenteremo di provare che tale malattia ha per sede l’orecchio interno. 

Sintomatologia. — La malattia descritta per la prima volta da Menière 
presenta quasi esattamente gli stessi sintomi che si attribuiscono di solito alla con¬ 
gestione cerebrale apoplettiforme. 

L inizio è subitaneo ; in mezzo alla più perfetta salute, e spesso senza causa 
apprezzabile, un individuo è preso da stordimento, da vertigini, da rumori di orec¬ 
chio, da nausee e da vomiti. La faccia diventa pallida e si copre di sudore freddo, 
come all avvicinarsi di una sincope. Talvolta l’accesso è così violento che il malato 
perde conoscenza e cade a terra; in altri casi il paziente non perde conoscenza, 
ma non può tenersi in piedi, nè camminare; appena si leva gli sembra che gli og¬ 
getti girino intorno a lui e tituba come se il terreno gli sfuggisse sotto i piedi. 

1 alvolta fu notata una tendenza involontaria a girare sempre in un determinato 
senso. Mai non si osservano contratture nè paralisi; tuttavia Menière ha visto una 
volta una contrattura spasmodica dei muscoli della faccia, seguita da paralisi com¬ 
pleta dal lato dell’orecchio leso e che sparì in alcuni giorni. Non esiste febbre. 

Questi diversi fenomeni hanno durata variabile; talora assai corta: alcuni mi¬ 
nuti, un quarto d’ora, alcuni giorni al più. Dopo il malato ritorna in buona salute o 
conserva soltanto una tendenza alla vertigine, ma l’udito è completamente perduto, 
o per lo meno assai indebolito da uno o da ambedue i lati; quando la sordità 
non è completa i rumori subiettivi persistono di solito con grande intensità. La 
sordità presenta talvolta il carattere particolare, assai importante nel riguardo dia¬ 
gnostico, di esser limitata a determinati gruppi di tuoni. Knapp ha riferito parecchi 
casi di tale sorta. . . . 

Gli stessi fenomeni si ripetono presto o tardi, ora dopo un mese, ora dopo uno 
o più anni, e a ciascun nuovo accesso i rumori e la sordità aumentano, finché 
l’udito resta completamente abolito. 




Malattie dell’orecchio internò 


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.Anatomia e fisiologia patologica. — Dobbiamo ricercare quali sono la 
natura e la sede delle lesioni anatomiche che corrispondono al quadro sintomatico. 

Disgraziatamente non si possedono che un piccolo numero di autopsie suscet¬ 
tibili di portare luce sull’argomento. In una osservazione, d’altronde assai incom¬ 
pleta, Menière ricorda che alla sezione dun cadavere di giovanetta, che era morta 
con tutti i sintomi della malattia, egli riscontrò un essudato emorragico nei canali 
semicircolari, estendentesi in piccola misura al vestibolo, ma non alla chiocciola. 

Si possono ancora invocare due fatti citati da Politzer e da Voltolini: si trat¬ 
tava di fessure nella rocca, che traversavano da ciascun lato il labirinto. I malati 
morirono dopo aver presentato tutti i segni della malattia di Menière, e alla se¬ 
zione si trovò in un caso il labirinto destro pieno di sangue coagulato, e legger¬ 
mente alterato, con rammollimento del labirinto membranoso ; il labirinto sinistro 
ripieno di un liquido sanguigno e purulento con distruzione completa delle parti 
membranose; nel secondo caso la cavità timpanica sinistra e i canali semicirco¬ 
lari da questo lato erano ripieni di sangue. Finalmente in ambedue i casi esisteva 
una meningite basilare (a). 

Per la mancanza di indicazioni abbastanza numerose, fornite dall’anatomia pa¬ 
tologica relativamente alla sede della malattia di Menière, è necessario analizzare 
con cura i principali sintomi della malattia, in base ai risultati forniti dall espe¬ 
rimento. Si è condotti così di necessità a riferire tali sintomi ad una lesione 
labirintica. In questa analisi io lascierò da parte un certo numero di sintomi acces¬ 
sori, come cefalea, pallore della faccia, debolezza, nausee e vomiti, ecc., che pos¬ 
sono spiegarsi come stato sincopale o come atto riflesso, ed io insisterò soltanto 
sui fenomeni che presentano un interesse diretto colla questione, cioè colla loca¬ 
lizzazione della malattia di Menière nell’orecchio interno. Iali ienomeni sono: la 
vertigine, i disturbi di equilibrio accompagnati talvolta da movimenti rotatori, 

finalmente i rumori e la sordità. ^ 

La vertigine s’incontra in molte affezioni dell orecchio, e 1 osservazione clinica 

ha dimostrato che tale fenomeno si riscontra tutte le volte che accade una pies- 
sione intra-auricolare ; ma soprattutto quando questa pressione è aumentata. Oia 
siccome nella malattia di Menière non esiste di solito alcuna causa apprezzabile 
di aumento di pressione intralabirintica, si può ammettere a priori che questa è 
dovuta ad una essudazione, ad un versamento brusco nelle cavità dell orecchio 

interno. 

1 disturbi di equilibrio, fenomeno costante della malattia di Menière, potrebbero 
venir considerati come risultanti, al momento dell’accesso, dallo stato \ertiginor 5 O 
o sincopale, ma quando essi si prolungano e persistono insieme alla sordrta e ar 
rumori, si può affermare che il punto di partenza è nell orecchio interno. 


(a) [Per la imperfezione dei mezzi di tecnica istologica all’epoca di Menière (padre), non 
si può oggi attribuire valore al reperto da questo Autore segnalato. Così pure 1 casi di Politzer 
e di Voltolini citati dall’Autore, si riferiscono a labirintiti traumatiche con meningite e non a 
malattia di Menière. Nella affezione morbosa caratterizzata da vertigine ad accessi (la quale 
soltanto, come vedremo, deve essere riguardata la vera malattia di Menière), furono segnalate 
da Gellé quale substrato anatomico la anchilosi della staffa e lesioni di natura cronica del 

vestibolo (Trad.)]. 



sèi 


Malattie dell’organo dell’udito 

La dimostrazione di questo fatto è fornita dalle ben note esperienze di Flou- 
rens (1) delle quali non sarà inutile ricordare qui i risultati. Se il canale semicir¬ 
colare orizzontale è tagliato da un solo lato o da ambedue, la testa e spesso il 
corpo deU’animale eseguiscono dei movimenti rotatori da destra a sinistra, o vi¬ 
ceversa da sinistra a destra. Se un solo canale verticale di ciascun lato è leso, 
laminale porta la sua testa costantemente in alto ed in basso ed ha una tendenza 
a cadere allevanti o all’indietro. Se molti canali semicircolari sono divisi, ne 
risulta una combinazione di movimenti disordinati, come se l’animale fosse colpito 
da vertigine. Il taglio dei canali semicircolari ossei senza lesione dei membranosi 
non determina tali movimenti anormali. Se furono distrutti soltanto i canali semi- 

circolari, gli animali non perdono l’udito, mentre che se le chiocciole soltanto sono 
distrutte, gli ammali perdono interamente l'udito, ma non presentano alcun disturbo 
dell’equilibrio, nè alcun movimento anormale. 

1 ah risultati sembrano esser stati confermati dalla maggior parte dei fisiologi 
che hanno ripetute le esperienze di Flourens. Goltz (4), ha anche cercato di dare 
una spiegazione teorica di questi curiosi fenomeni. Egli conclude che i due rami 
del nervo uditivo hanno funzioni differenti; il ramo cocleare è il nervo speciale 
dell’udito ; i canali semicircolari sarebbero l’organo del senso, dell’equilibrio, della 
testa e di tutto il corpo. La terminazione dei nervi, delle ampolle e dei canali 
semicircolari sarebbe eccitata per pressione o per tensione, come i nervi tattili della 

pelle. Il liquido contenuto nei canali semicircolari (endolinfa) obbedendo alla legge 

del peso, della gravità, distenderebbe di più le parti declivi. Ora la pressione del 
liquido variando con i movimenti della testa, ne risulterebbe che una eccitazione 
nervosa determinata corrisponderebbe a ciascuna posizione della testa. La perce¬ 
zione col cervello di tale eccitazione nervosa speciale costituisce il senso dell’e¬ 
quilibrio, che agisce come un regolatore dei movimenti. Se una parte dei canali 
semicircolari è interessata, il cervello riceve una informazione inesatta della po¬ 
sizione della testa, ed è incapace di calcolare e di dirigere correttamente i movi¬ 
menti; da ciò risultano la vertigine ed i disturbi di moto. 

Secondo Goltz se la lesione dei canali semicircolari esiste da un solo lato i 
disturbi sono transitori, ma se essa è bilaterale sono permanenti (a). 

I movimenti rotatori furono raramente osservati ; essi esistevano però in un 

malato di Knapp, e venivano eseguiti da sinistra a destra. In questo malato l’udito 
era più alterato a sinistra. 

Parimenti in un caso citato da Hillairet (3), nel quale tutti i sintomi della ma¬ 
lattia di Menière erano causati da otite media purulenta, con produzione di escre¬ 
scenze polipoidi, eravi tendenza a girare dal lato opposto a quello che era sede della 
lesione. 


(1) Recherches expérimentales sur les propriétés et les foncfions du système nerveux. Parigi, 
1842, p. 438. 

(2) Pfliiger's Archiv fùr Physiol ., t. Ili, p. 172. 

(a) [Intorno a questo argomento esiste ormai una vastissima letteratura, riassunta in modo 
magistrale in una recente Opera di v. Stein (Trad.)]. 

(3) Bull, de la Soc. de Biol., 3* serie, 1861, t. Ili, p. 181. 




Malattie dell’orecchio interno 



Non si dovrebbe concludere da questi due fatti che i movimenti rotatorii hanno 
sempre luogo dal lato malato verso il lato sano, quando un solo orecchio è ma¬ 
lato, o quando i due orecchi sono malati dal lato del più gravemente colpito verso 
il lato del meno grave. 

Esistono in effetto altre osservazioni affatto contraddittorie. Trousse'au (l) ha 
visto una donna affetta da malattia di Menière che era molto pivi sorda a destra 
ed aveva tendenza a girare pure a destra. Signol e Vulpian (2) hanno riferito il 
fatto seguente: in un gallo che dopo un colpo ricevuto sulla testa girava da 
sinistra a destra, si trovò all’autopsia una distruzione dei canali semicircolari di 
destra. 

Si può adunque dire che non manchiamo di dati sufficienti per stabilire la 
relazione che esiste tra la lesione dei canali semicircolari e la direzione dei mo¬ 
vimenti rotatorii. 

D’altronde tali movimenti non sono affatto costanti, come fu detto, ed è pos¬ 
sibile di darne ragione secondo la teoria di Goltz. Se i canali orizzontali soli sono 
colpiti, i movimenti rotatori saranno ben manifesti: se i verticali e tutti i canali 
sono colpiti insieme, i disturbi della motilità sono complessi e si manifestano prin¬ 
cipalmente coH’impossibilità della stazione e del cammino. 

I rumori subiettivi riconoscono molle cause, che possono tutte riassumersi in 
una eccitazione patologica delle estremità centrali o terminali dei nervi acustici. 
Un disordine qualsiasi nel grado di pressione intralabirintica porta costantemente 
con sè la produzione dei rumori. È questo un fatto facile a verificarsi, e si è visto 
che in talune affezioni dell’orecchio che si accompagnano ad un aumento di pres¬ 
sione intralabirintica (corpi stranieri, ostruzione della tromba, tumori o essuda¬ 
zione nella cassa, ecc.) basta far sparire la causa di compressione per veder tosto 
cessare i rumori. 


La sordità , che accompagna la malattia di Menière, potrebbe dipendere da una 
alterazione qualsiasi del nervo acustico o dei centri dell’audizione. Ma alcuni fatti 
ben osservati provano in modo certo che la causa di tale sordità risiede nel la¬ 
birinto o più esattamente nella chiocciola: voglio parlare di quei casi nei quali 
esisteva una sordità per determinati gruppi di suoni. È in effetto ammesso dalla 
maggior parte dei fisiologi che la percezione dei suoni musicali si fa nella chioc¬ 
ciola, e assai probabilmente col mezzo delle fibre di Corti. Ora Knapp ha rife¬ 
rito tre casi di malattia di Menière, nei quali la sordità, per certi gruppi di suoni 
musicali, era ben manifesta, ed egli paragona abbastanza ingegnosamente questa 
lesione dell’udito al ristringimento del campo visivo, che si osserva nel glaucoma. 

Secondo ciò che precede, noi pensiamo che si debba ammettere una malattia 
speciale deH’orechio interno, caratterizzata clinicamente da un lato da rumori e 
sordità, e dall’altro lato da sintomi cerebrali, quali cefalea, pallore della faccia, 
vertigini, debolezza, nausee, vomiti e disturbi di equilibrio. È da ammettersi inoltre 
che la malattia caratterizzata da questo quadro sintomatico ha sede nel labirinto 
e colpisce ad un tempo i canali semicircolari, il vestibolo e la chiocciola. 


(1) Le^ons cliniques , t. III. 

(2) Citato da Trousseau. 



38G 


Malattie dell’organo dell’udito 


Quanto alla natura stessa della malattia è impossibile pronunciarsi compieta- 
mente su tale questione, ma tenendo conto delle poche autopsie che furono fatte, 
e considerando l’inizio brusco, il decorso rapido, la ricomparsa degli stessi sintomi 
in forma di accessi, è permesso di supporre che la malattia consista in un’essu¬ 
dazione rapida di sangue o di siero, prodotta sotto l’influenza di una congestione 
semplice o infiammatoria delle membrane dell’orecchio interno (a). 

L’Eziologia può ancora darci indicazioni interessanti sulla natura della ma¬ 
lattia di Menière. Noi abbiamo detto che essa poteva essere di origine traumatica, 
e mostrarsi in seguito alla frattura della rocca decorrente attraverso il labirinto, 
e occasionante un versamento sanguigno ; si è visto che essa poteva determinarsi 
per contraccolpo, cioè senza fessura ossea penetrante fino al labirinto. Di solito 
la malattia di Menière si sviluppa spontaneamente, sia come affezione primitiva, 
sia come affezione secondaria. 

La forma primitiva sopravviene ordinariamente senza causa apprezzabile, e 
sorprende i soggetti nella più perfetta salute. Furono notate talvolta come cause 
1 esposizione al freddo, il colpo di sole, il parto (Knapp). La forma secondaria 
può essere in rapporto con un’otite media o sopravvenire quale complicazione di 
una malattia generale. 

Non è raro vedere un malato affetto da lungo tempo da un’otite media semplice 
purulenta, esser preso ad un tratto da tutti i sintomi della malattia di Menière. 
Knapp ne riferisce un esempio tipico nel suo lavoro, io ho osservato alcuni fatti 
analoghi. È noto che l’infiammazione cronica dell’orecchio medio ha per effetto 
quasi costante di recare un disordine nella pressione intralabirintica. È probabile 
che tali condizioni anormali determinino dal lato del labirinto membranoso delle 
modificazioni di struttura, che hanno per effetto di favorire un’emorragia o un’es¬ 
sudazione siero sanguigna. 

La malattia di Menière può essere ancora sintomatica di un’affezione generale, 
o almeno gli autori che si sono occupati di tale questione hanno creduto di poter 
riferire alla malattia di Menière le sordità che sopravvengono nel corso del tifo, 
delle febbri gravi, degli esantemi, della risipola, ecc. Ma in tutte le osservazioni 
relative a questi ultimi casi, non si trovano segnalati i sintomi da me ritenuti come 
caratteristici della malattia di Menière, cioè la sordità e i rumori da un lato, i disturbi 
cerebrali passeggieri dall’altro. Si potrebbe supporre, è vero, che se in tali.casi i 
disturbi di motilità hanno fatto ditetto, ciò è dovuto a che essi sono sfuggiti alla 
osservazione, in confronto ai sintomi proprii della malattia principale, oppure che 
i canali semicircolari furono meno seriamente colpiti che la chiocciola. Queste però 
sono ipotesi non giustificate, e sino a che nuove ricerche sieno venute a rischiarare 
questo punto in patologia, io preferisco, piuttosto che confondere tutto, raggruppare 


(a) [In alcuni casi di vertigine ad accessi può trattarsi di fatti congestivi ed emorragici, in 
corrispondenza alle ampolle dei canali semicircolari; l’osservazione clinica lascia riconoscere però 
come molto probabile, che nel maggior numero de’ casi si tratti di una irritazione permanente 
dell’apparecchio del senso statico nell’orecchio interno, causata da lesioni a svolgimento cronico 
della cavità timpanica, irritazione che, analogamente a quanto si riscontra nella epilessia da 
trauma, causerebbe l’accesso tipico ad intervalli variabili (Trad.)]. 



Malattie dell’orecchio interno 387 

in un altra categoria tali lesioni consecutive del labirinto e conservare alla malattia 
di Menière un posto ben definito nel quadro nosologico. 

Bisogna da ultimo segnalare l’invasione brusca della malattia di Menière nel 
corso della sifìlide. Knapp ne riferisce un’osservazione interessante; i sintomi della 
malattia di Menière coincidevano con quelli di una irido-coroideite acuta accompa¬ 
gnata da essudazione siero albuminosa neH’interno dell’occhio. Quantunque l’in- 
fluenza dell’infezione specifica sullo sviluppo delle infezioni simultanee dell’orecchio 
e dell’occhio fosse manifesta in quel caso e quantunque si sia in diritto di im¬ 
maginare che le lesioni dell’orecchio interno fossero state della medesima natura 
di quelle dell’occhio, è permesso di chiedersi se il labirinto fu colpito primitiva¬ 
mente e isolatamente, o se non fu invaso consecutivamente alla infiammazione 
cronica della cassa, abbastanza comune nei soggetti sifilitici. Io propenderei per 
quest’ultima ipotesi, perchè l’osservazione di Knapp manca di dettagli sufficienti, 
relativamente allo stato dell’orecchio medio (a). 

Il Pronostico della malattia di Menière è assai grave riguardo alla funzione 
uditiva, la quale è seriamente compromessa od anche affatto abolita sia dopo un 
solo accesso, sia dopo una serie di accessi più o meno vicini. 

La Cura è quasi sempre inefficace, forse perchè il versamento rapido del liquido 
nel labirinto ha distrutto in tutto o in parte gli organi sì delicati che lo costi¬ 
tuiscono. Furono impiegati senza successo gli antiflogistici locali e generali, i revul¬ 
sivi, il calomelano, il joduro di potassio. Gharcot ha raccomandato l’impiego del 
solfato di chinino alla dose di un gramma al giorno, e questa cura pare abbia 
dato un certo numero di guarigioni per quanto concerne almeno i disturbi di 
equilibrio, perchè la sordità non è meglio influenzata da questo modo di cura 
che dagli altri. L’elettricità non ha mai procurato il più piccolo miglioramento. 

b) Otite labirìntica. — Voltolini ha- descritto col nome di otite interna o la¬ 
birintica una malattia che egli ha avuto il torto di confondere colla malattia di 
Menière, e che considera come un’infiammazione primitiva dell’orecchio interno. 
Tale affezione, che colpisce principalmente i bambini, presenta clinicamente una 
grande somiglianza colla meningite, e secondo Voltolini verrebbe di solito confusa 
con quest’ultima. Ecco la descrizione che egli ne ha dato: 

La malattia si inizia bruscamente, con febbre ; la testa è calda ; i pazienti sono 

(<i) [La sifìlide può determinare lesioni deH’oreccliio esterno, del medio o dell’interno. Per 
quanto riguarda le lesioni specifiche dell’orecchio interno, devesi notare che la loro sintomato¬ 
logia varia a seconda della gravità e della localizzazione del processo morboso nel labirinto; in 
genere però si possono distinguere due principali forme: quelle ad inizio brusco, di caratteie 
apoplettiforme, con sintomi di reazione molto manifesti, e le quali, per analogia a quanto si può 
riconoscere avvenire in taluno di questi malati nella retina, sono da porsi in rapporto con veie 
emorragie, originate da alterazioni delle pareti dei vasi ; altre ad inizio lento, ad andamento 
progressivo in relazione con un vero processo di labirintite infiammatoria, che per la sintomato¬ 
logia non si differenzia notevolmente dalle labirintiti da altra causa. Secondo le mie osservazioni, 
è molto probabile che la ragione della localizzazione della infezione generale nell’orecchio interno 
sia data dall’esistenza pregressa nello stesso orecchio di una otite catarrale cronica (Irad.)]. 



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Malattie dell’organo dell’udito 


agitati. Talora vi ha vomito. La coscienza è perduta di solito nelle prime 24 ore ; 

vi sono inoltre delirio, agitazione; i piccoli malati mandano delle grida acute ; poi! 

dopo 2 a 4 giorni sopravviene il coma. Questo stato persiste per 2, 3, 4 giorni; 

dopo la coscienza ritorna rapidamente ; ma quando i bambini tentano di camminare! 

essi barcollano e accusano delle vertigini. Finalmente nella misura colla quale 

spariscono questi ultimi fenomeni, si stabilisce più o meno rapidamente una sordità 
incurabile. 

Io divido completamente i dubbi emessi da differenti autori, relativamente alla 
specificità della otite acuta di Voltolini. Anzitutto in un certo numero di casi, 
questa pretesa otite potrebbe non essere altro che una meningite localizzata, o 
un infiammazione dei ventricoli e più particolarmente del 4° ventricolo. 

Meyer (1), riferisce due casi interessanti che vengono in appoggio di quest’ul- 
1 ima supposizione. Alla autopsia di un sordomuto intelligente, Meyer trovò i due 
apparecchi uditivi e i nervi acustivi affatto normali, la membrana dei ventricoli 
del cervello e del cervelletto ispessita, il pavimento del 4° ventricolo completamente 
appianato per lo inspessimento uniforme della membrana ; non vi era traccia di 
strie acustiche. In un secondo caso Meyer trovò diminuita la profondità del 4° ven¬ 
tricolo per l’ispessimento della membrana, e le strie acustiche assai ridotte di volume. 
È adunque ben lungi dall’essere dimostrato che la malattia di Voltolini non è una 
meningite, e che la sordità che ne risulta non dipende da una lesione dei nervi 
acustici. Ma anche ammettendo ciò che pare certo per il maggior numero dei 
casi, che il labirinto sia realmente interessato, non si deve domandarsi se l’in¬ 
fiammazione dell’orecchio interno è primitiva, e costituisce una malattia speciale, 
o se essa è consecutiva ad una affezione dei centri nervosi? Voltolini che adotta 
la prima ipotesi, si appoggia soprattutto sulla guarigione abituale della malattia, 
mentre la meningite, secondo lui, termina fatalmente colla morte. Ora quest’ultima 
opinione non è affatto dimostrata. Knapp, che ha studiato con gran cura le alte¬ 
razioni dell’occhio nella meningite semplice, nella meningi te cerebro-spinale sporadica 
ed epidemica, ha osservato frequenti esempi di guarigione della malattia cerebrale, 
principalmente presso i bambini, nei quali precisamente la pretesa otite labirintica 
di Voltolini è assai frequente. D’altra parte, poiché nei casi che offrono clinicamente 
lo stesso quadro sintomatico, si vede sopravvenire ora l’amaurosi, ora la sordità, 
è giustificato il ritenere che questi due accidenti riconoscano la stessa origine. 
Come adunque si potrebbero conciliare queste due opinioni, che in un caso la 
coroidite, la nevro-retinite sono secondarie alla meningite, mentre nell’altro caso 
finfìammazione del labirinto è primitiva? 

Fino a che ulteriori ricerche sieno venute a dimostrare l’esattezza delle asser¬ 
zioni di Voltolini, io considero come assai dubbia resistenza di una labirintite 
primitiva, coi sintomi di una meningite, e ritengo che la maggior parte dei casi 
descritti da Voltolini sono esempi di vere meningiti, con complicazioni dal lato 
dell orecchio interno. L’esistenza di tali complicazioni è d’altronde perfettamente 
provata dalle ricerche anatomiche, e particolarmente da quelle di Heller (2) e 


(1) Virchow's Archiv, t. XIV, p. 551. 

(2) Archiv fiir Ohrenheilkunde , t. IV, p. 55. 



Malattie dell’orecchio interno 


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Lucae (1), che hanno trovato all autopsia di soggetti morti con meningite cere¬ 
bro-spinale una infiammazione purulenta del labirinto. 

Pei analogia con quanto si osserva dal lato degli occhi, dove si produce nel 
corso della meningite ora una irite, una iridociclite essudativa o plastica, ora 
iridocoroidite purulenta, si può supporre che l’otite labirintica rivesta anche delle 
forme più o meno gravi nella meningite e possa essere semplicemente essudativa 
o purulenta, ciò che spiega i casi nei quali l’udito si rimette dopo essere stato 
più o meno colpito. Riguardo allo sviluppo della labirintite da meningite, è pro¬ 
babile che quella si origini spesso per diretta propagazione lungo la aracnoide, 
che accompagna il nervo acustico fino in fondo del condotto uditivo interno. È 
almeno ciò che sembra risultare dalle osservazioni di Heller. Ma finfìammazione 
del labirinto sembra possa anche sopravvenire in seguito ad un’alterazione generale 
del sangue come lesione di natura piemica (a). 

La labirintite secondaria si osserva pure in molte altre malattie generali, o 
almeno è probabile che le sordità che succedono a tali malattie e che non sono 
sotto la dipendenza di una lesione della cassa, siano il risultato di affezioni labi¬ 
rintiche. Ciò è probabile per le sordità da esantemi, vaiuolo, scarlattina, rosolìa, 
eresipola, orecchioni e febbre puerperale. Il fatto si può dimostrare per certe 
sordità da febbre tifoide. Schwartze (2), ha trovato in effetto alla autopsia di 
individui morti di tifo una iperemia del labirinto con infiltrazione sierosa ed anche 
delle ecchimosi. 

La sordità che sopravviene qualche volta nel corso della eclampsia dei bambini, 
e che ha manifestamente origine in una lesione labirintica, è senza dubbio dovuta 
altresì a una essudazione sierosa o sanguigna nelle cavità delforecchio interno. 
Non si potrebbe dire esattamente se in tali casi la labirintite ò primitiva o secon¬ 
daria alla eclampsia. In effetto sono note alcune rare osservazioni di epilessia 
riflessa, occasionata da una malattia infiammatoria dell’orecchio medio od interno, 
in modo che si potrebbe supporre che una irritazione subitanea del labirinto nei 
bambini determini l’eclampsia. Ma d’altra parte si può ammettere che la malattia 
primitiva è una congestione cerebrale la quale, diffondendosi ai due labirinti, vi 
determina una effusione di siero o di sangue. Ne risultano la irritazione dei nervi 
acustici, e le convulsioni per azione riflessa sul midollo. Knapp, che inclina verso 


(1) Archiv fiir Ohrenheilkunde, t. Y, p. 188. 

(a) [Nelle varie forme di meningite (tubercolosa, purulenta, otitica, cerebro-spinale), l’agente 
infettivo si propaga dalla base dell’encefalo lungo la guaina dei nervi acustico e facciale nel 
condotto uditivo esterno fino al labirinto, determinando nevriti del nervo acustico e labirintiti 
purulente. Una serie di ricerche anatomo-patologiche da me istituite in simili casi, hanno fatto 
riconoscere la ragione, perchè accanto alla sordità completa non si riscontrano, clinicamente, 
sintomi di notevole partecipazione del nervo facciale, che pure decorre nel condotto uditivo 
interno strettamente unito all’acustico. La differenza nel contegno di questi due nervi verso 
l’agente infettivo è data dal differente loro contegno anatomico; il nervo facciale resta compatto, 
e il pus, occupando gli spazi del perinervo, non invade mai così fortemente gli spazi tra le fibre, da 
causarne la distruzione, mentre questa invasione accade per il nervo cocleare, nel punto dove le 
fibre si allontanano l’una dall’altra per passare attraverso la tabula cribrosa. In tale forma morbosa 
il labirinto resta rapidamente distrutto per un processo di suppurazione e di necrosi (Trad.)]. 

(2) Archiv fiir Ohrenheilkunde , t. I, p. 206. 

25. — Tr. di Chir., IV, p. 2* — Malattie deUe regioni. 



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Malattie dell’organo dell’udito 


quest’ultima supposizione, tende a considerare tali casi come accessi di epilessia 
riflessa con aura, iniziantesi nel labirinto. 

Se pare doversi ammettere unalabirintite secondaria, quantunque se ne conoscano 

appena le lesioni anatomiche, bisogna confessare che la sintomatologia ne è assai 
oscura. A parte la sordità e i rumori che sopravvengono in assenza di ogni lesione 
apprezzabile della cassa, si può dire che l’otite labirintica non si manifesta con 
alcun altro segno particolare, e differisce perciò dalla malattia di Menière. È per¬ 
messo ritenere che se i sintomi proprii di quest’ultima malattia esistono realmente 
nella labirintite secondaria, essi spariscono o passano inavvertiti nel quadro 
sintomatico che accompagna gli stati generali, nel corso dei quali si sviluppa la 
infiammazione del labirinto. Checché ne sia, è possibile, come vedremo, riconoscere 
fino ad un ceito punto che la sordità sviluppata in queste condizioni ha sede 
nell’orecchio interno. 

La prognosi di tali sordità labirintiche secondarie è d’altronde assai grave. È 
rarissimo che si attenuino, e quando persistono per qualche tempo dppo la guari¬ 
gione della malattia generale che le ha provocate si può certamente ritenerle 
incurabili. La cura è quasi nulla e consiste nell’impiego di revulsivi e di alteranti 
nella speranza che gli essudati possano venir riassorbiti (a). 

2° LESIONI DIVERSE DEL LABIRINTO E DEL NERVO ACUSTICO 

Devo segnalare qui una serie di alterazioni patologiche del labirinto, osservate 
da diversi autori, alterazioni la cui natura è quasi completamente sconosciuta e 
delle quali si ignora affatto l'espressione sintomatica. Siccome queste lesioni 
furono generalmente trovate su individui affetti contemporaneamente da otite media 
cronica, si può supporre che esse sieno pure di natura infiammatoria, o che almeno 
il processo morboso iniziatosi nella cassa si sia propagato attraverso le finestre 
rotonda ed ovale alle parti costituenti il labirinto. 

Se si eccettuano i casi nei quali una porzione più o meno notevole del labirinto 
osseo è colpita da osteite, da necrosi, in seguito all’otite purulenta, sono segnalate 
soltanto poche lesioni delle pareti ossee e soprattutto le esostosi che risiedono nel 
vestibolo e alterano la forma e le dimensioni di questa cavità. 

Relativamente al labirinto membranoso fu riscontrata una iperemia più o meno 
manifesta, degli ispessimenti o delle atrofie di parti membranose, delle pigmentazioni 
anormali sulla lamina spirale membranacea della chiocciola, dei depositi calcari, 
una assenza completa o invece un eccesso di otoliti, degenerazione amiloide delle 


(a) (La prognosi nelle affezioni labirintiche è sempre grave, e di solito lo è tanto più, quanto 
più grave è il difetto funzionale esistente. Le forme, dove la prognosi è relativamente benigna, 
sono le sifilitiche acquisite, purché il processo morboso sia di data recente, e la sordità non sia 
completa. Prognosi infausta danno in genere le labirintiti da sifilide ereditaria tarda, nelle quali 
anche la cura specifica meglio diretta non vale sempre ad impedire lo stabilirsi della sordità 
totale; assolutamente infausta è la prognosi nelle sordità da orecchioni o da meningite cerebro- 
spinale, per le quali, secondo le mie osservazioni, nessun mezzo terapeutico è valevole, quando 
la sordità sia già persistita dopo la convalescenza della malattia generale (Trad.)]. 






Malattie dell’orecchio interno 


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estremità nervose. Voltolini ha segnalato nella capsula della chiocciola la presenza 
di un tumore fìbro-muscolare (a). 

Devesi aggiungere da ultimo che fu talvolta riscontrata in soggetti sordi la 
presenza di tumori del nervo acustico nell’interno del condotto uditivo interno, 
h òrster, V oltolini, A irchow hanno riferito taluni di questi casi ; la figura 267 ne 
tornisce un esempio. Si trattava quasi sempre di sarcomi. 

Le differenti lesioni del labirinto e dell’acustico, che furono ricordate, si ac¬ 
compagnano durante la vita ad una sordità più o meno completa. A questo si 
limita quasi tutto ciò che si può dire nel riguardo sintomatico, ed è di solito per 
esclusione che si perviene a localizzare nell’apparecchio 
nervoso dell’orecchio la sede di lesioni anatomiche. 

In un certo numero di casi questa diagnosi può 
tuttavia venir formolata con sufficiente certezza. Così 
non si esiterà ad affermare che la causa della sordità 
risiede in una alterazione del labirinto o del nervo 
acustico, tutte le volte che l’udito sarà compieta- 
mente abolito e che la percezione dei suoni per via 
osteo-timpanica sarà completamente perduta. Secondo 
Moos (1), si arriverà alla stessa conclusione quando 
una corrente galvanica abbastanza forte per deter¬ 
minare contrazioni nei muscoli della faccia e delle 
estremità è impotente a determinare sensazioni subiet¬ 
tive dell’udito (à). 

Nei casi nei quali la funzione non è interamente 
abolita, si può ancora affermare che le alterazioni 
risiedono nel labirinto quando la sordità non è che parziale, cioè quando essa non 
esiste che per alcuni gruppi di tuoni. La ragione fisiologica di ciò fu già data. 

Ma all’infuori di queste condizioni la diagnosi presenta spesso grandi difficoltà. 
Non conviene affrettarsi a conchiudere in base alla mancanza di ogni sintomo 
obiettivo dal lato dell’orecchio medio alla esistenza di lesioni labirintiche, perchè 



Fig. 267. — Psammoma della dura 
madre, che comprime i nervi fac¬ 
ciale e acustico (Virchow). 


(a) [È utile far osservare che i reperti di sezione segnalati qui dall’Autore, si riferiscono 
per la maggior parte a risultati ottenuti con metodi di esame imperfetti dei tessuti così delicati 
e di preparazione così difficile, come quelli costituenti il labirinto membranoso, nei tempi nei 
quali la tecnica microscopica lasciava ancora molto a desiderare. Su questa classe di reperti non 
ò giustificato fare oggi completo assegnamento, ed è da augurarsi che siano continuate su vasta 
scala le nuove ricerche ora intraprese, col sussidio dei perfezionati metodi moderni (Trad.)]. 

(1) Archiv of Ophtliahnoìogy and Otoìogy , 1861, t. II, p. 199. 

(b) [Tale affermazione, basata evidentemente su concetti teorici, è affatto erronea. Uno dei 
caratteri più importanti delle otiti interne genuine, non solo nel loro periodo florido, ma altresì 
quando la storia del caso può far ritenere trattarsi di esiti di un processo infiammatorio già 
decorso, è la squisita ipereccitabilità che si riscontra all’esame elettrico del nervo acustico. Il 
paziente può essere ormai quasi affatto sordo da ambedue gli orecchi, mentre il suo apparecchio 
acustico può rispondere prontamente ed esageratamente ad una corrente galvanica, applicata col 
metodo di Erb, con intensità inferiore ad un milliampère. Fanno eccezione soltanto le sordità 
gravi isteriche in determinati periodi del loro decorso, e le otiti interne svolgentisi lentamente 
come diffusione di un processo morboso catarrale cronico dell’orecchio medio (sclerosi) (Trad.)]. 



302 


Malattie dell’organo dell’udito 


è noto che talora le alterazioni dell’otite inedia cronica e più specialmente della 
sclerosi della cassa sono limitate alla parete labirintica in vicinanza alle finestre, 
e si sottraggono perciò alla vista. Io ho insistito su questo fatto d’altronde abba¬ 
stanza raro (a). L’esame funzionale può solo chiarire la diagnosi. Se la sordità 
dipende da una lesione del labirinto, la percezione attraverso le ossa sarà dimi¬ 
nuita, mentre persisterà e sarà anche aumentata, in confronto al lato sano, se la 
causa della sordità risiede nella cassa. La spiegazione di questo fatto fu data altrove. 

Ma le difficoltà sono soprattutto grandi allorquando esistono manifesti sintomi 
di otite media, e si tratta di sapere se la sordità dipende esclusivamente da lesioni 
della cassa o se il labirinto è preso secondariamente. Tale questione, che viene 
sollevata soprattutto riguardo alla prognosi dell’otite media cronica, fu già abba¬ 
stanza studiata e io non posso trattarla di nuovo. Ricorderò soltanto che qualche 
volta e in una certa misura essa può venire risolta, tenendo conto dei caratteri 
proprii della sordità e della percezione del suono per via ossea. 

Io non ho niente a dire sul pronostico e sulla cura di simili lesioni, delle quali 
si arriva appena a determinare la sede anatomica, ma la cui natura resta scono¬ 
sciuta. Credo tuttavia di dover far risultare l’incurabilità quasi assoluta di tali 
alterazioni labirintiche, dalla quale risulta che una volta riconosciuta la loro esi¬ 
stenza è dovere del medico di astenersi da ogni cura che non potrebbe che riescir 
tormentosa all’ammalato (b). 


CAPITOLO IL 

Vili. 

DELLE DIVERSE COMPLICAZIONI CHE POSSONO SOPRAVVENIRE NEL CORSO 

DELLE MALATTIE D’ORECCHIO 

Quantunque sia stato di frequente fatto cenno nel Capitolo I dei diversi acci¬ 
denti o complicazioni che possono mostrarsi nel corso delle malattie dell’orecchio, 
non ò inutile ritornare su questo soggetto e riguardarlo in modo generale, per 
farne meglio risaltare l’importanza pratica. Questo studio sommario potrà venire 
con profitto completato colla lettura dei seguenti lavori: 

Sentex, Des écoulements purulente du conduit auditif externe et de la phlébite consecutive 
des sinus méningiens. Tesi di Parigi, 1865. — Toynbee, Cerebral Symptoms occurring in certain 
Affections of thè Ear; Saint George's Hospital Beports, 1866, t. I, p. 117. — Jolly, De l’ulcé- 
ration de la carotide interne à la suite de la carie du rocher; Arch. gènèr. de Mèd ., 1866, voi. II 
e 1870, voi. I. — Bkouardel, Lésions du rocher et complications qui en sont la conséquence; 
Bull, de la Soc. anat ., 1867. — Bonnafont, Sur quelques phénomènes nerveux sympathiques qui 
se produisent pendant l’inflammation aigue de la membrane du tympan; Acad. des Sciences, 


(a) [L’esistenza di grave difetto funzionale, con caratteri riferibili all’apparecchio di trasmis¬ 
sione, e con reperto negativo timpanico, si ha di regola nelle vere forme di sclerosi dell’orecchio 
medio; questa sindrome è adunque tutt’altro che rara (Trad.)]. 

(b) [V. sulle malattie del labirinto e del nervo acustico in genere, la Nota Vili del Trad. (Trad.)]. 



393 


Complicazioni che possono Sopravvenire nel corso delle malattie d’orecchio 

23 agosto 18GO. — Prompt, Des accidents encéphaliques occasionnés par l’otite; Tesi di Parigi, 1870. 

- Bertin, Des rapports qui existent entre certaines affections cérébrales et les écoulements 
purulents de Poreille; Journal de Méd. de VOuest , 1871 (a). 

E necessario stabilire una distinzione tra gli accidenti dei quali si tratta, a se¬ 
conda che essi dipendono manifestamente dalla propagazione di un’infiammazione 

alle pai ti vicine all orecchio, o che essi consistano semplicemente in fenomeni 
nervosi, simpatici o riflessi. 

§ I. Accidenti e complicazioni dovuti alla propagazione delTinfiammazione 

dell'orecchio agli organi vicini. 

Avrò da studiare in questo paragrafo: 1° La meningite e la encefalite; 2° La 
paralisi facciale ; 3° La flebite e la trombosi dei seni ; 4° L’ulcerazione dei vasi 
vicini all’orecchio e più specialmente della carotide interna. 


1° INFIAMMAZIONI DELLE MENINGI E DELL’ENCEFALO 

(mENINGO-ENCEFALITE — ASCESSO DEL CERVELLO) 

Questa grave complicazione può sopravvenire in ogni infiammazione dell’orec¬ 
chio, sia acuta, sia cronica, e sia che occupi l’orecchio esterno, medio od interno. 
Non è necessario, come si pensa ordinariamente, che le ossa siano colpite da 
carie o da necrosi, perchè l’infiammazione insorta in un punto qualsiasi dell’appa¬ 
recchio uditivo, si propaghi alle meningi e al cervello. Le comunicazioni vascolari 
che esistono fra l’orecchio e le meningi spiegano come le infiammazioni possano 
trasmettersi daH’una alle altre, senza che le ossa stesse sieno affette. Si troveranno 
negli autori e specialmente in Toynbee taluni fatti che dimostrano la proposi¬ 
zione precedente. Io ne ho d’altronde citati alcuni. Ricorderò inoltre che secondo 
le ricerche batteriologiche moderne, certe forme di otiti purulente e più special- 
mente la otite a streptococci offrirebbero una tendenza più manifesta alle com¬ 
plicazioni dal lato delle meningi e del cervello. 

Tuttavia è necessario riconoscere che nella grande maggioranza dei casi la me¬ 
ningite e la encefalite succedono alle otorree mantenute da una osteite, una carie, 
una necrosi dell’osso temporale. 

All’autopsia di individui che soccombono alle complicazioni encefaliche della 
otite si riscontrano le lesioni della pachimeningite semplice o purulenta, lesioni 
che non è necessario descrivere qui. Inoltre è abbastanza frequente l’osservare 
insieme alle lesioni precedenti la congestione, il rammollimento, la suppurazione 
delle parti del cervello o cervelletto, che circondano l’organo malato. La trasmis¬ 
sione diretta dellinfìammazione dall’orecchio alle meningi e al cervello è allora 
evidente, e non potrebbe riuscire dubbia per alcuno. 

(a) [Fra i molti lavori più receuti suH’argomento vanno ricordati i seguenti: Jansen, Beri. 
Min. JVocli ., 1891, n. 49. — Schubert, Ardi. f. Olir ., XXX, p. 60. — Braun, Ibid ., XXIX, p. 62. — 
v. Bergmann, Die chirurg. Behandlung d. Hirnkr., 1889. — Hessler, Die otogene Pyiimie, 1896. 
— Vohsen, X Congresso internazionale di Berlino, 1890. — Ludewig, Ardi. f. Olir., XXXI. — 
Jaxsex, Ibid., XXXY. — Korner, Die otitischen Hirnerkrankungcn, 1895 (Trad.)]. 



394 


Malattie dell’organo dell’udito 


Ma non è lo stesso in un certo numero di casi, nei quali all’autopsia si trovano 
degli ascessi del cervello o del cervelletto e nei quali tra la superficie della rocca 
e il focolaio purulento esiste uno strato relativamente abbastanza considerevole 
di sostanza cerebrale sana. Colpiti da questa sorta di indipendenza tra le due lesioni, 
alcuni autori, e specialmente Itard, hanno avanzata l’opinione che l’otite purulenta 
sia talvolta consecutiva ad una encefalite preesistente. Si è anche ammesso che 
taluni scoli purulenti del condotto uditivo risultavano dall’apertura nell’orecchio 
di un ascesso primitivamente sviluppato nel cervello. Malgrado gli sforzi tentati 
da Bertin per risuscitare questa antica dottrina, io non posso affatto ammettere 
la esistenza di queste otorree da causa cerebrale, che Lallemand aveva d’altronde 
così acutamente discussa e definitivamente respinta. Quantunque sia certo difficile 
dare la spiegazione patogenica di questi ascessi del cervello consecutivi all’otite, 
è impossibile non vedere una relazione di causa ad effetto, tra la esistenza pri¬ 
mitiva di una otite e lo sviluppo della meningite e degli ascessi cerebrali. Tutti i 
lavori moderni e particolarmente quelli di Toynbee, di Gufi, di Leber confermano 
tali conclusioni (a). 

La trasmissione della otite alle meningi e al cervello può farsi per differenti 
vie. Di solito essa ha luogo attraverso la parete superiore del condotto uditivo o 
la vòlta della cassa timpanica, corrispondenti al lobo medio del cervello. Le comu¬ 
nicazioni vascolari sono in tal punto assai intime tra le meningi e l’orecchio; di 
più la parete ossea è sottile, sovente con forami in corrispondenza ai quali la dura 
madre è in immediato contatto colla mucosa della cassa. La infiammazione può 
dunque propagarsi assai facilmente, anche senza che la parete ossea presenti 
osteite, carie o necrosi, ed esiste negli autori abbastanza grande numero di fatti nei 
quali la affezione dell’orecchio si è diffusa alle meningi per questa via. 

Del pari nella suppurazione delle cellule mastoidee con osteite, carie o necrosi 
della parete interna dell’apofìsi mastoide, l’infiammazione può propagarsi alle me¬ 
ningi e al cervello, e siccome nell’adulto la parete interna delFapofìsi mastoide 
risponde al cervelletto, le lesioni saranno soprattutto manifeste dal lato di questo 
organo. 

Altre vie di trasmissione sono ancora aperte aH’infìammazione delle meningi 
attraverso il condotto uditivo interno. Per lo più la affezione primitiva della cassa 
guadagna il labirinto, sia in seguito alla ulcerazione delle membrane della finestra 
ovale o rotonda, sia in seguito alla carie, alla necrosi di una parte della parete 
labirintica della cassa; in tali condizioni, se il labirinto è infiammato ed è sede 
di una suppurazione, non esiste più tra il focolaio infiammatorio e le meningi che 
una sottile barriera, formata dalla lamina perforata, che chiude il fondo del con¬ 
dotto uditivo interno, attraverso alla quale passano le fibre del nervo acustico. Se 
si considera che la aracnoide manda un prolungamento che accompagna il nervo 
acustico, si comprende con quale facilità questa membrana debba sentire l’influenza 
d’un focolaio infiammatorio così vicino. 

Finalmente la infiammazione della cassa può ancora arrivare al condotto uditivo 


(a) [Devesi ricordare che spetta al nostro Morgagni il merito di aver riconosciuto che l’a¬ 
scesso cerebrale era secondario all’otite, e di aver combattute le teorie opposte (Trad.)]. 


395 


Complicazioni che possono sopravvenire nel corso delle malattie d’orecchio 

interno e di là alle meningi attraverso il canale di Fallopio. Questo, come è 
noto, là dove è in rapporto diretto colla cassa, presenta una parete assai sottile, 
sovente seminata di piccoli fori, dove la mucosa timpanica è in immediato contatto 
col nevrilema del lacciaie ; la distruzione di questa sottile parete per carie, la ne¬ 
crosi, 1 ulcerazione della mucosa permettono alla malattia della cassa di trasmet¬ 
tersi, in forma di perinevrite, di guadagnare così il forame acustico interno e di 
comunicarsi, come nel caso precedente, alle meningi che accompagnano i nervi 
facciale ed acustico. 

Questo non è il luogo di descrivere la sintomatologia della meningite, ed io 
rimando su questo punto ai trattati di patologia interna, e alla parte di questo 
libro, nella quale è descritta la meningite traumatica. Dirò soltanto che l’infìam- 
mazione delle meningi e del cervello, consecutiva alla otite, può presentarsi sotto 
due forme principali: l’una acuta, l’altra cronica. 

Nella forma acuta si osservano ascessi febbrili accompagnati da brividi intensi; 
dolori di testa gradatamente crescenti e bentosto intollerabili, estendentisi alla nuca 
e aumentanti coi movimenti. Esistono vomiti e costipazione. L'agitazione, il delirio, 
la perdita di conoscenza, le convulsioni, le contratture, e le paralisi generali o 
parziali non tardano a sopravvenire, e il malato soccombe rapidamente in uno stato 
comatoso. 

Nella forma cronica che corrisponde soprattutto agli ascessi del cervello, il ma¬ 
lato accusa soltanto una cefalea violenta, localizzata, aumentante colla pressione, 
senza disordine della intelligenza, della sensibilità o della motilità. Non si potrebbe 
sospettare resistenza di una lesione cerebrale allora assai estesa. Poi la morte 
sopravviene ad un tratto, ed in modo affatto inatteso, con sintomi convulsivi e 
apoplettiformi. 

Quantunque la morte sia la conseguenza quasi fatale della meningite da otite, 
bisogna tuttavia, quando questo incidente sopravviene, procurare di combatterlo 
con tutti i mezzi locali e generali, che credo inutile di enumerare qui. Desidero sol¬ 
tanto insistere su questo fatto del quale si comprenderà l’importanza, che è spesso 
in potere del chirurgo di prevenire lo svolgimento di questa terribile complicazione 
della otite, e forse di scongiurarlo affatto in principio, applicando una cura razio¬ 
nale all’orecchio malato, cura che deve di necessità variare a seconda delle con¬ 
dizioni locali. L’incisione della membrana timpanica, la trapanazione dell’apofisi, 
l’ablazione di polipi, di granulazioni, di corpi stranieri, permettendo il libero deflusso 
del pus, o togliendo una causa permanente di irritazione, hanno spesso fatto 
sparire fenomeni talora assai gravi, e che si potevano considerare come i prodromi 
di una complicazione encefalica (a). 

2° PARALISI FACCIALE 

Il nervo facciale nel suo tragitto nel canale di Fallopio decorre lungo la parete 
interna della cassa, e non resta separato, come fu detto, dalla mucosa timpanica 

(a) [I fenomeni nervosi in apparenza gravi, che si notano talvolta presso bambini o giovani 
donne in caso di otite acuta, e che scompaiono colla fuoruscita del pus dalla cassa, devono 
venir considerati come fenomeni reflessi, piuttosto che come prodromi meningitici (Trad.)]. 



396 


Malattie dell’organo dell’udito 


che da una sottile lamella ossea, talora presentante dei fori. L’infiammazione di 
questo tronco nervoso nel corso dell’otite media si comprende adunque facilmente. 
Talvolta anche quando esiste una carie o una necrosi della parete del canale di 
Fallopio, il nervo facciale può esser compresso e distrutto per alterazione del canale 
che lo contiene. 

La paralisi consecutiva all’otite è completa e incompleta. Troltsch ha fatto 
osservare che è assai frequente di notare presso individui affetti da otite media 
cronica, anche non suppurativa, una specie di paralisi dei muscoli della faccia dal 
lato corrispondente all’orecchio malato, ed io ho potuto persuadermi spesso della 
esattezza di questa osservazione. 

Raramente bilaterale, la paralisi facciale non occupa che un solo lato della 
faccia, che corrisponde all’orecchio malato. Si potrebbe tuttavia riscontrare una 
paralisi dal lato opposto; ma io non conosco alcun caso nel quale tale partico¬ 
larità si sia presentata; essa indicherebbe una sede della causa non sul tronco 
stesso del nervo facciale, ma nei suoi centri nervosi (a). 

In generale le paralisi che sopravvengono nel corso delle otiti non sono molto 
gravi e guariscono abbastanza rapidamente, quando si fa sparire la causa con una 
cura razionale della affezione auricolare. Tuttavia si dovrà mostrarsi riservato 
nella prognosi, quando si tratta di otiti purulente croniche, con sospetto o cer¬ 
tezza di alterazioni ossee. È possibile infatti che in tali casi il nervo facciale sia così 
gravemente leso, che le sue funzioni restino per sempre abolite e che la paralisi 
facciale sia incurabile. 


3° FLEBITE, TROMBOSI DEI SENI MENINGEI 

(infezione purulenta) 

Se i rapporti intimi dell’orecchio colle meningi e il cervello spiegano facilmente 
la propagazione deH’infiammazione dell’orecchio a queste parti, è facile compren¬ 
dere che tale propagazione può egualmente avvenire verso i seni della dura madre, 
vicini al condotto uditivo e alla cassa timpanica. 11 seno laterale corrisponde alla 
parete interna dell’apofisi mastoide e alla posteriore del condotto uditivo osseo ; il 
seno petroso superiore è in rapporto immediato colla parte superiore della cassa, 
e la vena giugulare interna non è separala dalla parete inferiore di detta cavità 
che per una sottile lamella ossea. 

L’infiammazione delle membrane dell’orecchio può adunque comunicarsi a tali 
vasi con tanto maggiore facilità, che la circolazione dell’orecchio è intimamente 
legata a quella della meningi, e che il sangue proveniente dalla cassa, attraver¬ 
sando la rete vascolare della diploe va a versarsi, almeno in parte, nei seni 
della dura madre. Si comprende anche che una semplice flebite capillare svoltasi 
nella cassa possa determinare la formazione di coaguli fibrinosi che penetrano nel 
seno, aumentano di volume e dànno luogo a delle vere trombosi, con tutte le loro 

(a) [Le paralisi facciali che si presentano dal lato opposto a quello della lesione auricolare, 
unitamente a paresi degli arti opposti, si incontrano soprattutto in casi di vasto ascesso cerebrale 
otitico, colla solita sede nelle circonvoluzioni temporali, e si spiegano come fenomeni di com¬ 
pressione della regione motrice corticale e del tratto della capsula interna collocato in maggioi 
vicinanza alla raccolta ascessuale (Trad.)]. 


Òomplicazioni che possono sopravvenire nel corso delle malattie d’orecchio 397 


conseguenze. Così si spiegano taluni casi, nei quali fu riconosciuta la trombosi 
del seno laterale o una lesione propria alla infezione purulenta, senza trombosi 
del seno, malgrado l’assenza di una carie o necrosi delle pareti ossee. 

Ma si tratta certo di fatti abbastanza rari, e di solito la propagazione della 
infiammazione dell’orecchio ai seni della dura madre, ha luogo in modo più diretto 
e succede alla osteite, alla carie o alla necrosi delle pareti del condotto uditivo 
o della cassa. 

Le lesioni occupano più specialmente il seno laterale e la vena giugulare in¬ 
terna, talvolta questi vasi non offrono alcuna traccia di infiammazione e sono 
semplicemente obliterati da coaguli fibrinosi, talvolta si riscontrano i sintomi della 
flebite; le pareti sono ispessite, indurite, iniettate; il lume della vena è ostruito 
da un coagulo rammollito misto a pus, che talora è limitato ad una porzione del 
seno o che si estende più o meno lontano dal suo punto di origine. Talvolta infine 
le alterazioni sono più profonde ancora; le pareti venose essendo ulcerate in 
seguito alla carie o alla necrosi dell’osso sottogiacente, il seno comunica diretta- 
mente col focolaio purulento dell’interno dell’orecchio. 

Quantunque le parti vicine delle meningi e del cervello possano essere quasi 
intatte, non è raro di riscontrare insieme alla flebite o alla trombosi dei seni la¬ 
terali le diverse lesioni caratteristiche della meningite. Nel maggior numero dei 
casi si riscontrano alla autopsia di individui nei quali l’infiammazione dell’orec¬ 
chio si è diffusa ai seni i segni manifesti della piemia, cioè gli ascessi metastatici 
e le collezioni purulente delle cavità sierose. 

La flebite dei seni meningei incomincia in modo insidioso, nel corso di un’otorrea 
cronica, ed uno dei primi sintomi che si riscontrano è la soppressione o almeno la 
diminuzione dello scolo. 11 malato accusa una cefalea assai intensa di solito limi¬ 
tata all’orecchio affetto ed estendentesi alla nuca. Nello stesso tempo havvi un 
senso di malessere con anoressia, nausee, talora vomiti. 

Questi primi sintomi possono diminuire per ricomparire più tardi ed emendarsi 
di nuovo. Poi sopravvengono dei brividi, prima irregolari, poi nettamente inter¬ 
mittenti con accelerazione del polso e sudori profusi. Da questo momento i fe¬ 
nomeni di infezione purulenta divengono sempre meglio manifesti. I brividi si suc¬ 
cedono, la febbre è permanente, la pelle prende una tinta terrea, subitterica, la 
lingua e i denti sono fulminosi, la diarrea sopravviene; infine di solito il malato 
accusa alcuni fenomeni toracici, come dolori al costato, tosse, dispnea, che indi¬ 
cano la comparsa di una pneumonite o di una pleurite, delle quali si riconosce 
l’esistenza mediante l’ascoltazione e la percussione. Collezioni purulente possono 
apparire in vari punti del corpo e particolarmente nelle articolazioni. 

La morte è la terminazione abituale della complicazione dell’otite. Tuttavia si 
citano alcune osservazioni nelle quali i malati hanno sopravvissuto dopo avei 
offerto i sintomi manifesti della infezione purulenta; e questi fatti sono perfettamente 
ammessibili, poiché esistono esempi di guarigione dopo la piemia. To ho potuto 
osservare un caso di flebite manifesta del seno laterale e della giugulare interna, che 

è terminato colla guarigione. 

La diagnosi di flebite e di trombosi del seno è talora difficile. Quando 1 esi¬ 
stenza dell’otorrea è ignorata o disconosciuta, si può supporre che si tratti di febbre 



398 


Malattie dell’organo dell’udito 


tifoide o di accessi di febbre intermittente. Io non insisto su questa diagnosi dif¬ 
ferenziale, ed ho soltanto segnalata questa causa di errore, della quale esistono 
alcuni esempi, per mostrare quanto importi di non trascurare in clinica la esplo¬ 
razione degli orecchi. 

In gran numero di casi si resterà assai imbarazzati davanti ad una complicazione 
encefalica dell’otite; per determinare se si tratti di una flebite dei seni o di una 
meningo-encefalite, la difficoltà è spesso tanto maggiore, perchè le due compli¬ 
cazioni esistono insieme. La predominanza dei fenomeni nervosi dell’agitazione, 
del delirio, delle convulsioni, delle paralisi, ecc., dovrà far ammettere una menin¬ 
gite. D’altra parte la flebite della giugulare interna caratterizzata dalla gonfiezza 
e il dolore sul tragitto di questa vena, e talvolta anche dallo sviluppo di ascessi 
cervicali profondi, come Sentex ne ha riferita una osservazione, dovrà fare am¬ 
mettere senza esitazione la esistenza di una flebite del seno laterale. 

Quanto alla cura non dovrei che ripetere qui ciò che fu detto in occasione 
della meningite traumatica; prevenire lo sviluppo di questa complicazione con una 
cura razionale, poi cercare di combattere i sintomi una volta sviluppati, impiegando 
i rimedi generali consigliati nella infezione purulenta, e applicando il più pron¬ 
tamente possibile la cura locale dell’orecchio che risponde alle differenti indicazioni. 

4° ULCERAZIONE DEI VASI 

Si è veduto come l'infiammazione dell’orecchio poteva determinare da parte 
delle vene vicine, trombosi e flebiti purulente. La vicinanza di questi stessi vasi e 
della carotide interna, che corrisponde alla parete anteriore della cassa e alla por¬ 
zione ossea della tromba, espone ancora i malati affetti di carie della rocca ad altri 
pericoli risultanti dalla erosione, dall’ulcerazione e finalmente dalla perforazione 
delle pareti vascolari, che dà luogo ad una emorragia dall’orecchio. È di solito 
la carotide interna che è sede dell’ulcerazione, e Jolly ne ha raccolto undici osser¬ 
vazioni; ma fu egualmente osservata la perforazione di un ramo della meningea 
media, o dei seni petrosi superiore o inferiore, del seno laterale, e del bulbo della 
vena giugulare interna. 

L’emorragia, che indica l’apparizione di questo accidente, si mostra di solito in 
seguito ad uno sforzo di tosse, oppure spontaneamente. Ora il sangue cola lenta¬ 
mente, ora esce con abbondanza estrema ad un tempo per l’orecchio, il naso e la 
bocca; la sua quantità fu valutata in un caso a un litro e mezzo. 

Qualche volta la otorragia si sospende da sè, ma spesso deve venir arrestata 
con mezzi artificiali. Si riproduce generalmente dopo poco tempo, ma è degno 
di nota che anche nei casi nei quali si trattava di perforazione della carotide in¬ 
terna, la morte non è sopravvenuta che dopo un tempo relativamente abbastanza 
lungo, dopo due, tredici, ventisei giorni, ed anche dopo quattro settimane, nel qual 
tempo l’emorragia si era riprodotta parecchie volte. 

Non è facile determinare sul vivente quale sia il vaso leso, e tuttavia l’impor¬ 
tanza della diagnosi non sfuggirà ad alcuno, perchè nei casi di ulcerazione della 
carotide interna o della meningea media la legatura della carotide primitiva può 
salvare la vita del malato, mentre questa operazione è senza influenza sopra una 



Complicazioni che possono sopravvenire nel corso delle malattie d’orecchio 


399 


emorragia che provenga dall’apertura di una vena. Così in un caso nel quale 
questa diagnosi non potè venir stabilita, Syme legò la carotide primitiva, credendo 
trattarsi di una ulcerazione della carotide interna, mentre l’emorragia proveniva 
dal seno petroso superiore. 

La diagnosi potrebbe basarsi sui caratteri del sangue, il quale, in caso di le¬ 
sione arteriosa, è rutilante ed esce gorgogliando o a fiotti isocroni al polso ; ma 
deve soprattutto fondarsi sui risultati forniti dalla compressione della carotide pri¬ 
mitiva, la quale, senza azione sullo scolo di sangue proveniente da una vena, 
arresta il sangue che esce dalla carotide interna o da un ramo della meningea 
media. Importa infatti ben poco il sapere se è l’uno o l’altro di questi vasi che 
fu leso, poiché la stessa cura è indicata nei due casi. 

Le otorragie risultanti dalla ulcerazione dei grossi vasi arteriosi o venosi, in 
vicinanza all’orecchio, sono di solito superiori alle risorse dell'arte. La morte è al¬ 
tresì la terminazione costante della ulcerazione dei seni venosi, che non tarda a 
complicarsi colla flebite o infezione purulenta. Nel maggior numero dei casi si 
deve limitarsi a praticare il tamponamento ; tuttavia quando si ha ragione di sup¬ 
porre che l’emorragia provenga dalla ulcerazione della carotide interna (e abbiamo 
visto che tale diagnosi è sino ad un certo punto possibile), non bisogna esitare a 
fare la legatura della carotide primitiva. Questa operazione, che fu praticata quattro 
volte in simili circostanze, ha permesso due volte di salvare la vita al malato (a). 


§ II. — Fenomeni nervosi, simpatici o riflessi. 

I fenomeni nervosi, abbastanza frequenti nel corso di malattie dell’orecchio, sono 
generalmente assai male conosciuti, o almeno non sono ritenti alla loro vera causa. 

Come infatti cercare nell’orecchio la causa di una tosse ostinata, di una 
salivazione esagerata, di nausee e di vomiti persistenti, di convulsioni generali o 

parziali, ecc.? 

Fatti abbastanza numerosi dimostrano però, che questi diversi accidenti pos¬ 
sono sopravvenire nel corso di affezioni diverse dell organo dell udito, e scomparii e 
immediatamente dopo la guarigione della malattia dell orecchio. Da ciò bisogna 
concludere alla necessità della esplorazione dell apparecchio uditivo in molti casi 

nei quali tale esplorazione è trascurata. 

La tosse si osserva talora in relazione con una malattia del condotto uditi\ o 

esterno. Fox (1) propone anche di ammettere una tosse auricolare. Si sa d altronde 
che presso molti individui la semplice irritazione della pelle del condotto, prodotta 
dall’introduzione dello speculo, basta a provocare accessi di tosse. La presenza di 
un corpo straniero, l’esistenza di una infiammazione acuta o cronica producono 
talvolta lo stesso accidente, il quale sparisce dopo l’estrazione del corpo straniero 

o la guarigione dell’otite. 


(a) [Vedasi, sulle complicazioni otitiche endocraniche, la Nota IX del Traduttore (Trai).)]. 
(1) Remarks on thè Sympathy between thè Auditory Canal and thè Larynx; The Lancet , 

186G, t. I, p. 451. 


400 


Malattie dell’organo dell’udito 


Questa tosse simpatica trova spiegazione nella distribuzione del nervo vago, il 
quale manda diramazioni alla pelle del condotto uditivo esterno. Secondo Fox, 
l’irritazione verrebbe piuttosto da un ramo del quinto paio che si distribuisce al 
condotto uditivo, e l’azione riflessa risulterebbe dalle connessioni fra le origini 
profonde del nervo vago e del trigemino nel quarto ventricolo. 

Le nausee e i vomiti ostinati, che coincidono con una tendenza alle vertigini, si 
osservano in molte malattie dell’orecchio esterno, medio ed interno. 

Nel maggiore numero dei casi questi sintomi risultano da un aumento della 
pressione labirintica, ma essi possono altresì esistere come accidenti nervosi pura¬ 
mente simpatici, e trovare la loro spiegazione nella irritazione dei rami nervosi 
del glosso faringeo e soprattutto del vago, che si distribuiscono aU’orecchio. 

La salivazione fu ugualmente osservata come complicazione delle malattie 
dell’orecchio; è probabile che tale secrezione anormale dipenda dalla irritazione 
patologica della corda del timpano, o meglio ancora dalla eccitazione riflessa del 
quinto paio. 

Le nevralgie della faccia, senza esser molto comuni nelle malattie dell’orecchio, 
non sono però molto rare. Spesso esse hanno i caratteri tipici della nevralgia fac¬ 
ciale; i dolori esistono soltanto in corrispondenza ad alcuni rami del quinto e 
soprattutto al nervo mascellare inferiore. 

Finalmente le convulsioni epilettiformi furono osservate nel corso di certe ma¬ 
lattie dell’orecchio, ed io ne ho ricordati alcuni casi. Mi limito a menzionare tale 
complicazione, che rientra nella categoria delle convulsioni riflesse, delle quali 
nessuno mette più in dubbio la esistenza (a). 


(a) [Lo studio delle manifestazioni auricolari dell’isterismo e quello dei fenomeni reliessi varii, 
che possono esser legati alle affezioni dell’orecchio, è troppo vasto e complesso, perchè se ne 
possa fare qui altra cosa che un fuggevole accenno. In una Monografia, da me recentemente 
pubblicata sull’argomento (Torino 1895, Unione Tip.-Pulitrice), ho diviso tali manifestazioni nelle 
seguenti categorie: 

I) Modificazioni nella sensibilità specifica acustica; 

li) Modificazioni nella sensibilità cutanea in corrispondenza al padiglione, al condotto uditivo 
esterno, alla membrana timpanica; 

III) Le otalgie di carattere isterico; 

IV) Le zone isterogene dell’organo dell’udito; 

V) I disturbi vasomotori e le emorragie dell’orecchio. 

Ognuna delle enunciate categorie di fenomeni riferentisi alla nevrosi può incontrarsi isolata; 
spesso però esistono contemporaneamente in uno stesso paziente o in uno stesso orecchio sintomi 
appartenenti a due o più categorie, senza però che tra essi intercedano rapporti costanti. Nel 
maggior numero di tali casi il paziente offre altri caratteri dell’isterismo, egli cioè o è soggetto 
ad accessi più o meno tipici, o presenta le note somatiche che vengono designate come stigmate 
dell’isterismo; si dàuno però casi, nei quali, in confronto ai disturbi auricolari, le stigmate possono 
mancare od essere appena accennate ; e in taluni di questi casi la diagnosi può quindi restar dubbia. 

Per quanto riguarda il sintomo sordità , possiamo distinguere una ipoestesia, rispettivamente 
anestesia acustica, che fa parte della emianestesia sensitivo-sensoriale, ed una forma non legata 
alla emianestesia, ma che fa parte invece del quadro degli isterismi periferici, che si incontra 
spesso quale sintomo isolato della necrosi, ed è occasionata per lo più negli individui predisposti 
da lesioni periferiche dell’organo dell’udito (Trad.)]. 



Intorno ad alcuni sintomi comuni a gran numero delle malattie dell’orecchio 


IX. 

INTORNO AD ALCUNI SINTOMI COMUNI A GRAN NUMERO 

DELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO 

Verranno trattati in questo titolo alcuni sintomi comuni a gran numero di 
malattie dell’orecchio, o che possono esistere indipendentemente da ogni lesione 
organica apprezzabile; tali sono: 1° la otalgia o nevralgia dell’orecchio; 2° i rumori 
subiettivi dell’orecchio; 3° la diplacusi; 4° la sordità e il sordomutismo. 


P OTALGIA 


La otalgia o nevralgia dell’orecchio, che bisogna distinguere dal dolore che 
accompagna l’otite, non è molto frequente ; essa è caratterizzata da un dolore in¬ 
tenso, che compare ad un tratto per cessare bruscamente dopo una durata varia¬ 
bile. Ora scompare definitivamente, ora ricompare dopo un tempo più o meno 
lungo, ed ha un carattere intermittente. Questo dolore si irradia spesso lungo i 
rami del quinto paio, e talvolta si accompagna a rumori d’orecchio e a sordità 

passeggera. 

L’otalgia è spesso legata alla carie di un dente molare, e per farla cessare 
basta allora guarire la carie o estrarre il dente malato. 

Talvolta la otalgia è manifestamente riflessa e proviene dalla irritazione del 
nervo vago. Gerhardt (1) ha segnalato i dolori di orecchio come costanti nei casi 
di ulcerazione dell’epiglottide. È anche in seguito ad irritazione riflessa che i dolori 


di orecchio si mostrano nell’aneurisma dell’arco della aorta. 

La diagnosi di otalgia si fonda sui risultati negativi dati dalfesame dell’orecchio, 
che dimostra l’assenza di qualsiasi lesione infiammatoria. 


Se la nevralgia non è sotto la dipendenza di una causa che si possa fare age¬ 
volmente sparire, come la carie di un dente molare, si dovrà ricorrere all uso di 
mezzi interni ed esterni generalmente prescritti contro il sintonia dolore. Gli opiacei 
all’interno e all’esterno, le iniezioni sottocutanee di morfina in vicinanza all’o¬ 
recchio, le instillazioni calde narcotiche nel condotto uditivo sono particolarmente 

indicate. 


2° SENSAZIONI SUBIETTIVE DELL’ORECCHIO 

(rumori, ronzìi di orecchio) 

Le sensazioni subiettive dell’orecchio accompagnano la maggior parte delle ma¬ 
lattie di orecchio, ma tuttavia possono esistere indipendentemente da ogni lesione 
apprezzabile dell'organo dell’udito (a). Talora e più spesso, queste sensazioni su¬ 
biettive dipendono da una irritazione patologica dei nervi acustici, talora esse sono 


(1) Virchow's Archiv , t. XVI, p. 5. ... 

(a) [La possibilità dell’esistenza di rumori di orecchio permanenti, non legati a lesioni orga¬ 
niche dell’apparecchio uditivo, viene messa ogni dì più in dubbio dagli osservatori. I metodi di 
esame funzionale acustico, di cui noi disponiamo, se si prestano bene a scoprire e ad analizzare 
le anomalie di funzione grossolane, non ci permettono di riconoscere le finissime modificazioni 
dell’organo dell’udito, alle quali spesso sono legati i rumori, solo in apparenza sine materia (Trad.)J. 



402 


Malattie dell’organo dell’udito 


l’espressione di veri rumori che si originano effettivamente nell’interno o in vici¬ 
nanza dell orecchio. Le prime costituiscono i rumori propriamente detti, le seconde 
sono particolarmente designate sotto il nome di rumori entotici. 

a) I rumori propriamente detti offrono i caratteri più differenti, e siccome bi¬ 
sogna stare a quanto dicono i malati, non si possono avere che nozioni assai poco 
rigorose sulla natura e le qualità del suono anormale. Di solito i malati parago¬ 
nano i rumori subiettivi che essi provano a suoni o a rumori che loro sono fami- 
gliari ; è così che essi credono intendere il ronzio di una mosca, il fischio del vento, 
il rumore del mare, di una caldaia in ebollizione, il suono di una campana, di 
un contrabasso, ecc. ecc. Questi rumori sono in generale penosi per i malati, e 
divengono per essi un tormento continuo, che impedisce loro di lavorare, ne 
disturba il sonno e provoca talvolta una tendenza al suicidio. 

Esistono spesso nei caratteri e nella intensità dei rumori differenze notevoli, 
generalmente in rapporto colle diverse cause che agiscono sulla circolazione, sia 
direttamente, sia indirettamente per mezzo del sistema nervoso. La posizione oriz¬ 
zontale o inclinata della testa, gli sforzi, la fatica, gli eccessi della tavola aumen¬ 
tano sempre i rumori. In gran numero di casi si riesce a modificare il carattere 
o a diminuire l’intensità dei rumori, premendo col dito su di un punto della apofisi 
mastoide. 

I rumori, risultanti da una irritazione patologica dei nervi acustici, si mostrano 
in numerose affezioni. Di solito essi hanno per causa uno stato morboso apprez¬ 
zabile dell’orecchio, così vengono osservati comunemente nel corso di affezioni 
del condotto uditivo, della membrana del timpano, dell’orecchio medio e del labi¬ 
rinto. Nelle affezioni dell’orecchio esterno e medio, la causa dei rumori deve venir 
ricercata nell’aumento di pressione endolabirintica, che può venir determinato, come 
è stato detto, dai corpi stranieri del condotto, dalle ostruzioni della tromba, dalla 
otite media acuta e cronica, ecc. Temerei di ripetermi troppo spesso, ricordando 
il meccanismo, secondo il quale la pressione endolabirintica è aumentata in queste 
diverse circostanze. 

A questa causa, dipendente dal semplice aumento della pressione intra-auri- 
colare, bisogna aggiungerne un’altra non meno importante e che consiste nei disordini 
di nutrizione prodotti sulle estremità terminali dei nervi acustici dalla persistenza 
della pressione anormale, disordini di nutrizione che mantengono o aumentano le 
sensazioni subiettive. 

Si sa che le malattie primitive del labirinto (malattia di Menière) determinano 
rumori assai intensi. È senza dubbio anche a disturbi della circolazione endolabi¬ 
rintica (anemia o congestione) che bisogna connettere questi rumori che si osser¬ 
vano in molti casi indipendentemente da ogni lesione apprezzabile dell’organo del¬ 
l’udito; tali sono i rumori che si hanno nelle affezioni cerebrali, nella sincope, le 
malattie di cuore, l’anemia, la clorosi, le intossicazioni e particolarmente quella per 
solfato di chinino, ecc. 

Finalmente esistono sensazioni subiettive dell’udito di origine riflessa. Schultze, 
Benedikt, Politzer hanno dimostrato che la eccitazione elettrica della pelle della 
apofisi mastoide o del condotto uditivo col mezzo di una corrente debole, incapace 
di arrivare al nervo acustico, determina presso un soggetto sano fenomeni subiettivi 



Intorno ad alcuni sintomi comuni a gran numero delle malattie dell’orecchio 


dell’orecchio che non possono pervenire che eia un’azione riflessa. Cosi si spiegano 
senza dubbio i rumori che si hanno nel corso di corte otiti esterne e di certe mi- 
ringiti, e che non si possono certamente attribuire ad un aumento nella pressione 
endolabirintica. 

b) Oltre i rumori che risultano da una irritazione patologica del nervo acustico 
e dei suoi rami, e che non corrispondono a rumori venuti dal di fuori, havvi un’altra 
classe di rumori subiettivi che è il risultato di vere vibrazioni, che sono prodotte 

nell’interno del corpo; sono i rumori entotici. 

Si può supporre che certi rumori di battito perfettamente isocrono al polso, 
sieno dovuti alla risonanza delle pulsazioni delle arterie vicine, e soprattutto della 
carotide interna, le quali si trasmettono più facilmente in seguito alle condizioni 
anormali che dipendono dallo stato di circolazione o piuttosto dallo stato patologico 
dell’orecchio. Si ha infatti che la maggior parte delle malattie croniche della cassa 
portano per risultato la tensione della membrana timpanica e la immobilizzazione 
delle ossicina ; ora queste condizioni sono precisamente favorevoli al rinforzo delle 

vibrazioni sonore trasmesse per le ossa del cranio. 

In altri casi i rumori interni sono dovuti a disturbi circolatori ; così gli aneu¬ 
rismi delle arterie del cranio e del cervello, gli aneurismi delle arterie del collo, le 
lesioni organiche del cuore si accompagnano spesso a rumori ritmici negli orecchi. 

Boudet (di Lione) (1) riguarda i rumori talvolta così intensi che si hanno in 
soggetti anemici, come in rapporto colla corrente sanguigna nella giugulare interna. 
La spiegazione fornita da Boudet si basa da un lato sulla disposizione ampollaie 
del bulbo della giugulare, nel quale viene a sboccare il seno laterale con una aper¬ 
tura relativamente ristretta; da un altro sulla alterazione dinamica della circola¬ 
zione. Devesi aggiungere che la disposizione anatomica sopra segnalata pi esenta, 
fecondo Boudet, alcune varietà sia da un lato in confronto all’altro, sia nei dif¬ 
ferenti individui, e che il bulbo della giugulare ò più o meno dilatato e l’apertura 
del seno laterale più o meno ristretta; da ciò risulta che alcuni individui avranno 
rumori da un lato solamente, e che essi ne avranno a preferenza che altri posti 
nelle stesse condizioni fisiologiche. 

Finalmente havvi un’altra varietà di rumori entotici, che Leudet (2) ha ìcccn- 


temente studiati, sotto il nome di rumori obiettivi dell’orecchio, e che consistono 
in un piccolo schricchiolìo percettibile ad un tempo dal malato e dal medico. 

Tali rumori, che alcune persone possono produrre a volontà e sopra i quali 
Mùller ha richiamato l’attenzione tra i primi, sono talvolta involontari. Essi esiste¬ 
vano in una ammalata di Leudet affetta da tic doloroso della faccia. 

Mùller attribuiva questi rumori alla contrazione del muscolo interno del mar¬ 
tello, e nel caso di Leudet si poteva supporre che questo muscolo partecipava al 
tic dei muscoli della faccia. Quantunque la opinione di Mùller relativamente alla 
causa di questo rumore sembri confermata da alcune osservazioni, nelle quali si 
potè riconoscere lo spostamento della membrana timpanica, è certo che in altri 
casi, dove tali rumori esistevano, la membrana del timpano era immobile e pareva 


(1) Journal de Physiol ., gennaio 1862. 

(2) Gazette mèdie., 1869, p. 423 e 463. 


404 


Malattie dell’organo dell’udito 


restare affatto estranea alla produzione del fenomeno. Politzer (1) attribuisce questo 
ultimo alla contrazione brusca del tensore del velo del palato, che agirebbe sulla 
porzione membranosa della tromba. 

I rumori subiettivi dell’orecchio si possono incontrare in molte affezioni lo¬ 
cali e generali, e perciò non esiste contro di essi alcuna cura speciale ; per farli 
scomparire bisogna curare la malattia che li produce e li mantiene. 

3> DELLA DIPLACUSI 0 PARACUSI DOPPIA 

Questo curioso fenomeno, conosciuto dopo Sauvage, consiste nella percezione 
simultanea di due suoni, sia da un solo orecchio, sia dai due orecchi ad un tempo. 
Esso è legato di solito ad altri disturbi funzionali, come l’indebolimento dell’udito 
ed i rumori. La differenza tra i due suoni varia in generale fra una terza, una 
quarta, una ottava. 

E molto difficile rendersi conto esatto del modo di produzione del fenomeno. 
Wittich (2), che ha osservato e studiato su sè stesso la diplacusi, ne ha dato una 
spiegazione assai poco chiara. La diplacusi deve avere origine da un disturbo 
funzionale dell’organo di Corti, prodotto probabilmente da un cambiamento nella 
tensione endolabirintica, il quale ha per conseguenza una modificazione nell’accordo 
normale di determinate fibre, in modo che una fibra accordata normalmente per 
un dato suono può entrare in vibrazione contemporaneamente ad un’altra fibra 
accordata per un tuono diverso. Checché ne sia, la diplacusi sparisce spesso dopo 
un certo tempo, e talvolta sotto l’influenza di una cura locale, che modifica senza 
dubbio le condizioni anatomiche (a). 

4° SORDITÀ E SORDOMUTISMO 

La sordità o perdita della facoltà di udire può essere completa o incompleta e in 
quest’ultimo caso viene designata talvolta col nome di disecia. Essa può essere 
unilaterale, o bilaterale, sia che i due orecchi siano affetti nello stesso grado o 
che uno sia più sordo dell’altro. 

La sordità è un sintomo di molte affezioni, che hanno sede nell’orecchio esterno, 
medio od interno, o nelle origini del nervo acustico. La diagnosi di sede e di natura 

(1) Wiener Medizinalhalle, 1862, n. 18. 

(2) Kònigsberger med. Jahrbiìcher , t. Ili, 1865. 

(a) [La diplacusis si distingue in binauralis e monoauralis , quest’ultima molto più rara. Della 
dipìacusis binauralis si possono distinguere: 

1° La dysliarmonica, caratterizzata da ciò, che l’intervallo tra il suono obiettivo e quello 
falsamente percepito da uno degli orecchi è piccolo, d’ordinario un mezzo tono, un terzo di tono. 
Ne ho potuti raccogliere 13 casi nella letteratura medica; 

2° La liarmonica; l’intervallo tra il suono obiettivo e quello falsamente percepito è armonico 
(ottava, terza, quarta, superiore od inferiore alla nota obiettiva); in questo caso si tratta pro¬ 
babilmente del risaltare di uno o più armonici in confronto alla nota fondamentale. 

Ad ambedue queste forme può collegarsi la diplacusis binauralis echotica; il paziente ha la 
impressione come se i due suoni fossero distinti anche per tempo. 

Della diplacusis monoauralis, che non viene accennata nei Trattati, io ho avuto occasione di 
osservare e riferire due casi ( Gazz . degli Ospitali, 1892, n. 124). 

Per la interpretazione di tali disturbi funzionali sono costretto a rinviare il lettore al pre¬ 
citato lavoro (Trad.)J. 


Intorno ad alcuni sintomi comuni a gran numero delle malattie dell’orecchio 405 


delle lesioni che causano la sordità riposa sulla esplorazione metodica dell’organo 
dell’udito e sarebbe necessario per stabilire le basi di questa diagnosi passare 
di nuovo in rivista tutta la patologia dell’orecchio. 

10 voglio soltanto segnare una certa classe di sordità nervose la cui sede non 
è ancora esattamente stabilita; tali sono certe sordità rapide delle quali Moos (1) 
ha riferiti molti esempi, e che sopravvenute bruscamente sono caratterizzate dal 
risultato negativo dell’esame dell’orecchio medio ed esterno e si distinguono dalla 
forma di Menière per assenza di fenomeni apoplettiformi. L’incurabilità di questi 
casi dà motivo a credere che si tratti di una lesione dei centri nervosi. 

Altre sordità evidentemente di origine nervosa, furono pure segnalate, come 
quella che sopravviene quale complicazione di una affezione dentaria e della quale 
Tripier (2) ha riferito due esempi sotto il nome di sordità riflessa. Tale è ancora 
la sordità metastatica, che succede alla sparizione di un’affezione erpetica del pa¬ 
diglione dell’orecchio e guarita col ritorno della eruzione (Triquet) (3), tali sono 
infine le sordità passeggiere, che succedono alle intossicazioni e soprattutto alla 
assunzione di chinino o alla applicazione di sanguisughe al collo dell’utero, come 
Scanzoni (4) ne ha citati esempi (a). 

Queste sordità, la cui causa anatomica ci sfugge completamente, risultano com¬ 
pletamente da un disturbo circolatorio riflesso, sia dal lato dei centri nervosi, sia 
dal lato dell’orecchio interno. 

La sordità che esiste al momento della nascita, o che sopravviene nei primi 
anni di vita, porta con sè il sordomutismo. Si possono ammettere con Troltsch tre 
sorta di queste infermità; 1° un sordomutismo congenito; il bambino non ha mai 
udito e per conseguenza mai parlato; 2° il sordomutismo precoce ; il bambino ha 
udito, ma non ha parlato all’età in cui dovea farlo; 3° finalmente il sordomutismo 
tardivo: il bambino ha inteso e parlato per qualche tempo, ma ha perduto gra¬ 
datamente la parola dopo aver perduto l’udito. Quest’ultima forma può mostrarsi 
verso l’età degli otto o nove anni. 

11 sordomutismo congenito ha talvolta per causa vizi di conformazione dell ap¬ 
parecchio uditivo o anomalie delle parti profonde del cervello, del quarto ventricolo 
o del nervo acustico ; ma di solito le lesioni anatomiche che si riscontrano nei 
sordomuti non differiscono sensibilmente da quelle che si sogliono trovare nei 
sordi in genere, cioè presso gli uni come presso gli altri si trovano alterazioni 
materiali del labirinto e soprattutto dell’orecchio medio, le quali risultano da una 
infiammazione anteriore. Questa opinione è confermata dalle ricerche più moderne 
e specialmente da quelle di Roosa e Beard (5). 

(1) Klinik, p. 315. 

(2) Pathogénie d’une classe d’affections douloureuses peu connues \ Arch. gcnér. de Médectne, 

aprile 1869. 

(3) 2'raité, p. 385. 

(4) Journ. méd. de Wurzburg , 1860, t. I. 

(a) [Eccetto la sordità da chinino, che è una vera e propria intossicazione, tutte le altre 
sordità enumerate dall’Autore, ed altre ancora (sordità da verminazione, da nevrosi traumatica, ecc.) 
sono da considerarsi come manifestazioni auricolari di isterismo o di altre nevrosi (Trad.)]. 

(5) État de la membrane du tympan et de l’arrière-gorge dans 296 cas de surdi-mutités con- 

génitales et acquises; American Journal , 1867. 

26. — Tr. ili Chir.y IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 



406 


Malattie dell’organo dell’udito 


E noto quanto i neonati e i bambini sono esposti alla infiammazione dell’orecchio 
e soprattutto all’otite media, e si è visto come quest’ultima portava di frequente negli 
adulti alterazioni bastanti a determinare una sordità completa. Che questa affezione 
sopravvenga al momento della nascita, o anche durante la vita intra-uterina e il 
bambino cólto da sordità quasi venendo al mondo e che non può imparare a 
parlare sarà fatalmente muto. Che questa stessa affezione si mostri più tardi sia 
quando il bambino deve parlare, sia quando ha già cominciato a 'parlare, le 
conseguenze ne saranno press’a poco le stesse. Non intendendo la conversazione e 
neppure la propria voce, il bambino non può imparare a riprodurre le parole, nè 
comprendere il loro significato ; se egli ha già cominciato questa sorta di educazione 
non tarda a perdere ciò che ha appreso ; cessa di parlare distintamente ; le parole 
che pronuncia diventano inintelligibili e finalmente diviene completamente muto, 
se non si ha cura di mantenere quanto egli ha acquistato e di esercitare il poco 
udito che gli resta. 

Insomma la sordità come il sordomutismo non costituisce punto, come si tende 
a credere, uno stato speciale, una sorta di entità morbosa. Questa infermità è la 
conseguenza di alterazioni organiche, sia congenite, sia acquisite dell’apparecchio 
conduttore del suono o dell’apparecchio nervoso destinato alla percezione; le 
alterazioni organiche che hanno per effetto di determinare la perdita della facoltà 
di intendere, la quale porterà poi per un bambino che non ha ancora parlato 
la impossibilità di imparare a parlare, o per un bambino che ha già parlato, ma 
che non ha ancora una lunga abitudine di linguaggio, la perdita graduale della 
facoltà di parlare distintamente. 

L’influenza dell’eredità sulla influenza del sordomutismo non è dubbia. Le sta¬ 
tistiche hanno mostrato che questa infermità è spesso frequente nelle unioni fra 
consanguinei. Io ignoro se tali sordomutismi sono dovuti più particolarmente a 
difetti di conformazione, ad arresti di sviluppo o ad affezioni organiche dell’orecchio, 
sviluppate nei primi tempi della vita. 

La cura della sordità varia necessariamente secondo la natura della causa 
che l’ha prodotta, e non dobbiamo arrestarci su questo punto. Non dobbiamo 
neppure insistere su mezzi protetici che si possono mettere in pratica, quando ogni 
speranza di miglioramento deve essere abbandonata e la sordità è incurabile. Tali 
mezzi consistono nell’impiego di strumenti designati col nome di cornetti acustici. 
Ne furono immaginati moltissimi, ma nessuno offre superiorità sull’altro. Il più 
semplice tra essi è il migliore, e siccome tale strumento può rendere veri servigi, 
facilitando le relazioni sociali, è vantaggio nel consigliarne l’uso. 

E utile richiamare ancora l’attenzione sulle speciali indicazioni che presenta 
la sordità nei bambini. Se essa è congenita, completa, non vi è nulla a sperare 
e si dovrà, quando il bambino sarà sufficientemente sviluppato, dargli la istruzione 
dei sordomuti. Ma se la sordità, quantunque assai pronunciata, è incompleta, se 
soprattutto il bambino ha già parlato, l’ufficio del medico può essere importante. 

Un esame attento dell’orecchio permetterà spesso di riconoscere l’esistenza di 
un’affezione,se non curabile, almeno suscettibile di miglioramento; di modo che 
una cura razionale avrà per effetto di prevenire i progressi della sordità o anche 
di migliorare l’udito. 


Intorno ad alcuni sintomi comuni a gran numero 


delle malattie dell’orecchio 



D’altra parte per sviluppare la facoltà del linguaggio e mantenere il poco udito 
che il bambino possiede, è necessario che egli sia costantemente esercitato a pro¬ 
nunciare distintamente le parole che intende (u); a leggere, per così dire, sulle 
labbra del suo interlocutore, imitando i suoi movimenti, finalmente a fare letture 


ad alta voce. 

È coll’aiuto di cpiestc due sorta di mezzi, destinati gli uni a migliorare lo stato 
anatomico, gli altri a perfezionare e sviluppare la funzione uditiva e l’esercizio 
della parola, che si arriverà spesso a prevenire il sordomutismo. 


(a) [In questi ultimi tempi Urbantschitsch, ripetendo e perfezionando metodi già usati da 
altri, e soprattutto da Itard, affermò aver ottenuto soddisfacenti risultati col sottomettere ad 
esercizi uditivi, opportunamente coordinati e pazientemente ripetuti, gli orecchi di bambini soido- 
muti. Le risultanze, che per qualche riguardo appaiono meravigliose, di Urbantschitsch, furono 
da molte parti controllate ed infirmate, sicché oggi ancora non è concesso esprimere sul metodo 
un giudizio definitivo. Certo nei risultati degli esercizi uditivi dei sordo-muti devonsi riconoscere 
complessi fattori, non solo acustici, ma soprattutto psichici. Per i dettagli del metodo rimandiamo 
il lettore al libro di Urbantschitsch (1895) (Trad.)]. 


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409 


APPENDICE DEL TRADUTTORE 


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SUL CATETERISMO DELLA TROMBA DI EUSTACHIO 

Molti sono i metodi proposti per il cateterismo della tromba d’Eustachio; senza 
accennarli qui tutti ci limiteremo ad indicare i tre che in pratica sogliono rendere 

migliori servigi: 

Metodo di Kramer. — 11 catetere viene introdotto col becco rivolto alFingiii fino 
a contatto della parete posteriore della faringe, viene quindi ritirato lincile il becco 
tocca la superficie posteriore del velo penduto (circa 1 cm. e mezzo) e poi voltato 

all’infuori ed all’in alto per circa 1 2 3 4 / 8 di cerchio. 

Metodo di Frank (ordinariamente detto di Lòwenberg). — Quando il catetere 
ha toccato la parete posteriore della faringe il becco viene girato all’interno, in 
modo che la curva assuma una posizione orizzontale, viene quindi ritirato fino a che 
esso tocca il margine posteriore del setto osseo, allora si fa fare allo strumento un 
arco di circa 220°, portando il becco prima all’in basso e poi all’infuori ed in alto; 
grazie a questa manovra esso penetra, dato uno spazio naso-faringeo normale, nel 

padiglione tubario. 

Metodo di Kuh (ordinariamente designato di Politzer). — Il catetere introdotto lino 
alla parete posteriore della faringe viene voltato col becco all’esterno nella fossa di 
Rosenmuller e quindi ritirato in posizione quasi orizzontale sopra il labbro posteriore 
del padiglione tubario, sul quale esso scorre con un salto apprezzabile dalla mano e 

viene a trovarsi quindi nel padiglione stesso. 

Ognuno dei tre metodi ora descritti può tornar utile in pratica, a seconda delle 

particolarità anatomiche che offre il cavo rino-faringeo nei differenti ammalati. 
L’abitudine rende poi superfluo ogni metodo, e permette all’operatore di far penetrare 
direttamente senza il sussidio di speciali punti di repere il becco nel padiglione tubano. 
Oltre ai metodi segnalati faremo parola di due proposti da italiani e che possono in 

determinati casi dare buoni risultati: 

Metodo di Sapolini (1). — Il catetere viene spinto fino a contatto della parete 
posteriore della faringe. Si rivolge quindi il becco un po’ all’esterno e si ordina al 
malato di eseguire uno o due movimenti di deglutizione. Lo strumento penetra allora 
nell’orificio tubario, in seguito alla contrazione sinergica dei muscoli sfeno-salpingo- 
stafilini, e pterigo-salpingo-stafilini. 

Metodo di De Rossi (2) e Ferreri (3). — Confrontisi anche a proposito di un 
recente metodo proposto da Lòwenberg la rivendicazione di priorità a De Rossi (4). 


(1) Gazz. Med. di Torino , 1858. 

(2) Trattato, 1884. 

(3) Sperimentale , Fase. VII, 1888. 

(4) Archivio italiano di Otologia, 1893, pag. 103. 


410 


Appendice del Traduttore 


Quando si introduce il catetere, appena il becco ha raggiunto le coane, solletica 
la mucosa che ricopre il velo del palato; questo si solleva a vòlta e fa scivolare il 
becco verso la parte più declive, cioè verso rimboccatura della tromba ; le due pliche 
salpingo-stafilina e salpingo-faringea sollevandosi delimitano lo spazio, dal quale ormai 
la sonda non può più uscire. 


NOTA 2 a 


sull’esame funzionale dell’organo dell’udito 


Molto sarebbe a dirsi a proposito dell’esame funzionale dell’organo dell’udito, 
argomento intorno al quale si sono pubblicati, specialmente in questi ultimi tempi, 
numerosissimi lavori. Per la ristrettezza dello spazio dobbiamo rimandare i lettori 
ai Trattati speciali, e dobbiamo limitarci ad accennare soltanto alle nozioni più 
importanti. L’esame funzionale dell’udito deve distinguersi in quantitativo e in 
qualitativo; il primo serve a darci la misura del potere uditivo, il secondo ci 
fornisce criterii sulla localizzazione delle lesioni. Per misurare l’acuità uditiva si 
adoperano varie sorgenti sonore, coll’avvertenza che i suoni coi quali si esperimenta 
non sieno troppo intensi od acuti così da venir percepiti, nei casi di alfezione uni¬ 
laterale, dall’orecchio sano a meato chiuso. In pratica si adoperano l’orologio da tasca, 

I ’acumetro di Politzer, la voce afona o in caso di sordità grave la voce di conver¬ 
sazione e la voce gridata; inoltre acumetri telefonici quali sono stati proposti da 
varii autori ( Hartmann , Uvbantschitscli , Jacobson , Cozzolino , Chevai , Gradenigo ). 

II fonografo proposto quale acumetro da Lichtwitz non dà soddisfacenti risultati. 
Per avere un criterio della acuità uditiva non basta esperimentare con una sola 
delle fonti sonore sopra accennate, ma conviene impiegarne due o più, poiché i risultati 
sono di solito assai varii a seconda della tonalità e dell intensità dei suoni che si 


esperimentano. Contrariam mte a quanto nota l’A. il diapason, prezioso sussidio pei 
l’esame qualitativo, non viene generalmente impiegato per la misura deli udito. A 
questo scopo dànno i migliori risultati la voce afona e 1 orologio da tasca, 1 acumetro 
di Politzer, Pacumetro telefonico. Per l’esame colla voce afona , conviene tener 
presente: che le vocali vengono percepite ad una distanza molto maggiore che le 
consonanti; che ad ogni singola vocale o consonante spetta normalmente una parti¬ 
colare distanza uditiva; che la distanza varia assai a seconda dell’ambiente dove si 
pratica l’esame, e più precisamente a seconda della esistenza o no in vicinanza al 
malato di superfìci riflettenti il suono e della disposizione di queste. Devesi tener 
conto altresì d’un elemento psichico nel paziente, che può molto influire sui risultati 
dell’esame. In pratica si può ritenere che la voce afona deve venir percepita da un 
orecchio normale in ambiente chiuso con parole facili all’intelligenza dell esaminato e 
nel silenzio relativo del giorno alla distanza di 20 o 25 m., nella direzione dell’asse 
del condotto uditivo. Le parole coll’a sono percepite a maggior distanza che quelle 
coll’w. Poiché le stanze di consultazione d’ordinario non possedono le dimensioni 
accennate, si potrà nel caso la distanza fosse superiore nel malato ai 5 m. per la 
voce afona in direzione del condotto, rinnovare l’esame collocandosi dietro al dorso 
del malato. Non è necessario far tener chiusi gli occhi all esaminato ; basta largii collo¬ 


care una mano lateralmente all’occhio in modo ch’egli non possa vedere l’esamina¬ 
tore. L’orecchio che non si esamina viene mantenuto chiuso semplicemente col dito. 

L’esame co\Y orologio si pratica d’ordinario con un consueto orologio da tasca a 
battito un po’ forte, dopo aver avuto cura di stabilire, esaminando soggetti di varie 
età con orecchi sani, la distanza media normale alla quale viene percepito. Questa 



Appendice del Traduttore 


411 


distanza media è però soggetta a variare considerevolmente a seconda dell’età del- 
l’esami nato e dell’ambiente dove si pratica l’esame. Per avere la maggior possibile 
uniformità di risultati è necessario non solo di tener sempre l’orologio nello stesso 
modo colla mano e di rivolgere all’esaminato sempre la superficie col vetro, ma di 
aver cura che la molla sia completamente montata, potendo l’inosservanza di 
quest’ulti ma circostanza causare differenze notevoli nei risultati. 

Il rapporto tra le distanze uditive per la voce afona e per l’orologio è molto 
vario. Nei vecchi e nelle affezioni dell’orecchio interno, detto rapporto è molto piu 
favorevole alla voce di quello che nelle persone giovani e nelle affezioni dell’orecchio 
medio. Vedansi a questo proposito le risultanze di mie ricerche nel Giornale del¬ 
l'Accademia di Medicina di Torino , 1894. 

L 'acumetro di Politzer dà in pratica buoni risultati. E costituito da un cilindro 
di acciaio accordato per un tuono acuto, sul quale cade un martelletto pure d’acciaio 
sempre dalla stessa altezza, e perciò colla stessa forza. Il suono viene percepito 

normalmente all’aperto alla distanza di 15 metri. 

Il principio sul quale si fondano i differenti acumetri telefonici proposti dagli 
autori è in brevi parole il seguente: Quando si faccia passare a traverso un rocchetto 
(inducente) una corrente interrotta, si ottiene nel circuito d’un altro rocchetto 
(indotto) posto in vicinanza al primo, il passaggio della corrente indotta, che sarà 
tanto più intensa, quanto più intensa sarà la corrente inducente e quanto minore 
la distanza dei rocchetti in questione, quando siano pari le altre condizioni. Ora, 
posta costante l’intensità della corrente inducente, si potrà ottenere una graduata 
diminuzione nell’intensità della corrente indotta, allontanando a poco a poco il roc¬ 
chetto indotto dall’inducente, oppure, posta costante la distanza dei due rocchetti, si 
potrà modificare mediante opportuno reostato 1 intensità della corrente inducente. 
Nell’un modo e nell’altro si avrà il passaggio dal valore massimo al minimo del¬ 
l’azione inducente. S’immagini ora che nel circuito del rocchetto indotto sia inter¬ 
calato un telefono, esso darà un tuono corrispondente al numero delle interruzioni 
della corrente inducente; l’intensità di tale tuono sarà variabile, a seconda che il 
rocchetto indotto sia collocato più o meno distante dall’ inducente (questa distanza 
può venir misurata esattamente, eventualmente su una scala in centimetri, e può 
servir di misura per l’acuità uditiva per quel determinato tuono). Gli acumetri tele¬ 
fonici presentano, come ho esposto in un mio lavoro (1), accanto a varii inconvenienti 
alcuni vantaggi ; tra questi ultimi possono venire annoverati la rapidità dell esame, 
la assai fina graduazione della intensità del tuono e la possibilità di potere con 
questo, meglio che con altri metodi, scoprire nell esaminato che non comprende il 
modo di funzionare dell’apparecchio una eventuale simulazione. Per i tuoni acutis¬ 
simi l’esame si può compiere sia mediante i cosidetti cilindri di Ivoenig , sia me¬ 
diante speciali piccoli diapason di Appunn , che si mettono in vibrazione con un 
archetto, sia finalmente mediante il fischietto di Galton, il più comodo in pratica, 
perchè meno voluminoso. Quest’ultimo è costituito essenzialmente d’una linguetta 
metallica, che secondo l’allungamento del tubo che la contiene può dare quando 
venga messa in vibrazione da una corrente d’aria soffiata mediante una pera di 
goiuma, tuoni molto acuti, di altezza differente da 6481 a 84000 vibrazioni. È questo 
fischietto che ha servito recentemente a Zwaardemaker (2) per determinare la legge 
sulla presbiacusi, cioè per fissare il limite superiore dell’audizione nelle varie età. 


(1) Archivio Interri, di Laring., VI, 5 e Archiv fur Ohrenh., XXX. 

(2) Zeitsch. fiir Ohrenh ., XXIV, 1893, pag. 280. 



412 


Appendice del traduttore 


Riguardo all ''esame qualitativo i diapason occupano il primo posto, perchè rappre¬ 
sentano Tunico strumento che possa dar tuoni fondamentali liberi di armonici o di 
tuoni accessorii. E necessario istituire Tesarne con suoni di varia tonalità, perchè, come 
vedremo più avanti, le affezioni dei singoli segmenti dell’orecchio danno di solito 
difetti funzionali prevalenti per determinate parti della scala musicale. Per quanto 
alcuni autori anche recenti, e tra questi ha preso posto come capofila Jacobson , 
vogliano togliere ogni valore diagnostico ai risultati dell’esame qualitativo, devesi 
ammettere la grande importanza pratica dell’esame in parola, quando, ben inteso, si 
tenga il dovuto conto delle numerose cause di errore. Chi volesse formarsi un concetto 
dello stato attuale delle quistioni e delle difficoltà che a'tal genere di ricerche si 
connettono, potrà leggere con vantaggio una estesa monografia di Corradi: Sull'im¬ 
portanza diagnostica della percezione dei suoni per la via craniense ed aerea 
nelle malattie auricolari, pubblicato nei voi. I e II dell’.4reJi. Hai. di Otologia. 

Per l'esame qualitativo ricorderemo tra i molti metodi proposti questi che dànno 
in pratica i migliori risultati: 

a) Esperimento di Weber. E quello descritto nel testo dall’A. e proposto per primo da 
Weber (1): si pratica collocando un diapason vibrante, che deve avere tonalità bassa 
(meglio quelli della ottava indicata come la prima) sul vertice. Se il tuono viene dal 
malato percepito dall’orecchio malato o dall’orecchio più sordo, si tratta d’un’affezione 
prevalente dell’apparecchio di trasmissione dei suoni da questo lato, se dall’orecchio 
sano o meno sordo si tratta d’un’affezione prevalente dell’apparecchio di percezione dei 
suoni dal lato più malato. Si deve adunque correggere in questo senso l’affermazione 
dell’A. che nei casi di lateralizzazione del diapason vertice dal lato malato, il 
labirinto sia intatto; il labirinto può essere anche in tali casi leso, ma prevale la 
lesione dell’apparecchio di trasmissione. Questo metodo dà buoni risultati in caso 
d’affezione unilaterale; quanto minore è la differenza nell’acuità uditiva tra i due lati, 
tanto meno importanti sono le indicazioni fornite. Non è qui luogo di parlare delle 
varie interpretazioni del fenomeno in parola proposte dagli autori, e sulle quali un 
giudizio definitivo non fu peranco pronunciato. 

b) Esperimento di Rinne (2). Si pratica appoggiando un diapason di tonalità 
bassa sulTapofisi mastoide; quando il suono non viene più percepito dal paziente si 
portano rapidamente le branche vibranti dello strumento in vicinanza al meato 
uditivo. Se l’apparecchio di trasmissione è normale o di poco alterato , il suono viene 
udito di nuovo dal paziente, senza che il diapason sia stato messo in nuova vibrazione ; se 
detto apparecchio è molto alterato il suono non viene riudito, cioè è udito più a lungo 
per trasmissione osteo-timpanica che per via aerea. Nel primo caso si dice Rinne positivo 
(R -f), nel secondo Rinne negatico ( R —). Secondo la proposta di Bezold, nel caso 
il suono venga percepito soltanto per via o. t. si scrive R — 5; se soltanto per via 
aerea R-\-t. Quando il Rinne riesca positivo con un diapason di tonalità bassa (grande 
ottava o prima ottava) e la distanza uditiva dall’orecchio malato per la voce afona 
sia inferiore ad I m. si può ammettere un’affezione prevalente delTorecchio interno. 

Esperimento di Schioabach (3). La durata di percezione di un diapason vibrante 
appoggiato al vertice è nelle malattie delTapparecchio di trasmissione dei suoni 
molto più lunga che non in condizioni normali; è invece molto più corta nelle 
malattie delTapparecchio di percezione. In considerazione di cause di errore sulle 


(1) De pulsu, de auditu et tactu, Lipsia 1834. 

(2) Frager Vierteljahresschrift, I, pag. 72; II, pagg. 45, 155, 1855. 

(3) Zeitsch. fiir Ohrenh., XV, pag. 61, 1885. 



Appendice del Traduttore 


413 

quali qui non è opportuno insistere, io credo opportuno tener conto per la diagnosi 
dei risultati di questo esperimento, solo allorquando la differenza nella durata di 
percezione del diapason do al vertice presso il malato e presso l’osservatore (indi¬ 
viduo sano) è superiore ai 5 secondi. 

Metodi di Hartmann (1) e di Gradendo (2). Si impiegano sette diapason corri¬ 
spondenti alle differenti ottave della scala musicale di solito colla nota do e si esamina 
la durata della percezione del malato per le singole tonalità, mettendola in rapporto 
colla durata di percezione normale. Per via aerea il diletto è prevalente nelle affezioni 
dell’orecchio medio per i toni bassi, nelle affezioni dell’orecchio interno per i toni 
acuti, nelle affezioni del nervo acustico per i toni medii ; nella ipoestesia acustica 
isterica la diminuzione è uniformemente distribuita lungo la scala (Gradenigo). Non 
possiamo qui trattenerci intorno alle cause d'errore e alle obbiezioni mosse da varie 
parti al metodo. Sul modo di iscrivere graficamente i risultati dell’esame funzionale, 
vedansi i recenti lavori di Zwaardemaker (3) e di Gradenigo (4). 

Metodo di Gellè (5). Quando si comprime ritmicamente l’aria nel condotto uditivo 
esterno mediante opportuno tubo e pallone di gomma, se l’articolazione stapedio-vesti- 
bulare non è anchilosata si determina ad ogni compressione una diminuzione nella 
percezione del suono di un diapason, appoggiato sul vertice o sul tubo stesso di 
gomma, che serve per l’esperienza. Questo mezzo variamente giudicato dagli otologi 
ha dato luogo recentemente a due estese pubblicazioni, una della clinica di Rohrer, 
l’altra di Block (6). 

Metodo di Corradi (7). Se un diapason basso viene appoggiato sulla mastoide, si 
nota che una volta cessata la percezione del suono questa si riproduce per una, due 
o anche tre volte. La facilità alle sensazioni rinascenti starebbe in rapporto, secondo 
le ricerche di Corradi e le mie, con una particolare vulnerabilità dell apparecchio di 
percezione. 

Metodo di Bezold (8). Col mezzo di una serie continua di diapason e del fischietto 
di Galton (vedasi più sopra) si ottengono tuoni da 14 vibrazioni semplici fino a circa 
30,000: si stabiliscono così i limiti inferiori e superiori dell’audizione, si determina 
l’esistenza di eventuali lacune tonali nella percezione, e si possono ricavare importanti 
corollari diagnostici. Bezold si occupa soltanto se la percezione per un determinato 
tono esiste o no, e non tien conto del grado di intensità del tuono necessario a 
provocarla; il suo metodo differisce, sotto questo riguardo, da quello ricordato di 
Hartmann e di Gradenigo. 

Oltre ai metodi sopra riferiti vanno ricordati : Gli esperimenti di Politzer, di 
Gruber, di Lucae, di Baumgarten, di Bing, di Eitelberg, di Bartsch, ecc. per i 
quali dobbiamo rimandare il lettore ai Trattati speciali. 

Oltre all’esame funzionale va ricordato come mezzo diagnostico per 1 organo 
dell’udito, anche l’esame elettrico, intorno al quale dopo la classica opera di Brentier 
(Lipsia 1869) si è venuta raccogliendo nell’ultimo decennio una ricca letteratura 
(Pollale e Gaertner, Gradenigo, Laroche, Benedikt, Bernhardt). Secondo le mie 

(1) Typen d. verseli. Formenr voti Schwerhiirigkeit , Berlino, Fischer, 188G. 

(2) Handbuch der Olirenheilkunde von Schivartze, Voi. II, pag. 393. 

(3) Sprachgehòr u. generelles Tongehor, und das Gradenigo’s Horfeld; Zeitsch.f. Olir., 1894. 

(4) Campo uditivo ed acuità uditiva; Ibid, 1894 e II Policlinico, n. 4, 1895. 

(5) Società d'Otologia Francese, 3 aprile 1885. 

(G) Zeitsch. fùr Ohrenh., 1893 pag. 123. 

(7) Archiv fur Ohrenh., XXX, pag. 176. 

(8) Zeitsch. far Ohrenh., XXY, 1873, pag. 66. 



414 


Appendice del Traduttore 


ricerche, credo di essere autorizzato a stabilire che contrariamente alle opinioni ancora 
dominanti di taluni nevropatologi, la corrente galvanica non ha sulle malattie organiche 
dell’orecchio alcuna azione terapeutica di natura permanente; per converso può 
fornire importanti indicazioni diagnostiche. Quando si taccia ricorso al metodo esterno 
di applicazione (un polo davanti al trago, l’altro nella mano o sullo sterno) nelle 
persone sane non si riesce d’ordinario, contrariamente all’opinione di Brenner e di 

Laroche, ad ottenere reazione elettrica del nervo acustico, anche impiegando il maximum 

dell’intensità sopportabile sulla testa (15, 16 M. A.), e ricorrendo ad artifizi che 
aumentano la eccitabilità (E) galvanica (chiusura prolungata del circuito, alternative 
voltaiche) ; se si riesce ad ottenere una reazione (circa il 10 °/ 0 deì casi ) la formula 
è sempre incompleta, e si deve ricorrere ad una intensità di corrente quasi sempre 
di 12 o 14 M. A., sempre superiore a 6 M. A. In affezioni determinate dell’organo 
dell’udito, e specialmente in quelle a decorso acuto dell’orecchio interno e in determinate 
affezioni endocraniche, specialmente in quelle che si accompagnano ad aumento notevole 
della pressione, si riscontra al contrario il sintomo della facile reazione dell’acustico : 
una intensità di corrente da 1 a 2 M. A. e talora di frazioni di 1 M. A. può bastare 
per ottenere la formula completa di reazione. Tale facile reazione, che taluni autori 
(Pollale, Benedikt) credono di poter attribuire ad una diminuzione della resistenza 
elettrica dei tessuti, dovrebbe invece, secondo le mie osservazioni cliniche e anatomo- 
patologiche, venire attribuita ad un vero aumento dell eccitabilità elettrica del nervo 
acustico. Riguardo alla formula di reazione, alle particolarità che essa può offrire, al 
metodo di rappresentarne graficamente i risultati, sono costretto a rimandare il lettole 

ai lavori recenti in argomento. 

NOTA. 3 a 

SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE OTITI MEDIE IN GENERALE 

La classificazione delle otiti medie è anche al giorno d’oggi oggetto di discussione 
per gli otologi. La scarsezza del materiale anatomo-patologico atto ad illustrare 
specialmente il periodo acuto delle affezioni dell’orecchio medio fece che gli autori 
moderni ricorressero per la classificazione a nozioni generali ricavate da altri rami della 
medicina, e stabilissero sistematicamente alcune forme nosologiche di otiti medie, 
alle quali tentarono di far corrispondere determinati quadri clinici. Poiché la patologia 
generale insegna che nelle infiammazioni delle mucose l’essudato può essere sieroso, 
siero-mucoso, mucoso, purulento, emorragico ecc., ciascun autore stabiliva in base 
a tale criterio alcune principali forme di otite media. Accanto alle forme, acute e 
croniche, caratterizzate dall’essudazione, la maggior parte degli autori è inclinata ad 
ammettere la esistenza di un’otite media secca o sclerosante, caratterizzata dall ispes¬ 
simento e dalla atrofìa della mucosa della cassa, e dalla mancanza di essudazione libera. 
Ciò che però ci dimostra che tale classificazione sistematica non corrisponde del 
tutto ai fatti che si osservano in pratica si è che le classificazioni proposte dai singoli 

autori non concordano di solito tra loro che nelle linee generali. 

Riguardo alla patogenesi, quantunque fino dall’epoca di Troltsch fosse notata a 
importanza che hanno le malattie della rino-faringe nella produzione delle otiti inedie, 
queste ultime venivano riferite fino a pochi anni or sono prevalentemente a influenze 
reumatiche o diatesiche, che si sarebbero esercitate direttamente sull’orecchio affetto. 
Soltanto in questi ultimi anni i progressi della rinologia da un lato, della batteriologia 
dall’altro, ed il moltiplicarsi delle ricerche anatomo-patologiche e cliniche gettarono 
sull’argomento che ci occupa una luce affatto nuova, e permisero di modificare essen- 



415 


Appendice del Traduttore 


zialinente le nostre vedute soprala natura delle varie forme di otite media. Ecco quanto 
si può per ora affermare : 

L’orecchio medio ammala prevalentemente per causa infettiva; l’agente infettivo 
non raggiunge però di solito tale cavità per la via del condotto uditivo esterno, 
perchè se la membrana timpanica è integra essa vale a proteggerla da tale modo di 
infezione; in quella vece nel maggior numero dei casi l’agente infettivo si propaga 
dalle cavità naso-faringee alla cavità timpanica, attraverso alla tromba d’Eustachio. 
Anche nel riguardo patologico adunque, come nel riguardo embriologico, anatomico 
e fisiologico l’orecchio medio è una dipendenza del cavo naso-faringeo. 

Dal punto di vista clinico ed anatomo-patologico si possono stabilire due gruppi 
principali di otiti medie strettamente connessi tra loro per la patogenesi: l’uno 
comprende la otite media acuta e la otite media purulenta caratterizzate da una 
essudazione prevalentemente purulenta, l’altro le otiti medie catarrali acuta e cro¬ 
nica e l’otite sclerosante, caratterizzate da una essudazione prevalentemente mucosa 
o dalla mancanza di essudazione libera. Per il primo gruppo di otiti è ormai bene 
dimostrata una infezione propagata dalla cavità rinofaringea; i sintomi più importanti 
sono la iperemia grave dell’orecchio medio estesa alla membrana timpanica, la for¬ 
mazione di pus, e d’ordinario la successiva perforazione della membrana timpanica, 
dolori assai intensi, complicazioni gravi per diffusione del processo infettivo a parti 
vicine, soprattutto mastoide e cavo endocranico, e nel periodo acuto spesso reazione 
dell’intero organismo. Per il secondo gruppo di otiti, almeno nel periodo precoce della 
malattia, si è riconosciuta del pari una analoga causa infettiva (Maggiora e Gradenigo, 
Contraili, f. Balderiologie, 1890, n. 19); l’essudazione è scarsa, d’ordinario catarrale; 
il sintomo che domina la scena è la diminuzione o la abolizione della facolta uditiva 


con rumori subbiettivi, vertigini ecc. 

Si incontrano non di rado otiti medie che per i loro caratteri costituiscono un 
gruppo di transizione tra le forme ora descritte. Le otiti catarrali lasciano distinguere 
nel loro decorso due periodi, l’uno acuto o subacuto, che si svolge di solito nell’in¬ 
fanzia o nella fanciullezza del paziente, l’altro cronico, che si incontra con maggior 
frequenza nell’età adulta. Nel primo periodo la affezione è caratterizzata da compar¬ 
tecipazione al processo morboso della membrana timpanica e da dolori, in minor 
grado però che nelle otiti purulente; l’essudato è prevalentemente mucoso e non 
provoca la perforazione della membrana; non esistono di solito sintomi di reazione 
generale. Nel maggior numero dei casi tale essudato non può venire convenientemente 
eliminato o riassorbito; una parte resta nella cavità timpanica, si ispessisce per 
l’assorbimento delle sue parti liquide, e agendo come corpo straniero mantiene la 
irritazione della mucosa ed impedisce una completa guarigione. E perciò che la ma¬ 
lattia assume a poco a poco andamento cronico ; i fenomeni infiammatoriì (iperemia, 
essudazione), passano in seconda linea, si hanno invece modificazioni di carattere 
degenerativo della mucosa (atrofìa, sclerosi dei tessuti), e in seguito a processi che 
sarebbe troppo lungo lo esporre per disteso qui avvengono gravi alterazioni nello 
apparecchio destinato alla trasmissione dei suoni (anchilosi delle ossicina, immobi¬ 
lizzazione della staffa nella finestra ovale, retrazione del muscolo tensore del martello, 


aderenze abnormi, ecc.). ... . 

Queste alterazioni si stabiliscono a poco a poco nella cavità timpanica in segui o 

all’otite catarrale cronica, impiegano sovente degli anni nello svolgersi e si manife¬ 
stano per il paziente solo come sordità di vario grado e di carattere progressivo. 
Tale sordità dipendente da difficoltata o impedita funzione dell’apparecchio di tras¬ 
missione dei suoni si può designare come sordità da causa meccanica ed ha caratteri 



Appendice del Traduttore 


416 

funzionali ben marcati. Le anomalie di nutrizione che si svolgono nella cavità tim¬ 
panica si diffondono soprattutto in determinati soggetti portatori di predisposizioni, 
delle quali sarà fatto cenno nella Nota tf a , attraverso le finestre labirintiche, agli 
elementi dell’orecchio interno; si ha così la vera sordità nervosa. 

Un processo molto analogo a quello che è costituito dalle otiti catarrali croniche 
ora descritte è dato dalla cosidetta otite sclerosante o sclerosi. Oggi ancora non si 
può dire risolta la questione dei rapporti esistenti tra le otiti catarrali croniche in 
genere e la sclerosi dell’orecchio. Taluni autori, in base soprattutto ai disturbi fun¬ 
zionali, vorrebbero fare un solo gruppo delle due forme morbose, differenti soltanto 
per intensità di sintomi e per localizzazione delle lesioni; altri in quella vece riten¬ 
gono doversi tenere ben distinte le otiti sclerosanti dalle otiti catarrali croniche, perchè 
nelle prime mancano abitualmente caratteri infiammatorii manifesti, manca anche nei 
periodi precoci una essudazione libera in cavità e finalmente la membrana timpanica 
conserva aspetto quasi normale. E certo che la osservazione clinica lascia riconoscere 
per le due categorie di otiti una grande affinità così nella patogenesi come nel decorso. 

Ricerche anatomo-patologiche recenti (Habermann, Politzer), farebbero credere 
che la sclerosi dell’orecchio sia in effetto legata ad alterazioni speciali del tessuto 
osseo, in corrispondenza alla parete labirintica, le quali finiscono col determinare la 
anchilosi dall’articolazione stapedio-vestibolare (Vedasi in proposito una importante 
comunicazione di Politzer al Congresso Internazionale di Roma 1894, Archivio Ita¬ 
liano di Otologia , Rinologia e Laringologia , II, 1894, 295). 

Le otiti medie catarrali stanno per la loro etiologia in rapporto con affezioni 
catarrali subacute o croniche della cavità faringo-nasale. Queste ultime si stabiliscono 
negli individui predisposti già nella prima fanciullezza, favorite dallo sviluppo che in 
questa età hanno gli elementi adenoidi della mucosa delle prime vie aeree. 

L’iperemia ed il rigonfiamento della mucosa faringea, in corrispondenza dei pa¬ 
diglioni tubari, determinano la stenosi della tromba; l’aria contenuta nella cavità 
timpanica non viene convenientemente rinnovata, resta perciò rarefatta, e la mem¬ 
brana timpanica insieme alla catena delle ossicina è spinta all’interno dalla pressione 
dell’aria nel condotto uditivo, cosicché risulta diminuita la mobilità dell’apparecchio 
di trasmissione. In un periodo ulteriore le lesioni della mucosa faringea si diffondono 
lungo la tromba per contiguità all’orecchio medio, l’essudazione mucosa, che risulta 
dall’am mal arsi di quest’ultimo, non può venire completamente eliminata cosicché, come 
fu notato, si ha la persistenza di un’otite media talora indipendente dalla rino-faringite 
che ne fu la causa. 

Riconosciuto che così le otiti purulente come le catarrali hanno per causa uno 
stesso elemento infettivo propagato dalla ri no-faringe, si può chiedere perchè le stesse 
forme di microorganismi possono dare in un caso otite purulenta e in altro caso 

otite catarrale. 

Per ora non si può rispondere con sicurezza a tale domanda. Fu però notato che 
non basta l’esistenza nell’orecchio medio di microorganismi piogeni per dare origine 
ad un’otite purulenta; sono necessari altri fattori, quali l’influenza reumatica, il 
trauma ecc. È assai probabile che si debbano ricercare in analoghi fattori accessori 
le cause che modificano il modo di sviluppo dei microorganismi piogeni, cosicché ne 
risultano le otiti catarrali. 

Quando la otite catarrale è passata allo stadio cronico non si tratta già più di 
un processo infettivo, ma di alterazioni di nutrizione della mucosa secondarie alla 
infezione che ha avuto svolgimento. ,, 


Appendice del Traduttore 


417 


N O TA 4 a 

PATOGENESI DELLE OTITI MEDIE ACUTE 

Ricerche batteriologiche recenti (Zaufal, Weichselbaum, Netter, Scheibe, Lewy 
e Schrader, Bordoni-Uffreduzzi, Maggiora, Pes, Penzo, Gradenigo, Kanthack, Kossel), 
dimostrarono che la otite media acuta è una forma infettiva, la quale può essere 
prodotta da differenti specie di microorganismi, e specialmente dal diplococcus 
pneumoniae (Fraenkel), dallo stafilococco piogeno albo e aureo, e dallo streptococco 
piogeno; meno spesso si rinvennero come causa il bacillus pneumoniae (Friedlaender), 
lo stafilococco piogene tenue, il citreo, il micrococco tetrageno, il bacillo simildifterico 
e qualche altro microorganismo; nelle forme croniche si rinvennero anche saprofiti in 
grande numero. In un lavoro pubblicato da me in collaborazione con Bordoni-Uffreduzzi 
(Archivio per le Scienze mediche, 1890, 263) trovammo opportuno distinguere dai 
punto di vista batteriologico tre categorie di otiti medie purulente: 

1° Quelle nelle % quali il secreto che serviva all’esame microscopico ed alla coltura 
fu ricavato mediante paracentesi dall’orecchio medio a membrana timpanica integra, 
sia durante la vita sia dopo la morte; 

2° Quelle nelle quali il pus fu esaminato dopo qualche tempo (da uno a trenta 
giorni) dacché era avvenuta la perforazione spontanea della membrana; 

3° Forme nelle quali la affezione durava da mesi o da anni ed avea assunto 

caratteri decisi di cronicità. 

In un ulteriore lavoro pubblicato da Maggiora e da me (Giornale della R. Acca¬ 
demia di Medicina di Torino , 1891, 7-8) ci è stato possibile raccogliere dalla lette¬ 
ratura e dalle nostre osservazioni 54 casi di esami batteriologici completi appartenenti 
alla prima categoria, 63 alla seconda, e 25 alla terza. In circa la metà dei casi delle 
otiti acute della prima categoria fu rinvenuto il diplococco di Fraenkel, più spesso 
in coltura pura, talora associato ad altri microorganismi. La frequenza del pneumococco 
è già molto minore nelle osservazioni della seconda categoria, dove esso si riscontra 
solo o associato 22 volte su 63 casi. Nelle forme croniche della terza categoria il 
pneumococco di solito manca. Subito dopo per ordine di frequenza nel determinare 
le otiti purulente vengono gli stafìlococci piogeni; più rari ancora sono lo streptococco 
e il bacillo piocianeo. Questi ultimi microorganismi hanno caratteri morfologici e 
culturali, sui quali non vi è oggi più soggetto a discussione; per il diplococco di 
Fraenkel invece lo studio citato di Bordoni-Uffreduzzi e mio fece rilevare che non tutti 
i caratteri offerti dal diplococco otitico collimano perfettamente con quelli del diplococco 
pneumonico. Così nel pus i cocci capsulati si mostrano spesso sotto forma di catene 
e contenuti entro le cellule, mentre negli essudati acuti degli animali inoculati col 
diplococco pneumonico questo si trova prevalentemente libero nel plasma e riunito 
a due. Tacendo di altri caratteri differenziali dobbiamo però accennare che il diplococco 
è virulentissimo per il coniglio, mentre nei nostri casi nè il pus dell otite, nè le colture 
si sono mostrate patogene per questa sorta di animali. Si può concludere che il 
diplococco lanceolato che si riscontra nelle otiti è un microorganismo in uno stato di 
attenuazione e il fatto che esso dà nell’orecchio un processo di infiammazione locale 
è una conferma di quanto si può osservare attenuando artificialmente il pneumococco, 
che cioè perde le proprietà di agente patogeno generale per acquistar invece quelle 
di agente patogeno locale. La proprietà di svilupparsi nell agar sotto forma di catene 
fa dubitare che in taluni casi di otite nei quali fu portata la diagnosi di streptococco 
piogene, si trattasse invece di tale forma attenuata di microorganismo, i cui caratteri 



418 


Appendice del Traduttore 


più sicuri, per essere distinto dall’altra specie, sono la forma che assume nel sangue 
degli animali inoculati (diplococco lanceolato capsulato) e lo spegnersi rapido della 
sua vitalità. Tutti i microorganismi ritenuti capaci di produrre l’otite acuta, si possono 
trovare nella cavità naso-faringea anche delle persone sane, e a più forte ragione 
quindi, presso individui che soffrono di catarro acuto e cronico delle prime vie aeree. 
In qual modo avviene la infezione dell’orecchio medio? Ricerche istituite molto accu¬ 
ratamente da Zaufai (Prag. med . W., 1889, nn. 6-12) permisero di riconoscere che 
la cavità timpanica normale degli animali (coniglio) non è di regola priva di germi; 
essa contiene un numero assai piccolo di germi capaci di sviluppo. Il meccanismo 
della tromba di Eustacchio può dunque impedire, in condizioni normali, la penetrazione 
nella cassa timpanica del maggior numero di germi contenuti nell’aria, però esso 
non funziona in modo così completo da impedire allatto la penetrazione di singoli 
germi. Procedendo dalla parte anteriore delle narici fino all’apertura faringea della 
tromba e alla cavità timpanica il numero dei germi suscettibili di sviluppo diminuisce 
rapidamente; però nell’ostio faringeo della tromba e intorno ad esso resta pur sempie 
un considerevole numero di germi, mentre nella cavità timpanica questo numero è 
ridotto al minimo. Tali risultati, ove venissero confermati da ulteriori esperimenti, 
sarebbero di gronde importanza per 1 etiologia della otite media acuta; noi dovremo 
ammettere che i germi che riescono a penetrare nella cavità timpanica o non trovano 
colà in condizioni ordinarie terreno favorevole al loro sviluppo, o vi rimangono come 
germi in riposo, finché col tempo o perdono la loro vitalità o vengono di nuovo 
respinti verso la tromba e la faringe. Se germi in generale possono penetrare nella 
cassa si deve ammettere questa possibilità anche per i germi patogeni, i quali possono 
restare a lungo latenti, ma quando per cause contingenti vengano ad essere modificate 
le condizioni di nutrizione della cavità timpanica, in modo che resti favorito il loro 
sviluppo, determineranno la infiammazione acuta dell’orecchio medio. La stessa influenza 
a noi sconosciuta (raffreddamento, trauma) che favorisce la proliferazione dei germi 
contenuti nel naso, nella faringe, dando luogo a talune corizze, faringiti — influenza 
che per lo passato veniva ritenuta come unico elemento etiologico di tali fatti infiam- 
matorii — può esercitare la sua azione anche sui germi in riposo contenuti nella cavità 
timpanica. Simile etiologia può anche invocarsi nelle otiti provocate da malattie 
generali d’infezione, per es. nel tifo; in tal caso le modificazioni nelle condizioni di 
nutrizione dell’intero organismo, la diminuzione nella resistenza dei vari tessuti possono 
favorire lo sviluppo dei germi patogeni contenuti nella cassa timpanica. 

Accanto a questo modo di origine dell’otite acuta se ne deve ammettere un secondo, 
che è direttamente dimostrato dalla Clinica e che è di certo il più frequente. Quando 
la mucosa delle prime vie aeree è malata, i microorganismi, che risiedono in abbondanza 
nelle cavità corrispondenti, possono venir spinti in cavità timpanica dalla pressione 
dell’aria attraverso alla tromba nelle migliori condizioni per il loro sviluppo: in grande 
numero cioè, e nella loro completa virulenza. Così si spiegano le otiti insorgenti 
dopo l’atto energico di soffiarsi il naso, dopo le doccie nasali con acqua semplice e 


medicata, dopo un colpo di tosse, ecc. . . . 

Altre due maniere di propagazione dell’agente infettivo all’orecchio medio si 

possono immaginare, le quali però hanno in appoggio fin ora prove cliniche assai 
scarse: i microorganismi, che proliferano nei tessuti vicini, possono farsi strada fino 
nel tessuto della mucosa della cassa lungo gli spazi e i vasi linfatici oppure possono 
arrivare nella mucosa della cassa e fissarsi colà portati dalla corrente sanguigna. 

Una volta sviluppatasi l’infiammazione dell’orecchio medio e avvenuta la perfo¬ 
razione spontanea e artificiale della membrana timpanica, può aver luogo una infezione 



Appendice del Traduttore 


419 


secondaria, terziaria da parte dei microorganismi penetrati nel cavo timpanico per 
la via del condotto uditivo esterno. 


Si può ritenere adunque che la otite media acuta abbisogna per svilupparsi di 
due momenti etiologici distinti: la esistenza nella cavità timpanica di microorganismi 
patogeni suscettibili di sviluppo, che nella grande maggioranza dei casi penetrano per 
la via della tromba, e modificazioni speciali nelle condizioni di nutrizione della cassa, 


che rendono possibile la proliferazione di tali microorganismi (di solito influenze 


reumatizzanti, traumi). 

L’autore riferisce la opinione formolata nel 1889 da Netter, che cioè anche il 
decorso clinico dell’otite abbia caratteri particolari, a seconda della qualità del mi¬ 


croorganismo patogeno. L’otite a pneumococci sarebbe la più benigna, quella a stre- 
ptococci di particolare malignità. L’osservazione clinica di questi ultimi anni non 
permise di confermare queste opinioni, ciò che d’altronde era prevedibile, in conside¬ 
razione di quanto si osserva per i processi infettivi in genere, la cui gravità dipende 
da fattori molteplici, principali tra i quali il grado di virulenza del microorganismo 
nel singolo caso, e la resistenza nell’individuo. Le otiti a pneumococci possono presen¬ 
tare gravità molto varia, così ripetasi di quelle a stafilococci. La opinione invece che 
la forma da streptococci abbia spesso speciale malignità viene confermata da un certo 
numero di casi. Anche i caratteri della secrezione morbosa non stanno in rapporto, 
come avea ritenuto Netter, colla specie di microorganismo causa della infezione. Nello 
studio fatto da Bordoni-Uffreduzzi e da me sulle otiti da influenza (Annales des maladies 
de Voreille , 1890, 382) abbiamo riconosciuto che nelle forme acute «ad essudato 
emorragico si può incontrare così lo stafilococco come il diplococco; in altre forme 
nelle quali l’essudato è a prevalenza sieroso, in altre purulento si incontrano indif- 
rentemente questi due microorganismi. 

L’autore parla in differenti punti delle otiti purulente che si riscontrano nei neo¬ 
nati e nei bambini alla mammella. Per verità lesioni dell’orecchio medio di apparenza 
infiammatoria furono descritte nei neonati e lattanti da una lunga serie di osservatori, 
fra i quali vanno ricordati Wreden, Troltsch, Parrot, Renaut, Barety, Gellé, Hart¬ 


mann, Steiner. 

Ricerche batteriologiche istituite da Netter nell’anno 1889 avrebbero confermato 
che tali lesioni sono causate da cocci piogeni e quindi sono di carattere infiamma¬ 
torio. Una serie di altre ricerche istituite da me in collaborazione con Penzo nel 1890 
ci hanno portato invece alla conclusione che le lesioni che si riscontrano, con par¬ 
ticolare frequenza, nella cavità timpanica dei cadaveri dei neonati devono venire, 
almeno nella maggioranza dei casi, messe in rapporto colla rapida putrefazione, 
alla quale vanno incontro in questa età i delicati tessuti dell orecchio medio, e 
non con veri fatti infiammatori!. Nel 1893 Kossel esaminò 108 cadaveri di bambini 
fino all’età di un anno, ed in 85 casi riscontrò affezioni della cavita timpanica con 
reperto batteriologico vario, e cioè di carattere infiammatorio. Hartmann ebbe il 
merito di studiare tali affezioni dell’orecchio medio dei lattanti dal lato clinico, di di¬ 
mostrarne la natura infiammatoria, e di far risaltare il benefìcio che anche in questa 
età porta la paracentesi della membrana timpanica, non solo sull’affezione locale, 
ma altresì sui fenomeni di reazione generale (Archivio Italiano di Otologia, ecc.. Ili, 
1895, pag. 5). Come conciliare le differenze nei risultati delle indagini batterio- 
logiche di Netter, di Kossel, di Hartmann da un lato e quelle di Penzo e di me 
dall’altro? Assai probabilmente la spiegazione deve venir data da questo fatto: che 
i primi osservatori hanno studiato bambini morti o malati per malattie infettive gene¬ 
rali, mentre noi abbiamo fatto le ricerche in bambini per la maggior parte morti 



420 


Appendice del Traduttore 


o durante il travaglio del parto, o per immaturità. Si può adunque stabilire il fatto 
della frequente compartecipazione delPorecchio medio dei neonati a processi morbosi 
infettivi generali. 

NOTA 5 a 

SULLA CURA DELLA OTITE MEDIA ACUTA 

Quando si passino in rassegna i metodi proposti da vari Autori per la cura della 
otite media acuta, si scorge come oggi ancora, malgrado le conoscenze patogenetiche 
abbastanza esatte che si posseggono sul processo morboso, vengono seguiti metodi 
differenti, ferme restando soltanto alcune poche norme generali, quali quelle riguar¬ 
danti l’opportunità della paracentesi timpanica, le cautele asettiche per gli interventi 
sull’orecchio medio, ecc. In una monografia sull’argomento, che il dott. 0. Pes ed 
io pubblicammo di recente (Giornale della R. Accademia di Torino , 1894, fasci¬ 
coli 6-7-8), abbiamo cercato di stabilire le indicazioni curative in base ad una serie 
di indagini batteriologiche da noi istituite intorno alla genesi, e all andamento del 
processo morboso nell’orecchio medio, e in questa nota saranno brevemente esposti i 

principali risultati ai quali siamo pervenuti. 

Allorquando venne riconosciuta la natura infettiva della otite acuta, si credette 
di poter far abortire o vincere l’infiammazione coll’impiego energico di sostanze an¬ 
tisettiche, il sublimato in prima linea. Senonchè nella pratica si riconobbe, che per 
un lato questo sistema non raggiunge lo scopo, e per un altro può riuscire causa di 
danni. In effetto gli antisettici nella otite infettiva non riescono a distruggere i germi 

patogeni : 

1° Perchè la quantità della soluzione antisettica che può entrare nella cavità 
timpanica dal condotto uditivo esterno, attraverso alla perforazione, d’ordinario assai 
ristretta, della membrana, o dalla tromba attraverso il catetere, è relativamente assai 

piccola in confronto all’abbondanza del secreto; 

2° Perchè gli antisettici sono poco attivi se usati in soluzione opportunamente 

diluita, o troppo irritanti pella mucosa timpanica, usati nella concentrazione necessaiia, 

3° Perchè anche ammessa la penetrazione nella cavità timpanica in quantità e 
in concentrazione efficace del liquido antisettico, le molteplici ripiegature della mu¬ 
cosa rendono assai difficile l’arrivo della soluzione stessa in tutti i punti della su¬ 
perfìcie, sicché l’antisepsi riesce incompleta. Inoltre devesi notare che l’antisettico non 
può raggiungere gli strati profondi della mucosa, dove appunto si tiovano i micio- 

organismi patogeni. 

Il concello curativo razionale dell 1 otite acuta non può adunque consistere nella 
distruzione in posto dei microorganismi infettanti. In quella vece si è osservato 
che, come in altri organi, anche nell’orecchio medio (Zaufal) il processo infiammatorio 
ha la tendenza a percorrere i suoi stadii in modo ciclico: favorire per quanto è pos¬ 
sibile questo decorso, ponendo d’altra parte l’organismo nelle migliori condizioni per 
resistere all’infezione, ecco quello che si deve prefiggere un metodo di cura vera¬ 
mente rispondente alle nostre conoscenze scientifiche attuali. 

Una prima questione che si affaccia è la seguente: è conveniente nella cura della 
otite media acuta, di porre ostacolo alla comparsa della suppurazione, di tentale di 

evitare il determinarsi della perforazione timpanica? 

Considerazioni teoriche, desunte dalla patologia generale, e fatti di osservazione 
quotidiana, si accordano nel risolvere in modo negativo tale questione. La pei Ae¬ 
razione timpanica, che si stabilisce spontaneamente, contribuisce in modo efficace alla 



Appendice del Traduttore 


421 


risoluzione del processo morboso ; altrettanto dicasi della perforazione artificiale o 
paracentesi, quando la spontanea tarda a stabilirsi. La paracentesi timpanica deve 
poi considerarsi come atto operativo perfettamente innocuo quando condotta con ri¬ 
gorose regole asettiche, e soprattutto non fatta seguire da quelle manovre irritanti e 
pericolose, le quali furono immaginate per provocare l’uscita violenta, e di solito sol¬ 
tanto parziale di un essudato, che ha tutta la tendenza ad uscire spontaneamente (in¬ 
sufflazioni d’aria nella cassa, lavacri dell’orecchio medio attraverso il catetere, ecc.). 

La prima e più importante indicazione da seguire nella cura e dunque il 
procurare che il secreto abbia libera uscita all 1 esterno, sia attraverso la perfo¬ 
razione timpanica spontaneamente determinatasi , sia attraverso ad una apertura 
artificiale della membrana. 

Altre indicazioni curative derivano dalla conoscenza della influenza dannosa che sul 
decorso dell’otite media acuta esercitano le infezioni secondarie e le irritazioni locali. 

A Zaufal spetta il merito di aver dimostrato per il primo come nel decorso del¬ 
l’otite acuta, al microorganismo che provocò l’infiammazione se ne possa sovrapporre 
o sostituire un secondo e talora un terzo, restando così determinate infezioni secon¬ 
darie o terziarie, che prolungano la durata della malattia. I lavacri o i bagni d’orec¬ 
chi frequentemente ripetuti sono a ritenersi dannosi, perchè da un lato non possono 
avere sufficiente efficacia curativa sul processo morboso, e dall’altro costituiscono, 
soprattutto se affidati al paziente stesso, o ai suoi famigliari, come nella pratica torna 
necessario, una pericolosa causa di infezione secondaria. E l’insufflazione d’aria col 
metodo Politzer, e i lavacri per tubam devono dirsi anche più pericolosi, non solo 
perchè facilitano un’infezione secondaria del cavo timpanico, per mezzo di agenti in¬ 
fettivi esistenti nella rino-faringe, ma anche perchè, spingendo il secreto meccanica- 
mente dalla cassa nell’adito e nell’antro, favoriscono la diffusione della infiammazione 

anche a queste parti. 

E quanto alle irritazioni locali, è erroneo il credere, come molti colleglli, che la 
mucosa timpanica, delicatissima e intollerante in condizioni normali al contatto di 
qualsiasi sostanza estranea, divenga tollerantissima quando è infiammata, cosicché ne 
resti giustificato l’impiego di forti soluzioni antisettiche o astringenti. 1 fatti clinici 
di osservazione quotidiana stanno a conferma di tale modo di vedere. 

I lavacri sono generalmente consigliati allo scopo di impedire il ristagno di pus 
nel condotto uditivo esterno; havvi anzi chi raccomanda di praticarli con grande 
frequenza anche di notte; a questa indicazione risponde molto meglio il drenaggio 
del condotto uditivo stesso, come vedremo più avanti. I lavacri sono altresì dannosi, 
perchè se praticati di frequente e con sostanze irritanti danno luogo spesso ad eczemi, 

a foruncoli del condotto uditivo e del meato. 

Le indicazioni razionali per la cura locale dell’otite acuta possono quindi così for- 

niulstrsi • 

a) Provvedere ad un buon drenaggio del pus, mettendo l’organismo nelle mi¬ 
gliori condizioni per resistere alla infezione e per attendere l’ultima fase del decorso 

ciclico di queste; 

b) Evitare una infezione secondaria, sia per la via del condotto uditivo esterno, 

sia per la via della tromba; 

c) Evitare le irritazioni meccaniche o chimiche. 

Ecco il metodo da me seguito, la cui efficacia è dimostrata così dai risultati delle 
indagini batteriologiche ripetute di frequente in uno stesso caso, come dall’osserva¬ 
zione clinica. Quando l’otite acuta è all’inizio è giustificato il tentare il trattamento 
abortivo; riposo in casa o a letto, dieta leggiera, gargarismi detersivi, medicazioni 

27. — Tr. di Chir., IV, p. 2 a — Malattie delle regioni. 


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Appendice del Traduttore 


nasali, ecc. Localmente isolazioni di una leggiera soluzione acquosa con cloridrato 
di cocaina (2 per cento) e di acido fenico (2 per cento). La soluzione in glicerina di 
acido fenico, consigliata e adottata generalmente, ha, come fu già dimostrato da Ceppi 
(Corr. Blatt. f. Schio. Aertze, 1893, n. 23) scarsissimo valore antisettico, ed è perciò 
che le soluzioni gliceriche sono tollerate in concentrazione altissima (10-20 °/ 0 ), al 
contrario delle soluzioni acquose. 

Fallito il trattamento abortivo, se i dolori continuano, non si deve esitare nel 
praticare precocemente una larga paracentesi timpanica colle cautele asettiche di 
norma. Dopo la paracentesi nessun lavacro, nessuna manovra che possano riuscire 
irritanti. Alla paracentesi suole, dopo poche ore, tener dietro una abbondante uscita 
di secreto dal condotto: il nostro scopo deve essere adesso quello di impedire la pre¬ 
coce chiusura della membrana, e un’infezione secondaria per la via del condotto. Ad 
assicurare la continuità della secrezione risponde meglio che tutto il drenaggio prati¬ 
cato nel seguente modo : Previa pulitura del condotto con cotone sterile o con inie¬ 
zioni tepide leggiermente antisettiche spinte con poca forza (soluzione di sublimato 
uno su diecimila) si introduce mediante una pinzetta a gomito una sottile striscia di 
garza, sterilizzata, o comunque medicata fino nella profondità del condotto, attraverso 
lo speculo e sulla guida delPocchio; devesi portare l’estremità della striscia non fino a 
contatto della membrana, dove potrebbe riuscire irritante, ma in immediata prossi¬ 
mità di questa. 

La striscia di garza non troppo compressa occupa per intero il condotto ; a con¬ 
tatto della sua estremità esterna, a livello del meato, vengono posti altri strati di garza 
in modo da occupare la cavità del padiglione, e se l’essudato è abbondante si fa una 
medicazione completa occlusiva con altra garza e cotone. Questa medicazione viene 
rinnovata una volta nelle ventiquattr’ore, o, a seconda della quantità del secreto, 

anche due volte. 

Nella maggior parte delle otiti acute genuine questo trattamento locale messo in 
opera fin da principio, e associato alle consuete norme generali, a una cura blanda 
del naso e della faringe, vale a far scomparire i dolori e a portare una guarigione 
rapida; il processo morboso assume un andamento nettamento ciclico. 

Il metodo di cura ora descritto ha dato nelle nostre mani risultati ottimi, come 
abbiamo potuto dimostrare, il dott. Pes ed io in un altro lavoro (Giornale della 
R Accademia , 14 giugno 1895, fase. 7 ed 8) ; su quarantanove casi di otiti acute, il 
cui andamento potè venir seguito giorno per giorno fino a guarigione, la durata della 
malattia fu in media di quattordici giorni; ben undici malati guarirono nella prima 
settimana. Va tenuto poi conto nel giudicare tali risultati che non si trattava di otiti 
acute abortive, quali possono esser osservate nella clientela del medico generico, ma 
di affezioni che presentavano di solito quella gravità, per cui i colpiti ricorrevano fino 

dai primi giorni alle cure specialistiche. 

Per ulteriori dettagli, nella tecnica e nelle risultanze, dobbiamo rimandare i lettori 
ai lavori precitati. 

NOTA. 6 a 

SULLA PATOGENESI DELLA SORDITÀ PROGRESSIVA 

Le affezioni dell’orecchio che danno più di frequente origine al sintoma: sordità 
progressiva, sono le malattie croniche non purulente dell’orecchio medio. 

Fu già detto nella Nota 3' che tra le affezioni catarrali croniche dell’orecchio 
medio, e le otiti sclerosanti, vi sono molti punti di analogia; l’esame però accurato 


Appendice del Traduttore 


m 


dei fatti clinici e anatomo-patologici porta a tenere distinte le otiti catarrali pro¬ 
priamente dette dalle vere sclerosi dell’orecchio medio. E a queste ultime forme che 
è in modo speciale legata la sordità progressiva. Più raramente questa forma di sor¬ 
dità è causata da una affezione, che si sviluppa primitivamente nel labirinto, favorita 
forse da leggiere alterazioni dell’orecchio medio. 

Quando si studino i casi di otite sclerosante, si può notare che i pazienti appar¬ 
tengono a tre principali categorie: 

l a Quelli non tubercolosi, ma nella cui famiglia esiste la tubercolosi (sclerosi 
para-tubercolare) ; 

2 a Quelli i cui genitori sono sifilitici ( sclerosi para-sifilitica ); 

3 a Quelli nella cui famiglia esistono malati con affezioni auricolari analoghe 
(eredità otitica) ; di solito i malati stessi o qualche loro congiunto presentano sintomi 
di diatesi reumatica, artritica, o gottosa. 

E importante precisare il significato che, a mio parere, si deve attribuire alla 
affezione auricolare nei due primi gruppi di malati; non si tratta di una tubercolosi 
o di una sifilide ereditaria propriamente detta; in questo caso le lesioni auricolari 
sono di solito caratteristiche e siamo in presenza di una vera infezione. I malati di 
cui parliamo non hanno invece ereditato l’infezione, ma una speciale diminuzione di 
resistenza dell’organismo alle cause patogene comuni, una vera diatesi : le forme 
morbose sono, secondo una felice denominazione di Fournier, di carattere para-sifi¬ 
litico, e, mi sia permesso 1’aggiungere, para-tubercolare. Sono adunque le due diatesi 
oggi ancora comunemente ammesse, l’artritismo e la scrofolosi, e una infezione, la 
sifilitica, che ereditariamente può attenuarsi ancor essa al significato di diatesi, quelle 
che predispongono l’organo dell’udito ad ammalare di sordità progressiva. Queste 
differenti diatesi hanno la loro espressione clinica comune in una diminuzione di 
resistenza dell*organismo, e più precisamente nella tendenza che hanno i catarri acuti 
delle prime vie aeree, così frequenti nei bambini, a recidivare, a divenire cronici, cau¬ 
sando modificazioni relative di quelle mucose (vegetazioni adenoidi, ipertrofìe delle 
tonsille buccali e della mucosa nasale). Le lesioni rinofaringee si diffondono più tardi 
attraverso la tromba all’orecchio medio, dove svolgendosi con particolare tenacia e 
malignità assumono la forma clinica della sclerosi e mostrano precocemente tendenza 

a trarre in partecipazione l’orecchio interno. 

Queste nozioni patogenetiche che gli otologi, a mio parere, hanno torto talvolta 
di trascurare, acquistano importanza nel riguardo terapeutico. Evidentemente una 
delle cause degli insuccessi del trattamento di tali forme morbose è da ricercarsi in 
ciò, che esso viene istituito di solito con mezzi puramente locali, mentre sarebbe 
opportuno che la terapia fosse informata ai momenti patogenetiei che agiscono in 

ogni singolo caso. 

Quanto alla sordità progressiva da otite interna primitiva essa s’incontra assai 
più di rado : deve venir segnalata per la relativa frequenza quella che è legata ad 

una sifilide ereditaria tarda. 


NOTA. 7 a 

SULLA CHIRURGIA DELLA MASTOIDE E DELLA CASSA 

In questi ultimi tempi si andò determinando un vivo movimento scientifico diretto 
non solo a precisare e a sistemare gli interventi operativi nelle affezioni acute o 
croniche della apofisi mastoide, ma altresì a stabilire i principii e le modalità tecniche 
di una cura operativa della otite media purulenta cronica, mantenuta da lesioni varie 

27*. — ZV. di Chir., IV, p. 2* — Malattie delle regioni. 


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Appendice del Traduttore 


deirosso temporale. La gravità delle otiti purulenti croniche, che come si è visto, 
possono dare origine a complicazioni talora mortali, la tenacia, colla quale resistono 
spesso al trattamento anche il meglio diretto, giustificano il tentativo di ottenerne 
la guarigione con interventi chirurgici. L’impulso a ciò fu dato nel 1889 da Kiister 
e da Bergmann, più tardi i metodi operativi furono modificati e completati in varie 
direzioni da numerosi otojatri, tra i quali vanno soprattutto ricordati Schwartze, 
Zaufal, Hartmann, Stacke, Siebenmann, Kòrner. 

Una delle più importanti nozioni che risultarono dai nuovi studi è la dimostrazione 
che sotto il concetto generico di otite media purulenta cronica vanno confuse forme 
morbose affatto distinte per patogenesi e per decorso, ognuna delle quali merita perciò 
un posto nosologico a parte, ed esige speciale metodo di cura. 

Le cause per le quali divengono croniche le otiti purulenti acute sono assai com¬ 
plesse, e nel giudizio di esse non sono ancora concordi gli otologi. A parer mio esse 
si possono però riassumere tutte nelle quattro categorie seguenti : 

1° Mancanza od imperfezione del trattamento impiegato contro l’otite acuta; 

2° Ritenzione del secreto nelle cavità dell’orecchio medio (perforazione timpanica 
troppo piccola o sfavorevolmente collocata, affezioni dello spazio epitimpanico, empiemi 
mastoidei troppo abbondanti relativamente al potere di riassorbimento delle pareti, ecc.) ; 

3° Affezioni purulente di organi vicini (rino-faringe, condotto uditivo esterno), 
le quali mantengono la suppurazione dell’orecchio medio; 

4° Affezioni diatesiche soprattutto tubercolari. 

I casi di otite purulenta cronica appartenenti alla prima categoria, nei quali la 
persistenza della suppurazione è causata semplicemente dalla stagnazione e dalla 
putrefazione del pus per mancanza di pulizia, quantunque sieno largamente aperte le 
vie naturali di drenaggio della cavità timpanica nel condotto uditivo esterno, sono 
quelli che guariscono rapidamente con qualunque trattamento antisettico, anzi vorrei 
dire di semplice pulizia; e guariscono spesso in pochi giorni anche se duravano da 
molti anni. Sono questi i tanto decantati casi di pieno successo dei nuovi antisettici, 
che vengono di tratto in tratto da qualche collega impiegati nella cura dell’otorrea 
(senza distinzione di forma clinica); in questi casi il nuovo rimedio dimostra una effi¬ 
cacia meravigliosa e viene perciò portato alle stelle, per venire subito dopo abbando¬ 
nato e dimenticato. Di tale categoria di otiti non è necessario lo intrattenerci. 

I casi della terza categoria possono guarire prontamente colla cura dell’orecchio 
anche più blanda, appena si riesca a togliere la causa che mantiene 1 infezione, so¬ 
prattutto le vegetazioni adenoidi della rino-faringe. Per converso i casi della quarta 
categoria, nei quali l’affezione otitica non è che un fenomeno locale di gravi altera¬ 
zioni diatesiche generali (tubercolosi, diabete, sifilide, ecc.), guariscono soltanto quando 
si riesca a modificare efficacemente la diatesi ; la cura locale non può avere che valoie 
di adiuvante e passa in seconda linea. 

Molte volte i fattori causali nella terza e quarta categoria si incontrano associati 
tra loro e il quadro clinico e le indicazioni curative ne risultano perciò assai 

complesse. 

In generale si può dire però che sono i casi della seconda categoria quelli che 
domandano un trattamento chirurgico locale; essi sono i più numerosi ad incontrarsi 

nella pratica, e di essi specialmente dobbiamo occuparci. 

La ritenzione di pus che mantiene la suppurazione può avvenire per meccanismi 
differenti, a seconda che il secreto ristagni : a) Nella cavità timpanica stessa in sito 
abbastanza facilmente accessibile dal condotto uditivo esterno; b) Nello spazio epitim¬ 
panico; c) Nell’antro; d) Nell’antro e nello spazio epitimpanico insieme. 



Appendice del Traduttore 


425 


a) Quando il secreto ristagna nella cavità timpanica propriamente detta, ciò 
può esser dovuto alla esistenza di una perforazione timpanica insufficiente per dimen¬ 
sioni e posizione al drenaggio della cavità, oppure alla presenza di granulazioni o 
di polipi sorgenti dalle pareti della cassa o del condotto uditivo esterno, i quali in 
qualche modo restringano od ostacolino la via di uscita. Il trattamento chirurgico 
locale è in tali casi relativamente semplice, e può limitarsi all’ampliamento della per¬ 
forazione timpanica, alla distruzione delle granulazioni, dei polipi, alla pulitura della 
cavità ; la cessazione completa dell’otorrea potrà così esser ottenuta in poco tempo. 

ò, c, d) Più difficile è il compito del chirurgo quando la sede della ritenzione 
del pus sia incompletamente e difficilmente accessibile per la via del condotto uditivo 
esterno; è allora che si affacciano le maggiori difficoltà diagnostiche e curative. 

Quando la ritenzione si fa nello spazio epitimpanico si può toglierne la causa, sia 
colla rimozione del martello o del martello e dell’incudine, sia coll’asportazione par¬ 
ziale della parete esterna di questo spazio praticata mediante strumenti opportuni, 
operazioni queste che in favorevoli circostanze possono venir eseguite col solo sussidio 
della cocaina; sia finalmente col vuotamento dello spazio epitimpanico attraverso 
il condotto, previo il distacco ed arrovesciamento all’avanti del padiglione e del 
condotto uditivo membranoso, secondo il metodo proposto da Stacke. Quest’ultimo 
intervento esige la cloroformizzazione del malato. 

Quando il ristagno ha luogo solo nell’antro, l’antrectomia semplice secondo il 
metodo antico di Schwartze può bastare alla guarigione ; finalmente quando la riten¬ 
zione abbia luogo così nell’antro come nello spazio epitimpanico, si può intervenire 
sia aprendo dapprima l’antro e quindi dall’indietro l’aditus e la cavità timpanica, 
secondo il metodo Zaufal o Stacke-Schwartze, sia tenendo una via opposta, aprendo 
cioè col metodo Stacke l’epitimpano e di là spingendosi verso l’indietro nell’aditus 
e nell’antro. La esperienza clinica ha dimostrato i vantaggi e gli inconvenienti che 
ad ognuno dei metodi operativi sopra enumerati si connettono. 

Un primo quesito riguarda la diagnosi: è possibile in tutti i casi stabilire la sede 
della ritenzione che mantiene l’otorrea? 

Ogni clinico dovrà rispondere, che esistono certamente criteri i quali permettono 
di sospettare che sede della malattia sia piuttosto l’antro o l’epitimpano, ma dovrà 
pure confessare che in un certo numero di casi la diagnosi non si può fare se non 
durante l’atto operativo stesso. Si può però dire in generale che nel maggior numero 
di casi la ritenzione non è limitata all’epitimpano, ma si estende altresì all’antro e 
d’altra parte si può affermare che nei casi cronici, solo eccezionalmente, la malattia 
è limitata all’antro. Quindi l’antrectomia alla Schwartze, la quale pure dà così 
brillanti risultati nelle forme acute, non vale da sola a guarire le forme croniche. 
In una frazione di casi l’apertura dello spazio epitimpanico basta a portare la guari¬ 
gione, ma disgraziatamente tali casi non si possono diagnosticare con sicurezza a 
priori e si corre il rischio di dovere ad un primo e grave atto operativo far seguire 
più tardi un secondo atto operativo non meno grave, quale l’antrectomia ; mentre se 
si avesse fin dapprincipio associate in un solo intervento l’apertura delle due cavità, 
l’operazione completa sarebbe riuscita più facile ad essere eseguita che i due singoli 
interventi parziali. 

Altre considerazioni puramente tecniche hanno valore nello stabilire le modalità 
dell’intervento: L’operazione alla Stacke, seducente a prima vista per le minori 
lesioni che si portano sull’organo dell’udito, ha il grave difetto di obbligare il chi¬ 
rurgo a lavorare nella profondità del condotto uditivo esterno, spesso ristretto, cosicché 
anche malgrado l’aiuto di opportuno riflettore, il campo resta più o meno mascherato 



426 


Appendice del Traduttore 


dal sangue; l’intervento invece per la via retroauricolare, quando, com’è di uso 
ormai generale, si distrugga largamente ad imbuto tutta 1 apofisi e si demolisca col 
metodo Zaufal la parete posteriore del condotto, procura assai migliore visione delle 
parti profonde, anche nei casi anatomicamente sfavorevoli. Inoltre l’intervento diretto 
sull’orecchio medio espone a portare lesioni sul labirinto e sul nervo facciale più 
facilmente che l’intervento dalla mastoide; in questo secondo caso la scopertura anche 

larga della dura, e quella del seno non hanno alcuna gravità. 

L’opinione che io mi sono formata dalla mia pratica personale è la seguente: 
tenuto conto della frequente associazione delle lesioni dell’epitimpano e dell antro, 
nel maggior numero dei casi di otite cronica, l’intervento operativo più sicuro deve 
essere l’apertura di ambedue queste cavità dall’indietro, aprendo cioè dapprima 
largamente l’antro, demolendo quindi la parete posteriore del condotto uditivo esterno 
e la parete esterna dell’adito e dell’epitimpano. Questo atto operativo è ancor meglio 
giustificato quando si faccia seguire dal metodo di plastica proposto da Korner, che 
consiste nel dividere la parete posteriore superiore membranosa del condotto, nell’ap- 
plicarne i lembi contro le pareti dell’unica cavità risultante dall’atto operativo, la 
quale comprende antro, adito e orecchio medio, e nel suturare e far chiudere per 

prima la ferita mastoidea. 

La sutura della ferita mastoidea abbrevia di molto la durata del trattamento con- 
secativo e rende preferibile l’intervento dalla mastoide al metodo Stacke, anche perchè 
le medicazioni successive si possono eseguire più comodamente attraverso il condotto 
uditivo allargato. La persistenza dell’apertura retroauricolare che si può ottenere, 
sia collo spostamento dei lembi secondo il processo Siebenmann, sia colla trapanazione 
alla Thiersch, non è più necessaria, quando sia assicurato il drenaggio per la via 
naturale del condotto uditivo. Non conviene però dimenticare che in questo genere 
di operazioni il trattamento consecutivo ha per lo meno eguale importanza dell atto 
operativo stesso; è necessario in effetto sorvegliare giorno per giorno la epidermiz- 
zazione della vasta cavità unica, nella quale adesso è stato trasformato l’orecchio 
medio e l’orecchio esterno, moderare il troppo rigoglioso pullulare delle granulazioni ; 
provvedere acche il drenaggio delle secrezioni si faccia in modo completo ecc. Si 
comprende che per ciò non vi possono essere regole fisse, ed è in questa parte che 
si farà specialmente valere la pazienza, l’abilità, la giudiziosità del chirurgo; conviene 
infatti considerare che la mancata regolamentazione del processo di cicatrizzazione 

può togliere affatto il beneficio dell’intervento operativo. 

Malgrado i progressi ora segnalati, ottenuti nella tecnica operativa, la questione 
del trattamento delle otiti croniche è però tutt’altro che risolta. L’intervento chi¬ 
rurgico è sempre da considerarsi come atto di una certa gravità; esso non è certo 
alla portata di ogni chirurgo, e giova riaffermarlo, esige da parte dell’operatore 
cognizioni speciali di anatomia e di anatomia patologica dell’organo dell udito, le 
quali non si acquistano che con un lungo esercizio sul cadavere e sul vivente. Deve 
poi entrare in linea di conto il pericolo di possibili complicazioni accidentali dell atto 
operativo, delle quali taluna, checché se ne dica, può rivestire carattere di gravita, 
come ad esempio la paralisi facciale consecutiva, la lesione del seno trasverso ecc. 

Le considerazioni esposte devono farci persuasi ad operare soltanto i casi nei 

quali l’operazione è rigorosamente indicata. _ 

Ora, come abbiamo visto, una diagnosi esatta non si può. quasi mai stabilire a 

'priori e d’altronde, come dice Hartmann, se si attende lo sviluppo di complicazioni 
endocraniche, l’intervento è spesso troppo tardo. Le nostre attuali conoscenze non ci 
permettono dunque di dar regole fisse, e ogni singolo caso dev’essere accuratamente 


Appendice del Traduttore 


437 


studiato e seguito per un certo tempo; si può dire in generale che gli interventi 
operativi radicali non si debbono istituire quando l’otite purulenta cronica non sia 
stata curata per il corso di almeno tre mesi, non soltanto coi soliti lavacri antisettici, 
ma con un trattamento adatto e speciale a ciascun caso; solo dopo questo periodo 
potrà venir discussa l’opportunità di un intervento. 

Quando la secrezione purulenta continua, malgrado ogni cura, ma è in piccola 
quantità e non vi sono fenomeni di ritenzione o di complicazione endocranica, e d’altra 
parte l’orecchio affetto si trova essere l’unico o meglio udente dei due, un’operazione 
radicale non dovrebbe essere praticata. 

Per converso tutte le volte che esista soltanto il pericolo di un’affezione endocra¬ 
nica l’intervento operativo più largo possibile su l’organo dell’udito è di rigore; 
questo varrà assai spesso a prevenire il determinarsi di lesioni cerebrali, o metterà 
l’operatore sulla buona via per scoprire quelle che eventualmente già esistessero, e 
sarà d’altra parte sempre un ottimo preliminare all’apertura del cranio. 

Solo nei casi nei quali siavi urgenza, per sintomi generali gravi, si deve procedere 
direttamente alla ricerca del focolaio morboso endocranico (ascesso cerebrale o trombosi 
del seno laterale). 

NOTA 8* 

SULLE AFFEZIONI DEL LABIRINTO E DEL NERVO ACUSTICO 

Le malattie del labirinto e del nervo acustico poterono divenire oggetto di studio 
accurato, specialmente in questi ultimi anni, grazie ai perfezionamenti dei metodi di 
esame funzionale da un lato, e della tecnica istologica dall’altro; la dottrina di tali 
affezioni è ben lontana però dall’essere completamente stabilita, si può anzi dire che 
ne sono segnate soltanto le parti fondamentali. Il numero dei fatti clinici controllati 
dall’autopsia è ancora piccolo ed invece sono assai numerose le questioni oscure e mal 
definite; per molti sintomi manca una soddisfacente interpretazione clinica e una 

spiegazione anatomica sicura. 

Il labirinto dal punto di vista della patologia generale può venir riguardato sia 
come uno spazio linfatico sia come parte di un organo di senso specifico. 

Come spazio linfatico esso ammala in seguito a processi infettivi che si propagano 
dalla cavità timpanica vicina o dalla cavità cranica, oppure ammala primitivamente 
per localizzazione di un processo infettivo generale a decorso acuto o cronico. < 
verosimile che in questo ultimo caso la ragione della localizzazione labirintica del a 
infezione debba venir ricercata in alterazioni di circolazione e di nutrizione propa¬ 
gate dall’orecchio medio e che costituiscono un momento predisponente. Le ma¬ 
lattie del labirinto che sono prodotte per avvelenamento con certe sostanze, tra le 
quali vanno ricordate in prima linea i sali di chinina, si accostano per la loro pa¬ 
togenesi a quelle prodotte da processi infettivi, peri quali ultimi si ammette, come 
è noto, l’azione di sostanze chimiche flogogene prodotte da micro-organismi. Anche 
i neoplasmi sembrano raramente primitivi nel labirinto, il quale viene invaso so o 
secondariamente dalle parti vicine. Per la sua posizione profonda il labirinto viene 
raramente colpito da trauma, spesso però esso soffre indirettamente per lesioni c e 
colpiscono le parti vicine. Considerato come parte di organo di senso il labirinto 
ammala per un’eccessiva energia delle onde sonore, che rappresenta la esagerazione 
dello stimolo specifico. A questa classe di malattie appartengono le lesioni causate 
da momentanei ed intensi rumori (esplosioni in generale), o dalla continuata azione 
di forti rumori (otite professionale in certe classi di operai). 


428 


Appendice del Traduttore 


Riguardo all’anatomia patologica si possono distinguere nel labirinto modificazioni 
semplici e più o meno permanenti della circolazione, essudati emorragici, processi 
infiammatorii acuti e cronici di origine infettiva o tossica, processi di carattere dege¬ 
nerativo. La infiammazione dell’orecchio interno oltre essenzialmente le stesse note 
come negli altri organi : iperemia, infiltrazione di piccole cellule, eventualmente for¬ 
mazione di pus, distruzione degli elementi costituenti il labirinto, neoformazione di 
granulazioni, di tessuto congiuntivo con eventuale calcificazione od ossificazione, ecc. 
Devesi notare in modo speciale che la localizzazione delle lesioni dell orecchio interno 
è uniforme nei vari casi, e fino ad un certo punto indipendente dalla natura della 
infezione e dalle modalità con cui il processo morboso ha raggiunto il labirinto. 

Le lesioni, più marcate nel vestibolo e nel giro basilare della chiocciola, si fanno 
sempre meno intense quanto più si sale verso l’apice della chiocciola o si va all in¬ 
dietro verso i canali semicircolari. Secondo la mia opinione sono due i principali 
momenti che possono venire invocati a spiegare tale localizzazione del processo mor¬ 
boso : i rapporti topografici delle ordinarie vie di diffusione al labirinto dei processi 
morbosi (finestre labirintiche, condotto uditivo interno), e i rapporti di circolazione 


e di nutrizione del labirinto stesso. 

Le differenti forme morbose che hanno per sede il labirinto offrono come prin¬ 
cipali sintomi rumori subiettivi, diminuzione dell’acuità uditiva e vertigini ; nessuno 
di questi sintomi è perù esclusivo di tali affezioni. Quanto ai rumori subiettivi sembra 
giustificata dai fatti clinici la ipotesi che alle lesioni del vestibolo corrispondano rumori 
subiettivi di tonalità bassa, alle lesioni del tratto iniziale del giro basilare della chioc¬ 
ciola rumori di tonalità acutissima, quale l’ordinario tinnito, e a quelle delle altre 
parti della chiocciola suoni musicali di differente tonalità. La diminuzione dell acuità 
uditiva può variare da una leggiera sordità ad una sordità completa. 

La sordità completa bilaterale dipende sempre da una lesione del labirinto. Per 
l’importanza che nella diagnosi di tale gruppo di affezioni ha l’esame funzionale, 
rimandiamo a quanto fu detto su di questo nei capitoli relativi. 

Le vertigini possono venir prodotte da affezione di un organo centrale, del cer¬ 
velletto, o per via reflessa da lesioni di differenti organi periferici (orecchio, occhio, 
stomaco, laringe, naso, ecc.). Per quanto concerne l’organo dell udito le vertigini 
possono venire esplicate da tutte le parti di esso e possono venir distinte in quelle 
che sono originate da cause esterne, e in quelle che compaiono spontaneamente senza 
cause riconoscibili. Tra le prime appartengono quelle vertigini prodotte dalla pressione 
di un corpo straniero o di stimoli che si esercitano sull’orecchio esterno e medio. 
Le vertigini che appaiono spontaneamente possono alla lor volta venir distinte in 
due grandi classi, a seconda che sono permanenti o ad accessi. Nel primo caso si può 
ammettere una lesione diretta dei canali semicircolari, nel secondo una eccitazione 


indiretta dei medesimi. 

Non rientra nei limiti di questa breve nota la descrizione dettagliata di tutte le 
forme morbose, che possono avere per sede il labirinto e il nervo acustico. Mi limiterò 
quindi ad una semplice enumerazione di esse, in base alla classificazione da me proposta 
nel Capitolo sulle affezioni del labirinto e del nervo acustico del Manuale dello Schwartze, 
rinviando il lettore, sia a detto lavoro, sia ad altri Trattati speciali di otologia. 


A. Malattie del labirinto . 

I. Malattie che colpiscono unicamente o prevalentemente il labirinto. . 

1° Disturbi di circolazione nel labirinto (anemia, iperemia, emorragia). 

2° Malattie infettive: a) b) labirintite nella sifilide acquisita ed ereditaria; c) la¬ 
birintite nella parotite; d) labirintite nella leucemia; e) labirintite in altre malattie 


429 


Appendice del Traduttore 

di infezione (influenza, vaiuolo, morbillo, pertosse, osteomielite, anemie varie, nefrite, 
tifo, ecc.). 

3° Affezioni reumatiche del labirinto. 

4° Affezioni traumatiche: a) indirette; b) dirette. 

5° Affezioni labirintiche da rumori : a) per influenza improvvisa di un forte suono ; 
b) per azione continua del suono (otite interna professionale). 

6° Affezioni labirintiche per intossicazione. 

7° Alterazioni senili del labirinto. 

8° Neoformazione del labirinto. 

II. Malattie del labirinto che si svolgono secondariamente a malattie dell’orecchio 
medio. 

1° In rapporto con otiti medie catarrali: a) labirintite acuta con lesioni della 
finestra ovale; b) infiammazione catarrale cronica dell’orecchio medio, con diffusione 
all’orecchio interno, senza accessi di vertigine; c) infiammazione cronica dell’orecchio 
medio ed interno con vertigine ad accessi (malattia di Ménière tipica). 

2° In rapporto con otiti purulente: a) lesioni varie del labirinto nelle otiti 
purulente; b) panotite; c) necrosi del labirinto. 

3° Otite media ed interna, in rapporto con malattie generali infettive (difterite, 

scarlattina, tubercolosi, ecc.). 

B. Malattia del nervo acustico e dei centri cerebrali. 

1° Nevro-labirintite da meningiti purulente e specialmente da meningite cerebro- 

spinale ; 

2° Disturbi uditivi nella sifilide cerebrale ; 

3° Tumori intracranici e del nervo acustico ; 

4° Lesioni dei centri cerebrali uditivi ; 

5° Disturbi uditivi nella tabe ; 

6° Disturbi uditivi isterici ; 

7° Sintomi nervosi, reflessi da stimoli sulTorecchio ; 

8° Diplacusi; 

9° Audizione colorata. 

Stabilita in base soprattutto all’esame funzionale Desistenza di un affezione del¬ 
l’apparecchio di percezione dei suoni non riesce sempre agevole il determinare se la 
sede di questa sia nella parte periferica di tale apparecchio (labirinto), o nei centri 

endocranici. 

In ogni singolo caso si dovrà studiare con cura lo stato del sistema nervoso in 
generale per ricavare da questo esame elementi preziosi di giudizio. Inoltre importanti 
caratteri differenziali possono, secondo le mie osservazioni, venir ricavati dal fatto 
che nelle malattie del labirinto si riscontra prevalentemente difetto di percezione per 
i tuoni acuti, mentre nelle malattie del nervo acustico il difetto è prevalente per i 
tuoni medii. Nelle affezioni dei centri nervosi si nota spesso un grado esagerato di 
esauribilità funzionale dell’organo dell’udito per gli stimoli acustici. 

Riguardo alla terapia essa sarà diretta, quando ciò torna possibile, a togliere la 
causa della affezione; questo valga soprattutto nelle forme di sifìlide, da intossicazione 
cronica, dall’azione di rumori troppo intensi, ecc.; se la labirintite è manifestamente 
secondaria a lesioni dell’orecchio medio, il trattamento razionale di esse passa in 

prima linea. # . 

Finalmente nei casi nei quali l’apparecchio di percezione dei suoni soffre soltanto 

per la partecipazione a processi morbosi che si svolgono nel sistema nervoso centrale, 

sarà la cura di quest’ultimo quella che avrà maggiore importanza. 


430 


Appendice del Traduttore 


NOTA. 9 a 

SULLE COMPLICAZIONI ENDOCRANICHE DELLE OTITI PURULENTE 

È difficile, nello stato attuale delle nostre cognizioni, indicare con cifre la frequenza 
delle complicazioni endocraniche e dei casi di morte nelle otiti medie purulente in 
genere; la mancanza fino a pochi anni or sono di Reparti ospedalieri nei quali tali 
malati potessero venire opportunamente accolti e studiati offre spiegazione di questo 
fatto. La cura ambulatola dei malati di orecchio non permette alcun controllo sul¬ 
l’andamento ulteriore della malattia. 

A dimostrare la diversità della gravità delle affezioni auricolari che si osservano 
in un ambulatorio e in una clinica saranno sufficienti le seguenti cifre desunte da 
statistiche mie personali. Nell’ambulatorio da me diretto su 8058 malati di orecchio 
non ebbi a riscontrare che in quattro casi (0,13 %) l’insorgenza di complicazioni 
letali, mentre nella Clinica permanente all’Ospedale S. Giovanni, pure da me diretta, 
la mortalità fu un po’ superiore ai 4 °/ 0 , e sarebbe riuscita dell’8 °/ 0 se * n °^° cas * 
di complicazioni otitiche un intervento operativo non avesse impedito l’esito letale. 
Schwartze per la sua Clinica dà la cifra di mortalità del 5 °/ 0 > Bezold del 2 %, 
Barker del 2 ‘/ 2 %• 

Le più frequenti complicazioni intracraniche delle otiti medie purulente, sia acute 
che, croniche sono : a) l’ascesso estradurale; b) la leptomeningite purulenta otitica; 
c) la meningite tubercolare e i tubercoli cerebrali in casi di tubercolosi dell osso 
temporale; d) la flebite e la trombosi dei seni della dura madre e della vena giu¬ 
gulare; e) la piemia otitica senza flebite dei seni; f) l’ascesso cerebrale e cerebel¬ 
lare otitico; g) la embolia cerebrale in seguito a trombosi della carotide. 

a) Gli ascessi estradurali devono considerarsi come la complicazione più fre¬ 
quente ed ad un tempo più benigna della otite media purulenta. Il pus raccolto nelle 
cavità dell’orecchio medio si fa strada verso l’interno del cranio ordinariamente in 
due siti di predilezione: l'uno è il tegmen tympani , il quale, come si sa, è costituito da 
una lamella ossea sottilissima, spesso mancante per singoli tratti, dove la mucosa 
infiammata della cassa resta a contatto diretto colla dura madre ; 1 altro è in corri¬ 
spondenza al solco sigmoideo. Questi ascessi, i cui sintomi si confondono con quelli 
dell’affezione auricolare, passano rapidamente a guarigione quando un intervento 
operativo sulla mastoide o sulla cassa valga a svuotarli all’esterno; senza intervento 
operativo costituiscono, come vedremo, un primo stadio di una complicazione cerebrale 
più profonda. 

b) La leptomeningite otitica può sopravvenire come complicazione intracranica 
isolata, oppure insieme con altre affezioni cerebrali otitiche. Essa colpisce, quando è 
isolata, più di frequente persone dell'età di venti a trenta anni, raramente i bambini ; 
di solito è legata alle otiti purulente croniche e in tal caso insorge per contatto 
diretto dell’osso cariato colle meningi. Talora la meningite si svolge senza che esista 
tale contatto; pare che le lesioni traumatiche nell’interno della cavità timpanica 
portate per tentativi di estrazione dei corpi stranieri dieno luogo facilmente a tale 
complicazione. La prognosi, quando la meningite è già in corso, è infausta. Il decorso 
clinico può esser vario; in taluni casi l’andamento della malattia è rapidissimo e 
conduce a morte il paziente in poche ore, altre volte è protratto con periodi di re¬ 
missione e di aggravamento. La febbre non ha nulla di caratteristico; la cefalea può 
essere limitata al lato malato o più o meno diffusa al capo; gli altri sintomi sono 
dapprincipio di eccitazione, più tardi di paralisi. Tra i sintomi vanno annoveiati. 
inquietudine, eccitazione, sensibilità per i rumori, fotofobia, vertigini, barcollamento 


Appendice del Traduttore 


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nel camminare, nausea, vomiti, delirio, sopore, coma, crampi tonici e clonici del lac¬ 
ciaie e delle estremità, rigidità della nuca, perdita parziale o completa della parola, 
lentezza della reazione pupillare, miosi, paralisi dei nervi oculari, rientramento delle 
pareti addominali, costipazione, ecc. La nevrite del nervo ottico non è reperto costante. 

I sintomi dipendono soltanto in grado limitato dalla localizzazione della malattia. La 
diagnosi può essere difficile soprattutto nei casi a decorso protratto, riguardo alla pos¬ 
sibile esistenza di ascessi cerebrali. È bene inoltre tener presente che la semplice 
ritenzione di pus nelle cavità dell’orecchio medio può, in giovani individui, determi¬ 
nare sintomi meningitici. 

c) Meningite tubercolare e tubercoli cerebrali nella tubercolosi del temporale. 

Alla sezione di soggetti morti di tubercolosi generale non è raro riscontrare 

meningiti tubercolari e tubercoli nella sostanza cerebrale accanto ad affezioni tuber¬ 
colari dell’osso temporale. Quantunque recenti studi abbiano portato maggiore luce 
sulla frequenza e gravità delle otiti purulente tubercolari e delle loro complicazioni, 
la questione se e quanto di frequente tali malattie sieno da riguardare come il fo¬ 
colaio primitivo dell’infezione generale deve essere risolta da ulteriori ricerche. 

d) Flebite e trombosi dei seni della dura madre e della vena giugulare. 

Tale complicazione è pivi di frequente legata ad affezioni croniche del temporale 

che ad affezioni acute; queste risiedono per lo più nel processo mastoideo e spesso 
havvi contatto diretto in corrispondenza al solco sigmoideo della parete del seno 
coll’osso malato. La trombosi succede talora ad un ascesso estradurale; più di rado 
si tratta della diffusione al seno di piccoli trombi infettivi dell’osso malato (osteo- 
flebite). Il trombo una volta formatosi si estende sia verso il torculare, sia verso 1 
seni petrosi superiore ed inferiore, sia verso il bulbo della giugulare e la giugulare 
interna. Spetta a Jansen il merito di aver richiamata l’attenzione sulla possibilità di 
una trombosi primitiva del bulbo della giugulare. Il trombo settico d’ordinario da 


origine a piemia. 

Si possono distinguere tre gruppi principali di sintomi della trombosi del seno 
laterale : cerebrali, legati alla trombosi propriamente detta e piemici. I sintomi cere¬ 
brali non sono di solito molto spiccati ; il più frequente è il dolore alla sede della 
lesione o diffuso alla testa. Quanto ai sintomi di trombosi apprezzabili dall esterno 
vanno ricordati i seguenti : a) Sintomo di Griesinger , edema in corrispondenza al 
margine posteriore dell’apofisi mastoidea, determinato dalla flebite e dalla trombosi 
dell’emissario mastoideo; 6) Sintomo di Gerhardt, che consiste nel disuguale riem¬ 
pimento delle giugulari esterne dai due lati. Se la trombosi si arresta verso il basso al 
bulbo della giugulare, la giugulare esterna si vuota piu facilmente nella giugulare 
profonda, e quindi apparisce dal lato affetto meno turgida che dal lato sano. Per 
converso se il trombo si estende anche alla giugulare interna, la esterna s. vuota 
solo difficilmente ed apparisce più turgida dal lato malato; c) La compressione del 
vaso trombizzato dentro il forame giugulare può dare origine a sintomi vani da parte 
dei nervi che lo attraversano insieme, cioè vago, accessorio e glossofaringeo. I sintomi 
ora enumerati possono spesso mancare o essere poco manifesti, soprattutto quando la 

trombosi è limitata alla parte superiore del seno leso. ...... 

Dei sintomi -piemici il più frequente, quello anzi che permette di stabilire la 
diagnosi nel maggior numero di casi, è la febbre caratterizzata da intensi brividi 
di freddo, e oscillazioni rapide ed estese della temperatura, la quale vana d. due 

>° * »•' H— > —« "*>■»*. 

nelle articolazioni, nei muscoli, ecc. 


432 


Appendice del Traduttore 


La malattia ha di solito decorso protratto; in casi rari, se la infezione non è 
grave e non insorgono metastasi in organi vitali, si può avere guarigione. Di regola 
la prognosi è infausta, amenochè non si intervenga con un atto operativo. La flebite 
del seno trasverso deve venire operata appena riconosciuta, e cioè devesi mettere 
allo scoperto il seno, inciderlo, e vuotarlo con prudenza del trombo puriforme che 
contiene. Viene quindi praticato lo zaffamento con garza al jodoformio. 

Zaufal ha consigliato per il primo di fare precedere alle manovre sul trombo la 
legatura della giugulare interna, possibilmente al di sotto deirestremità inferiore del 
trombo stesso, e il suo esempio venne seguito di recente da molti chirurghi ; i casi 
però operati in questo modo non hanno dato percentuale di guarigione maggiore di 
quelli operati senza la legatura della giugulare. 

Si consulteranno in proposito i lavori di Jansen (Archi» f. O/ir., voi. XXXV, 
fase. 1 e 2), di Hessler ( Die otogene Pydmie, Jena, Fischer edit., 1896), di Gradenigo 
(Arch. Ital. di Otologia, Rinol. e Laring., Ili, p. 484). 

e) Piemia otitica senza flebite dei seni. 

In talune forme di otite media con particolare virulenza si può avere il quadro 
clinico della piemia senza lesione dei seni. Si tratta di solito di affezioni a decorso 
acuto e i sintomi, specialmente la febbre, sono eguali a quelli che si osservano nella 
flebite dei seni. Secondo Kòrner differenze importanti da questa ultima forma di 
piemia si hanno nel carattere e nella frequenza delle metastasi. Nella piemia da 
osteo-flebite le metastasi sono rare, e affettano soprattutto le articolazioni e i muscoli, 
mentre nella trombosi dei seni sono più frequenti e colpiscono, come si è visto, so¬ 
prattutto i polmoni. La prognosi è molto migliore che -nelle piemie da flebite del 
seno ; la guarigione si può avere spontaneamente e dietro atti operativi tendenti ad 
offrire una via all’esterno al pus raccolto nelle cavità dell’osso temporale. Un’inte¬ 
ressante serie di casi di piemia da osteo-flebite del temporale con carattere epidemico 
fu recentemente osservata e descritta da Turina (Archivio Ital. di Otologia , Rinologia 
e Laringologia , II, pag. 1). 

f) Ascessi cerebrali e cerebellari otitici. 

Gli ascessi nella sostanza stessa dell’encefalo di origine otitica hanno due princi¬ 
pali sedi di predilezione, a seconda che il processo morboso del temporale è preva¬ 
lentemente localizzato nella cavità epitimpanica o nella cavità mastoidea. Nel primo caso 
la carie del tegmen tynvgani può dar origine con o senza intermediario di un ascesso 
estradurale o di una pachimeningite ad una raccolta di pus nel lobo temporale della 
metà corrispondente del cervello; nel secondo caso la carie del solco sigmoideo è causa 
di una raccolta ascessuale nella metà corrispondente del cervelletto con o senza 
intermediario di un ascesso estradurale perisinusale o di una trombosi settica del 
seno laterale. La dottrina degli ascessi cerebrali otitici ha fatto in questi ultimi anni 
progressi assai notevoli; si comprenderà perciò che noi ci limitiamo qui ad accennare 
ai punti più importanti, rimandando i lettori per i dettagli alla letteratura assai 
vasta in argomento. Ordinariamente tra la raccolta ascessuale e l’osso cariato persiste 
un più o meno sottile strato di sostanza cerebrale conservata. Le affezioni croniche 
dell’orecchio dànno origine più di frequente alla insorgenza di tali complicazioni che 
non le acute. Si possono distinguere nel decorso degli ascessi cerebrali con Kòrner 
quattro stadi: lo stadio iniziale, il latente, il manifesto, e il terminale. Lo stadio 
iniziale è quasi sempre ben pronunciato, però sfugge ad una diagnosi, perchè non 
ha nulla di caratteristico. Sintomi principali ne sono cefalea e vomito. Di solito 
dopo pochi giorni segue il periodo latente del processo morboso, che lascia ricono¬ 
scere soltanto sintomi di poco momento, quali cefalea, leggiero malessere, leggieri 





Appendice del Traduttore 



aumenti di temperatura. Lo stadio manifesto è caratterizzato dai sintomi proprii 
dell’ascesso e quello terminale dalla rottura dell’ascesso nei ventricoli laterali o alla 
superficie del cervello. Si possono distinguere in genere, secondo la classificazione 
proposta da Bergmann, tre gruppi principali di sintomi: 1° Sintomi generali legati 
alla suppurazione (febbre a decorso irregolare, malessere, inappetenza ecc.); 2° Sin¬ 
tomi diffusi cerebrali , dipendenti dal processo infiammatorio svolgentesi nell’interno 
della cavità cranica: cefalea intensa, dolorabilità alla percussione di determinate 
regioni del cranio, nausea, vomiti, vertigini, convulsioni (soprattutto nei bambini), 
nevrite da stasi, diminuzione della frequenza del polso (sintomo assai importante); 
3° Sintomi di localizzazione , questi mancano o sono poco pronunciati negli ascessi 
del cervelletto, possono invece guidare ad una diagnosi in talune forme di ascessi 
cerebrali. In effetto se la lesione trovasi a sinistra, può esistere amnesia verbale; se 
la raccolta ascessuale è voluminosa in modo da determinare disturbi di nutrizione e 
di circolazione della capsula interna si possono avere paresi del facciale e degli arti 
opposti. Assai di rado è segnalata la emiopia, la sordità dall’orecchio opposto, ecc. 
In genere la diagnosi riesce molto più difficile nei casi di ascessi cerebellari. La 
prognosi senza intervento operativo è quasi sempre infausta. La diagnosi differen¬ 
ziale può riuscir difficile in confronto ad una meningite a decorso lento, o a neo¬ 
plasmi cerebrali; in taluni casi si può porre con sufficiente probabilità la diagnosi 
di ascesso otitico, ma non si può stabilire se nel cervello o nel cervelletto. In tutti 
questi casi, poiché la operazione condotta colle regole chirurgiche attuali non costi¬ 
tuisce grave rischio per il paziente, si è autorizzati anche ad un intervento esplorativo 
sul cervello o sul cervelletto, pungendo la sostanza cerebrale con opportuni aghi- 
cannule o addirittura col bisturi. Nel caso che si trovi l’ascesso, se ne curerà lo 
svuotamento completo, si drenerà la cavità con garza asettica, e si procurerà di 
evitare il ristagno quasi inevitabile del pus con medicazioni frequenti. La prognosi 
dell’intervento è abbastanza buona, migliore quella per gli ascessi cerebrali che per 

i cerebellari. 

g) Embolia cerebrale in seguilo a trombosi della carotide. 

I fatti embolici si svolgono soprattutto nelle diramazioni della arteria della fossa 
di Silvio dello stesso lato. È complicazione assai rara. 


FINE DEL VOLUME QUARTO 


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INDICE DELLE MATERIE 

contenute nel Voi. IV, parte prima 

(Per l’indice della Parte Prima veggasi dopo il frontespizio della stessa) 


PARTE TERZA 

MALATTIE DELLE REGIONI 

( Continuazione ) 


NASO, FOSSE NASALI, FARINGE NASALE E SENI 

(Gérard Marchant). 


Considerazioni anatomiche. 

A. — Naso. 

B. — Fosse nasali. 

C. — Faringe nasale. 

D. — Seni facciali o cavità accessorie del naso. 

Tecnica dei principali mezzi di diagnosi e di cdra delle malattie delle fosse nasali 

I. — Mezzi di diagnosi. — Esame delle fosse nasali . 

II. — Principali mezzi di cura delle malattie delle fosse nasali . 


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PARTE PRIMA 

MALATTIE DEL NASO 

Capitolo I. — Lesioni traumatiche del naso. 

I. — Contusioni del naso. 

IL — Ferite. 

III. — Fratture del naso. 

Capitolo IL — Alterazioni infiammatorie e neoplasie del naso 

I. — Flogosi. 

IL — Ulcerazioni. 

III. — Tumori.* * * 

IY. — Alterazioni infiammatorie e neoplasie delle ossa nasali 

Capitolo III. — Vizi di formazione e deformità nasali 


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Indice delle materie 


PARTE SECONDA 

MALATTIE DELLE FOSSE NASALI 


Cantolo I. — Lesioni traumatiche delle fosse nasali. 

I. — Contusioni, ecchimosi ed ematomi del setto. 

IL — Epistassi. 

III. — Corpi estranei e calcoli delle fosse nasali .. 

IV. — Parassiti delle fosse nasali. 

Capitolo II. — Alterazioni infiammatorie delle fosse nasali. 

I. — Ascessi del setto. 

II. — Corizza acuta.. 

III. — Corizza cronica. 

IV. — Ozena. 

V. — Corizza caseosa. 

Capitolo III. — Malattie infettive delle fosse nasali. 

I. — Sifilide del naso e delle fosse nasali. 

II. — Tubercolosi nasale. 

III. — Ulcera perforante del setto nasale. 

Capitolo IV. — Tumori delle fosse nasali. 

I. — Polipi mucosi. 

II. — Esostosi. 

IH. — Osteomi delle fosse nasali e dei seni. 

IV. — Angiomi delle fosse nasali. 

V. — Adenomi cilindrici. 

VI. — Encondromi delle fosse nasali ........ 

VII. _ Papillomi delle fosse nasali (ipertrofia papillomatosa) 

Vili. — Tumori maligni delle fosse nasali (epitelioma, sarcoma, tumori misti) 
Capitolo V. — Vizi di formazione e deformità delle fosse nasali 

I — Occlusione congenita od acquisita degli orifizi anteriori o posteriori dell 

fosse nasali 

II, _ stenosi delle fosse nasali. — Anomalie dello scheletro osteo-cartilagineo 


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PARTE TERZA 

MALATTIE DELLE RETRO-FOSSE O DELLA FARINGE NASALE 

Capitolo I. — Lesioni traumatiche . .. 

Capitolo II. — Tumori .. 

Capitolo III. — Vizi di formazione e deformità della faringe nasale . 


PARTE QUARTA 

MALATTIE DEI SENI 

Capitolo I. — Malattie dei seni frontali . . . . 

I. — Lesioni traumatiche dei seni frontali . 

II. — Corpi estranei. 

III. — Raccolte liquide nel seno frontale 

IV. — Fistole del seno frontale. 

V. — Tumori del seno frontale . 

Capitolo II. — Malattie del seno sfenoidale 
Capitolo III. — Malattie del seno mascellare 

I. — Lesioni traumatiche del seno mascellare 

II. — Alterazioni infiammatorie del seno mascellare . 


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Indice delle materie 


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Note del Traduttore. Pag. 179 

Nota l a — Esami rino-laringoscopici. * * 

Nota 2 a — Abbassa-lingua ed uncino palatino del dott. I. Dionisio ...» 18U 

Nota 3 a — Terapia delle rinorragie.» 181 

Nota 4 a — Tubercolosi nasale.* 183 

Nota 5 a — Diversi metodi di cura delle deviazioni del setto .... » 184 

Nota 6 a — Nevrosi nasali.* 191 

Nota 7 a — Fibromi naso-faringei.* 192 

Appendice — Le cavità nasali e i seni annessi, dimostrati mercè tagli anatomici, in 

dodici tavole, dal dott. A. Onodi ; traduzione italiana del prof. F. Massei . . » 193 


ORECCHIO ED ANNESSI 

(S. Duplay). 


Capitolo I. — Malattie dell’organo dell’udito. 

Esplorazione dell’orecchio. — Otoscopia .... 

I. — Malattie del padiglione dell’orecchio. 

Art. I. — Lesioni traumatiche del padiglione dell’orecchio 

1° Contusioni. 

2° Ferite. 

Art. II. — Lesioni vitali ed organiche del padiglione dell’orecchio 

1° Infiammazioni. 

2° Tumori. 

Art. III. — Vizi di conformazione e deformità del padiglione dell’or 

II. — Malattie del condotto uditivo esterno . . . . 

Art. I. — Lesioni traumatiche del condotto uditivo esterno . 

1° Ferite — Fratture. 

2° Corpi stranieri. 

Art. II. — Lesioni vitali e organiche del condotto uditivo esterno 
1° Alterazioni della secrezione — Concrezioni di cerume 

2° Infiammazioni (otiti esterne). 

3° Tumori. 

Art. III. — Vizi di conformazione e deformità del condotto uditivo < 

1° Obliterazione completa. 

2° Ristringimenti. 

III. — Malattie della membrana del timpano. 

Art. I. — Lesioni traumatiche della membrana del timpano . 
Art. II. — Lesioni organiche della membrana del timpano 

1° Infiammazioni (miringiti). 

2° Degenerazioni diverse — Depositi calcari 
Art. III. — Vizi di conformazione e deformità della membrana del ti 

IV. _ Malattie della tromba di Eustacchio. 

Lesioni vitali e organiche della tromba. 

V. — Malattie della cassa del timpano . .. 

Art. I. — Lesioni traumatiche della cassa .... 
Art. II. — Lesioni vitali ed organiche della cassa . 

1° Infiammazioni (otiti medie). 

2° Infiammazione cronica della cassa e della tromba — Catarro < 
della cassa e della tromba — Otite media cronica . 

3° Polipi dell’orecchio. 

4° Tumori diversi .. 


ecchio 


esterno 


timpano 


cronico 


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Indice delle materie 


VI. — Malattie delFapofisi mastoide. 

Lesioni vitali ed organiche delFapofisi mastoide 

1° Malattie infiammatorie. 

2° Lesioni diverse delFapofisi mastoidea 

VII. — Malattie dell’orecchio interno. 

Art. I. — Lesioni traumatiche dell’orecchio interno 
Art. II. — Malattie dell’orecchio interno . 

1° Labirintite acuta. 

2° Lesioni diverse del labirinto e del nervo acustico 

Capitolo II. 

Vili. — Delle diverse complicazioni che possono sopravvenire nel 

lattie d’orecchio. 

§ I. — Accidenti e complicazioni dovute alla propagazione 
zione dell’orecchio agli organi vicini . 

1° Infiammazioni delle meningi e dell’encefalo 

2° Paralisi facciale. 

3° Flebite, trombosi dei seni meningei . 

4° Ulcerazione dei vasi. 

§ IL — Fenomeni nervosi, simpatici o riflessi . 

IX. — Intorno ad alcuni sintomi comuni a gran numero delle 

1° Otalgia. 

2° Sensazioni subiettive dell’orecchio 
3° Diplacusi o paradisi doppia 
4° Sordità e sordomutismo .... 


corso delle 


dell’infiamma 


malattie dell’orecchio 


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Appendice del Traduttore 

Nota l a — Cateterismo della tromba di Eustachio . 

Nota 2 a — Esame funzionale dell’organo dell’udito 
Nota 3 a — Classificazione delle otiti medie in generale 
Nota 4 a — Patogenesi delle otiti medie acute . 

Nota 5 a — Cura della otite media acuta .... 
Nota 6 a — Patogenesi della sordità progressiva . 

Nota 7 a — Chirurgia della mastoide e della cassa 
Nota 8 a — Affezioni del labirinto e del nervo acustico 
Nota 9 a — Complicazioni endocraniche delle otiti purulente 


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